Italia - Repubblica - Socializzazione

FNCRSI

quindicinale di informazione e di formazione politica per i Combattenti della Repubblica Sociale Italiana

La pubblicazione è aperta alla collaborazione di tutti gli iscritti alla FNCRSI. È però riservata al giudizio insindacabile della Direzione del periodico l'accettazione del materiale pervenuto. Gli articoli firmati esprimono solo la opinione degli autori e quindi non impegnano la FNCRSI né la Direzione del periodico se non per il giudizio generico di riconoscimento dell'importanza e tempestività dell'argomento trattato e della opportunità che esso venga conosciuto e dibattuto dai Camerati ai quali la pubblicazione è inviata. I manoscritti anche se non pubblicati non si restituiscono. Distribuzione gratuita agli iscritti alla FNCRSI

 Anno I - n° 6 (marzo 1968 - seconda quindicina)

SOMMARIO

1) Scheda bianca
2) Non cooperatori
3) Ancora sulle Università
4) Il partito delle Contesse
5) Motivazione Paura
6) Resistenza inutile
7) L'Italia non esiste
8) Preti in crisi
9) Storici su misura
 

 

COMUNICATO

Il giorno 18 aprile 1968, alle ore 20,30, nei locali del Gruppo Provinciale Romano -in Via Domenico Fontana, 12- si terrà una riunione organizzativa.
Nel corso della riunione alla quale prenderanno parte il Vice Presidente Dr. Bruno Ripanti ed alcuni membri della direzione nazionale, verranno trattati i seguenti argomenti:
— Fantauzzi: situazione politica generale con particolare riferimento alla campagna per la scheda bianca;
— Oliva: tesseramento ed organizzazione;
— Mesiano: propaganda e stampa.
I Combattenti della RSI ed i simpatizzanti sono invitati ad intervenire per fornire il loro contributo di idee e dì esperienza.

Scheda bianca

Alcuni ex camerati della RSI si dichiarano convinti che sia atto di viltà la scheda bianca alle prossime elezioni. Per il principio di non contraddizione gli stessi sono anche convinti che votare DC, PSU, MSI o simili sia un atto di coraggio e di non-anonimato e pensano di impegnare il MSI a perseverare nel solco della RSI.
Ma noi vorremmo sapere, perchè non ce l'hanno detto, che cosa ha a che vedere il MSI con la Repubblica Sociale Italiana, o con il Fascismo repubblicano, oltre ad annoverare nelle sue file ex fascisti in numero maggiore che altri partiti. Vorremmo che ci fosse detto in termini politici e non vaghi, cosa sia da annoverarsi, a questo partito, che abbia in qualche modo a rifarsi ai programmi, alle realizzazioni, allo spirito che animò la RSI. Quali interventi abbia esso fatto in campo nazionale o in Parlamento che non si possano assimilare alla normale attività di un partito di destra in qualsiasi regime parlamentare; teso non a rovesciarlo bensì a migliorarlo, a stabilizzarlo, temperando ed equilibrando gli eccessi riformistici della sinistra. In che cosa, quindi, dovrebbe perseverare? Ovviamente, ognuno è libero di operare come vuole e di partecipare coscienziosamente a quel bel gioco che è il voto. Soprattutto poi se crede che esso conti qualcosa. Ma quando vota un partito qualsiasi che gli venga offerto come l'ultimo, inutile pranzo al condannato, non dica a se stesso, di farlo in nome della RSI e cerchi di non pensare ai camerati caduti. E ciò non per viltà: per dignità. Quanto a noi, seguitiamo come al solito per la nostra strada, convinti come siamo che chi cammina diritto da qualche parte arriva.
L'alienazione non ci ha ancora toccato. Da questa campagna per la scheda bianca non ci attendiamo alcun risultato politico immediato: ma se i combattenti se ne facessero tutti portavoce nel proprio ambiente di famiglia e di lavoro, motivando la nostra posizione di principio con le nostre tesi politiche, potrebbe essere il modo di far capire a più larghi strati di italiani, alienati da vent'anni di democrazia e disorientati da vent'anni di missismo, alcune verità cardinali.
La scheda bianca, oltre a contarci, potrebbe far aprire gli occhi a tanti ciechi ed essere l'inizio di risalita della china.

Non Cooperatori

«Ventitré anni di "apoliticità" e di indifferenza hanno ridotto il combattentismo italiano all'attuale conformistica sudditanza politica, mentre l'Italia è finita in mano ad una spaventosa classe di affaristi e di ladri del pubblico denaro, ed in balìa a tribù di teppisti, in ogni campo. I reduci si sono legati mani e piedi alle loro associazioni d'arma o di categoria le quali, a loro volta (salvo rarissime e ben note eccezioni perchè si tratta di gruppi discriminati e fuori gioco), sono legate mani e piedi alla politica del governo e dei partiti in auge. Pensionamenti e riconoscimenti sono sempre fatti cadere dall'alto come elemosine, dopo anni e lustri di lotte e di attese. I reduci vengono "lisciati" e adulati -con patriottiche parole e con la retorica d'occasione- solo nelle vigilie elettorali e nelle orchestrate commemorazioni ufficiali. Sui gravi scottanti problemi nazionali di politica interna ed estera i reduci (che sono ancora vaste masse di cittadini e di contribuenti) non hanno alcuna voce in capitolo, se non attraverso lo sfruttamento ideologico che ne fanno i partiti antinazionali. Questa la situazione. Si può continuare così, amico "NON"? Bisogna muoversi finalmente e fare la propria scelta seria e consapevole, prima che sia troppo tardi. Le prossime votazioni generali ce ne offrono una prima non trascurabile occasione, anche se questo sistema dei partiti ci ripugna e rivela una società falsa e in disfacimento, come lo provano le rivolte studentesche in atto. Oltretutto, ne va dell'avvenire dei nostri figli e i postumi pentimenti non servono».

Fin qui "Volontà", rassegna mensile dei NON-Cooperatori. Siamo d'accordo, ma non bisogna solo muoversi, bisogna muoversi bene. È vero, così non può e non deve continuare. Ma, caro camerata "NON", sei proprio convinto di risolvere il problema dell'avvenire dei tuoi figli dando un puntello al sistema votando per questo o per quel partito?
Dacci retta, vota scheda bianca!
Sarà il primo passo, coerente, pulito, intelligente.
In seguito interessati di più, organizzati, non lasciarti strumentalizzare da strani comitati che vorrebbero far cooperare oggi i "NON" di ieri e di sempre. Non accettare le soluzioni troppo facili. Se ben rifletti, nessun partito può essere il tuo partito. Rimani ancora e sempre un "NON":
"NON" ai partiti!
SI all'Italia!
SI solo all'Idea che l'Italia fece rispettata, temuta e grande.


Ancora sulle Università

Pochi giorni fa, durante un dibattito sui fatti delle Università tenutosi a Roma e organizzato dalla rivista "L'Orologio", abbiamo potuto constatare come nel nostro mondo continuino a persistere alcuni atteggiamenti politici in totale antitesi tra loro. Che in un grande movimento politico, quale noi crediamo di rappresentare, sussistano molteplici punti di vista, non può essere che un bene perchè è indice di vitalità delle idee e degli uomini che le esprimono. Ma qui ci troviamo in un'altra situazione.
Da una parte, con realismo politico, ci si sforza di mettere in luce i fermenti nuovi della nostra terra, dandone una interpretazione coerente con il nostro passato (pur non conservandone l'aspetto profondamente rivoluzionario, di negazione del significato del mondo moderno, e senza la volontà di realizzare, su tutte le dimensioni dell'uomo, ciò di cui il fascismo fu punto di partenza). Al polo opposto, condizionato dalle contraddizioni del nostro passato (peraltro storicamente giustificabili), dalla natura italiana perennemente oscillante (come ricordò Longanesi) tra l'intenzione di stare in piedi e la voglia di star seduti, invischiati, grazie al gioco subdolo di taluni profittatori di fascisti, su posizioni conservatrici, nel suolo inutile ed ottuso della retroguardia scalza del capitalismo borghese, si vorrebbe riportare, con una semplificazione degna dei peggiori istituti psichiatrici, ad un gioco di comunismo ed anticomunismo tutti i fermenti davvero impressionanti, che scuotono questo stanco pianeta non ancora cloroformizzato del tutto dal benessere e dal materialismo integrale. Chiunque si soffermi, per un istante libero dalle sovrastrutture che la vita d'oggi mette in ogni cranio, a considerare la situazione politica mondiale, e possa rifarsi alla nostra storia durante il ventennio fascista (unico momento del secolo nel quale l'Italia abbia avuto una storia) si potrebbe accorgere che questa antitesi comunismo-anticomunismo non ha alcun senso. Tutte le forze negative in Italia, che ci fanno chiamare comunisti, sono state suscitate, vuoi direttamente, vuoi indirettamente come reazione, da quelli che noi chiamiamo antifascisti-anticomunisti.
Ma la storia, si sa, non viene letta, soprattutto la nostra; (eccettuata una apologetica cretina).
È comprensibile però che l'odio, la paura e la ripugnanza verso le manifestazioni dell'attivismo comunista nostrano siano tali da sollecitare una scelta verso l'occidentalismo marca USA, ma questi sono moti dell'animo, non ragioni politiche di uomini che vogliono realizzare un loro mondo. La RSI fu in lotta essenzialmente contro il mondo democratico, la guerra all'Europa fu una guerra fatta dai democratici e i comunisti nostrani erano poveracci che morivano avendo sbagliato padrone. Non a caso leggiamo su "Epoca" del 3-3-68 a proposito dei diari di Vittorio Emanuele III che «gli americani volevano Togliatti al governo».
Noi non neghiamo una logica all'atteggiamento conservatore che è presente in tutti i possibili sistemi di governo, ma pretendiamo che esso non venga definito fascista. Nessuno nega il diritto di esistere ai conservatori borghesi, ma si tolgano dai nostri piedi. Costoro hanno una grande responsabilità in questo momento così difficile per il fascismo. Costoro vogliono farci apparire come associazione di vecchie zitelle. Si iscrivano ai comitati civici e ci lascino in pace.
Bisognerebbe ficcarsi in testa che una rivoluzione globale che debba rinnovare le condizioni dell'uomo di fronte alla natura, all'ambiente sociale ed a se stesso, non può soffermarsi sui dettagli e dare retta a ripulse sentimentali.
Noi vorremmo anche che alla parte opposta di questo schieramento si tenesse più fede ai valori trascendenti che il Fascismo portò alla luce nella sua dottrina e negli ordinamenti civili, e non ci si ancorasse alla pura dialettica storicistica. Per quanto riguarda i moti universitari, dobbiamo sottolineare ulteriormente che questi non sono manifestazione sporadica ma fatto molto significativo perchè realizzatosi in molte nazioni d'Europa. E se i partiti hanno cercato di strumentalizzarli, ciò è nella logica spietata del sistema nel quale i partiti hanno la funzione di portare ad una sola dimensione e quindi fagocitare tutto ciò che agiti le acque. Ma, malgrado i conservatori di cui sopra, che hanno fatto di tutto per evidenziare mestatori cinesi, la digestione dei fermenti universitari pare lenta e difficile.
L'Università, più che il Liceo, è epicentro e fulcro di un regime politico e linfa per la sua sopravvivenza perchè ne assorbe e ritrasmette il clima morale. Perchè la classe dirigente, l'intelaiatura di una Nazione si forma oggi nelle Università, e l'adolescente, dopo la scuola media, la quale, piuttosto che un processo di formazione e di educazione, è una corsa ad ostacoli, non vi arriva sostanzialmente migliore, più umano, più intelligente di come sia partito, uscendo per la prima volta dalla famiglia. Anzi han cercato in tutti i modi, facendo a meno e burlandosi delle virtù tradizionali, di imporgli eroi senza coraggio, mistici senza morale, amanti senza passione e soprattutto genii senza intelligenza e senza anima. Ma il vero primo incontro cosciente con la vita civile avviene all'Università e se l'adolescente viene irretito nel clima di rinuncia, di pochezza morale, di basso carrierismo, di confusione e di intrigo quali albergano nei nostri atenei, e per farsi avanti non sa che assuefarsi a questa prassi, allora ogni sua forza creativa scompare, si adatta al mondo democratico, diventa cinico, egoista, sciupa la sua giovinezza e trasmetterà ai futuri sottoposti la sua stanchezza, la sua inerzia o il suo astio per non aver potuto, per causa di altri italiani, valorizzare la sua vita. È il quadro della nostra vita nazionale.
Ed è ciò che vogliono i nostri padroni americani ed i loro lacchè clericali. Perciò ogni rivolta studentesca è una rivolta contro questo clima, contro il sistema democratico-parlamentare inteso come imposizione all'interno degli Stati europei dell'egemonia russo-americana, e per noi è positiva.
Ben sappiamo infatti che nella Storia certi avvenimenti si verificano ed hanno una loro ragion di essere perchè chi li compie non è spesso cosciente del reale portato di ciò che fa. Dice Prezzolini «La storia, come ha parlato per mezzo di eserciti vittoriosi o di folle in rivolta, ha anche parlato per mezzo di un uomo munito di pugnale o di bombe, e con un pugnale o una bomba ha segnato la fine di un periodo e l'inizio di un altro. Non già che la provocasse, ma l'esprimeva, la sintetizzava, la fissava in quel momento». Cioè, basta poco per esprimere un momento storico. E comunque siamo all'inizio. Qui dobbiamo aggiungere che gli studenti ribelli hanno inalberato immagini di Lenin, Mao ed altri stranieri all'Europa mentre a maggior ragione avrebbero potuto muoversi nel nome e nel ricordo, se li avessero conosciuti, di Mussolini, Hitler, Codreanu e José Antonio Primo de Rivera, quantunque l'austerità morale di quest'ultimo stoni coi giovani moderni, anche se ribelli, tutti più o meno vittime del lassismo dilagante. Ben altre responsabilità e compiti ebbero i giovani d'Europa nei secoli addietro, fino a 25 anni fa. Ma di questa mancanza di informazioni i responsabili siamo noi: chi fa la politica e chi ne è assente, chi può scrivere e chi non scrive. Perchè siamo noi che avendo avuto ragione, ci siamo fatti invischiare nei temi altrui, abbiamo accettato, perchè incerti e ignoranti della nostra storia, gli oltraggi e le calunnie.
Non abbiamo tenuto fede al nostro passato non operando, giorno per giorno, nell'illuminare quanti ci stanno intorno sulla verità dei fatti; abbiamo perfino perduto i nostri figli che ci sono stati staccati in nome di una pseudo polemica di generazione.
Abbiamo rinunciato pian piano a rivendicare il passato per tema di esser chiamati nostalgici o vecchi, mentre è proprio l'approfondimento virile e sereno del passato che apre le strade ad un futuro serio e dà solide basi alla azione; anche perchè la ragione fu e resta nostra.


Il partito delle Contesse

Una frotta di contesse, stanche di salotti e di canaste, han pensato di trascorrere le loro lunghe giornate dedicandosi ai ludi politici.
Guardatesi attorno, han trovato un partito che fa per loro, dove di posto per le contesse ce ne è molto, e dove molti ingenui vengono menati per il naso. Così il MSI è diventato il partito delle contesse. Le contesse fanno conferenze, tengono concioni politiche, organizzano canaste di beneficenza.
Non possiamo immaginare conclusione più logica per un partito simile. Si tranquillizzino i vecchi colonnelli in pensione ed i pasticceri: finché ci sarà il MSI non mancheranno le sedute di società e le forniture di pasticcini.

Motivazione Paura

La società italiana si muove solo con la motivazione paura.
Dal singolo elettore (che vota solo in funzione della sua paura dell'inferno, dei Calmucchi, del Fascismo, dei disordini, del divorzio, delle corna, dei terremoti, del licenziamento, della perdita dei pochi beni) fino al governante (che motiva ogni iniziativa politica con la paura di un qualche cosa), tutti tremano.
La società italiana, essenzialmente virile (anche se per molti era solo una facciata) nei primi quaranta anni del secolo, è diventata effeminata.
Lo dimostrano i sentimenti comuni a tutti gli italioti: il patetismo, il sentimentalismo, l'incapacità a realizzare qualcosa di efficace.
Lo dimostra la stessa «facies» dei governanti.
Pensiamo sia giunta l'ora che il nostro popolo cambi psicologia e si incammini verso un sistema di vita sereno ed austero, lasciando la paura sbatacchiare le coscienze nelle sagrestie.
Non con la pavidità si risolve il problema aperto con ciascuno di noi dalla vita. Un mondo dominato da sensazioni vili non può non essere sostanzialmente ingiusto, e la sopraffazione nelle sue forme più subdole è di casa.
Un coacervo di individualità che si muovono sbattute da questi sentimenti non può essere né popolo né nazione. Quindi è nel nostro interesse immediato di non lasciarci trascinare dal panico collettivo, essere finalmente uomini e valutare la situazione politica italiana su ciò che ciascuno di noi vorrebbe effettivamente realizzare, non in base a negazioni e rifiuti. La nostra posizione per la scheda bianca non vuole essere un atteggiamento agnostico. Vuole essenzialmente essere una affermazione, una chiarificazione a noi stessi ed agli altri.
Provocare lo sgretolamento di situazioni preconcette e false e quindi iniziare un discorso più valido con la comunità nazionale, basato sulla sincerità e chiarezza di determinazioni politiche precise.

Resistenza inutile

Da una lettera pubblicata da "L'Astrolabio" del 31-3-1968, settimanale diretto da Ferruccio Parri:
«Dopo 20 anni di repubblica, un capo dei servizi segreti, un comandante generale dell'Arma elevato poi a capo dell'Esercito passa nelle file del partito monarchico, dimentico della sua posizione e del giuramento prestato. Abbiamo combattuto inutilmente per questa Italia senza luce e senza speranza di salvezza, perchè quasi tutti, come ha ben scritto Ernesto Rossi, sono pronti a colloquiare, a servire, a strisciare davanti all'innumera gerarchia ecclesiastica padrona e rovina dell'Italia».
Poiché la coerenza sovente porta al suicidio, se è ancora possibile pensare ad una resistenza coerente, avremo, a breve scadenza, una valanga di suicidi.

L'Italia non esiste

Il giornalista Raymond Tournoux ha pubblicato qualche mese fa uno strano libro: "La tragedia del Generale". Tragico solo per gli europei e tra questi in maggiore misura per gli Italiani. Il contenuto del libro oscillando tra lo storico, il giornalistico e il pettegolo, svela il pensiero di De Gaulle anche attraverso documenti inediti.
Pur nutrendo seri e fondati dubbi sulla improvvisa «vocazione» europeistica del vecchio generale resistente e megalomane dati i limiti imposti dalla ispirazione delle centrali dei vari Rotseluld, riteniamo che la classe politica europea ben meriti i suoi giudizi sprezzanti.
Benché il bersaglio preferito del libro sia l'America, in esso certamente non sono risparmiati gli europei.
Sostiene il generale: «Noi siamo i soli a dire no al protettorato americano, data la volubilità inglese, l'inesistenza italiana ed il vassallaggio tedesco... L'Europa dei Sei è un arrosto. L'arrosto sono la Francia e la Germania. Con un po' di crescione: l'Italia. E un po' di salsa: il Benelux... Il Belgio? Due province non costituiscono una nazione. L'Italia? Un povero paese sotto un povero regime. È la Quarta Repubblica. A Fanfani piacerebbe avvicinarsi al nostro sistema. In fondo, Egli vorrebbe, semplicemente instaurare la Quinta Repubblica in Italia. Credo che si faccia delle illusioni. L'Italia non ha De Gaulle. L'Italia è uno Stato americano. La Germania? Essa si dirige dolcemente verso la liquefazione. È un povero paese con le reni rotte, che dà lo spettacolo lamentevole di una nazione senza giurisdizione, che non sa dove va».
Il Generale continua sempre incisivo e tagliente: «Vedete, le comunità europee formano un piccolo mondo che vive secondo le proprie leggi. Queste sono come le regole del Club. Bisogna parlare il linguaggio del Club, avere la maniera di fare del Club. Poco importa l'interesse reale delle popolazioni che si rappresentano. Poco importa l'avvenire, purché si rispettino le regole del Club... Tutto ciò funziona male. L'Europa si trascina perchè non vi sono europei!».
L'uomo che, dopo la rivolta dei generali in Algeria, mentre molti attendevano lo sbarco dei paracadutisti a Parigi ebbe tranquillamente a dire: «Fidei Castro, lui si, sarebbe già qui, Gialle no», insiste sprezzantemente: «I tedeschi sono dominati dagli americani, gli italiani sono dominati dagli americani, i belgi lo stesso, i Paesi Bassi idem. Guardiamo i problemi in faccia. In che consistono i progetti europei? Nel restituire alla Germania il suo posto in Europa e nel mondo, nel ridarle il suo carbone e il suo esercito. Non si osava farlo direttamente per paura di sfidare l'opinione pubblica. Lo si faceva allora indirettamente, dietro un paravento. L'alibi si chiamava Europa integrata... L'Europa è simile ad un uomo che si è rotta una gamba e che non si disabitua più a camminare con le stampelle americane».
«Tutti questi bravuomini che si pretendono europei, dice il generale, si prendono del tutto beffe dell'Europa. Che vogliono? Dei posti. In verità, io sono il solo uomo di Stato europeo. Vi sono gli scopritori di formaggi. Sono tutti compagnoni. Hanno preparato il loro trattato insieme: CECA, CED, Euratom, Mercato Comune, tutti questi organismi internazionali non sono buoni che a rischiare di buscarsi la sifilide. Man mano che si negoziavano i trattati, essi si ripartivano i posti... I francesi non erano da meno... che lo riconoscano o no, tutta questa brava gente non pensa che alla propria carriera. Essi se ne infischiano completamente del loro paese».
Infine, sempre nella intenzione di portare innanzi la propria contestazione all'interno del «mondo occidentale» ed al fine di denatizzare la Francia, il generale, memore anche di averne prese di santa ragione da noi durante tutta la guerra e fino all'ultimo giorno della RSI, sostiene a ragione che «L'Italia non esiste. Essa è inconsistente, e nessuno parla a nome suo».
Nel complesso il libro di Tournoux ha per noi notevole validità politica. Da esso balza agli occhi in tutta la sua scellerata ampiezza, la tragicommedia dell'Europa antifascista con le sue rinunce, la sua viltà, la sua incapacità, il suo servilismo.
Per noi le sferzate che De Gaulle distribuisce in abbondanza a dritta e a manca costituiscono un ulteriore incentivo a continuare nella lotta di sempre contro l'antifascismo (gollismo compreso) che contamina ed avvilisce l'Italia e la più grande patria europea.


Preti in crisi

Da "l'Osservatore Romano" del 3-3-1968: «Verrà istituito prossimamente in Inghilterra una apposita organizzazione di assistenza e consulenza per sacerdoti e religiosi la cui vocazione attraversi un periodo di crisi. Il nuovo organismo, che è stato approvato dal Cordinale Heenan, Arcivescovo di Westminster, sarà presieduto da un ausiliare del Porporato. Analoghi uffici esistono già in altri Paesi».
Dalle solite fonti bene informate, apprendiamo che a dirigere la filiale italiana di tale organizzazione è stato designato il Cardinale Luigi Longo il quale verrà coadiuvato dall'arcivescovo Terraccini, per intercessione di Mons. Moro, libero docente di Storia delle Religioni presso l'Università di Bari.


Storici su misura

Alla TV francese dopo una trasmissione dedicata alla figura di Benito Mussolini si è tenuto un dibattito secondo la prassi moderna ed i fini antichi, che sono quelli di nullificare la presenza italiana nel mondo. Così sono intervenuti dei profondi studiosi della materia che hanno rilasciato frasi storiche e illuminazioni geniali. Uno storico ha definito Mussolini affetto da mediocrità patologica; un giornalista americano ha dato un giudizio positivo aggiungendo che era poco italiano, e concludendo che se fosse nato in America avrebbe forse potuto diventare un presidente eccezionale. La conclusione è stata che il fascismo non ha lasciato alcuna traccia durevole nel popolo italiano. La trasmissione si è svolta in una platea tumultuante, cioè con le organizzazioni sindacali di lavoratori italiani in Francia che pretendevano le maggiori umiliazioni possibili per la propria terra. È bene che, considerando la stupidità faziosa del mondo attuale nei nostri riguardi, sia come fascisti che come italiani, abbondantemente appesantita in patria grazie ai servi sciocchi di chiunque ci disprezzi, è bene che non si esca dai limiti angusti della nostra politica interna e si trovi il modo di rivendicare il nostro passato fascista e la nostra presenza nel mondo quale è stata nel nostro passato affinchè l'assenteismo dell'Italia d'oggi da ciò che si verifica nel mondo, non sia preso come nostra prassi perenne.
La televisione francese ha condensato in dieci parole, su un servizio dedicato all'ultima guerra e durato oltre un'ora, la parte avuta dall'Italia.
L'enciclopedia britannica in un fascicolo dedicato alla recente storia europea, trascura di menzionare che l'Italia vi partecipò. La radio venezuelana qualche mese fa diceva che nessun paese ha avuto nell'ultima guerra tanto pochi eroi quanti ne ha avuti l'Italia. Tutte queste sono libere falsificazioni. Ci spieghi la radio venezuelana chi avrebbe avuto più eroi: i francesi? Forse gli inglesi le cui vittorie furono possibili grazie alla superpotenza americana e alle truppe multicolori al loro servizio, e ciononostante, a guerra ormai vinta, ebbero casi di insubordinazione ed ammutinamento? I russi che andavano al combattimento come un tempo i militi del decrepito impero bizantino, i tedeschi che si trovavano inquadrati in una efficientissima macchina che lasciava solo la libertà di obbedire, i giapponesi per i quali il sacrificio in guerra era, si può dire, una soluzione senza alternative?
La guerra italiana fu per i più, date le difficili condizioni materiali, il boicottaggio morale e materiale, l'incapacità degli alti comandi, e anche la possibilità di poter «svicolare», una scelta individuale continua, diuturna. E non sappiamo se, nelle identiche nostre condizioni, altre nazioni avrebbero potuto dare un fenomeno come il combattentismo della RSI. È chiaro che un computo delle medaglie d'oro non si può fare visto che a chi le meritava non sono state date o sono state tolte mentre sono state rilasciate a pazzi sanguinari come un Bentivenga. Ma le cause della nostra squalificazione sono state e sono tuttora essenzialmente politiche. Non è nemmeno il caso di incolpare l'armistizio ed il rovesciamento delle alleanze. Sebbene sia cosa abominevole si è verificato che tutte le nazioni, quando cominciano ad essere invase, formano un governo d'accordo coi vincitori.
In Italia ciò fu fatto da chi aveva interesse a distruggere il Fascismo ed anche la Nazione di cui il fascismo era stato il cemento.
Anche i Tedeschi tradirono Mussolini il 25 aprile, ma nessuno li chiama traditori. Anche i Tedeschi ebbero un loro «Corpo di liberazione» talché Saint Paulien nel suo libro «I leoni morti» ed. Volpe può scrivere: «L'assedio di Kolberg da parte dei russi fu uno degli episodi più sbalorditivi di questa guerra. Soldati francesi, volontari della divisione Carlomagno, combattevano per mantenere aperta una breccia per la quale i profughi tedeschi fuggivano verso la salvezza mentre i tedeschi rossi, arruolati nella divisione Seydlitz, si accanivano a tagliare la strada ai loro stessi compatrioti».
Ma a nessuno risulta che costoro siano stati considerati gli unici combattenti dell'ultima guerra, come invece capita da noi. Quindi è la volontà politica di voler apparire per «quelli di Cassibile»; di portare alla ribalta, come rappresentante dello spirito nazionale, quel tipo di italiano vile e servile con lo straniero forte, e sprezzante verso il connazionale povero e dignitoso, rappresentato psicologicamente dal frequentatore di circoli clericali e socialisti; è il voler restringere venti anni di vita nazionale in quattro scaramucce chiamate resistenza, che tutti gli altri popoli ci ignorano nei fatti e nella sostanza, è la volontà di non essere seri, di voler nascondere le idee personificando le quali l'Italia divenne nazione. È questa volontà politica che ci nullifica di fronte agli altri popoli. Noi potremmo riempire il mondo di lavoratori, di costruzioni realizzate da nostre imprese, di prodotti delle nostre industrie, potremmo arricchire a dismisura, avere (per assurdo) una qualche voce nei traffici dell'ONU, ma saremo sempre un popolo con un peso zero nelle coscienze individuali di tutti gli altri abitanti della terra; i quali ignorano la nostra guerra perchè per primi i nostri politici antifascisti hanno fatto di tutto per negarne le ragioni vere o vanificarle. Questo dimostra ulteriormente quanto l'antifascismo sia sostanzialmente estraneo agli interessi degli italiani. E se, anche solo in un dibattito televisivo, a difendere Mussolini, cioè vent'anni della nostra storia, contro le castronerie incredibili che abbiamo evidenziato, ci va solo il figlio, il quale poi di problemi storici se ne intende molto meno che di Jazz, e gli italiani sono presenti solo per offendere e negare il proprio passato, non avendo il coraggio civile di prenderlo per quello che è stato, allora il nostro ruolo sarà sempre quello che l'antifascismo ha deciso per noi: zero.
Quanto a Mussolini, non ha certo bisogno di difese di fronte allo scherno di cialtroni come il regista Rossellini e consimili che si sono esibiti con il loro gracidare stonato. Si sa che grande uomo è colui che impone una grande idea, liberandola dalle oscurità dell'istinto nell'anima del popolo, e a lui solo spetta la gloria poiché il vantaggio ne resta intero alla gente. Mussolini questo fece, Mussolini fu quindi un grande uomo ed ha la sua gloria. E non c'è più nulla da aggiungere. Ma un popolo (come un individuo) esiste, se impersonifica una idea capace di esprimere il suo genio.
Se no, non viene riconosciuta neppure l'esistenza morale alle singole persone componenti quel popolo.

  Condividi