Comunicato
La Direzione Nazionale della Federazione
Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana, adunatasi a Milano il
19 aprile 1970 sotto la presidenza del dr. Barbesino, ha assunto le seguenti
determinazioni:
1) in merito alle elezioni regionali ed amministrative indette per il 7 giugno
1970, ribadite le motivazioni ideali e politiche dalle quali derivò la posizione
di intransigenza assunta in occasione delle ultime elezioni politiche del 1968,
di invitare i combattenti ed i simpatizzanti a votare scheda bianca, come primo
gesto di rifiuto del sistema che è la negazione dei valori unitari espressi
dalla Repubblica Sociale;
2) di indire la riunione della Consulta Nazionale per il 17 maggio 1970, con
riserva di precisare il luogo e l'ora della adunanza
3) di integrarsi, cooptando i camerati: Altomonte, Bettini, Golin.
Perchè lottiamo per l'Europa
Siamo di fronte ad un mondo sconosciuto, noi
l'affrontiamo con coscienza.
E con ciò noi siamo i soli a volerlo.
Non ci sbagliamo: le volontà di coscienza e di scoperta,
come valori fondamentali, appartengono all'Europa, alla sola Europa.
Malraux
Possono sembrar strane tante energie,
tanti sacrifici per un'entità che appare Utopia ai più, abituati
all'insegnamento superficiale e falso della storia, quale è impartito nella
nostra scuola; o, al massimo, adusati ad un nazionalismo che confina con lo
sciovinismo, e all'ombra del quale tutt'al più concepiscono l'Europa come una
federazione di nazioni, ciò che si tenta di fare ora, proprio per frastornare,
per disorientare quelle nature che sentono, senza approfondire, la necessità di
un'unione tra gli europei.
Fatto sta che Europa non è un termine geografico. È un termine che implica una
fratellanza non solo di razza ma anche di spirito. Intendiamo con questo dire
che sentiamo come fratelli (e li sentiamo veramente come tali) molto più i
solitari cacciatori scandinavi che abbiano una visione del mondo quale noi
abbiamo, piuttosto che un radicaletto nostrano.
E ciò che ci fa continuare nella lotta è il renderci conto, giorno per giorno,
attraverso contatti che abbiamo con tutte le nazioni europee, che ciò che noi
pensiamo e sentiamo è comune a molti, a moltissimi, in ogni parte del nostro
continente. Non sono idee, pensieri, sentimenti a sé, o provenienti da un'unica
fonte e sparsisi per l'Europa: sono idee sgorgate genuine da mille menti, frutto
della medesima visione della vita che incarna esseri diversi e lontani ma
accomunati in uno stesso ceppo, in una stessa razza spirituale.
Da diverse situazioni nazionali nascono le stesse soluzioni: equilibrate,
concrete, umane. In campo sociale, politico, morale, filosofico, religioso.
A pressioni esterne di vario genere, l'Europa reagisce scrollandosi di dosso
tutto ciò che non era suo, che, in secoli di menzogne, le è stato imposto dal di
fuori come fattore di civiltà e che è ormai ridotto a cascami e brandelli di una
pseudo civiltà, che invano tentano di resistere alla profondità spietata del
pensiero e del sentimento genuinamente umani.
L'Europa si butta a capofitto nel mettere a nudo la sua ossatura per scoprirne
gli autentici tesori, le parole, i pensieri, la religione che più conforme è al
suo spirito. Ringraziamo l'attuale crisi. Ringraziamo l'assedio che ora si è
fatto più stretto attorno a noi, se ci permette di ritrovare la nostra anima. E
le soluzioni sgorgano spontanee dall'anima europea come se un gran giacimento di
ricchezze inesauribili prendesse coscienza improvvisamente e cominciasse a dar
notizia di sé prorompendo or da questo or da quel punto. Questa è in sostanza
l'Europa. Una fonte perenne di attività, di creazioni, di civiltà. Per questo
crediamo in essa. Per questo lottiamo per lei. Per questo l'amiamo come nostra
comune madre. Perché vediamo, sentiamo, che dallo sfasciarsi di ogni vecchia
sovrastruttura, dallo scontro e dall'incontro tra idee e teorie che se pur hanno
improntato per secoli la storia europea sono aliene dalla natura intima del suo
popolo, sta risorgendo tutto un mondo che sembrava irrimediabilmente perduto.
Già da più di un secolo alcuni nostri pensatori più sensibili, a metà tra il
filosofo e il profeta, si sono avvicinati al pensiero antico tradizionale,
ariano, espresso nei grandi testi sacri indiani, in cerca di nuove vie. Ora è in
atto un altro processo: ci si sta rendendo conto che ciò che gli antesignani
cercavano altrove, è anche dentro di noi, è l'autentica, vera, realtà della
nostra natura, il substrato della nostra profonda umanità. Qualcosa di più?
L'Europa è viva, brillante, creatrice. L'Europa siamo noi che la stiamo
edificando nuova sulle sue basi eterne.
Ma... attenzione! Il mito dell'Europa, aleggiato sui giovani privi di saldi
legami con la concretezza, si è dimostrato un valido elemento in mano alle
destre per distrarre una parte della massa giovanile dai destini della Italia
sempre più schiavizzata ed alla deriva. Prima bisogna por mano drasticamente
alla situazione italiana inquadrandone il futuro nel contesto europeo, perché
siamo convinti che solo allargato sull'Europa possa sorgere il tipo di Stato che
noi vogliamo. Così come pensiamo che solo europei possano essere gli uomini
capaci di farne la spina dorsale. Noi abbiamo fondate ragioni per pensare che il
ruolo dell'Italia nella Europa non debba fossilizzarsi in quelli di esportatrice
di mano d'opera a prezzo facile e di allevatrice di stalloni per i pruriti
sessuali altrui, che essa debba svolgere funzione essenzialmente culturale e
storica, funzione politica. E se la civiltà europea, anche la più recente,
dell'Enciclopedia e di Kant, di Hegel e di Spencer, di Nietzsche e di Bergson è
destinata a ricomporsi in unità, a creare ancora un'epoca che abbia un suo
stile, una nuova rivelazione, un sistema coordinato di vita sociale ed
economica, ciò non può avvenire se non per l'opera di una nazione che, grazie al
suo senso storico, sappia inserire il presente nel passato.
L'antinomia è la ragion d'essere della perpetuità e universalità d'Italia.
L'Italia è la terra dei Sacrifici e dei Tradimenti, dei Santi e degli
Avventurieri, degli Eroi e dei Martiri, della Disciplina e della Indisciplina,
nella loro più potente paradossalità. Ma questo dualismo si ricongiunge in una
unica radice originaria: la concezione trascendentalista, sovrumana della vita.
Tale il segreto della grandezza Etrusca e Romana: la vita concepita non già
nell'attimo, ma nell'eternità. Da questo primo motore derivano tutte le virtù
creatrici di una civiltà duratura: disciplina, eroismo, carità, sapienza. Così
proprio la stirpe che in sé contiene tutti gli elementi della molteplicità e dei
contrasti è quella che possiede il più alto concetto dell'unità umana e lo attua
nel mondo. Se noi riusciremo a imprimere, come fascisti italiani, la nostra
spinta, allora le questioni politiche, sociali ed economiche, oggi gravi e
preponderanti, si riveleranno, una volta risolte, come elementi secondari, cioè
come la via preparatoria ad altri problemi che, nella loro ultima sintesi,
avranno carattere spirituale e religioso. Allora la presente lotta si rivelerà
come l'estrema fase materiale del travaglio che agita l'Europa per la creazione
di una nuova civiltà unitaria. Non vince chi adopera soltanto le armi, ma chi
manifesta anche una reale superiorità intellettuale ed etica.
Almirante
Come combattenti avvertiamo una profonda
repulsione per tutte le frasi altisonanti e per il frenetico agitarsi oratorio
fatto di espressioni vacue inutilmente nostalgiche o patriottarde. Vi si
nasconde dietro sempre la bassa ricerca del facile applauso. Nel caso del povero
Almirante -guitto per vocazione e per tradizione- vi si nascondono anche il
falso e l'inganno. Quando infatti parlando al recente Consiglio Nazionale del
suo partito ha detto che, mentre gli altri prendono gli ordini da Mosca o da
Washington, lui (che in realtà li riceve dal Ministro dell'interno) li
prenderebbe dall'Oltretomba, tutti pensando al Duce, lo hanno a lungo applaudito
L'attore non pensava a Mussolini, ma a Michelini del quale non manca occasione
di osannare non comuni (e sappiamo quali sono) pregi, tanto più che ha potuto
assumere la segreteria del m.s.i. solo assicurando al già citato ministro il
mantenimento della linea micheliniana. Comunque è probabile che qualche volta
gli possa pure sfuggire di dire qualcosa di onesto e di buono. Tutto sta a non
crederci mai.
Il gioco delle parti
ovvero: prima li utilizzano, poi li danno in pasto ai cani
Abbiamo letto su “Il Corriere della Sera”
l'intervista ad un movimentato personaggio implicato in numerose questioni che
vanno dall'agitazione di piazza al sicariato (autentico o meno). Questo insolito
(o solito) personaggio si trova fuoriuscito in qualche calda terra. In un primo
tempo siamo rimasti stupiti del tipo di intervista su quel tipo di giornale, poi
abbiamo potuto inquadrare il tutto nel programma politico fondamentale ora in
corso.
Dalle dichiarazioni trascritte abbiamo appreso che si muovono, al servizio delle
forze al potere, loschi figuri di negrieri i quali ingaggiano, si può dire,
giovani e meno giovani sprovveduti ed entusiasti, estremisti di destra e di
sinistra, e li fanno recitare, sulle piazze ad uso e consumo esterno ed interno,
le parti che in alto loco vengono decise. Con buona pace delle libertà
costituzionali cui la sconfitta del '45 fu tanto propizia. E ci vanno anche con
la manina pesante, visto il sangue che recentemente ha bagnato selciati, banche
e fondi di pozzo. Non sappiamo chi sono i sensali che si muovono a sinistra, i
quali peraltro non fanno che continuare una vecchia tradizione politica,
rinverdita nel '44-45 quando andavano per l'Italia alla ricerca di criminali
dalla rivoltella o dalla bomba facile. La funzione dei social-comunisti essendo
in Italia quella di trasformare progressivamente il popolo in plebe. Abbiamo
però ben individuato quelli che si muovono a destra.
Ma non è nostra abitudine impressionarci per così poco. La storia della umanità
è sempre stata puntellata di stragi e di assassinii più o meno rituali.
Figuriamoci quanto possono contare per noi le tracce sanguinolente che
contraddistinguono l'evolversi del neocapitalismo italiano.
Ci limitiamo ad una considerazione: proprio in questi giorni lo scrivente le
presenti note ha finito di leggere due libri a dir poco commoventi "I poemi di
Fresnes" di Brasillach e "La Via Crucis dei Criminali" di Fra Ginepro.
La grandezza splendente di quei fascisti in catene, la forza morale concentrata
in tutte quelle sofferenze, era speranza per una resurrezione dalla sconfitta e
dalla restaurazione di tipo pre-risorgimentale. Il desolante spettacolo
dell'Italia '70 e soprattutto la tristezza nel vedere a chi danno retta i
sedicenti o secredenti giovani fascisti, è per noi stimolo a lottare sempre di
più, senza soste, fino alla chiarificazione finale, per tutti.
Leon Degrelle
Il consiglio dei ministri spagnolo, in
omaggio ad una più distensiva linea politica impostata dal primo ministro Lopez
Bravo e in adesione ad analoga richiesta avanzata anni or sono dal governo
belga, ha deciso di estradare il camerata Leon Degrelle.
Fondatore del Rexismo, movimento politico che si ispira al Fascismo, pensatore
ed uomo di azione d'eccezionale statura, Degrelle durante la guerra fondò e
portò al combattimento la Legion SS Wallonie. Condannato a morte riparò in
Spagna dove, benché sottoposto ad una sorta di domicilio coatto, svolse attività
intensa ed inviò infuocati appelli ai camerati belgi attraverso le pagine di
“L'Europe Reelle”, periodico di combattimento europeo diretto dal camerata R.
Debbaudt, continuatore del rexismo.
Degrelle comunque si e tempestivamente sottratto alla nuova trappola tesagli
dall'Opus Dei e si è rifugiato al Cairo dove, con buona pace di quanti vanno
sostenendo che Franco sarebbe fascista e Nasser comunista, è stato degnamente
accolto.
Quali altre decisioni distensive l'antifascista Franco riserverà ai camerati
rifugiatisi in Spagna dopo la sconfitta militare dell'Europa per la quale egli
non volle muovere un sol dito? Staremo a vedere.
Giunga intanto il nostro fervido saluto e tutta la nostra cameratesca
solidarietà all'indomito combattente Degrelle al quale i giovani legionari
europei guardano con fierezza ed ammirazione.
Dal Cairo -forse l'unica capitale mediterranea indipendente- Leon Degrelle
c'indica la via della resurrezione del continente, perché l'Europa non si
discute, si afferma e si difende contro i nemici di Mosca e contro quelli di
Washington.
La suocera e la rivoluzione
Sin dagli albori della civiltà il
matrimonio fu pressoché sempre considerato una cosa seria. Poi Paolo di Tarso lo
chiamò il "grande sacramento" e, per le note difficoltà sempre esistite circa la
conciliabilità del sacro col profano, divenne un po' meno seria.
Dopo appena una ventina di secoli un altro Paolo ci è venuto a raccontare che il
matrimonio è miracolosamente una cosa seria perchè così la pensa la maggioranza
degli italiani; dopo di che fattosi aiutare da un certo Oronzo, ha decapitato la
famiglia cosiddetta cattolica.
Essendo ormai tutta la faccenda abbondantemente profanata dai vari Oronzi della
maggioranza, è lecito supporre che essa abbia smarrito tutti i caratteri di una
presunta serietà.
Ma veniamo a noi che della maggioranza non siamo. Per noi -usi come siamo a
sposare cause giuste e serie- il matrimonio sarà sempre una cosa seria.
Seria perché vi abbiamo acceduto volontariamente e perché la nostra volontà -
una, unica ed irrepetibile componente della nostra individualità alla quale non
rinunciammo per nessun Pietro (Badoglio) e non rinunciamo per nessun Paolo (VI)
é e rimarrà una cosa seria.
Il matrimonio a noi che fummo già serissimi a 17 anni, avendoci dato una
famiglia e dei figli, ci ha resi ancora più seri. Più seri perché la nostra
famiglia è il primo nucleo della nostra patria e perché, per meglio difendere la
famiglia e la patria, sposammo l'unica idea al mondo che ne fosse difesa ed
esaltazione.
È per questo che non fondammo un qualsiasi circolo, ma una federazione di
combattenti.
A questo punto non ci rimane che augurare buona fortuna a quanti -e sono tanti-
farebbero volentieri la rivoluzione solo col permesso di Sua Eminenza il
Ministro per l'Interno e con quello, forse più autorevole della suocera e di
pregarli, con la cortesia che ci distingue, di togliersi dai piedi.
Sulla libertà
Premettiamo che questi pochi scritti non
hanno niente di sistematico. Trattati sull'argomento se ne trovano su ogni
bancarella.
Le nostre, sono solo impressioni buttate sulla carta per invitare i lettori ad
alcune considerazioni utili.
Abbiamo infatti notato che tanti sono coloro, anche nel nostro ambiente, i quali
non si rendono conto di queste ed altre elementari verità.
È recente la notizia, comparsa su tutti i giornali, della falsificazione dei
verbali di una seduta alla Camera. Il primo commento sorge spontaneo: al
Parlamento democratico, vera fiera di futilità, di idee astratte e di parole in
libertà, ogni variazione dell'ordine delle parole e delle parole stesse non
provoca alcunché, stante la mancanza di ogni aggancio con la realtà in ciò che
vien detto.
Questo fatto richiama alla memoria la profetica visione espressa da Orwell nel
suo libro "1984 - Nel Duemila non sorge il sole".
In questo romanzo fantapolitico si immagina una società umana completamente
schiavizzata con apparecchi di controllo televisivo in ogni camera; ai
lavoratori viene fornita la mezz'ora di odio televisivo giornaliero per far
scaricare le tensioni sociali, cioè si accusano partiti o uomini politici morti
delle cose più turpi, e si incitano i lavoratori a provare odio ed a lanciare
invettive contro di essi. (Nulla di diverso dalle ore settimanali di invettive
contro il Fascismo ed il Nazismo realizzate dalla RAI-TV)
Infine la profezia più agghiacciante: c'è un ufficio di falsificazione storica
il quale ha il compito di far sparire o trasformare ogni fatto storico o
avvenimento di cronaca che siano sgraditi ai politici in carica; così si rifanno
interamente numeri di giornali di vent'anni prima, si truccano fotografie del
passato, si cambiano le iscrizioni sui monumenti. Insomma, una società ove la
fuga delle responsabilità diventa terrore della Storia che viene ogni giorno,
sistematicamente, falsificata.
Come per quegli uomini senza passato che continuano a falsificare la loro vita
pur di dimostrare il loro antifascismo di sempre. Che è antifascismo proprio
nella misura in cui nega la verità e la storia.
Il regime antifascista trova infatti giustificazioni ufficiali nelle
pubblicazioni storiche fatte da accademici e "scienziati", professori
universitari o docenti vari. Ma come avviene una falsificazione storica a
livello universitario? In modo semplicissimo: uno studioso che si accinga ad una
pubblicazione per ottenerne titoli, tratta un argomento compulsando alcuni testi
il più possibile uniformi e coerenti col regime che gli deve dare le
benemerenze. Questi testi vengono poi elencati nella bibliografia. Perciò quel
certo lavoro non è altro che il sunto di diari o cronache parziali, e solo di
quei documenti denunciati. E non presume come tale di essere obiettivo. Ma ciò è
sufficiente a servire come documento ufficiale per chi scrive opere storiche
ufficiali e per il grande pubblico. Un altro metodo è quello di utilizzare, come
documenti fotografici nelle rievocazioni televisive, spezzoni di films.
Ma a questo punto dobbiamo dire che, se queste cose si verificano, non è tanto
per violenza alla natura di chi le subisce, quanto perché esiste una comunità di
sedicenti uomini che nella maggioranza non hanno storia, non hanno un passato né
personale né familiare né collettivo, e non si aspettano quindi che questo
avvenga ufficialmente riconosciuto.
Alienati che si informano soltanto attraverso il giornale di partito, che
esigono la distorsione dei fatti secondo i loro pregiudizi.
Quale libertà esiste quindi oggi? Forse solo quella di farsi prendere in giro.
Oggi, che più si parla di libertà, non solo l'uomo non è più libero in senso
superiore, ma non lo è più nemmeno da una qualsiasi costrizione esteriore. Deve
subire supinamente la volgarità scandita, ogni istante della vita, da ogni mezzo
di comunicazione di massa; la boria astiosa del burocrate che gusta di poter
infierire impunemente sui cittadini; la prosa ambiziosa del giornalista di
grido, sciocco parvenu, incolto autodidatta, degno impiegato della
"informazione" al gregge, venduto e costantemente pronto a vendersi. Il
giornalismo moderno invita a credere in cabale ed oroscopi, narcotizza con una
valanga di notizie sul gioco calcio, esaurisce le sue istanze formative ed
informative proponendoci con estrema disinvoltura un materiale raccogliticcio e
di troppo facile confezionamento. Questo tipo di giornalismo non presuppone uno
standard di cultura, lo determina volutamente, lo persegue e condiziona ad esso
grazie all'enorme forza di suggestione di cui è dotato. Di fronte alle accuse
precise di chi ne sente il peso, il giornalismo attuale si trincera sempre
dietro il «Fa notizia». Ma cosa fa notizia veramente? Riveste importanza
capitale, infatti, non ciò che il pubblico desidererebbe conoscere, (e che non
può conoscere) ma quello che il giornalismo trova semplice, per sé, far
conoscere; quello che hanno abituato, insomma, a credere essere notizia. Il
cosiddetto cittadino è solo oggetto passivo, consumatore di un prodotto, che nel
caso migliore, caso in cui non ci siano idee politiche da far sorbire, viene
condizionato al cattivo gusto anche perché informare seriamente costa fatica e
nulla si fa, oggi, sopratutto da noi, che costi fatica. Né gli italiani meritano
di meglio. Al tempo del lungo dramma del Biafra, infatti, la maggioranza degli
italiani si accapigliava per le disavventure del ciclista Merkx.
Insomma, come in tutte le cose della vita, è un circolo vizioso. Un direttore di
un importante settimanale con pretese culturali, rispondeva ad un signore che
gli rimproverava le troppe rubriche su attori e cantanti, dicendo che quello era
l'unico modo per vendere. Quindi, a parte le responsabilità individuali di
questi manutengoli del potere politico, la causa di tutto è il Sistema, il quale
vive di questi equivoci. Da un lato il cittadino viene costretto a sapere cose
che vorrebbe ignorare (chi non viene messo in condizioni di sfogliare un
rotocalco, o di leggere, anche di sfuggita, i vistosi posters attaccati
tutt'intorno alle edicole?) e quindi è indotto a credere che gli amori di Milva
gli vengano raccontati in mancanza di notizie più interessanti. Dall'altro,
fiducioso che se una notizia è taciuta dal giornale di sinistra, sarà
sicuramente citata da quello di destra, non si accorge, e non potrebbe farlo,
che gli vengono sistematicamente coperte da tutta la stampa, le notizie più
importanti e comunque nocive al sistema. Un esempio lampante: da anni, Giorgio
Pisanò, su “Il Candido”, va dimostrando, prove alla mano, l'innocenza di Ghiani
e Fenaroli e le ragioni politiche della loro condanna. Nessuna rivista
scandalistica o giornale ha riportato notizia della lunga inchiesta. Ogni tanto
viene tentata una manovra divergente: un tale dichiara di sapere chi è il vero
assassino. Tutta la stampa nazionale, televisione compresa, riporta le
dichiarazioni di questo illustre incognito, seguito quasi subito da smentite o
simili. E poi di nuovo il muro del silenzio.
Per finire parliamo della nuova censura. Si è detto che non c'è più la censura
preventiva. E molti credono ad un aumento di libertà. Ma le cose stanno così.
Prima, presentavi gli scritti e se c'era qualcosa che non andava ti veniva
detto, rifacevi i pezzi incriminati o li toglievi, e stampavi. Oggi no. Tu
stampi, poi se c'è qualcosa che non va, ti requisiscono tutto. Il che vuol dire
che i più si tutelano al cento per cento anche contro il rischio finanziario,
scrivendo cose sicuramente accettabili. Questa è una delle ulteriori ragioni
della prevalenza della informazione di tipo "indiscrezioni private" su persone
alla moda. Il che è anche una educazione alla dissipazione individuale in quanto
per diventare celebri occorre essere chiacchierati e questo tipo di celebrità,
nella società individuale, vuol dire privilegio sociale accettato da tutti col
massimo cinismo.
Vuol dire percepire, per la sola presenza di un locale alla moda, quanto
percepisce un professionista ed un produttore in un anno di lavoro. Vuol dire
usufruire di ogni sorta di facilitazioni, da quelle bancarie a quelle sanitarie,
scavalcando gli altri cittadini. Il tutto può essere ottenuto con poche
prestazioni di tipo etero od omosessuale.
In conclusione: tramite la stampa si deformano gli interessi fino ad
uniformarli, la informazione visiva, a qualunque livello, diventa piuttosto una
lente aberrante da parare innanzi agli occhi dell'individuo finché non possa più
vedere se non per mezzo di essa. Così anche l'immagine entra nel processo. Una
estetica truffaldina plagia la libertà. È nella misura dello sforzo che, i pochi
ancora in condizione di farlo, si applicano quotidianamente per destare la
propria coscienza da questa ipnosi, che si coglie l'essenza dell'angoscia,
l'essenza della "non libertà".
Ed ora dobbiamo deludere i pavidi che vorrebbero evitare la legge sul divorzio
per salvare la famiglia, ultimo, secondo loro, ricettacolo di libertà. Ma cosa è
oggi per i più, la famiglia? L'uomo è isolato sempre più dai figli che la
società consumistica distorce dal nucleo centrale. Gli orari di rientro a casa
non coincidono e la diminuzione delle ore lavorative non compensa le molte cause
che spingono genitori e figli ad allontanarsi. La donna, costretta ad un lavoro
di routine in fabbrica o in ufficio dove è più sposa del capoufficio che del
marito, torna col mal di testa e va a letto senza potersi curare della casa.
L'educazione familiare nel senso etimologico della parola ex-ducere, scompare; e
con essa la formazione di una mentalità aperta e di una comunità di linguaggio
attraverso la quale poter veramente "conoscersi". Il fenomeno trova
l'equivalente nella nuova scuola (ove esistano aule) la quale diventa sempre più
tecnica e nozionistica eliminando gli elementi umanistici di comprensione ed
approfondimento della natura umana, unico supporto per il solo tipo possibile di
società di "liberi".
Snobismo, moralismo e nevrosi sono i risultati evidenti di un simile stato di
cose.
Ritornando alle constatazioni sulla famiglia, vediamo attraverso essa lo
sgretolarsi non solo di una epoca storica ma di tutta una impostazione religiosa
della esistenza. La sovranità del padre, l'autorità del cognome, la catena della
tradizione, tutto è spezzato. Ogni famiglia era una dinastia, ora è una
democrazia che sta diventando demagogia: nei casi migliori, il padre si vanta
amico del figlio, la madre sorella delle figlie. Se poi il figlio o la figlia,
anche in tenera età, con le canzoni, il cinema o qualche facoltoso "amico",
viene a guadagnare più del padre, allora nella famiglia comanda il figlio; ed il
padre, al massimo, fa la pecora nera.
Anticamente la famiglia fu una torre nello Stato, che era una fortezza, nella
patria che era un mondo contro un mondo; poi nel medio evo la torre diventò un
palazzo, il palazzo una casa, oggi, i ricchi hanno un appartamento ed i poveri
una camera.
Ecco la famiglia: il gruppo è rimasto perché insolubile, ma l'edificio che si
innalzava sopra esso come sopra tre cariatidi: padre, madre, figlio, è crollato.
Questa situazione fa da proiezione a quella cosmica: il cielo non è più che un
deserto popolato di mondi, la terra un laboratorio gremito di viventi, la
critica ha distrutto la leggenda senza creare la Storia, la religione ha perduto
Dio conservando i santi, la scienza non ha sorpreso il fenomeno che per
disperare di rinvenire la legge.
Noi siamo convinti che l'istituto familiare ritroverà il suo fulgore in una
nuova società risorta dalle ceneri dell'attuale stadio di civilizzazione. La
carenza di libertà sostanziale è infatti legata alla carenza di umano tipica
delle epoche di trasformazione religiosa.
Muore la libertà del sentimento e dei sensi che sempre più sono condizionati da
modelli stereotipati e consumistici. Finisce financo la libertà dell'atto
sessuale, catalogato dai mass media secondo schemi psicanalitici, che imponendo
l'accettazione della tesi secondo cui ogni moto spontaneo dell'animo è la
risultante di una serie di automatismi, pone l'individuo in una costante
sensazione di soffocamento psichico.
La stessa interpretazione della realtà viene poi inficiata dagli schemi sessuali
che limitano ulteriormente la possibilità interpretative della stessa.
Scompare l'intimità del proprio corpo fisico, l'arte è la ripetizione
all'infinito di modelli fissi, mentre il cinema o meglio ancora il teatro
moderno o hippy, che consiste nello spogliarsi in un palcoscenico, ha tutto
l'aspetto della psicoterapia di gruppo per psicopatici, e per angosciati.
Divorati da una duplice angoscia: di non poter contribuire agli avvenimenti
incalzanti di essere, se integrati, ingranaggi della dinamica dei consumi.
Questi avvenimenti scenici vanno sempre più costituendosi in rituale mentre gli
spettatori, con la loro abulica presenza, sanciscono il senso generale di
impotenza. Un altro tipo di esperienza, il "teatro varietà", ricorda le
manifestazioni teatrali del tardo Impero, quasi espressione di siccità
interiore, il quale giunse alle forme estreme di realismo, con gli attori che si
uccidevano realmente.
Stiamo subendo in questi ultimi anni, una delle forme più incivili di
oppressione: un vero genocidio senza possibilità di difesa: siamo costretti a
respirare lo “smog”, a bere acque infette e avvelenate, a mangiare alimenti
corrotti. Lo Stato, attraverso i suoi dirigenti politici, rifiuta di tutelare
l'equilibrio psicofisico degli esseri viventi nel suo territorio.
Tutti sanno che in tutte le democrazia i centri decisionali diventano sempre più
occulti, ed il potere che appare è sempre meno quello autentico; ma, oltre a ciò
non esistono nemmeno condizioni obiettive per una effettiva libertà civile, la
quale si basa su ampi incontri e continue comunicazioni dirette tra cittadini.
Le comunicazioni sono mediate dalla stampa e dalla TV, le quali, oltre a
chiudere i contatti, sono in realtà, come abbiamo visto, elementi essi stessi di
oppressione psicologica e culturale. Non esiste un incontro franco e aperto di
uomini e di opinioni, e le assemblee vengono tanto più facilmente truccate e
condizionate, quanto più alto è il numero dei partecipanti. Quale comunicazione
può infatti avvenire nelle grandi città, prive di piazze e di ritrovi pubblici
che non siano stadi o cinema, fra uomini chiusi in scatoloni di latta a quattro
ruote, che si incontrano, se lo fanno, in circoli privati ove entrano
selezionati in base alle idee politiche, con spirito massonico o giacobino;
mentre i piccoli centri, avulsi dalla vita pulsante, muoiono nella noia di una
lunga decadenza?
Le libertà che si esprimevano, dal Medio Evo al secolo passato, nel sagrato e
nella piazza antistante il Palazzo Comunale, è sparita.
Questi due centri di vita sociale non possono essere sostituiti certo né dalle
chiese cattoliche, raccoglitrici di guelfi; né dagli stadi ove la folla è sempre
più
bestiale e fanatica; né le fabbriche ove un lavoro sempre più automizzato e
schiavo del Tempo non permette all'individuo, per l'infinito, che lo stesso
infinitesimo gesto, e dove, per politica, si intende lo aumento di salario.
A questo punto, in quale cantuccio vogliamo mettere la libertà che con indubbia
malafede alcune larve di uomini vanno sbandierando dai pulpiti democratici?
Essa si può trovare soltanto in qualcosa di grande, di tragico, in una
dimensione spiritualistica della vita. Solo ciò può rompere una catena di
inganni e bassezze di un mondo politico cui sfugge tutto quanto la vita ha di
nobile, di eroico. Eppure la vita dura nella storia soltanto per questa
eccellenza di pochi, che vi funzionano come sale antiputrido: eroismo di
pensiero, eroismo di cuore. Noi abbiamo l'obbligo di andare al fondo dei
problemi che ci pone la società e non, come fanno tanti, scegliere fra le
possibili alternative alle soluzioni democratiche. Questo, in primo luogo,
perché ci definiamo rivoluzionari. Secondariamente perché facciamo riferimento
ad un Uomo per il quale Politica voleva dire affondare lo sguardo nella
profondità della natura umana. Solo una grande idea virile può ridare il senso
della libertà che vuol dire, per l'uomo, poter spaziare contemporaneamente sui
diversi piani dell'essere; può ridare libertà alla famiglia asfittica, autorità
reale al padre che comunica ai figli come centro irradiatore. Così come sul
piano politico può, sola, far rifiorire gerarchie concrete, evidenti negli
uomini politici che detengono il potere. Libertà all'interno della famiglia come
nella società esiste solo quando l'autorità è nella idea che il padre o il capo
rappresentano agli occhi degli altri. Così come non esiste un problema di
stampa, di falsa informazione, di corruzione, in un mondo pervaso da una
tensione ideale verso mete non materiali.
Oggi è il tempo dell'ironia e della umiliazione. Ma l'angoscia ci può salvare.
Domani potrebbe essere il tempo della speranza. Il nuovo Fascismo è la volontà
titanica di superare le limitazioni imposte dalla moderna sovrapposizione del
potere psicologico e sociale sull'uomo, dalla tecnica e dal progressismo* dal
materialismo e dalle religioni in decadenza.
|