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FNCRSI

quindicinale di informazione e di formazione politica per i Combattenti della Repubblica Sociale Italiana

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 Anno I - n° 11 (ottobre 1968)

SOMMARIO

Tesi politiche per una battaglia unitaria
La situazione
La guerra rivoluzionaria
Relazione al comitato di unità di azione approvata nella riunione del 29 - 9 - 68

Documento approvato il 13-6-68
Documento approvato il 7-7-68
Manifesto per la iniziativa unitaria approvato il 29-9-68
 

 

Comunicato

La Direzione Nazionale della FNCRSI si è adunata in Roma il 6 ottobre 1968 sotto la Presidenza del Vice Presidente Dott. Barbesino. La Direzione Nazionale ha adottato le seguenti decisioni
1) Ha approvato l'azione svolta dai Dirigenti della FNCRSI sugli sviluppi della iniziativa unitaria intrapresa, ed in particolare ha approvato la relazione al Comitato di Unità di Azione presentata il 29-9-68. Ha altresì stabilito i propositi e le linee per il proseguimento della iniziativa.
2) Ha stabilito di costituire quale proprio organo consultivo un organismo che assume il nome di "Consulta Nazionale", a comporre la quale saranno chiamati, con i camerati della Direzione Nazionale, i Segretari dei Gruppi Provinciali ed i camerati che i Vice Presidenti riterranno di invitare di volta in volta. La prima riunione della Consulta Nazionale è stata stabilita per il giorno 3 novembre 1968.
3) Ha respinto alla unanimità le dimissioni dalla Direzione Nazionale del camerata Mario Campolmi, prendendo atto della nobiltà dei sentimenti che ne determinarono la presentazione.
 

 

Presentiamo i documenti più importanti concernenti la iniziativa unitaria che ha fatto seguito alla campagna per la scheda bianca in occasione delle elezioni politiche generali del maggio scorso. Il cammino lento e faticoso dell'unità ha visto i consensi passare dal "Comitato di Adesione" alla "Consulta" al "Comitato di Unità di Azione" che, costituitosi l'8-9-68, è al lavoro per la realizzazione del previsto programma di iniziative unitarie.


Tesi politiche per una battaglia unitaria

Un elemento certamente negativo, che tuttavia non deve spingerci verso indicazioni alibistiche, è la obiettiva valutazione della situazione delle forze politiche fasciste in Italia.
Alibi sono le attese di eventi che non verranno mai, se non saranno determinati dalla nostra volontà; alibi è la ricerca di personaggi da levare sugli scudi, per una investitura che è logico attendersi soltanto dall'azione.
Il motivo di fondo dell'invito che avete accolto dalla FNCRSI è quindi l'aspirazione unitaria che vi viene proposta come una scelta volontaristica, non come una soluzione taumaturgica. Sarebbe, infatti, inutile una estrinsecazione qualsiasi dell'unità che non si fosse maturata nelle coscienze essendo questa una condizione essenziale per poter trasformare in volontà politica il fatto esteriore del trovarsi uniti.
Lo scopo immediato dell'invito è quello di discutere quanto sopra cameratescamente per giungere ad un primo risultato, quello del superamento dello spirito di conventicola e del metodo delle riserve mentali.
È un circolo vizioso che occorre spezzare con un confronto diretto, che potrà essere spietato quanto vorrete ma che dovrà essere necessariamente risolutivo.
La FNCRSI si propone, cioè, sin da questo primo incontro, cui altri faranno seguito, di delineare -con il concorso di tutti quelli che si dimostrano animati da buona volontà- precise posizioni di lotta politica, l'accettazione od il rifiuto delle quali sia conseguente ad una scelta che vi viene proposta come fondamentale. La scelta cioè è tale da precisare lo spazio della collaborazione. In quello spazio ci saranno gli uomini della FNCRSI con quelli di voi che vogliono restarvi o vogliono entrarvi; oltre i suoi confini il terreno è occupato dall'antifascismo. L'accusa di manicheismo è vecchia e non ci impressiona.
Quei confini, oggi, però, non possono essere segnati dalla disputa ideologica in atto da anni all'interno dello spazio fascista. Gentiliani, Evoliani, Tradizionalisti, Idealisti possono fare rientrare gli aculei delle polemiche circa il metodo, soltanto se si convincono che il nemico è sempre e comunque comune e se si riconoscono sui punti fondamentali ed universali della Dottrina. Nell'ora che viviamo e sul piano dell'azione politica concreta il superamento della disputa è possibile. Questo nostro giudizio implica quello per cui insistervi rappresenta un altro alibi fabbricato per sottrarsi all'impegno politico.
Il confronto e la delimitazione dello spazio politico fascista non può verificarsi che sulle volontà politiche dei fascisti e quindi sulle tesi politiche.
Una esposizione sistematica è ritenuto a questo scopo il "Documento conclusivo della ultima Assemblea Nazionale della FNCRSI" sul quale non ci sembra che il tempo trascorso (un anno) reclami aggiornamenti di rilievo.
Intanto è indispensabile che dalla riunione escano le indicazioni di ciascuno circa la accettazione od il rifiuto dei punti che seguono:

A) Insufficienza della tattica per la scheda bianca
L'iniziativa denuncia chiaramente la mancanza di uno strumento politico idoneo del quale si presenta come succedaneo. Essa inoltre è condizionata dai mezzi di cui dispone l'avversario in maniera tale che annulla ogni rapporto di forza. Noi stessi abbiamo potuto soltanto a stento e soltanto con le ultime battute dare una qualificazione politica alla scelta, diversa dal qualunquismo contro il malcostume.
Una valutazione quantitativa del risultato non interessa e non ha senso attardarsi per affermarne il valore ed il fallimento. Tre risultati utili ci sembrano, invece:
1) l'aver potuto constatare che l'opinione pubblica è sensibile, anche se ha reagito in senso contrario a quello che si era presupposto, a metodi di lotta estranei agli schemi del sistema. Molta gente è uscita psicologicamente dalla china delle false alternative e delle suggestioni artificiose;
2) l'aver dimostrato la necessità di chiarire in maniera risolutiva l'equivoco rappresentato dal MSI. Le reazioni ottenute dimostrano che è un errore tacere per timore di essere tacciati di dissidentismo;
3) la prova di spirito di sacrificio e di abnegazione che è stata fornita spontaneamente da diverse organizzazioni e da camerati isolati al solo presentarsi della semplice notizia della iniziativa.
Ogni risultato è comunque perduto se non è seguito da un impegno politico serio.
La polemica nei confronti del MSI deve essere accentuata; deve però assumere un sempre maggiore contenuto politico. Non si tratta di contestare un tradimento e un inserimento, ormai di vecchia data, scontatissimi. Si tratta di contestare le posizioni politiche di un partito che si è inserito in un ben preciso spazio politico del sistema. Scendere al disotto di tale discorso significa scendere al livello dissidentistico con la implicazione dissidentistica della scheda bianca che invece per non restare fine a se stessa deve, per logica storica e politica, sfociare in una iniziativa politica che punti alla radicalizzazione delle posizioni di lotta e punti alla contestazione globale del sistema democratico, nei suoi aspetti, nei suoi istituti, nelle sue articolazioni interne ed internazionali.

B) Destra e destrismo
Se finora la definizione di destra, attribuita al Fascismo, era fonte di equivoci oggi è addirittura la sua negazione. Destra, il Fascismo non lo è mai stato in sede ideologica. Non lo è in sede economica, dove la nostra tradizionale impostazione del problema della giustizia sociale è giudicato dalla destra, senza ombra di dubbio, più pericoloso delle finte provocazioni della CGIL e del PCI. Non lo è in sede politica, dove la posizione rivoluzionaria del Fascismo è la sola opposizione che rimane al moderatismo ed al riformismo.
Il discorso centra un pericolo ben preciso che vorremmo non venisse sottovalutato. L'evolversi della situazione internazionale ed alcune scadenze, in concomitanza con i risultati elettorali, negativi per la destra in genere, hanno liberato tutta una catena di reazioni che stanno delineando un gioco ben preciso. Nulla contando più né in parlamento né fuori, il settore della destra nazionale versa, pur sempre, nella necessità di trovare un contraltare all'avanzata a sinistra per dare al partito cattolico -ormai destra del sistema- un aumento della forza contrattuale indirizzata al mantenimento dello status quo. Le strade sono tutte buone per gente che è notoriamente priva di scrupoli e l'azione è già in pieno svolgimento ("Il Borghese") all'insegna dell'anticomunismo. È difficile resistere a certe sirene. Da qui nasce la necessità della nostra denunzia. Ogni acquiescenza sarebbe infatti perniciosa, forse in maniera definitiva, e non è più possibile giustificarla.
Il movimento politico fascista, per il contenuto e per i fini che lo animano, per la visione globale dell'uomo e della storia che possiede, deve essere definito come una «concezione del mondo». Uno dei dati che lo pongono in questa situazione è la posizione rivoluzionaria per la quale anche gli atteggiamenti di «destra», di conservazione e di difesa di taluni Istituti, sono stati inseriti da esso in una strategia rivoluzionaria.
Ciò che invece giustifica l'atteggiamento di destra di taluni Gruppi politici, sedicenti fascisti, è la «difesa della nazione». Cioè in linea di principio, mentre per i movimenti rivoluzionari il rapporto fra Stato ed Idea è posto in modo che il primo debba essere in funzione della seconda, nei movimenti di destra e particolarmente nel MSI l'idea si è posta al mero servizio dello Stato, anche se questo è divenuto uno Stato democratico, fondato su valori resistenziali e filo-americani.
Ciò ha provocato il naturale inserimento dei movimenti della destra nel Sistema, in taluni specifici settori e in difesa di particolari interessi e gruppi di potere.
Quella a cui ha dato vita il Movimento Sociale e tutti i gruppi che si sono posti su questa linea è una posizione di «destrismo», una posizione cioè che ha posto al servizio della destra, delle sue tematiche, dei suoi interessi la forza e le persone dell'idea fascista.
I momenti tipici, le formulazioni programmatiche della battaglia della destra possono essere elencate come segue:
a) occidentalismo: nelle sue varie giustificazioni, ma tutte convergenti in una subordinazione della politica europea a quella americana, come conseguenza della conclusione di un affiancamento della politica europea a quella americana. In particolare va richiamata a questo proposito l'inconsistenza della giustificazione che prende a prestito la «destra americana»;
b) difesa di taluni istituti del sistema: (magistratura - militari). In proposito si deve subito precisare il contributo che essi danno alla stabilità del sistema, di cui sono divenuti gli organismi di «base». Difenderli al di fuori di questo contesto politico può essere solo una fonte (limitata comunque) di voti ed in questo senso il MSI ha cercato per anni di sfruttare il tasto, nella logica della sua battaglia politica. Pensare che essi siano riconducibili ad una battaglia di tipo rivoluzionario, come vuole necessariamente la loro difesa, è utopistico. In taluni momenti, per opportunità tattica, può essere valido assumere demagogicamente certe posizioni di difesa di questi gruppi, ma il basare la propria strategia per la conquista del potere su una presunta frattura tra il sistema ed uno qualunque dei suoi istituti (che ne sono in realtà valido supporto) e quindi contare sull'appoggio che questi gruppi potrebbero dare ad una battaglia antisistema è totalmente errato. Su questa linea si è posto il MSI, su questa linea si trova il Partito Liberale e si trovano giornali moderati quali "II Borghese" e "Il Tempo".
La verità è che certi ambienti e certi istituti sono difesi naturalmente dalle stesse forze del sistema, nella sua dialettica interna.
c) Vaticano. La Chiesa cattolica ha sempre, o comunque molto spesso, assunto una posizione di tipo storicistico, ha cercato cioè di adeguarsi alla realtà storica e alle forze politiche del momento. A partire dall'ultima guerra il Vaticano ha particolarmente sviluppato questa posizione, questo atteggiamento giungendo addirittura ad identificare la sua politica con quella della più grande potenza mondiale: gli Stati Uniti. La crociata anticomunista -che ebbe particolare vigore con Pio XII- ha significato anche, occorre sottolinearlo e porre in evidenza il contrasto con la posizioni della destra ("II Borghese"), l'accostamento della politica vaticana a quella statunitense con la conseguente giustificazione occidentalista. Il fatto cioè che il Vaticano abbia puntato il dito contro un solo nemico, il comunismo, ha avvalorato la tesi frontistica della divisione a due: comunismo e mondo libero.
Questo deve essere tenuto ben presente. Con tutte le giustificazioni contingenti che il Vaticano può addurre (difesa dal comunismo, invadenza stalinista, ecc.) non si sarà mai sottolineata abbastanza la funzione negativa che esso ha esercitato schierandosi con gli USA, e quindi con quel tipo di società e di civiltà, democratica e radicale.
Ma poiché la scelta era in funzione della politica americana, quando gli Stati Uniti passarono da una posizione di tipo nazionalistico a quella distensiva nei riguardi dell'Unione Sovietica, il Vaticano trasse lo spunto per proporre i temi del pacifismo, dell'ecumenismo, del progressismo.
Non sono coincidenze il fatto dell'appoggio del Vaticano a John Kennedy, all'ONU, nonché la continua riproposta e magnificazione della politica kennediana da parte di Paolo VI.
In questo senso, perciò, l'attuale posizione ecumenica e progressista del Vaticano non è il frutto di una svolta improvvisa, essendo piuttosto la logica conseguenza dell'occidentalismo.
Chi pensa che si possa contrapporre alla attuale politica progressista della gerarchia una di tipo anticomunista e occidentalista si sbaglia, in quanto l'attuale distensionismo non è che lo sviluppo logico e conseguente dell'occidentalismo. Ad esso s'ispira l'attuale discorso vaticano (ONU - aiuto ai paesi sottosviluppati - elogio funebre a Bob Kennedy). La contraria interpretazione costituisce uno degli errori tipici della destra nazionale che attribuisce il sinistrismo del Vaticano ad una acquiescenza al Cremlino anziché agli USA.
Il tentativo di isolare nella politica vaticana aspetti positivi o tentare di appoggiare le posizioni dei vari Ottaviani, Ruffini e Siri, costituisce uno sterile e inutile tentativo. Questa ala è stata battuta in breccia, in sede conciliare, in sede organizzativa (eliminazione di Siri, Ottaviani, ecc.) e ideologica (accettazione dell'anticomunismo, ma nei limiti imposti dal discorso distensivo).
d) Da ultimo il battersi su posizioni di destra non è strategicamente valido per la stessa evoluzione che sta subendo il mondo liberale e borghese.
Gli sviluppi tecnocratici e neocapitalistici all'interno dello stesso liberismo capitalista e l'assorbimento che esso subisce delle tesi progressiste e radicali, lo pongono su una posizione di adeguamento agli indirizzi del sistema. Il carattere conservatore e gretto degli ambienti economici italiani li porta necessariamente a mediare con il moderatismo, le antitesi e gli scontri che potrebbero sorgere con gli ambienti radical-progressisti, i quali, utilizzando i comunisti, rappresentano la punta avanzata e realmente pericolosa della sinistra. Tipico esempio, l'esperienza del centrosinistra in Italia.
Dopo una ferma resistenza al centro sinistra, gli ambienti confindustriali vi si sono inseriti all'interno con la politica moderata. Chi, con la lotta al centro sinistra aveva intravisto una possibilità di spaventare la borghesia e di trovarla al proprio fianco (MSI e Pacciardi) ne è rimasto ferocemente deluso.


L'Europa come centro della politica mondiale
Consideriamo l'Europa come centro della politica mondiale per una serie di motivi e tra l'altro perché:
a) La possibilità di una ripresa dei valori tradizionali e la conseguente riapparizione di un fenomeno politico di tipo fascista può ripresentarsi solo nell'Europa poiché solo in essa, nel sangue degli uomini europei, sono rimaste possibilità di concepire ancora valori tradizionali. In Europa la sovversione ha trovato sempre delle barriere il blocco germanico come blocco umano antisovversivo; la rivoluzione fascista e nazionalsocialista; la minore manovrabilità dell'uomo europeo alle mode, imposte dalla civiltà radicale e neoilluminista americana;
b) politicamente l'accordo tra i due blocchi (URSS e USA) è permesso soltanto dalla posizione di subordinazione e dal vuoto politico europeo. Una modificazione dell'atteggiamento dell'Europa (ed in particolare di alcune nazioni europee), nei riguardi della politica americana, può essere in grado di scardinare tutto il sistema di alleanze degli Stati Uniti rimettendo in gioco tutta la politica mondiale.


Europeismo
Questa constatazione porta quindi la necessità di una posizione di tipo europeista in quanto antioccidentalista.
Vanno quindi condannate tutte le posizioni che partono o arrivano all'occidentalismo.
L'occidentalismo non è solo quello ideologico (d'Andrea); militare (Beltrametti - guerra rivoluzionaria) economico (Kennedy Round - capitalismo finanziario) o di necessità (difesa del comunismo - impreparazione militare europea). Una posizione pericolosamente occidentalista (perché nasce in ambienti nostri) è quella che concepisce la politica mondiale nei termini dell'aggressione dei popoli colorati (presentati falsamente in un unico fronte) contro l'occidente. Tale posizione comporta la necessità di un allineamento, nella comune difesa, tra America e Europa.
La vera battaglia da porsi è invece quella tra radicalismo e antiradicalismo (quindi America e Russia tecnocratica contro tutto ciò che loro si oppone anche al livello di soli valori naturali); tra difensori dello status quo (URSS e USA) e nazioni in lotta contro questo (Cina, Francia ed, in potenza, Germania occ, Giappone. Europa in generale).
L'Europeismo deve avere un'idea forza e darsi un contenuto politico, altrimenti è una astrazione cerebrale.
C'è da dire, anche a questo proposito, che un atteggiamento unitario europeo va maturandosi proprio in rapporto di contestazione alla politica di protettorato degli USA, da una parte e dell'URSS nei paesi dell'Est.


Germania
II problema numero uno, la chiave di tutte le soluzioni europee e della stessa unità europea è rappresentata dal problema tedesco. Quando la Germania avrà di nuovo coscienza della sua forza, quando la Germania si porrà in contestazione del protettorato americano, allora l'Europa riacquisterà una dimensione ed un peso per una contestazione dell'America.
Questa consapevolezza va maturandosi in Germania. L'affermazione del NPD ha agitato tutta la stampa mondiale proprio perché conquistata contro gli Stati Uniti e in un momento particolarmente delicato della situazione tedesca. Questi fatti indicano che può maturare in Germania una situazione rivoluzionaria.
Il maturarsi di questa situazione, la capacità economica e umana della nazione tedesca, possono dar significato a tutto il discorso europeista, per questa occorre favorire questa evoluzione in Germania.


Alto Adige
II problema è andato smorzandosi. Qui occorre parlarne per la strumentazione demagogica che può esserne fatta in certi ambienti.
Da parte del radicalismo si tenta una vecchia tattica. Quella di scaricare una forza rivoluzionaria verso altre vie, meno pericolose. Il nazionalismo tedesco, che dovrebbe giustamente rivolgersi verso la Russia e la Polonia e soprattutto verso gli Stati Uniti che ne comprimono le possibilità politiche (su questo punto dopo i fatti connessi alla caduta di Erhardt non dovrebbero esservi dubbi) viene scaricato verso l'Alto Adige.
È mostruoso atteggiarsi a nazionalisti per l'Alto Adige e non fare nulla per la vera soggezione alla quale è costretta la Nazione tedesca, con le truppe di occupazione ancora sul proprio territorio nazionale.
(Per inciso un discorso del genere può essere applicabile anche all'Italia).
Non conviene drammatizzare la situazione altoatesina, per non dare corda al falso nazionalismo tedesco. Non conviene cadere cioè nella trappola radicale delle false questioni.
Contemporaneamente occorre precisare che non è conveniente affermare l'italianità della zona per diritto di conquista, in quanto una soluzione del genere, un diritto del genere, se applicato alla Germania farebbe in modo che essa non possa rivendicare i territori occupati dalla Polonia a seguito della seconda guerra mondiale e se riferito all'Italia impedirebbe la rivendicazione del territorio nazionale ceduto agli slavi o alla Francia.
Occorre di fronte a nuovi incidenti che potrebbero verificarsi in Alto Adige insistere nello smascherare la manovra, cercare di chiarire ove sia possibile, in incontri con dirigenti di associazioni nazionalistiche tedesche, i veri termini del problema e vantare diritti di altra natura.


La situazione

II dissidio tra le nostre file può riassumersi superficialmente nei termini della priorità da darsi all'anticomunismo o all'antidemocrazia. C'è chi, pur al di fuori dell'anticomunismo viscerale e da operetta del MSI, persiste a dare una priorità al problema comunista. Insiste cioè a credere che i mille problemi della comunità italiana, dei quali il comunismo italiano è un prodotto e non una causa, possano essere risolti facendo appello a quelle categorie che si dicono anticomuniste e che già in questo denotano il loro settarismo nei confronti della comunità nazionale.

L'ipoteca comunista allo Stato italiano è, anche se non lo vogliono ammettere in sede di logica politica, il sottofondo psicologico della loro posizione dottrinaria. Distaccandoci da costoro, non vogliamo noi diminuire la nostra inimicizia nei confronti del comunismo, ma vogliamo porre i comunisti dove politicamente e storicamente vanno posti: nell'area democratica, nella quale stanno e ideologicamente e di fatto.

Eccettuate alcune piccole digressioni. Sorvoliamo sull'analisi del pensiero di un Gramsci o di un Togliatti, radicalesimo condito di buone intenzioni piccolo-borghesi, quale può essere stato concepito da certa borghesiuccia dell'Italia del Nord, e che, logicamente, faceva presa sugli operai del suddetto Nord. Il comunismo nel mondo non ha avuto un comportamento diverso sostanzialmente. Esso ha attuato nel '18 una rivoluzione contro una aristocrazia fradicia che già aveva in Europa assaggiato la lama della ghigliottina cento anni prima (chi farà la storia fra qualche secolo ne farà tutt'uno). Dopodiché essendo la Russia paese con un certo numero di abitanti, si dovette dare una organizzazione che tenesse conto di queste masse di esseri, abituati a servire in silenzio per costrizione e per inclinazione di razza. Tutto là è avvenuto in grande, ma per ragioni di numero, non per grandezza vera. Siccome queste comunità avevano bisogno di un polo accentratore, ecco Stalin, nel nome del cui potere vennero fatte gran numero di crudeltà, e perciò è potuto passare presso i semplici come un grande. Ma è facile impressionare i poveri di spirito coi bagliori del sangue. Molto più difficile è pervenire alla grandezza politica con il pensiero che sia capace di tramutare in Leggi ed Istituti dello Stato atti a realizzare veramente un nuovo tipo di società di uomini nuovi.

Poi ci fu la guerra in cui la Russia si alleò al capitalismo contro i nazionalismi rivoluzionari e Stalin potè vincere grazie agli aiuti americani ed al patriottismo che il popolo russo trovò in sé da secoli di lotte contro i tedeschi. Dove era il comunismo? Cosa facevano i Commissari politici fra i soldati?

Ma il compromesso e la falsificazione della realtà sono insiti nel pensiero antifascista. Così la guerra civile in Italia, vede i terroristi comunisti, nel mito dei nichilisti russi, servi del capitalismo che ne trae immensi benefici anche di ordine monetario, e assassini di uomini politici non graditi ai nostri nemici anglosassoni. Dopo la guerra la Russia tramite i partiti comunisti domina l'Europa orientale con metodi russi e partecipa alla gestione delle nazioni dell'Europa asservita all'America. Infatti è assurdo voler credere che partiti di larghe rappresentanze come quelli comunisti, di fatto con molti voti e deputati, non partecipino alla gestione politica degli Stati in cui sono presenti.

Finita l'epoca staliniana la trasformazione dei partiti comunisti è rapidissima. Da una parte si slitta nel radicalismo, nell'altra in un nazional-comunismo, qua nel populismo, là in un atteggiamento rivoluzionario contro il sistema di vita attuale e vengono alla luce posizioni ideali diverse.

Dal punto di vista culturale e letterario il comunismo non ha dato luogo a nulla di autonomo. In Italia poi schiera dei mesti invertiti, opachi epigoni del dandismo ottocentesco senza di esso nemmeno la verve.

E allora il comunismo qual'è? E infatti come è percepito in profondità il comunismo dal popolo occidentale? Sotto forma di una brutalità espropriatrice. Nulla più della paura dei freddi siberiani, e della paura di guadagnare di meno lavorando di più. Ma questo secondo caso si verifica in Italia per chiunque abbia la ventura di lavorare per un ente qualsiasi di proprietà o gestito da comunisti. In realtà l'asservimento ad una oligarchia burocratica quale si verifica in Russia è lo stesso che notiamo in Italia ed altri paesi radicali. Qui il pugno è inguantato di feltro e comunque con questo cielo e con questo sole tutto finisce bene. Ne fanno fede, comunque, le notizie che ogni tanto trapelano da ciò che accade agli alti vertici dei nostri enti burocratico-statali ove sono insediati uomini politici del regime. Dopodiché ci si chiede quale è la molla psicologica che spinge un individuo a paventare il comunismo, poiché è chiaro che chi si trova nella melma fino al collo non teme lo sterco; chi teme il comunismo, cioè qualcosa che dovrebbe modificare la situazione attuale, si trova bene dove sta adesso. Egli assume l'atteggiamento di colui che accetta il meno peggio oppure vive bene nel regime democratico. Si può dire di più, che egli assume il modo di sentire piccolo borghese, di quello che ha paura che gli tolgano il negozio e lo diano in gestione al vicino di casa. Si può anche dire che col nome di Comunismo si vuol definire una forza di tipo demoniaco, la cristallizzazione di tutte le personali ansietà inconsce. Oppure ci venga detto cosa farebbe il comunismo in Italia di più negativo di questa democrazia pretesca.

Beninteso stiamo parlando ai fascisti; a coloro per cui le forme dello stato XX secolo sono cose ormai superate. Non vogliamo convincere certo chi è uomo di destra, un tardo-democratico. Non ci venga a dire per favore che l'anticomunismo è un espediente tattico: prima di tutto fa presa su una categoria di persone che non ci interessa, per gli uomini e per la loro età. Le nostre possibilità di uscire dalla fase ideologica per entrare in quella pratica della politica attiva e creativa di fatti storici, sono legate al fatto che alcune categorie, alcuni ceti di produttori comincino ad avere coscienza del loro ruolo nella società nazionale e che si rendano conto che sul piano politico solo il fascismo li può esprimere. Sono costoro il nuovo ceto medio, quel ceto che oggi deve subire il capitale e la tecnocrazia composta dai laureati nelle Università tecnologiche americane imposti come nuova classe dirigente. Non sono i commercianti, non è la media borghesia codina e bacchettona.

Questo nuovo ceto medio ignora il comunismo perché esso non gli dice nulla, e non lo teme perché non può portargli via nulla. Le classi proletarie votano comunista perché è un voto che permette loro il mantenimento del benessere fisico, inseguito da tanto tempo. In esse l'opera di decantazione tra coloro cui il benessere acquisito non è la sostanza della vita e coloro invece che per questioni di razza interiore considerano questo come sola fonte di vita, deve ancora avvenire. È già stato dimostrato dal missismo che la propaganda a base di «Noi siamo più anticomunisti del Papa» non ha alcun senso utile per noi. Agitare lo spauracchio del comunismo, lo rinforza tra i proletari e spinge i borghesi al voto DC ed al compromesso. Con ciò noi non rinunciamo alla media borghesia, ma non nel falso scopo della difesa ad oltranza dei suoi interessi più gretti, bensì nel quadro più ampio della risposta alle effettive esigenze della comunità. Chi ponga mente che per 20 anni si sono incastrati i fascisti o sedicenti tali su posizioni di destra, non può non rimanere colpito da certi misteri della storia.

Ora non si capisce perché il fascismo, che è unitario, che si pone proprio come forza tendente a dare un ruolo di protagonista a tutte le forze che compongono una comunità nazionale, debba fare sue le tesi della destra o identificarsi in esse.

È da stupirsi, anche, come fior di pensatori non siano riusciti a distinguere l'aspetto economico da quello politico e questo da quello cosmico. È fuor di dubbio che si agitano nel profondo del nostro essere e globalmente nell'intero globo, forze contrarie: l'una tellurica, caratterizzata dal prevalere dell'energia sulla forma, l'altra solare, nel senso in cui tramite la metafisica, tende alla trascendenza. Il fascismo del passato può essere interpretato il primo tentativo di creare in termini politici moderni uno Stato capace di esprimere i valori dell'uomo totale quali rivennero alla luce, in questo secolo, dopo periodi del più superficiale materialismo. Stupisce in alcuni sedicenti fascisti, sopratutto in coloro che tramite una concezione astratta della politica si sono impigliati nelle maglie della destra, che non riescano a capire come uno Stato che voglia rappresentare veramente le esigenze più profonde dell'uomo, debba di necessità instaurare un sistema di giustizia sociale avanzatissimo. Ciò non ha nulla a che vedere con un atteggiamento socialista, ovviamente.

«Un sistema politico non è veramente buono ed eccellente se non quando, appagando la ragione, oltrepassa l'ordine razionale in maniera sufficiente per consentire a coloro che regge, di manifestare talvolta le loro emozioni più nobili, e di conoscere in esso tutta la loro qualità d'uomini».

Conclusione. Sarebbe ora che si cominciasse a prendere coscienza del significato di dirsi fascisti e della realtà operante del fascismo. Il che vuol dire di essere al massimo aperti verso se stessi e verso gli altri, non chiudendosi in una alibistica torre di avorio né prostituendosi a chiunque, pur di avere un consenso. Solo così si può agire nella nostra epoca e selezionare chi si scopra affine a noi per natura. L'azione non conosce santarelli. Coloro che hanno fatto davvero qualcosa devono essere nobili, ma non possono essere puri. Siamo oggi gli unici politicamente liberi. Non abbiamo compromessi in corso e non dobbiamo adattare il nostro modo di pensare e le nostre ideologie alle necessità della politica estera russa o americana o papale. Noi quindi possiamo agire liberamente; è sufficiente che riusciamo a far coincidere l'esatta interpretazione del mondo moderno con le esigenze dell'uomo completo.


La guerra rivoluzionaria

Quasi che il nostro ambiente fosse uno Stato da difendere da probabili guerre sovversive e, partendo dagli scritti dei colonnelli francesi circa le esperienze dell'Indocina e dell'Algeria, è stato teorizzato un tipo di guerra rivoluzionaria che -sembra un paradosso- si articola unicamente su concetti difensivi.
Questa sorta di contagio difensivo ha via via creato un vero e proprio complesso di inferiorità ed ha asservito quelle teorie alla per noi letale dottrina dell'occidentalismo.
Occorre stabilire una volta per tutte che non siamo, né possiamo essere, occidentalisti e, soprattutto, che non dobbiamo difenderci da nessuno, ma che anzi dobbiamo ritrovare la forza e la coesione per attaccare e per vincere.
È mancato totalmente, inoltre, l'innesto tra la nostra guerra rivoluzionaria e la nostra dottrina politica. A questo punto non è più nemmeno il caso di parlare di guerra rivoluzionaria, bensì più propriamente di controguerriglia difensiva e di porsi sullo stesso piano del nostro SM.
Il che equivale ad una squalifica vera e propria.
Occorre quindi ristudiare, con nostri criteri autonomi, una teoria per la nostra guerra rivoluzionaria che non solo tenga conto del profondo significato psicologico, politico e militare di quel tipo di guerra, ma che sappia partire da premesse nuove, originali, mai applicate.
Il nostro ambiente, ad esempio, non ha nemmeno tentato di ipotizzare una guerra rivoluzionaria che sappia prescindere da aiuti esterni sempre condizionanti e dalla concomitanza con azioni belliche di eserciti amici.
La stessa carenza, del resto, si rileva nello SM il quale ha almeno la giustificazione di essere al servizio di uno Stato in perenne difensiva, ed agganciato ad alleanze essenzialmente difensive.
Occorre studiare una guerra rivoluzionaria spiccatamente offensiva, dunque, da porsi in atto su terreno europeo, con mentalità europea, tra popolazioni europee, mediante un fronte europeo di liberazione da portare alla vittoria. Una tecnica rivoluzionaria nuova che inglobi una precisa dottrina politica e che punti gradualmente alla contestazione, al logoramento, alla neutralizzazione ed all'annientamento delle forze politiche e militari sia della NATO, sia del Patto di Varsavia.


Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana
Relazione al comitato di unità di azione approvata nella riunione del 29 - 9 - 68

Terminata la campagna per la scheda bianca e valutatine realisticamente i risultati, la Direzione Nazionale della FNCRSI decideva di dare vita ad una iniziativa unitaria. Convocare cioè quanti -gruppi politici e camerati isolati- avevano dichiarato la propria disponibilità per la lotta al sistema allo scopo di una verifica degli intendimenti e delle linee politiche ed attraverso essa giungere:
1) con la scelta volontaristica del principio della unitarietà, al superamento dello spirito di conventicola e del metodo delle riserve mentali, problema la cui soluzione appariva ed appare prioritaria sulla strada delle manifestazioni dei propositi e delle scelte politiche;
2) alla presa di coscienza, da parte di tutti, che quella unitarietà era da perseguirsi sul piano politico. L'accettazione dei punti universali e non caduchi della Dottrina veniva, cioè, data per presupposta in ciascuno e ciò per ottenere di superare gli impantanamenti nei quali, fino ad oggi, è regolarmente naufragato ogni disegno politico di parte fascista.
Ciò posto tenuto conto degli orientamenti e delle decisioni adottate dall'ultima Assemblea Nazionale della FNCRSI ed in aderenza al documento finale ivi acclamato, venivano individuate le tesi politiche discriminanti sulle quali chiedere l'adesione dei camerati e ciò per porre un primo punto fermo sul quale ancorare lo sviluppo dell'iniziativa unitaria, perché (pag. 3 del documento a stampa presentato nella prima riunione del 13-6-68): «il confronto e la delimitazione dello spazio politico fascista non può verificarsi che sulle volontà politiche dei fascisti e quindi sulle tesi politiche».
Per la prima volta certe aspirazioni, certi sintomi hanno assunto una dimensione comune ed hanno dimostrato la possibilità di essere avvisati verso la dimensione politica. Si sono tuttavia delineate alcune valutazioni critiche, valutazioni che la FNCRSI ha cercato e promuove per fare in modo che tutti possano utilizzare concretamente e costruttivamente il contributo di camerati degni di stima perché pensosi del comune destino. Le riserve sono state poste ma non sono state sviluppate.
Dobbiamo perciò ribadire il concetto informatore fondamentale della nostra iniziativa. Quello di conseguire la delimitazione di una piattaforma politica, con la maggior precisione possibile, perché non si costruisca sulla sabbia e perché la costruzione, lenta e faticosa ma inevitabile, della unità non si frantumi al primo urto esteriore, magari, nel momento di maggiore impegno e di aumentate responsabilità.
Il denominatore comune della volontà politica deve quindi essere effettivo, totale, deve cioè essere senza riserve, specialmente se inespresse. Determinante è quindi la chiarezza delle intenzioni. Ovvia, infatti, appare la conseguenza che più quel denominatore sarà vasto, maggiore potrà essere la latitudine dell'accordo politico perché di accordo politico si ha bisogno, dal momento che occorre partire da una situazione frammentaria, confusa e contraddittoria, per arrivare al risultato della unità.
Sarebbe però pernicioso capovolgere demagogicamente i termini della questione e, per presentare un risultato che non esiste, soffocare o non promuovere il chiarimento delle posizioni politiche reciproche, l'unico mezzo che consente di arrivare ad una prima soluzione, magari incompleta, ma operante in tutti. Affermiamo quindi la necessità che sia respinta la esteriore unità da ottenersi ad ogni costo perché è inutile una somma di incoerenze. Affermiamo invece la necessità che si parta dalle constatazioni che è possibile valutare concordemente subito per giungere, attraverso lo stabilirsi di una chiarificazione spregiudicata ma costruttiva, alla tessitura di una situazione alla quale fare assumere sempre maggiore rilievo.
La prova della validità di queste convinzioni sta in quanto succede a proposito della cosiddetta iniziativa di Valerio Borghese. È bastato l'annuncio di un rapporto ai propri collaboratori da parte di Borghese perché si determinasse la psicosi della aspettazione messianica e si bloccasse lo svolgimento del lavoro impostato. Gli uomini della Federazione intendono reagire a tale stato di animo che giudicano pericoloso perché denunzia una carenza di volontà politica e di chiarezza di propositi, grave tanto da costituire la discriminante per ogni possibilità di intesa unitaria fra i Gruppi nazionalrivoluzionari.
Questa aggettivazione è un neologismo, che in sé e per sé sarebbe privo di significato politico; non è una endadiadi perché se accomunassimo nello stesso significato i due termini che esprime commetteremmo un falso ideologico macroscopico. La fortuna del termine trae origine dalla vessazione e dalla persecuzione politica delle quali siamo oggetto. Nelle nostre intenzioni è sinonimo di fascisti rivoluzionari e così indica con chiarezza:
a) una precisa concezione dottrinaria e politica (Dottrina del Fascismo);
b) la precisa volontà di subordinare, nel rapporto politico, la realtà a quella concezione (rivoluzione) in una posizione critica della passata esperienza tale da infrangere ogni tendenza al culto del passato ed alla mitomania, fino a rifiutare la validità della ricostituzione del PNF, fino a condannare lo stesso concetto di partito, quale strumento di lotta rivoluzionaria.
Sono così assolte de lue condizioni soggettive alle quali soggiace ogni movimento rivoluzionario che intenda assumere prospettive politiche.
In questo contesto gli uomini della FNCRSI negano che l'iniziativa di Borghese possa trovare una sua collocazione nello spazio del fascismo rivoluzionario e negano che il suo successo possa superare il clamore del primo exploit (se ci sarà). Non si tratta di dare o rifiutare patenti. Si tratta di valutare politicamente l'uomo (ed i suoi collaboratori) e le sue possibilità politiche.
Non basta dichiarare la volontà di contestazione del sistema per portare una iniziativa politica sul piano rivoluzionario. Ne abbiamo viste le due condizioni soggettive e Valerio Borghese si trova esattamente ai loro antipodi. Sull'uomo pesa la responsabilità di un passato che lo ha visto, ad ogni svolta, promuovere e fomentare il dissidentismo e la divisione. Non possiamo nascondere il fastidio che ci da il dovere stare a parlarne, ma la serietà del nostro proposito ed il senso di responsabilità che ci guida nel realizzarlo, non ci permettono di non sottolinearlo.
Borghese -si dice- susciterà delle adesioni entusiastiche e sottrarrà necessariamente possibilità umane e strumentali alla nostra iniziativa. Rispondiamo subito che l'affermazione, essendo ben nota la impossibilità di fermare Borghese, è un alibi che va rifiutato. Per restare coi piedi in terra, secondo i canoni del realismo politico ai quali ci reclamano perentoriamente da tante parti, se Borghese acquisterà forza politica nulla vieta di incontrarlo lungo la strada e stringere con lui accordi politici per arrivare a determinati e limitati obiettivi. Questa previsione è realistica perché comunque se Borghese vorrà muoversi sul terreno politico avrà bisogno di mettersi d'accordo con noi -i pazzi della situazione- poco o nulla contando i molti rattatuglia che gli peseranno addosso.
Ma non dobbiamo perdere di vista:
1) che anche noi dobbiamo acquistare forza politica, in linea di assoluta autonomia;
2) che Borghese vuole una cosa e noi un'altra.
Oltre a quella dello scontro frontale che, per ora, accantoniamo, non può esserci una linea di condotta diversa da quella sopra delineata, pena il suicidio politico, per evitare il quale è indispensabile che il distinguo tra noi e Borghese sia operato immediatamente, senza mezzi termini e senza perifrasi, pubblicamente, con ogni possibile mezzo di comunicazione e di propaganda, cosa che ci apprestiamo a fare.
Chi invece è convinto di poter scegliere la soluzione, sulla quale tanti insistono, di dover portare acqua al mulino di Borghese con la propria collaborazione, è invitato a farlo subito ed a lasciarci camminare per la nostra strada, senza creare intoppi con le suggestioni inutili e con le false questioni. Gli saremo grati della cortesia.
Altra posizione che non accettiamo è quella della cosiddetta benevola attesa che pure ci è stata proposta con fervore di convincimento e nobiltà di accenti. In questo momento l'attesa favorisce il disegno altrui ed il nostro silenzio assumerebbe il significato di un consenso che invece neghiamo né ce la sentiamo di avallare col nostro silenzio le dicerie che circolano con insistenza, segno indubbio, per altro verso, della consistenza e precarietà di chi le fa circolare.
Per coloro che concordano con la nostra volontà, la nostra iniziativa resta valida ed aperta per la definizione della piattaforma politica e l'inizio della attività che alcuni fra i 7 del Gruppo di lavoro, nominato 18-9-68, hanno definito ed approvato.

 

Documento approvato il 13-6-68

I sottoscritti rappresentanti di gruppi convenuti al I Convegno della FNCRSI, avvenuto in Milano il 13-6-68, constatato l'accordo intorno alle tesi politiche per una battaglia unitaria presentate dalla Federazione stessa,
«si costituiscono»
In «Comitato di adesione» e danno mandato alla Presidenza della Federazione di proseguire i contatti con gli altri gruppi, oggi impossibilitati a presenziare, per giungere ad un secondo convegno per il potenziamento dell'iniziativa unitaria.


Documento approvato il 7-7-68

Riunitisi a Roma su invito della FNCRSI e sulla scorta delle decisioni già raggiunte nella precedente riunione di Milano del 13-6-68 i rappresentanti dei Gruppi Nazionalrivoluzionari hanno convenuto sulla necessità di coordinare la loro azione in vista della creazione di una iniziativa politica concreta per la lotta al sistema.
Essi hanno così deciso di costituirsi in Consulta Nazionale formata da due rappresentanti di ciascun Gruppo alla quale sono stati demandati i seguenti compiti:
1) indicare i comuni obiettivi della lotta unitaria sulla base di un documento politico;
2) impostare e risolvere il problema della unità operante delle forze nazionalrivoluzionarie di tutta Italia;
3) predisporre un piano di iniziative politiche verso l'esterno.
La Consulta nell'assumere subito le sue funzioni, rivolge un fervido appello a tutti i Gruppi Nazionalrivoluzionari, comunque operanti, ed a tutti i camerati convinti della gravita della situazione, perché aderiscano alla iniziativa, portando il contributo delle loro esperienze di lavoro e di lotta.
La Consulta ha sede provvisoria presso la Sede romana della FNCRSI alla quale viene anche demandato il compito di coordinamento e segreteria della Consulta stessa.


Manifesto per la iniziativa unitaria approvato il 29-9-68

COMITATO DI UNITÀ DI AZIONE fra le Organizzazioni Nazionalrivoluzionarie

Le ORGANIZZAZIONI NAZIONALRIVOLUZIONARIE, costituitesi in Comitato di Unità di Azione per coordinare ed unificare il proprio impegno di lotta contro l'attuale sistema politico:
1) DENUNZIANO la necessità di uscire definitivamente dal genericismo delle posizioni frontiste di esclusiva caratterizzazione protestataria e qualunquistica.
2) AFFERMANO in conseguenza la esigenza di una precisa qualificazione ideologica dei motivi della lotta al sistema quale premessa necessaria a chiare indicazioni di alternativa politica;
3) INVITANO gli Italiani a schierarsi con le forze nazionalrivoluzionarie unite, per stroncare la speculazione delle centrali economiche, politiche, ideologiche che operano nel nostro paese al servizio di interessi stranieri -russi e americani- e restituire l'iniziativa politica ai superiori valori della Nazione, nel nostro tempo inscindibili dalla realizzazione di una autonoma realtà europea;
4) CHIEDONO operante solidarietà con le iniziative che il COMITATO DI UNITÀ DI AZIONE si impegna a creare e suscitare per la rottura degli equilibri conformisti e la denunzia delle contestazioni di comodo, posti in essere dalle stesse forze del sistema.

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