Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Il Servizio Biblioteca del Grande Oriente d'Italia vi ricorda i prossimi appuntamenti:
Martedì 30 novembre 2010 ore 18.30

Biblioteca di Villa Il Vascello (Via di San Pancrazio, 8 - Roma)
presentazione del volume

 

Bella e perduta. L'Italia del risorgimento

Lucio Villari (Laterza)

 

 

Interverranno Luigi Compagna, Lucio Villari, Valerio Zanone.

Conclusioni del Gran Maestro Gustavo Raffi

 

Dal 1796 al 1870 vi è stato un tempo della nostra storia nel quale molti italiani non hanno avuto paura della libertà, l'hanno cercata e hanno dato la vita per realizzare il sogno della nazione divenuta patria. È stato il tempo del Risorgimento quando la libertà significava verità. Anzitutto sentirsi partecipi di un'Italia comune, non dell'Italia dei sette Stati, ostili tra loro e strettamente sorvegliati da potenze straniere. La conquista della libertà "italiana" è stata la rivendicazione dell'unità culturale, storica, ideale di un popolo per secoli interdetto e separato, l'affermazione della sua indipendenza politica, la fine delle molte subalternità alla Chiesa del potere temporale, l'ingresso nell'Europa moderna delle Costituzioni, dei diritti dell'uomo e del cittadino, del senso della giustizia e del valore dell'eguaglianza ereditati dalla rivoluzione francese.
Un'Italia dolente, notturna, divisa, risvegliata alla libertà. Le armi, le parole di un popolo che scopre se stesso dopo secoli di servitù. Giovani che hanno combattuto per l'unità e l'indipendenza della nazione. Questo è stato il Risorgimento. E questo resta l'orizzonte storico insormontabile della nostra identità nazionale e del nostro Stato democratico.


Lucio Villari è professore di Storia contemporanea nell'Università di Roma Tre. È autore di volumi e saggi sulla storia culturale, politica ed economica dell'Europa e degli Stati Uniti dal Settecento al Novecento. Collabora alle pagine culturali e a iniziative editoriali di "Repubblica". Tra le sue pubblicazioni più recenti: "Romanticismo e tempo dell'industria" (Roma, 2000); "Niccolò Machiavelli" (Milano, 2002); "L'insonnia del Novecento" (Milano, 2005); "Le avventure di un capitano d'industria" (Torino, 2008); "La rivoluzione francese raccontata da Lucio Villari" (Roma, Bari, 2008).

 

la NOTA di Giorgio Vitali

 

Opportunamente viene la presentazione presso il Grande Oriente d'Italia del libro del noto storico risorgimentale Lucio Villari, che da tempo dedica le sue fatica al problema dell'Unità Nazionale. Si tratta evidentemente di un grosso problema se, proprio in occasione del 150° anniversario la polemica, finora latente, è esplosa con maggior vigore. Riemergono, finalmente alla luce, questioni finora rimosse o tenute nascoste per ben 150 anni. Non è poco!

Non è questo il caso di riscrivere la Storia d'Italia. Ci limitiamo però ad alcune considerazioni:

1) L'Unità d'Italia ha dovuto elaborarsi nell'ambito di una situazione culturale e storica quanto mai complessa. NESSUN PAESE AL MONDO ha un gravame storico sulle spalle come il nostro paese: dall'Eredità di Roma che, contrariamente a quanto si crede, ha esercitato una forte attrazione per il popolo italico fino ad oggi, e senza dover scomodare la nostra tradizione politico-culturale, da Cola di Rienzo, ad Arnaldo da Brescia, a Marsilio da Padova, a Dante, Boccaccio, Petrarca, al Rinascimento, che vide i grandi intellettuali assieme al Papato nel rivendicare la priorità della "cultura classica", per cui abbiamo in Italia un lascito artistico ineguagliabile ed ineguagliato, a Machiavelli, Guicciardini, Vico; al Parini, al Foscolo, agli "italianisti" cattolici pre-risorgimentali Balbo, Gioberti, Rosmini (fino ai cattolici di "Crociata Italica"), a Mazzini, vero risuscitatore del "Mito di Roma", Carducci, Pascoli, Oriani (che denunciava il "fallimento" risorgimentale proprio per la sua piccineria nei confronti della grande tradizione romana ("Lotta Politica in Italia"), Marinetti, Malaparte nella sua difesa dell'"Italia barbara", fino a Reghini ed Evola, autori ambedue di un "Imperialismo Pagano".

2) Questa tradizione "romana" ha inciso significativamente anche contro il tentativo papalino di gestire il processo d'unificazione nazionale, tentato da Pio IX nell'illusione di poter gestire il "cambiamento" in corso nella società borghese dell'ottocento. Con la fuga dall'impegno di lotta col Piemonte del 1848 infatti, e l'istituzione della Repubblica Romana del 1849, grande simbolo universale voluto da Mazzini e da Garibaldi (simbolo anch'egli nello sforzo unitario della riscossa popolare, anche se minoritario) la Chiesa perde il ruolo al quale da secoli aspirava con l'invenzione fraudolenta della "Donazione di Costantino" e viene sostituita dalla Massoneria, che gestisce, ovviamente nell'interesse delle Centrali Massoniche di Francia e Gran Bretagna, il processo unitario.

3) Nel momento in cui il Fascismo assurge a ruolo di guida della Nazione, in conseguenza dell'ondata di "orgoglio nazionale" (che potremmo chiamare, senza tema di smentita "National Pride") lo scontro con la Massoneria diventa inevitabile, perchè le finalità sociali di Mussolini urtano contro gli aspetti dell'economia borghese sostenuti dalla Massoneria dalle sue origini fino ad oggi, basti "leggere" le provenienze economico-sociali delle varie organizzazioni tipo: Lyons, Rotary ed, appunto, Massoneria). Probabilmente la sconfitta dell'Italia nello scontro con l'Inghilterra e gli USA nasce proprio dal non aver risolto per tempo il conflitto. L'incontro Mafia-USA per il controllo d'Italia e del Mediterraneo va anch'esso interpretato alla luce degli aspetti sociali e classisti nei rapporti di forza interni alla società nazionale. Specie del Sud.

4) Il fatto davvero significativo che, a fronte delle reiterate richieste, il Grande Oriente non sia stato invitato alle Manifestazioni Ufficiali tanto in Campidoglio quanto a Porta Pia, organizzate dal Sindaco di Roma in accordo con lo Stato del Vaticano, è indicativo della perdita di ruolo della Massoneria in una società che cambia, ma non significa che il "nuovo concordato" con lo sfondo delle eterne pretese, mai denunciate, dello Stato Pontificio su tutto il territorio nazionale potranno avere un esito positivo. Anche perchè la credibilità del Vaticano si sta liquefacendo alla luce non solo delle critiche alla "moralità" del Clero, ma anche a quelle, ben più gravi, della "credibilità" del Mito Religioso sul quale il potere temporale dei Papi poggia le proprie credenziali.

Giorgio Vitali