la NOTA di Giorgio Vitali
Opportunamente viene la
presentazione presso il Grande Oriente d'Italia del libro del noto
storico risorgimentale Lucio Villari, che da tempo dedica le sue
fatica al problema dell'Unità Nazionale. Si tratta evidentemente di
un grosso problema se, proprio in occasione del 150° anniversario la
polemica, finora latente, è esplosa con maggior vigore. Riemergono,
finalmente alla luce, questioni finora rimosse o tenute nascoste per
ben 150 anni. Non è poco!
Non è questo il caso di riscrivere
la Storia d'Italia. Ci limitiamo però ad alcune considerazioni:
1) L'Unità d'Italia ha dovuto
elaborarsi nell'ambito di una situazione culturale e storica quanto
mai complessa. NESSUN PAESE AL MONDO ha un gravame storico sulle
spalle come il nostro paese: dall'Eredità di Roma che,
contrariamente a quanto si crede, ha esercitato una forte attrazione
per il popolo italico fino ad oggi, e senza dover scomodare la
nostra tradizione politico-culturale, da Cola di Rienzo, ad Arnaldo
da Brescia, a Marsilio da Padova, a Dante, Boccaccio, Petrarca, al
Rinascimento, che vide i grandi intellettuali assieme al Papato nel
rivendicare la priorità della "cultura classica", per cui abbiamo in
Italia un lascito artistico ineguagliabile ed ineguagliato, a
Machiavelli, Guicciardini, Vico; al Parini, al Foscolo, agli
"italianisti" cattolici pre-risorgimentali Balbo, Gioberti, Rosmini
(fino ai cattolici di "Crociata Italica"), a Mazzini, vero
risuscitatore del "Mito di Roma", Carducci, Pascoli, Oriani (che
denunciava il "fallimento" risorgimentale proprio per la sua
piccineria nei confronti della grande tradizione romana ("Lotta
Politica in Italia"), Marinetti, Malaparte nella sua difesa
dell'"Italia barbara", fino a Reghini ed Evola, autori ambedue di un
"Imperialismo Pagano".
2) Questa tradizione "romana" ha
inciso significativamente anche contro il tentativo papalino di
gestire il processo d'unificazione nazionale, tentato da Pio IX
nell'illusione di poter gestire il "cambiamento" in corso nella
società borghese dell'ottocento. Con la fuga dall'impegno di lotta
col Piemonte del 1848 infatti, e l'istituzione della Repubblica
Romana del 1849, grande simbolo universale voluto da Mazzini e da
Garibaldi (simbolo anch'egli nello sforzo unitario della riscossa
popolare, anche se minoritario) la Chiesa perde il ruolo al quale da
secoli aspirava con l'invenzione fraudolenta della "Donazione di
Costantino" e viene sostituita dalla Massoneria, che gestisce,
ovviamente nell'interesse delle Centrali Massoniche di Francia e
Gran Bretagna, il processo unitario.
3) Nel momento in cui il Fascismo
assurge a ruolo di guida della Nazione, in conseguenza dell'ondata
di "orgoglio nazionale" (che potremmo chiamare, senza tema di
smentita "National Pride") lo scontro con la Massoneria diventa
inevitabile, perchè le finalità sociali di Mussolini urtano contro
gli aspetti dell'economia borghese sostenuti dalla Massoneria dalle
sue origini fino ad oggi, basti "leggere" le provenienze
economico-sociali delle varie organizzazioni tipo: Lyons, Rotary ed,
appunto, Massoneria). Probabilmente la sconfitta dell'Italia nello
scontro con l'Inghilterra e gli USA nasce proprio dal non aver
risolto per tempo il conflitto. L'incontro Mafia-USA per il
controllo d'Italia e del Mediterraneo va anch'esso interpretato alla
luce degli aspetti sociali e classisti nei rapporti di forza interni
alla società nazionale. Specie del Sud.
4) Il fatto davvero significativo
che, a fronte delle reiterate richieste, il Grande Oriente non sia
stato invitato alle Manifestazioni Ufficiali tanto in Campidoglio
quanto a Porta Pia, organizzate dal Sindaco di Roma in accordo con
lo Stato del Vaticano, è indicativo della perdita di ruolo della
Massoneria in una società che cambia, ma non significa che il "nuovo
concordato" con lo sfondo delle eterne pretese, mai denunciate,
dello Stato Pontificio su tutto il territorio nazionale potranno
avere un esito positivo. Anche perchè la credibilità del Vaticano si
sta liquefacendo alla luce non solo delle critiche alla "moralità"
del Clero, ma anche a quelle, ben più gravi, della "credibilità" del
Mito Religioso sul quale il potere temporale dei Papi poggia le
proprie credenziali.
Giorgio Vitali |