Italia - Repubblica - Socializzazione

FNCRSI

quindicinale di informazione e di formazione politica per i Combattenti della Repubblica Sociale Italiana

La pubblicazione è aperta alla collaborazione di tutti gli iscritti alla FNCRSI. È però riservata al giudizio insindacabile della Direzione del periodico l'accettazione del materiale pervenuto. Gli articoli firmati esprimono solo la opinione degli autori e quindi non impegnano la FNCRSI né la Direzione del periodico se non per il giudizio generico di riconoscimento dell'importanza e tempestività dell'argomento trattato e della opportunità che esso venga conosciuto e dibattuto dai Camerati ai quali la pubblicazione è inviata. I manoscritti anche se non pubblicati non si restituiscono. Distribuzione gratuita agli iscritti alla FNCRSI

 Anno III - n° 3 (maggio 1970)

SOMMARIO

 

Scheda bianca

Theodorakis e il PCI

Un caso interessante


Scheda bianca

 

La guerra (di carta) prò e contro l'ordinamento regionalistico è una finta guerra. C'è infatti da una parte, con le ipocrisie sulla libertà, la giustizia e la democrazia -iprocrisie delle quali il sistema si serve per accalappiare gli allocchi- la conclamata volontà di ammodernare le strutture amministrative ottocentesche e fatiscenti. E invece nessuno ammodernerà nulla perché comporta sacrifici e non da vantaggi personali, né politici né economici. Dall'altra, con il ricatto della paura rappresentato dallo spauracchio comunista, il motivo qualunquistico della spesa, anch'esso ipocrita considerato l'arrembaggio alla poltroncina regionale da parte di tutti gli arrabbiati ex antiregionalisti che si sono schierati alla conquista delle preferenze da carpire alle forze sane o di destra.

In effetti le Regioni rappresentano il primo attacco dei radicali allo Stato e nessun aggiustamento nell'ambito degli schieramenti del sistema potrà frustrarlo.

Non il partito confessionale, prigioniero della logica radicale fin dai tempi dell'affare Merzagora, oggi più che mai costretto a tutto osare perché nulla turbi la irreversibilità del centrosinistra.

Non i comunisti, catturati dalle forze radicali alle esigenze dell'allargamento della base democratica e dell'inserimento al potere, tanto è vero che essi non hanno tentato nessuna manovra frontista data la maggiore seduzione delle soluzioni conciliari. Ed è questo l'ultimo segno, in ordine di tempo, dell'abbandono di quella vocazione rivoluzionaria che turba i sonni di tutti i destristi italiani.

Non le destre, attestate su comode posizioni di retroguardismo, prive di ogni sbocco politico che non sia quello dell'inserimento di contropiede in funzione di ausiliari del centrosinistra, come dimostrano i recenti fatti connessi all'approvazione dell'art. 16 per la Dirstat.

Nel guazzabuglio quello che non si farà sarà il semplice e sano decentramento amministrativo per il quale non è necessaria nessuna guerra schedatola ma poche ben fatte leggi, al posto di quelle della seconda metà dell'800.

Il rifiuto regionalista acquista valore soltanto nella negazione globale del sistema, e cioè delle forze che vi partecipano, in quanto portatrici di quello specifico tipo di civiltà, neoilluminista e neocapitalista, che si è realizzato pienamente oltreoceano e che porta avanti la visione di un mondo arido, desacralizzato, massificato, nemico di ogni affermazione dello spirito che è invece la prima realtà umana.

Ecco quindi che il NO alle regioni acquista significato soltanto nel NO al sistema, fuori e contro di esso. E questo è il valore della nostra scheda bianca.

 

 

Theodorakis e il PCI

 

II caso Theodorakis e famiglia è tipico di un epoca in cerca di eroi su misura. O, andandosene, è riuscito a turlupinare i colonnelli, e allora il regime greco non è così repressivo come si dipinge, oppure se ne è andato previo accordo col potere, cosa assai probabile, e allora questo squallido posteggiatore e canzonettista miliardario è l'eroe, il grosso eroe, della società dei consumi, della Grecia di ONASSIS, del compromesso e della vita facile con patente ufficiale di intellettuale. Un personaggio quindi da basso impero bizantino, ed è in ultima analisi tutto quello che i comunisti disinvoltamente propongono, ai fedeli e alle masse; ed è per questo che non faranno mai la rivoluzione. Coloro infatti che votano comunista sono quelli che hanno come massima aspirazione il successo canoro, il successo economico; il comunismo è in grado di assicurare loro si e no un posto nel corpo dei balli di stato. 

 

 

Un caso interessante

 

Molti di noi hanno notato che persone non strettamente interessate alla politica ed ai casi nostri, ma da tempo interessate dalle nostre pubblicazioni, quindi lettori delle tesi che andiamo esponendo nelle nostre non poche pubblicazioni periodiche, si comportano verso di noi come se noi fossimo dei fiancheggiatori del MSI. Frasi come: «Questa volta scommetto che prenderete molti voti», oppure: «Avete ragione! Ho sentito un vostro parlamentare alla TV, ha parlato molto bene! Voterò per voi!» si sentono sempre più spesso...

Escluse le capacità mistificatorie del MSI ad ogni scadenza elettorale, quali potrebbero essere le ragioni di un tale comportamento? In primis la nostra incapacità ad esprimere chiaramente ciò che vogliamo ; secondariamente la tendenza espressamente coltivata dall'attuale regime di riportare la dialettica politica a livello di grossolane approssimazioni ideologiche e sentimentali; terzo elemento, oltre ad un sostanziale disimpegno tipicamente italiano, la necessità dei più di concretizzare in un modo o nell'altro un atteggiamento politico. Se questo modo è facile come apporre un voto, liberatorio da angosciosi problemi di corresponsabilità e di interessamento al destino altrui, allora tutto fila a gonfie vele. E di questa situazione si avvale la democrazia per i suoi pseudo ludi senza vinti né vincitori. Vogliamo qui ricordare che noi come ex combattenti della RSI e come combattenti per la Repubblica sociale non abbiamo alcun legame col MSI. Prima di tutto perché il discorso pseudofascista che il MSI tiene in ogni occasione elettorale è equivoco, demagogico e che come tale viene percepito e rifiutato. Il buttare in pasto ai cani le nostre idee, le nostre realizzazioni, i nostri morti, ingenera un grande fastidio in tutti. Sopratutto in coloro che antifascisti oggi percepiscono i grandi fatti dell'epoca fascista, come appartenenti alla comunità nazionale e non vogliono che questi vengano polarizzati da un movimento di parte asservito per di più ad interessi settoriali e sopratutto anazionali.

Però noi siamo antimissisti per ragioni non solo contingenti, ma sostanzialmente politiche. Il MSI si rivolge infatti a strati sociali ben individuati, con tesi e proposte politiche che giustificano la interpretazione del fascismo data dagli antifascisti, cioè l'ideologia politica della piccola gente che finalmente accede all'agiatezza né ha alcuna intenzione di mettere in discussione ciò che dopo tante fatiche ha ottenuto. Noi ovviamente respingiamo la sostanza di un tentativo di interpretazione che e estremamente restrittivo rispetto alle molte realtà politico-sociali della evoluzione storica, ma per la verità intendiamo dire che se il fascismo, che fu subito messaggio universale, affermandosi negli anni 20 si appoggiò sugli strati sociali più attivi ed in fase espansiva, ed ovviamente ne interpretò le istanze, tuttavia, (e la nostra RSI lo dimostrò) già nei progetti dei suoi primissimi fondatori, alcuni dei quali provenienti da quella categoria sociale, era asceso ad uno Stato nel quale contingenze politiche e storiche d'Italia erano superate in una visione capace di risolvere i problemi sociali più urgenti di tutte le nazionalità. Fatto sorprendente ed indicativo del grande genio mussoliniano, sopratutto se paragonato alle fossilizzazioni del comunismo e della democrazia. Noi chiediamo ai nostri lettori quale altra rivoluzione abbia avuto nei suoi iniziatori la lungimiranza, la elasticità nell'intuire le vie politiche attraverso le quali avrebbe dovuto passare per arrivare ad un tipo di società nella quale l'uomo potesse esprimere pienamente se stesso. A questo punto entra in funzione il MSI per svilire, minimizzare, inflazionare e sputtanare idee, programmi offrendosi a tutela d'una classe politica che proprio nella guerra fascista, ha mostrato i suoi limiti e la sua infingardaggine. Prestandosi ad ogni sporco gioco di piazza utile al sistema antifascista ed antitaliano. Il MSI. e le molte organizzazioni parallele strumentalizzate dagli organi di governo.

No, non abbiamo alcuna parentela con il MSI, ci viene solo da piangere quando sentiamo il nome dei morti nostri strapazzato per le piazze come esca pel voto del droghiere o del parrucchiere. È questo l'unico sentimento che ci ispira il MSI: lo schifo.

 

"Azimut": è uscito il n. 1 dell'anno II

  Condividi