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FNCRSI

quindicinale di informazione e di formazione politica per i Combattenti della Repubblica Sociale Italiana

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 Anno IV - nn. 8-9-10 (luglio 1971)

SOMMARIO

 

Considerazioni sul 13 giugno

Preti

Hanno vinto!!!
Lutto nazionale

Certi nostri amici

La nostra strada

Nixon ed i cinesi

 

Considerazioni sul 13 giugno

 

Un risultato positivo che, senza essere eccezionale, è diventato subito clamoroso, invita a qualche riflessione.

Intendiamoci, dal suo punto di vista Almirante ha ragione, come ha ragione di essere soddisfatto. Egli si era proposto, ed ha posto se stesso ed il suo partito al servizio della destra, è riuscito a manifestarne gli stati d'animo e ad interpretarne le istanze, è logico che cerchi di trame le conseguenze per spuntarne tutti i vantaggi, il segretario politico di nessun altro partito si sarebbe comportato diversamente. E non c'entra quello che l'antifascismo viscerale va raccontando in giro sulla presunta o reale conversione del nostro ai metodi della democrazia ciellenista; è accaduto nella realtà che in parlamento e fuori di esso il partito di Almirante ha sempre e tenacemente difeso gli interessi e la mentalità della destra, fino a farsi più papista del papa e più americanista del presidente degli Stati Uniti.

Quando la doppia faccia di un partito interclassista come la DC, dopo l'autunno caldo, dopo i fatti che hanno spaccato prima e portato poi fuori della obbedienza le ACLI di Labor e di Gabaglio, dopo gli equilibri avanzati ecc, ha riallungato le mani a destra per l'occasione elettorale, si è trovata scavalcata da Almirante, ha reagito con stizza ma non ha potuto riproporre con credibilità il ritornello della diga anticomunista che, sotto il segno della paura, aveva fatto perdonare in passato tutte le malefatte del partito confessionale. Via la paura, via tutto il resto. Stupisce, conoscendo come siano gli umori della gente e non il freddo ragionamento a determinare certe scelte, come la DC sia riuscita a limitare la punizione a destra alle dimensioni di una epistassi anziché della emorragia violenta, come certi trionfalismi missisti lascerebbero suppone.

Dei monarchici e dei liberali mette conto parlare soltanto -logico appare il loro assorbimento da parte missista- per porre in luce che ancora una volta nessun nuovo rapporto di forze è espresso dal quadro politico generale, nel quale destre e sinistre mantengono globalmente le posizioni.

La novità, e questo ci riconduce all'inizio della nostra esposizione, è rappresentata dal fatto, che la destra politica ha un suo nuovo leader in Giorgio Almirante e tutti i primi segni dicono che lo stratega è universalmente accettato. Le scarse riserve che è stato possibile cogliere non sembrano invalidanti.

Perché, se fino al 12 giugno tutti gridavano abbasso?

Qui l'esame si sposta sul rapporto del MSI coi gruppi di potere della destra economica e qui finisce la ragione di Almirante. Perché? Perché il segretario politico del MSI può proporre e condurre nel nome della destra tutte le battaglie per la destra che vuole ma non può cambiare le carte in tavola. Egli cambia le carte in tavola quando parla di destra nazionale e precisa che con l'aggettivo nazionale intende il riferimento alla rappresentanza corporativa (che fa tanto sociale) con la tiratina furbastra al ricordo di Benito Mussolini (che fa sempre effetto) e l'allisciata ai lavoratori (che avrebbero capito tutto perché hanno votato od avrebbero votato MSI).

L'arnese è vecchio, ma è nuovo il fatto che lo stratega della destra se ne serve per vendere ai gruppi di pressione imprenditoriali -spaventati dal fatto che Colombo non è riuscito a trovare gli stakanovisti che sarebbero indispensabili per riconquistare un livello decente di produttività alle aziende industriali- una certa credibilità sulle aperture sociali che il MSI (il quale invece è codino e reazionario) sbandiera agli occhi degli umili per catturarli, accreditandosi di esperienze che non lo riguardano; male che vada servirà per aumentare la capacità di resa della macchina per voti alla quale, come tutti i partiti del resto, è ridotto. Questa è la strategia della destra nazionale, alla luce dei fatti.

Quanto ciò non abbia nulla a spartire con il repubblicanesimo sociale -mentre è di moda fra i missisti riempirsi la bocca di RSI- non ha bisogno di essere dimostrato. La questione ci riguarda però direttamente sia perché investe precise posizioni politiche, che abbiamo delineato con la nostra attività e che ci portano ad essere avversari irriducibili della destra in genere e di quella nazionale di Almirante in particolare, sia perché non possiamo consentire a nessuno di giocarsi sul piano della bassa contrattazione contingente un patrimonio ideale al quale dovranno necessariamente fare riferimento tutti coloro che vorranno procedere verso una società più umana, più giusta e più civile.

Non ci fossero altre ragioni, questo è già il giusto titolo per una nostra autonoma presenza politica fuori del MSI e contro il MSI.

Ma c'è un altro motivo che porta acqua al mulino di Almirante. È iniziato il semestre bianco e le elezioni presidenziali distano ancora almeno una crisi di governo. L'antifascismo ha poco da fare lo schizzinoso; i parlamentari del MSI stanno lì e non vedono l'ora di poter servire a qualche gioco particolare, a una o più parti. Nonostante tutto, la circostanza è favorevole per un prezzo politico dell'operazione e staremo a vedere quale sarà la scelta di fondo con la quale Almirante si qualificherà. Per parte nostra siamo convinti che tutto finirà come all'epoca di Gronchi, come all'epoca di Segni.

Non c'è due senza tre.

 

 

Preti

 

In una recente pubblicazione delle Edizioni Paoline, un libro per ragazzi dedicato alla storia d'Italia, trattando della Ilª guerra mondiale, si dice che i tedeschi invasero l'Italia, ma il popolo italiano si ribellò ed in attesa di poter accogliere a braccia aperte gli Alleati combattè fino alla vittoria contro l'odiato calcatore della nostra cara terra.

Della RSI nemmeno il nome, nemmeno per vituperarlo.

Tutto il nostro entusiasmo, la nostra generosità, il nostro spirito di sacrificio (che ci fu, e sommo, perché prendemmo le armi sapendo che avremmo perso), il nostro eroismo, i nostri morti in battaglia ed assassinati... tutto ciò per quei preti non è esistito. Non c'è.

Ci sono però le folle cialtronesche che tanto comodo fanno al prete, le plebi servili che, secondo il costume italiano, acquisito grazie alla educazione pretesca ed agli intrighi della Chiesa, aspettavano a braccia aperte ed a gonne alzate il nemico multicolore che risaliva, vincendo, la penisola.

Ne abbiamo provato un acre senso di pena, come se ci avessero aperto una ferita sanguinante, perché la canaglieria offende ed uccide più della spada. Noi ci chiediamo se a 30 anni dalla fine della guerra si può usare ancora una così subdola, vile, bolsa, tecnica di persuasione delle coscienze.

Ma, questi preti, cosa credono di ottenere così facendo? Pensano davvero che la concordia dei cuori, la collaborazione fra le anime, possa nascere da manifestazioni continue di così stupida, violenta ingiustizia?

Come possono pensare costoro, ignorando la verità, a fini di bieche e stolide alleanze, calpestando il vero in modo così ignobile, di non offendere Dio?

O dobbiamo pensare che questa zizzania sia creata ad arte? Dobbiamo definitivamente pensare che la RSI sia stata un notevole pericolo per la politica egemonica vaticana? (Non dimentichiamo il successo di "Crociata Italica": 500.000 copie ogni numero). Dobbiamo pensare anche che tutta la storia del Cristianesimo, da Costantino in poi, sia stata scritta con la stessa gesuitica tattica?

La collaborazione fra uomini nasce dalla conoscenza e comprensione delle reciproche esigenze e motivazioni morali, e siccome la storia non fa salti, chiunque voglia costruire politicamente sul solido, non può prescindere dai moventi, dagli ideali, dalle esigenze concrete che hanno portato alla RSI e che da trenta anni sono state in ogni modo eluse.

Preferiamo l'odio di coloro che ci hanno combattuto a viso aperto, o uccidendoci alle spalle, o linciandoci, a questa ipocrisia morale, a questa facile abiezione.

 

 

Hanno vinto!!!

 

Il prevedibile successo del MSI che caratterizzandosi come unico partito numeroso di destra ha catalizzato il voto di monarchici e liberali ha destato in giro parecchia euforia. Ma, si crede proprio che senza caratterizzarsi a destra si sarebbe ottenuto un numero minore di voti? Beninteso, non parliamo del MSI di oggi, ma del MSI di sempre. Ai nostri ex camerati della RSI che, numerosi quanto imbelli, militano in quel partito, e che ci dicono: «Abbiamo dovuto farlo per trovare uno spazio politico in questa democrazia che ce lo voleva rifiutare del tutto» noi rispondiamo che non è spazio politico una posizione di destra conservatrice. Che bisogna rivolgersi a tutto il popolo italiano se si vuole fare un'opera politica costruttrice. Il vivacchiamento al fine di mantenere lo status stabilito a Yalta non avvantaggia nessuno. Serve solo a ritardare che i nodi vengano alfine al pettine. L'azione di cuscinetto contro le richieste delle sinistre marxiste, costrette a chiedere in continuazione per salvare la faccia e fare il gioco che è stato loro assegnato dalle potenze padrone del globo, può accontentare il tremebondo bottegaio, non rappresentare una reale alternativa a questo stato di cose. Questi pochi seggi in più, possono indurre al voto missista il titubante, ma che cosa risolvono quando permettono ai clericali ed ai marxisti di continuare nelle loro menzogne circa il significato di Fascismo e di corporativismo, quando sopratutto permettono alle sinistre di farsi forti (a parole per fortuna) agitando temi e prospettive (che non realizzeranno mai) COPIATI A NOI?

A coloro che si sentono di Destra, noi diciamo: non per questo è nata la RSI. Ai tradizionalisti diciamo: cos'è questo vostro culto dell'aristocrate, dell'uomo integrale che diventa difesa del più stucchevole perbenismo borghese?

Che cosa hanno risolto: si sono ulteriormente qualificati a Destra, hanno preso il voto della destra e così si sono impegnati a sostenere la politica derivante dagli interessi di una parte del popolo italiano. Chiudendosi tutte le altre porte. Costringendo coloro che non sono borghesi o piccolo-borghesi a continuare il loro servaggio psicologico ed economico a partiti come il PSI o il PCI, rappresentante l'ultimo una pesante burocratica ottusamente conservatrice tirannia; ed il primo, che vive del mito elettorale, di accattonaggio di voti e di soldi, vero erede del Trombonismo Turatiano, degna espressione dello spirito sostanzialmente qualunquista delle masse italiane, prone a qualsiasi stormir di fronda o sparo di mafiosa lupara. Non solo, ma il PCI deve molto al MSI, anche la difesa di quella economia privata che tanto è utile alle ricche e private imprese industriali e commerciali del "partito dei lavoratori".

Hanno preso il voto della destra DC, dei monarchici e dei liberali. Il chiarimento che ne deriva è minimo. Quantitativamente le posizioni parlamentari sono immutate. In compenso, l'involuzione nel senso "grande destra" che ai tempi di Michelini destò tanto scalpore, è cosa fatta. Ed è davvero una ben strana involuzione quella che parte da una REPUBBLICA SOCIALE (prima repubblica sociale della Storia) ed arriva ai cascami del liberalismo e del sabaudismo.

Quale alternativa? Il voto al MSI ha rappresentato una punizione alla DC, ha voluto essere un appesantimento nei confronti della politica delle riforme. Avrebbe potuto essere il voto della parte migliore della nazione: quella proiettata alla costruzione di una società civile, in un paese come il nostro nel quale la Restaurazione Democratica e la Nuova Santa Alleanza mondiale hanno fatto rinascere una struttura a base di superpoteri mafiosi, aggravata dalla degenerazione parlamentare, dalla cronica miseria e dalla ottusa burbanza burocratica.

Cantano vittoria perché hanno quasi raggiunto il numero dei voti comunisti in zone come Roma ove il voto dell'impiegatuccio, notoriamente conservatore centro-destra che traffica nel sottobosco politico e mangia grazie alle ribalderie del centro-sinistra, equivale al voto comunista della suburra, e del pseudo intellettuale che campa collo spettacolo. Roma non ha industrie degne di nota. Vadano a prendere per esempio i voti del Centro-nord, vero fulcro della vita nazionale. Là ove nacque il Fascismo e vi si rafforzò proprio perché rappresentò una reale alternativa alla inconcludente demagogia delle sinistre marxiste e dei clericali, e perché seppe rappresentare una forza contro la classe padronale, chiusa in casta, e confabulante nelle logge massoniche. Là ove è avvenuta quella realizzazione storica che si chiama RSI, là ove le migliori energie dei combattenti della RSI, dei reduci, degli scampati ai massacri democratici sono state disperse, gli animi angustiati, da

25 anni di politica missista vile e cialtronesca.

Infine, quale equivoco alimenta questo gridare alla vittoria? A cosa porta il far credere

che un simile spostamento di voti possa rappresentare una vittoria?

1) Permettere di avvalorare la tesi di una vittoria "fascista" quando la DC resta tuttora una maggioranza costante e determinante (come se una vittoria fascista dovesse interessare sempre e comunque un numero ristretto di cittadini);

2) Permettere alla pletora sempre belante dei beoti giornalisti italiani e dei commentatori esteri di cose italiane (tanto superficiali quanto presuntuosi) di parlare di Neofascismo in termini di voto di protesta.

Come se le strutture fatiscenti di questo regime non stessero a dimostrare la evidente decadenza della democrazia, la quale non è un dogma, e tanto meno una struttura sine qua non della vita sociale (1). Il che serve anche al giochetto clericale che consiste nella intimidazione prima delle elezioni e poi alla rassicurazione dei buoni democratici che «non c'è pericolo».

 

(1) Scriveva il Noventa già nel 1949: «II divorzio fra l'esigenza popolare di una nuova politica e la politica dei politicanti è dunque oggi più assoluto di ieri. La politica dei politicanti non è più difesa soltanto dall'ostinata superba e genuina ignoranza dei vecchi partiti, bensì dallo scetticismo, dalla ignoranza fittizia, ma non perciò meno ostinata e superba, dei nostri intellettuali».

 

 

Lutto nazionale

 

Le onoranze funebri, che a qualcuno parranno eccessive, tributate alla salma di Louis Armstrong, non si devono soltanto alla simpatia e comunicatività del personaggio, al suo essere stato una "vedette" internazionale fra le più note, alla sua tromba melodiosa e dal timbro inconfondibile, né al filo negrismo dei circoli democratici che vanno in brodo di giuggiole al solo sentire la parola Jazz.

Le esequie quasi di stato, il cordoglio internazionale stanno a dimostrare qualcosa di più. Armstrong è la personalizzazione del Jazz. Questo genere musicale è nato e si è evoluto con lui, è venuto a maturità, si è fatto dotto, poi lezioso ed è giunto a compimento lui vivente. Armstrong, col suo stile, ne ha rappresentato il periodo classico, quello che non cede alle mode o ai gusti passeggeri.

Il Jazz è tutto un mondo culturale. Nel suo ambito, nel suo fiato, si è formata tutta l'elite culturale americana. Non c'è fenomeno, dal cinema alla letteratura, ai movimenti di rivolta giovanili che non vivano di riflessi jazzistici, in un interscambio costante musica-idee, idee-musica.

Il lento fluire della vita sotto il puritanesimo, pago ormai delle stragi sui pellirossa e sui ribelli del profondo sud, viene troncato repentinamente dalle esplosioni degli anni 20 e 30. Esplosioni che coinvolgono tutto e tutti in America ma soprattutto gli aspetti tipici della organizzazione yankee, sempre indissolubilmente tra loro legati: "finanza - gangsterismo - vita pubblica". È anche l'occasione in cui il jazz, per lustri costretto nel chiuso della clandestinità, esplode per strada e conquista per la prima volta una dimensione alla presenza dei negri nel corpo sociale. È il mezzo con il quale i negri tentano una mediazione (coscienti o no non ha importanza) tra quel poco che si era andato sedimentando nel substrato culturale yankee ed una nuova concezione della musica, come della vita, facendo coincidere nella assenza di forme e dei canoni di una armonia prefissa ed universale il realizzarsi delle aspirazioni istintuali nella libertà da leggi e da freni inibitori, ad esse in ultima analisi abbassando quelle predicate dall'egualitarismo universale. La mediazione ha luogo e riesce, proprio per la interpretazione e per l'opera di volgarizzazione -infaticabile ed insostituibile fino ad essere prodigiosa- a tutti i livelli, operata da Armstrong.

È così che il jazz diventa la cultura americana, ne pervade i modi di vita, ne è l'espressione. Diciamo di più e meglio; l'unico apporto culturale alla vita spirituale dei popoli che sia pervenuto dal mastodonte America, il supporto, la ragione morale del suo impero -che non sono certo lo scientismo, né il tecnicismo, né questa fantomatica libertà che ci viene elargita gratis, tutte degenerazioni europee- è il jazz.

Logico quindi che si siano celebrate esequie quasi regali al re d'America, al re del Jazz.

 

 

Certi nostri amici

 

Certi nostri amici in una loro pubblicazione, hanno perentoriamente affermato che noi scriviamo notizie avventate.

Mentre li invitiamo a spiegarci perché definiscono avventati quei nostri scritti, mentre li invitiamo a smetterla con gli intrighi e le chiacchiere inconcludenti, vogliamo soffermarci un istante su questo termine: avventato. Avventato starebbe per: non ponderato, ma soprattutto qui emerge l'atteggiamento di chi considerando la politica solo come piccolo intrigo da sottoscala (in funzione di questo o quel candidato), paventa ogni atteggiamento serenamente cosciente della realtà italiana e giudica avventato chiunque, con tranquillità, dice quello che deve dire su fatti e persone. In noi non c'è alcun livore. Noi intendiamo parlare in nome di tutti gli Italiani e non solo di una parte di essi. Ogni manovra di questo regime, atta a mantenere in piedi questo corrotto sistema politico, a frastornare le persone, se verrà a nostra conoscenza verrà sempre sistematicamente denunciata. Siamo pochi e di ciò ci gloriamo; sopratutto non vogliamo vivere in un ovile e riscaldarci col fiato di parole trite e ritrite, talmente retoriche e talmente poco vissute da chi le dice, da ingenerare solo senso di disgusto.

 

Divorzio

Che il divorzio sia il naturale punto di arrivo (se non di inizio) di una società sfaldata, incapace di costanza e di sacrificio per fini validi (discendenza e vita morale), è stato già detto. Come è stato già detto che noi della questione ce ne freghiamo. Vorremmo azzardare però qualche previsione circa il futuro di questa istituzione.

Non crediamo che "chi di dovere" si lascerà sfuggire di mano una simile arma per un facile esercizio del potere. Dopo una sfuriata di qualche tempo per permettere ai soliti potenti di fare i loro divorzi "civili", avremo una progressiva tiratina di redini fino a che ritorneremo al pianto di partenza.

Chi si vorrà risposare dovrà "pagare" e chi incasserà non sarà lo Stato italiano.

 

 

La nostra strada

 

La strada che a costo di enormi sacrifici stiamo faticosamente percorrendo è l'unica per Noi possibile, l'unica possibile per chi intenda AFFERMARE le proprie IDEE senza piegarsi ad alcun compromesso, anche se questo vestisse i comodi panni di uno "scaltro" tatticismo.

Sarà che non siamo, o non vogliamo essere, "scaltri".

La strada che stiamo aprendo, passo dietro passo, in mezzo all'attuale viscida boscaglia politica, mira soltanto e direttamente alla meta e per essa può avanzare solo il lupo, mai la volpe, preferendo quest'ultima sentieri privi di eccessivo rischio, sentieri ove, in caso di opportunità, possa sempre cancellare le proprie impronte.

È dunque, la via che Noi percorriamo, sì tanto "scomoda", che gli eroi-di-professione se ne tengono ben alla larga, limitandosi a generiche affermazioni di simpatia, affermazioni che ci rivoltano letteralmente lo stomaco.

Sarà che non abbiamo appreso, o non vogliamo apprendere, l'arte dei gesuiti.

Sappiano però costoro che dovranno ANCH'ESSI rispondere d'ogni loro azione, fin anche della più piccola, giacché il conto che presenteremo loro non dimenticherà neppure una virgola, essendo essi colpevoli di aver generato, intorno alle nostre IDEE, il più grave equivoco.

Sarà che non sappiamo, o non vogliamo, dimenticare.

Da Noi, usi a dire sempre, soltanto e totalmente quello che pensiamo, non sarà mai accettabile il fraternizzare con certi ambienti, magari all'insegna di una qualsiasi pezza multicolore, cara a liberali, a massoni, a partigiani ed a badogliani, alla destra economica sfruttatrice ed alla più sporca, falsa, smidollata e drogata borghesia,

Sarà che non è soltanto e genericamente un "sistema", quello che Noi rifiutiamo, ma tutto un mondo, un modo cioè di essere e di pensare, verso il quale nutriamo il più mortale disprezzo, disprezzo identico solo a quello che portiamo verso il social-comunismo, che è il nostro più dichiarato nemico.

Per Noi il bianco è bianco, il verde è verde ed il rosso è rosso, così come il nero è nero e, per intenderci, nei primi tre colori, il nero, assolutamente, non c'è.

Noi soli, e siamo soli!

 

 

Nixon ed i cinesi

 

Tra uno sparar di petardi, un rullar di tamburi, un rintronar di grancasse giornalistiche, manovrate dai soliti consulenti di politica internazionale, Nixon ha gettato in pasto alle turbe la notizia del prossimo suo viaggio nella terra che fu del Celeste Impero. Tremi la Troika! Un nuovo destino di pace universale si schiude all'Umanità. A noi la questione sembra potersi ridurre in termini più semplici e più banali. È assai probabile che la funzione di un accordo, sicuramente di tipo economico-commerciale, possa essere quella di danneggiare il Giappone, isolandolo, tra l'altro, dall'Asia continentale. In questo senso si spiegherebbero certe svolte politiche recenti nella terra del Sol Levante.

Quindi, altro che distensione, altro che pace! L'America persegue i suoi spietati fini che sono sempre quelli della ricerca di mercati da invadere, e da mantenere con ogni mezzo, contro ogni concorrente, con buona pace di coloro che cercano la Pace Universale e di quegli altri che insistono a credere gli statunitensi nel Viet Nam i difensori della libertà dell'Europa.

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