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FNCRSI

quindicinale di informazione e di formazione politica per i Combattenti della Repubblica Sociale Italiana

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 Anno IV - n° 15 - 16 (ottobre 1971)

SOMMARIO

Quirinale, Vaticano e Referendum
Minutaglia
Il caso Mattei
La N.E.P. di Nixon
Metempsicosi resistenziale
Knut Hamsun: ovvero dell'incultura del fascismo
Le garanzie della democrazia
Scuola di libertà
Chiesa 1971 - Emergono le due nature
Le smanie per il referendum
Il pensiero socialista
Mao e i centurioni
Pinelli, Valpreda e soci (molti)
 



Quirinale, Vaticano e Referendum

Nel nostro numero 11/13 di fine agosto accennavamo che dal previsto Consiglio Nazionale della DC di fine settembre avrebbe dovuto emergere che cosa in effetti aveva rappresentato il braccio di ferro conclusosi con il fervorino del senatore Fanfani il 7 agosto e, nel numero successivo, a metà settembre, prevedevamo per la fine dello stesso mese, dopo una serie di giri di valzer, la manfrina finale. Questa si è in effetti ballata con eccezionale foga all'interno del CN della DC, direttore e concertatore lo stesso senatore Fanfani che è riuscito ad attizzare ed a spegnere a proprio piacimento i bollori della balera, con un gioco sottilissimo condotto fino al limite della estenuazione dei saltatori più allenati. Nell'ombra, ma senza eccessiva discrezione, con la recita ufficiale di non più di una quindicina di parole. Le cronache sono sui rotocalchi e riassumerle non avrebbe significato perchè non l'hanno in sé e per sé; infatti si è trattato di un ballo in maschera nel quale il protagonista ha evitato di mostrarsi in prima persona ed ha ballato nei panni di un pupillo così convinto ed irruente che è giunto a mettere in pericolo il buon esito del festino con quel suo intestardirsi sull'affare del quorum, che pure -ed era quel che serviva- era riuscito a fare soltanto aleggiare all'apertura delle danze. E Fanfani ha ottenuto quel che voleva. Ha spaccato gli avversari a sinistra, dopo che quelli di destra avevano dimostrato da soli di essere buoni si e no per fare il sapone; facendo rimanere le cose come stavano, ha fatto capire a chi di dovere di essere l'unico egemone all'interno della DC vanificando automaticamente e senza sforzo la protesta «non sono con le spalle al muro» con la quale l'on. Moro aveva tentato di impressionare i propri capifìla e che è stata buttata là più che altro, secondo noi, per dare una giustificazione a priori all'ingresso di "Forze Nuove" nella giunta DC in barba a tutti i quorum di questo mondo. Fatto questo che non altera nessun equilibrio interno mentre sancisce la pienezza del successo di Fanfani che per il proprio disegno ha bisogno di tutto il partito, compreso l'imprevedibile Donat Cattin, meno pericoloso col morso e con la corda misurata. Né il presidente del Senato poteva consentire che il CN, date le contraddizioni in atto nella coalizione governativa, scegliesse una linea politica qualunque ed infatti le decisioni che sono state adottate significano che il partito è bloccato su una posizione di stallo, la quale niente consente al di là della pura e semplice gestione del potere. Questo è il significato del CN della DC, significato al quale calza come un guanto il fervorino del 7 agosto. Questo significa anche che i giochi sono fatti ma non necessariamente che arrivino in porto. Mancano quasi 2 mesi alla riunione dei «grandi elettori» per la nomina del successore di Giuseppe Saragat e tutto può succedere in un paese come il nostro nel quale la lotta per il potere non conosce scrupoli; un traversone in profondità e tutto rientra in discussione. Ma Fanfani appare al riparo da colpi dì scena ed al punto come stanno le cose non ci sembra sia il tipo che abbassa la guardia gratuitamente.
Secondo noi Fanfani ha agito senza far pesare palesemente una leadership che gli viene, è vero, negata dal 1958 ma che è nei fatti, perchè nel suo disegno rientra il Quirinale ma anche una caratterizzazione diversa della democrazia cristiana ed in generale delle forze politiche. Il primo in funzione della seconda. Egli sa che non potrà mai essere il leader della DC senza cambiarle volto, ma sa che questo, oggi, gli costerebbe il voto dei comunisti, voto che -stando ad alcune notizie di stampa che non ci risultano smentite- avrebbe già contrattato direttamente con Giancarlo Pajetta. Posta: il referendum contro la legge sul divorzio, legge che ì comunisti propongono di emendare riconoscendola «imprecisa ed imperfetta».
Risulterebbe così individuato uno dei destinatari della manfrina DC. Resta il secondo, per il quale la investitura DC potrebbe essere necessaria ma non sufficiente. Parliamo del Vaticano al quale, mentre il proposito comunista non dispiace affatto (la ragione preminente è quella di evitare una conta ed il rischio di una smentita sulla asserita maggioranza degli italiani a favore del matrimonio concordatario, proprio mentre si deve trattare la revisione del concordato) potrebbe risultare scomoda -per la suddetta circostanza- la presidenza di un cattolico.
Uno scontro su questo terreno tra Paolo VI e Fanfani non sarebbe alla prima edizione. Quella precedente si sarebbe conclusa con la risposta del toscano che se l'altro non l'avesse piantata sarebbe andato ad insegnargli come si dice messa. Poi… «se subjecit», stando a quanto racconta Vittorio Gorresio, sul giornale della Fiat di oggi 31 ottobre, con l'aria di chi ne fa derivare un merito creditizio per Fanfani e non un precedente, istruttivo ma negativo.
La stampa radicale vede piuttosto preoccupata l'ascesa di Fanfani e Vittorio Gorresio è un radicale ascoltato; sarebbe curioso vederlo risollevare, con una alleanza papalina, le sorti del radicale Amendola, ormai piuttosto in ribasso all'interno del PCI ma gran patrocinatore di incontri delle forze laiche. In Italia può succedere proprio tutto, e sarebbe un altro modo per bloccare il referendum contro la legge Fortuna, la elezione di un laico scelto a S. Pietro. Ci sembra inverosimile che il cartello radicale si sfasci proprio sul divorzio, che ne è stato una bandiera, ma il fantasma della guerra di religione sta prendendo proprio corpo, ne parlano in troppi. Le vie del Vaticano sono sempre infinite.


Minutaglia

Abbiamo potuto notare che coloro i quali più stridore hanno fatto contro le nostre storielle fantascientifiche, aggrappandosi agli specchi pur di poterci rinfacciare qualcosa, sono anche quelli che ai tempi della iniziativa unitaria tentarono di incastrarci in un gioco piuttosto strano dal quale con preciso fiuto politico sapemmo rimanere fuori. A parte la magra figura di tanti fessi, la cui dabbenaggine è stata ampiamente e pubblicamente sfruttata, non possiamo andare d'accordo con chi è privo di qualsiasi capacità di discernimento politico, coi romantici dal cuore e dalle lagrime sempre a portata di mano, coi qualunquisti insomma. A parte il puzzo di bruciato che allora si sentiva assai forte, non avremmo accettato mai, comunque, un accordo con forze che perseguono fini politici contrari ai nostri. Ne faccia tesoro chiunque, per il futuro.


Il caso Mattei

Se tra noi esisteva qualcuno dubbioso sulle cause della morte di Mattei questi è stato definitivamente convinto della non accidentalità della morte e della natura dei mandatari, da un articolo apparso sulla rivista "L'Europeo". Tutti sanno che tale periodico è radicaleggiante, ad un livello più basso, quanto ad impegno politico e culturale, de "l'Espresso", ma segue la stessa matrice politica. Si tratta di una intervista concessa da un ex grosso agente segreto francese, che ha dato le dimissioni, così lui dice e non stentiamo certo a crederlo, quando De Gaulle lo ha incaricato di costruire una vasta rete di spie negli USA per spiare «gli alleati americani». Perchè, aggiunge, egli sapeva che tutti i rapporti che i suoi agenti avrebbero redatto sarebbero finiti a Mosca. Costui ha scritto il solito libro mozzafiato sul quale si butteranno a capofitto rotocalchi e cineasti, attratti, per antonomasia, più dalle fregnacce che dai documenti seri. Cosa dice, dunque, il 007 di turno? Pensate un po', che Mattei è stato fatto fuori nientepopodimeno che da De Gaulle (è morto e non può smentire). Ora per inquadrare bene una simile dichiarazione, bisognerebbe partire dalla fine dell'ottocento e tracciare tutta la storia segreta della lotta mondiale e terribile per il petrolio, il che è impossibile. Basti dire che si è trattato per lo più della guerra privata di due immensi imperi finanziari, retti da uomini spietati ed assetati di potere i quali hanno trovato nei governi di due nazioni il sostegno di ogni loro manovra, fino a subordinare gli interessi dei cittadini che essi rappresentavano, a questa enorme sete di potenza. Si tratta, ovviamente, delle società petrolifere inglesi ed americane. Tutte le guerre e guerricciole che hanno ininterrottamente insanguinato il XX secolo vedono muoversi nell'ombra gli uomini di queste potenti organizzazioni. Delle grandi potenze che hanno esercitato un ruolo in questo secolo, Francia e Germania, non sono mai riuscite ad inserirsi validamente in questo giuoco, e sono state sempre tolte di mezzo quando cominciavano a rompere le scatole. Per cui i padroni del petrolio restano oggi, Inghilterra, America e Russia. Non parliamo dell'Italia per non aprire piaghe. Parliamo invece di Mattei che era, allora, l'unica presenza italiana autonoma (morto lui, non c'è stato un cane che abbia mosso un dito). Quali erano dunque gli interessi che egli andava a ledere offrendo agli arabi un prezzo per il petrolio che lui andava a cercare quale gli altri mai avevano sognato di pattuire? Noi sappiamo che in una riunione delle "SETTE SORELLE" egli fu definito pericolo pubblico n. 1. E fu da allora che si sparse la notizia che egli era stato minacciato di morte dall'OAS. Mettiamo per ipotesi che egli, con la sua politica filo-araba si trovasse in concorrenza con De Gaulle per il petrolio algerino. E il generale era così fesso da eliminare un uomo che, comunque agisse, operava in senso contrario alle potenze che controllano tutto il petrolio? Ma, si affretta a dire lo spione, il generale era un collerico, uno spietato. Questo lo sappiamo già, dalle repressioni antifasciste del '45 ed anti OAS in seguito. Ma non fesso, aggiungiamo. E sopratutto faceva una politica che contrastava i padroni del mondo. Quelli stessi che, facilitando lo spargersi di notizie strane, calunniano un nemico e stornano l'attenzione dei popoli dalle reali responsabilità. Con gran piacere dei soliti servi in s.p.e. che dall'alto della loro ideologia social-radicale usano tutti i mezzi pur di fare rimanere l'Europa sottomessa ai soliti padroni.
 


La N.E.P. di Nixon

La Repubblica Italiana si è dimostrata madre prolifica di un sacco di professori di economia. Tutti a piangere (o, ma in misura minore, ad esultare) per il dollaro che Nixon avrebbe detronizzato decretando a ferragosto la fine del tallone aureo e degli accordi di Bretton Woods.
E invece non è vero. Per poter funzionare, infatti, il Gold Exchange Standard avrebbe dovuto essere coltivato nel contesto mondiale che l'ideatore ed anfitrione di Bretton Woods aveva concepito, un contesto in cui la egemonia statunitense avrebbe dovuto avere il vuoto intorno a sé, particolarmente in Europa dove per la Germania erano stati programmati il ritorno alla pastorizia e la sterilizzazione.
Il neocapitalismo, teorizzato dal '30, era appena nato e la sua prima applicazione può considerarsi quella "legge affitti e prestiti" che segnerà la fine dell'orgoglio inglese. Il suo caposcuola, anche se vide bocciato il proprio piano, ebbe quasi subito partita vinta. I disegni di Morghentau, infatti, avrebbero potuto far presa su un esponente repubblicano non su un democratico avventuriero e spregiudicato, con la forza di un Roosevelt, che infatti afferrò a volo l'importanza della dilatazione alla dimensione mondiale dei fenomeni economici intravedendovi lucidamente la possibilità di scaricarvi la riconversione dell'industria bellica americana e la possibilità di veicolarvi gli strumenti dello sfruttamento e della sopraffazione dei vinti e degli indeboliti co-vincitori, Russia a parte che, presente alle discussioni e partecipe della stesura degli accordi, non li ha mai ratificati. Sorsero cosi la "Banca Mondiale per la Ricostruzione" ed il "Fondo Monetario Internazionale". Il tallone aureo mori quasi subito a causa di tutta una serie di correttivi introdotti via via che a Fort Knox si assottigliavano le giacenze auree finché, coi diritti di prelievo, quella morte è stata resa ufficiale, e si è riusciti a sostituire in qualche modo l'oro che non c'era più ed a puntellare l'egemonia del dollaro; questo non per una intrinseca capacità di tale moneta ad assolvere a funzioni egemoniche diverse dalla rapina, ma in obbedienza alla precisa volontà politica di mantenere uno stato di fatto che non è espresso dal sistema aureo, cadavere da 20 anni, ma dal predominio del dollaro, diventato un pezzo di carta. Questo, Nixon, l'ha detto chiaro e tondo la notte di ferragosto ed il suo partner -la Russia- si è affrettato a dargliene conferma, facendo immediatamente sapere che delle monete occidentali seguitava a riconoscere il dollaro, ottenendo dagli USA, con altrettanta rapidità, la esenzione dalla famigerata imposta del 10 per cento, per le merci già contrattate.


Metempsicosi resistenziale

Oppressi dalla lenta morte, spaventati dal succedersi degli eventi, drammaticamente posti di fronte alla loro decrepitezza ed impotenza politica, i resistenti di tutte le risme e fazioni han pensato bene di ridar vita al morto. Una vera e propria metempsicosi. Hanno inventato la nuova resistenza antiestremistica, per combattere tutti gli estremismi. Lo ha comunicato trionfante, "l'Espresso", chiamando a raccolta tutte le vecchie cariatidi del ciellenismo e dell'antifascismo. Non vediamo in questo aborto alcun reale significato politico. Un banale giochetto destinato a svilirsi nelle piroette, nei giri di valzer del laicismo. Mossettine lamalfiane. "Bon mots" da salotto alla Malagodi. Sono passati 25 anni dalla fine della guerra. Quando cominceranno questi enfants gatés della borghesia a farsi maturi?


Knut Hamsun:
ovvero dell'incultura del fascismo

Uno dei presupposti sui quali l'antifascismo giustifica se stesso è l'affermazione dogmatica che il fascismo è inciviltà e non cultura e tale assunto apodittico viene veicolato per tutti i possibili canali, dalla stampa, al pulpito, al juke-box.
Ecco come il ragionamento viene portato avanti: esistono, è vero, e validissime le avanguardie che il fascismo espresse e gli uomini di cultura che lo accettarono e diffusero, ma nel risvolto politico essi non rappresentano che dei misteriosi falsi non si sa in conseguenza di quale altrettanto misterioso marchingegno.
È un fatto che non sorge adesso. Si pretende che abbia già travolto, ad esempio, i futuristi e Pirandello, per restare in casa. Oggi è la volta di Knut Hamsun, cui il premio Nobel e la tarda età risparmiarono la vita a guerra finita ma non le umiliazioni e il domicilio coatto in cui fu costretto a sopravvivere.
Ne ha parlato su un periodico radicale italiano il santone della New Left made in USA, Henry Miller il quale ha concluso, dopo un quadro apologetico non privo di notevoli accenti di poesia, così: «… la questione della sua collaborazione coi nazisti, secondo me, è un problema insoluto …»
Non vogliamo risolvere falsi problemi per nessuno; la faccenda però trascende i limiti della disputa letteraria.
Ogni movimento politico si afferma, e si espande o si limita nel tempo, non tanto nelle forme esteriori, estranee, che assume quando diventa potere, quanto dalle coscienze che riesce a lievitare per esprimersi attraverso di esse e farsi cultura. Al fascismo non può spettare un destino diverso per le spinte creatrici che ha suscitato in ogni campo dell'attività umana, spinte intorno alle quali si sono mobilitati i migliori spiriti. Questa è la automatica, esplicita negazione della giustificazione che l'antifascismo si è scelto ed è questo che dà fastidio. Così il taglio, la divaricazione, lo sdoppiamento che mette da una parte la grandezza e dall'altra la vita civile di uomini che hanno impresso un'orma non degradabile sul mondo, diventa una necessità e viene perseguita senza stare a guardare troppo per il sottile.
È un disegno che oggi, nella contingenza storica, vuol dire spogliare il fascismo dei suoi naturali supporti per ridurlo a quello che fa comodo e cioè alla involuzione tardodemocratica del MSI ed alle scelte reazionarie di Almirante, i quali se ne vantano facendo bella mostra degli immediati benefici che ne traggono. Ma è un disegno che è destinato a fallire, non solo perchè la verità storica non è ulteriormente comprimibile, quanto perchè le insufficienze delle mezze culture dell'ultimo quarto di secolo si stanno cristallizzando in maniera insanabile nei fenomeni di disfacimento delle intelligenze e della politica ufficializzate dall'antifascismo resistenzialista, tanto che è oggi più di allora vera la pienezza della analisi che il Noventa proponeva nel 1949, anche se da un angolo visuale e per fini opposti…
«Il popolo italiano è così costretto a dover combattere ancora contro una politica clericale, che presuppone una cultura clericale, in cui nessuno crede più; o contro una politica anticlericale che presuppone una cultura anticlericale in cui nessuno crede più; o contro una politica letteralmente marxista che presuppone una cultura letteralmente marxistica in cui nessuno crede più, e contro tutte le politiche in generale, rivoluzionarie, conservatrici o mediatrici che siano, vuote di senso per coloro stessi che le propongono …».
C'è un vuoto, quindi, il quale non può essere occupato che da una cultura diversa la quale postuli prima ed esprima poi una politica nuova. È propria del fascismo questa capacità a dispetto di tutti i suoi interessati teorizzatori - negatori di destra e di sinistra, ma i fascisti degli anni 70 corrono il rischio di lasciare abbandonato quel vuoto se, per sfiducia o per una male intesa sorta di rivalsa vendicatrice, non arrivano ad aprire se stessi per lasciar cadere le scorie del vecchio pensieri laico e quelle del vecchio pensiero cattolico, i due filoni sui quali sono possibili tutte alleanze che la vecchia e la nuova borghesia accettano per farti cessare di essere te stesso. Ha anche questo significato quello che Miller definisce come il fuoriuscitismo sociale, il vagabondaggio, il ribellismo perenne di Hamsun.
 



Le garanzie della democrazia

Quella che ci governa deve essere, per coloro che dicono di crederci, una ben strana democrazia. Secondo certe chiacchiere girate intorno al Consiglio nazionale DC di fine settembre, il vicentino rappresenterebbe una pingue riserva di voti democristiani, esplicitamente individuati come espressione di un elettorato clericale e conservatore epperò garantito alla lealtà democratica dal partigiano Mariano Rumor.
Non conosciamo i meriti resistenziali dell'on. Rumor, infatti non ci interessano, ma lo conosciamo per quel campione delle forze moderate che, anche per merito suo, nel suddetto CN democristiano hanno avuto la meglio perchè -come previsto- nulla si fosse mosso, quale pegno di libertà, di giustizia e di sviluppo sociale, per stare alle parole che il nostro ama proclamare al volgo, quando gli accade di parlare in pubblico, nella veste di presidente di tutti i democristiani di questo mondo.
Strana democrazia, dicevamo. Se ci credessimo -come dicono di fare milioni di buffoni- non sapremmo come comprendere perchè altrettanta lealtà democratica non debba essere accreditata, da chi dice di stare al gioco, a favore dell'on. Giorgio Almirante e dell'elettorato missista, i quali possono vantare di avere presa su un territorio certamente più vasto del vicentino e sono in grado di offrire le garanzie di resistenti di spicco, quale quella dell'ex Capo di Stato Maggiore della Repubblica De Lorenzo, decorato -ci dicono- per meriti resistenziali ed insignito per quei meriti di onorarie cittadinanze. Ma Almirante -è la preoccupata risposta- fa l'estremista a destra. Siamo seri, rispondiamo noi. Se non ci fosse la destra di Almirante non potrebbe esistere ragionevolmente la sinistra di Berlinguer (il discorso è reversibile, cioè è valido anche se fatto al contrario) e allora come potrebbe trovare di che campare il moderatume che governa?
Noi siamo convinti che se si affidasse a qualcun altro il ruolo che attualmente è assegnato al MSI (possibile, per esempio, che Falcone Lucifero non debba riuscire a farsi un po' di strada; protagonista del 25 luglio, egli ha su tutto l'antifascismo della esistenza diritti di priorità che nessuno può contestargli) e se si concedesse un po' di spazio ad Almirante nell'area moderata, nessuno saprebbe meglio di lui trovare convincenti propositi nazionali per dare addosso alle estreme. Vedreste che salti della quaglia sarebbe capace di fare, in men che non si dica, per il bene dell'Italia e le maggiori fortune degli italiani. Provare per credere, tanto non costa nulla.


Scuola di libertà

Il massimo rappresentante della Repubblica che, dovendo rappresentare tutti gli Italiani si limita alla rappresentazione del solo antifascismo, nella sua opera di diuturna esaltazione di detto antifascismo ha voluto ricordare agli Italiani, quale fulgido esempio di amore per la libertà, il volo di un giovane che, partito dalla Costa Azzurra in aereo per lanciare non so quanti manifestini antifascisti, durante il ritorno perse la vita.
Visto che una cosi alta autorità esalta l'eroismo del lancio di manifestini, noi che vogliamo essere eroi intensificheremo il lancio dei nostri.
Questa è la prima conclusione sul piano pratico.
Su quello culturale, vogliamo dire la nostra, fermo restando che chi si sacrifica per le proprie idee è sempre rispettabile, soprattutto se intraprende una avventura, mentre la stragrande maggioranza dei suoi soci siede a qualche bistrò a ciacolare di politica o ad arrovellarsi sul come vendere le sue scarse risorse intellettuali. E l'inutilità del gesto viene compensata dal grado di generosità personale.
Intanto, il gusto della libertà può averlo solo un popolo che ha il senso della comunità (che intende lavorare insieme per il vantaggio di tutti), che è fiero di essere indipendente e che sa posporre a questa indipendenza il lusso della libertà individuale come ne è chiaro esempio la Francia ai tempi della rivoluzione e della dittatura di Robespierre. Se no, non si parli di libertà, perchè in realtà non esiste. Come si può ampiamente vedere nell'Italia moderna nella quale non esiste né libertà individuale, né politica (essendo gli Italiani vittime di innumerevoli soprusi da parte di partiti, oligarchie economiche, cricche mafiose) né tantomeno indipendenza nazionale.
Poi, al singolo gesto di colui che sacrifica la propria vita, sia pure in uno slancio di generosità verso la propria fede politica, per turbare con manifestini l'operosa alacrità di una nazione che sta costruendo se stessa, noi preferiamo l'olocausto dei tanti che bruciarono la loro giovinezza per difendere l'indipendenza della loro patria dalle tenaglie di imperialismi spietati che funzionavano e funzionano al servizio di potentissime holding finanziarie, per le quali ogni nazione è terra di conquista ed ogni uomo è un potenziale schiavo che deve servire solo ad aumentare il giro vorticoso di capitali.
Qualcuno obietterà che è una questione di opinioni. Noi rispondiamo che è una questione di sostanza.


Chiesa 1971 - Emergono le due nature

Abbiamo potuto assistere allo scontro televisivo che tanto scalpore ha suscitato nei credenti. In esso, padre Balducci ed il card. Daniélou hanno espresso le due opposte tesi che dominano oggi la scena politica cattolica. Per inciso, vocazione cristiana (chiesa dei poveri, comunitaria, tendenzialmente laica) e cattolicità (trascendentale, sacrale) sono sempre coesistite e hanno rappresentato, unite, una grande forza. La prima scissione imponente si è verificata con la nascita del protestantesimo che ha determinato la Controriforma ed il progressivo irrigidimento delle due posizioni. Oggi, con l'incalzare della crisi religiosa, abbiamo un ravvicinamento delle due organizzazioni e nello stesso tempo lo scoppiare della crisi all'interno dell'una e dell'altra. Ma, mentre fino alla fine dell'ultimo secolo la vita culturale era dominata da quella religiosa, perchè il mondo cristiano, come fede, «teneva» ancora, cioè a dire che l'uomo europeo o di filiazione europea si riconosceva interamente nelle verità che gli venivano proposte tramite le interpretazioni del Vangelo e della Bibbia, oggi, che tempi nuovi urgono dentro le coscienze, alcune filosofie stanno sovrapponendosi alla religione. E ciò, non per la possanza o profondità di pensiero di questo o quel filosofo, per importanza ed echi che esso possa avere nel mondo moderno, ma, pensiamo noi, perchè il cristianesimo ha fatto il suo tempo ed una nuova religiosità bussa alle porte.
Cosi, per ritornare al nostro spettacolo televisivo, mentre l'uno si irrigidiva su posizioni dogmatiche, sentite dai più come mere formalità, l'altro incalzava con tesi mutuate da correnti di pensiero estranee alla Chiesa. Forse il dramma più grosso per l'organizzazione ecclesiastica è proprio questo: la crisi di fede in coloro che dovrebbero infonderla agli altri.


Le smanie per il referendum

La presa di posizione di tutti i gruppi partitici contro il divorzio è veramente commovente. Sono tutti cosi interessati alla pace della coscienza degli italiani! Bando alle guerre di religione! Non vogliamo turbare un accordo si fecondo! A tanta altruistica benevolenza, a tanto interessamento di uomini politici democratici verso gli interessi della intera comunità non abbiamo mai creduto. La conferma è arrivata puntuale da un discorso di Mancini al CC del PSI. I signori parlamentari non vogliono il Referendum perchè temono di essere scavalcati in qualche modo da una consultazione popolare al di fuori degli schemi di partito. Fintantoché il voto consiste nell'apporre un segno in uno a caso dei simboli di partito, è facile indurre la gran massa ad una scelta che è sollecitata da mille insinuanti pressioni. Alla fine basta dire che la scelta di questo o quel partito è stata motivata da precise scelte politiche. Ma in un referendum, e gli Italiani potrebbero prendervi gusto, le alternative sono semplici, c'è chi vince e c'è chi perde. E molti potrebbero rendersi conto che il parlamento, costruito come per magia su una pletora di partiti che non esprimono nulla di autentico, non delibera nemmeno secondo la volontà della nazione. Il che aiuterebbe più d'uno a capire che cosa in realtà è una democrazia, soprattutto poi quelle della Europa vinta ed assoggettata.


Il pensiero socialista

Nella rivista settimanale "Tempo illustrato" di impostazione socialista, è stato pubblicato un divertente "Dizionario delle parole misteriose del nostro tempo". Ciò che vi è scritto può essere tranquillamente catalogato come pura espressione del modo di pensare dell'uomo socialista. La polemica che fa da sfondo alla pubblicazione è vecchia di 50 anni, stantia ed arcigna nella sua verbosità e nella facile acrimonia unidirezionale; presuntuosa e monomaniaca pur senza risentire di quel puntiglioso accademismo marxista che caratterizza i comunisti e le loro frange estreme. Di Nuovo, nel pensiero socialista, c'è il complesso di inferiorità, il senso di dipendenza verso il fascismo, soprattutto a quello grandiloquente del ventennio. Esso compare in quasi tutte le voci del dizionario, come oggetto di irrisione più che di esecrazione. Si cerca cioè di porsi su un piano di superiorità usando l'arma della satira. In realtà l'impressione che viene lasciata nel lettore è quella del marito impotente che odia e disprezza chi gli accontenta la moglie mentre nel suo intimo lo ammira. Altro leit-motiv dell'opera è l'accusa costante alla Destra, colpevole di esistere solo per servire padroni tesi al diabolico piacere di torturare e sfruttare i dipendenti.
Su questa base è il rapporto stabilito tra classe politica ed italiani. Peraltro, per ragioni che è inutile esaminare, buona parte dell'elettorato italiano vuole dai suoi politicanti una ideologia politica verbosa e vanesia come appunto i nostri movimenti con "vocazione" popolare, che tanto male hanno fatto al paese. Vorremmo aggiungere qualche considerazione. In primis, questa: una cosa è la socialità intesa come disimpegno individuale o come demagogia in caso di attivismo, altra cosa sono i sobbollimenti di popolo repressi in breve tempo da quelli stessi che li attizzano, altro è una teoria per esteti stanchi come il marxismo, altro è una Rivoluzione, cioè una trasformazione radicale delle strutture politiche, economiche, sociali, intellettuali. Una rivoluzione non si fa certo col sarcasmo dei socialisti. Altra cosa ancora è un'Opera che punti alla rigenerazione ed alla elevazione delle masse. In questo ultimo caso si tratta di imporre inizialmente delle strutture ad un corpo sociale in modo che queste possano agire dall'interno, cominciando col trasformare i rapporti sociali; creando miti atti a dare ad un popolo fiducia in se stesso e quindi rispetto reciproco fra cittadini, e quindi spingerlo a lavorare con spirito di collaborazione, per un fine comune. In questa situazione si venne a trovare Mussolini che fu rivoluzionario durante tutto l'arco della sua esistenza e come tale morì. Come tale sopravvive perchè è vero ciò che lui stesso disse: «ad un rivoluzionario non lasciano tranquille nemmeno le ossa».
È chiaro peraltro che non si possono fare profondi mutamenti di costume se non si è indipendenti economicamente e politicamente; se non si fanno riforme e non si creano nuovi Istituti; se non ci sono capacità anche economiche; se non c'è un senso comunitario cementato dal senso di sacrificio e dell'onore.
È chiaro che i socialisti oggi di riforme ne fanno poche, con una Italia senza soldi e con le industrie private, quelle che "fanno" la ricchezza quasi interamente in mano agli Americani, ed ai preti.
I metodi violenti, usati provvisoriamente da Mussolini, furono esaltati quali valori assoluti dai soliti corvi del Regime, pullulanti allora in questa Italia, patria del clientelismo e dell'amico "che si presta". Coloro che esaltavano il fascismo per il suo aspetto contingente, senza scrutare nella mente del Capo l'evidente programma, sono gli stessi che oggi lo condannano per queste stesse ragioni. Ignoranti di storia e di politica, fanno capriole pur di esaltare i potenti di turno; spietatamente arrivisti, guardano con aria di disprezzo, dal posticino faticosamente raggiunto, la folla di coloro che vivono del lavoro costruttivo e che li debbono subire senza potersi ribellare, perchè dalla razza di costoro è ben difficile liberarsi. Essi rappresentano il vero conservatorismo, il più retrivo misoneismo, arrancano alla ricerca del piccolo privilegio come se per loro fosse ossigeno. Li riconosci al fiuto. Se ne incontrano a bizzeffe nelle sagrestie e nelle organizzazioni cattoliche, nelle sezioni socialiste e democristiane. Conoscendo la stampa ed i giornalisti italiani, si comprende facilmente quanto fosse necessario imbrigliare la baldracca per frenare i condizionamenti dell'opinione pubblica da parte delle grandi potenze estere e dai trusts internazionali, primo fra tutti quello del petrolio. Riconosciamo la difficoltà, per chi voglia agire, di liberarsi da simile canaglia. Questa razza di cimici insegue e tortura chi elegge a proprio nutrimento e non lo molla se non dopo grandi scossoni. Ma Mussolini, ammaestrato da tanti esempi storici, seppe servirsene abbastanza bene. Se nell'ambiente antifascista ci fosse una sola persona onesta, o almeno in condizione di capire gli eventi storici, valuterebbe il fascismo del passato nella prospettiva storico - politica e nelle realizzazioni concrete. A parte la mistificazione marxista. Tale credo presuppone una società in perpetuo migliorarsi fino alla realizzazione di un trionfo del proletariato. Tale evento essendo irrealizzabile e venendo proiettato all'infinito, tutto ciò che viene realizzato per creare uno Stato di Giustizia concreto, distruggendo l'utopismo, va contro il marxismo. Diventa pertanto una forza retriva che, per il solo fatto di realizzare qualcosa, combatte il Progresso.
II sottofondo psicologico sociale attribuito al fascismo dal mondo radicale, cioè il trombonismo, la sopraffazione provinciale (federali e soci), l'esasperazione della retorica, è presente nella società italiana ancor più oggi che ieri. Anzi, assistiamo oggi ad un parossismo di tal modo di essere, accompagnato da un conformismo che riguarda le sfere più intime della personalità. L'ideologia di questo Stato è la tipica forma politica costruita sul disimpegno di una collettività, mescolata con un generico perbenismo ed un vago umanitarismo.
Seconda considerazione: da parte della destra liberal-missista si è da tempo insistito sullo smascherare elementi dell'attuale regime che durante il ventennio erano ferventi fascisti. Ciò li dovrebbe squalificare agli occhi dell'elettorato, e altrettanto svalutato dovrebbe sortire il partito che li ospita. In realtà le sinistre d'opposizione in tanto hanno un peso ed un significato politico in Italia in quanto hanno fondato le loro campagne reclamistiche, contro la loro stessa dinamica interna, su idee mutuate proprio dal pensiero fascista. Gli uomini di tali partiti vanno combattuti perchè NON realizzeranno mai ciò che dicono di volere durante le campagne elettorali. Noi abbiamo un elemento di valutazione formidabile. Chi basa la sua campagna politica sulle accuse al fascismo è in malafede e dimostra di non essersi MAI posto il problema serio, concreto, della comunità nazionale. È un uomo che vuol campare senza far nulla, disimpegno o malafede, socialismo sono il suo substrato morale.
 


Mao e i centurioni

Per primi osammo auspicare l'irrigidimento della Cina in funzione antirussa (Ossuri, Mongolia) e antiamericana (Vietnam, Formosa). Tale irrigidimento avrebbe dovuto, a nostro avviso, accelerare i tempi di realizzazione dell'autonomia degli Stati europei. Autonomia che non può non avere come preliminare il rigetto degli schemi (NATO e Patto di Varsavia) imposti dai nemici russo-americani e che, a sua volta, non può che essere alla base di una effettiva unione che noi crediamo possa avvenire solo sotto le insegne sconfitte nel corso della IIª guerra mondiale.
Dobbiamo ammettere di aver osato troppo per il nostro ambiente umano -che si va facendo sempre meno "nostro" per stanchezza o per logoramento- tanto che ne siamo stati ripagati con strani appellativi.
Per contrastare le nostre tesi taluno elaborò la curiosa teoria detta dei "centurioni". Usciti vittoriosi dal Vietnam e passati sotto gli archi di trionfo allestiti dalla destra americana, questi novelli centurioni, si sarebbero impadroniti degli USA e avrebbero mosso subito guerra all'URSS ed alla Cina.
Il disegno di certe organizzazioni (il cui asservimento a qualche ambiente dello S.M. fu evidentissimo) prevedeva che le truppe ausiliarie della NATO (paras, corsi di ardimento, ecc.) si sarebbero coperte di gloria nelle varie fronti all'unico scopo di meglio consolidare il dominio ebraico-yankee sul mondo.
Senonchè, nonostante le abbondanti libagioni di droga per vincere il terrore dei Viet-cong, i centurioni incominciarono a vedere abbastanza chiaro. S'accorsero infatti che la destra americana era presa da altre preoccupazioni, che la Cina era vicina e che Formosa non era proprio una bella figliola, ma una vecchia ridicola.
Allora Mao -che di pensieri non del tutto originali se ne intende- legge nel pensiero dei centurioni e ti combina un clamoroso e irrefrenabile ping-pong.
Dopo il ping-pong, rovesciando totalmente la sua strategia di lotta contro l'imperialismo ebraico-americano e contro quello zarista-sovietico, il buon Mao, non senza molte lacrime dei cinesi nostrani, visto il buon esito del ping-pong, con mossa invero non prevedibile, invita a pranzo i centurioni, che solo di pranzi pare siano assai competenti.
Che combineranno o che decideranno di combinare durante il pranzo? Certi che anche in questa occasione la RAI-TV ci racconterà le solite frottole e, con buona pace di tutti gli imbecilli di destra e di sinistra, noi speriamo che se le diano di santa ragione.
E, se a sedare il litigio intervenissero i Russi e le prendessero anche loro, non ci sarebbe proprio niente di male.
A questo punto lasciamo per sempre a se stessi certi nazistelli di provincia che dì «contorcimenti» se ne intendono, a tal punto da non poter concepire come altri abbiano saputo sempre «tirare diritto».


Pinelli, Valpreda e soci (molti)

È in corso un'operazione politica all'ombra della lotta per la presidenza di questa fausta repubblica fondata sugli attentati, che coinvolge e riesuma i fatti bombardieri di Milano, Roma, ecc.
Nomi nuovi compaiono ogni giorno sui giornali a testimoniare, a giustificare, a condannare.
Il perchè anche questo triste episodio sia utilizzato al fine di cui sopra è facilmente intuibile se si pensa che ogni gruppo politico che aspira al Quirinale ha la sua bella dose di coda di paglia.
Noi pensiamo che le forze che comandano in Italia tramite il centro-sinistra, si siano servite di compiacenti organizzazioni di estrema destra o di estrema sinistra per portare a termine un programma di ricatti e di intimidazione, secondo una loro vecchia abitudine, all'intera nazione. Le voci ed i documenti volano, e tra di loro non sono pochi coloro che sanno. Di qui i ricatti, le minacce. Il bello è ancora da vedere.

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