Breve storia della Federazione Nazionale Combattenti RSI:
l'integralismo Fascista come antitesi al "neofascismo atlantico di
servizio".
Luca Fantini
«Il Fascismo è l’unico socialismo possibile»
Benito Mussolini
«Il movimento legionario lotta per la creazione dello Stato totalitario… La
concezione totalitaria della trasformazione dello Stato ci impedisce di
accordare una qualunque importanza a queste nozioni prive per noi di
significato… Noi… non possiamo essere né a destra né a sinistra, per la
buona ragione che il nostro movimento abbraccia tutto quanto il piano della
vita nazionale… “Sinistra” e “destra”? Dove sono?… Quando la stessa
rivoluzione russa si nazionalizza intensamente… e quella fascista si
socializza sempre più profondamente, che senso hanno più le etichette
desuete di “destra” e di “sinistra”?»
V. Marin
«Noi (....) non abbiamo paura nè del comunismo, nè del bolscevismo. C’è
un’altra cosa che ci fa paura: è che gli operai di queste fabbriche non abbiano
a sufficienza da mangiare. Essi hanno fame. Bisogna che siano soddisfatte
queste due necessità: la fame e il desiderio di giustizia»
Corneliu Codreanu
Sviluppando un breve discorso sulla storia
dell’ultimo schieramento fascista repubblicano, che continuava a combattere,
anche dopo il ’45, per quegli stessi ideali rivoluzionari e socialisti
avviati da Mussolini il 23 marzo 1919, va al riguardo, da subito,
specificato che la visione storica del fenomeno fascista promossa dalla
Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana era
certamente antitetica rispetto a quella falsificazione storiografica
sviluppata dall’estrema destra tradizionalista e reazionaria, la quale,
finalizzando tutti i propri sforzi al contenimento di una presunta avanzata
sovietica sull’Europa Occidentale (ma, come dimostreranno poi, in modo
inequivocabile, i fatti storici 1979-1991, vi sarà un’aggressione
occidentalista-sionista-vaticanista contro l’URSS, non viceversa), tendeva a
proporre un modello storiografico nel quale venisse alla luce un fascismo
essenzialmente anti-comunista ed anti-bolscevico. Modello storiografico,
frutto di un’immane falsificazione, poiché già nel 1921 Benito Mussolini
sosteneva che non esisteva, in Italia ed in Europa, un pericolo bolscevico,
ma che l’unico autentico pericolo era quello del democraticismo neutralista,
frutto politico del supermaterialismo anglosassone. Modello storiografico
falso, quello del fascismo come anti-comunismo realizzato, non solo e non
tanto perché Mussolini disse e spiegò ai suoi vecchi compagni che la
“rivoluzione russa” non era possibile in Italia semplicemente perché le
condizioni socio-economiche dell’Italia erano ben diverse, chiaramente, da
quelle russe, («Noi non siamo contrari alla rivoluzione russa, siamo
contrari alla “copia” della rivoluzione russa in Italia» disse il Duce il 9
novembre 1919) quanto perché Gentile, il filosofo del fascismo, prendeva le
mosse, nella sua concezione filosofico-politica, proprio dalla meditazione
dell’immanentismo marxiano, sviluppando poi una trasformazione in chiave
idealistica e spiritualistica del marxismo, ma lasciando come supremo
testamento, prima del suo martirio, fortemente voluto non dagli stalinisti
sovietici, ma dagli imperialisti angloamericani, il nazionalcomunismo («il
comunismo di Giovanni Gentile» come lo chiamerà Ugo Spirito1) di "Genesi e
Struttura della società", il comunismo nazionale italiano, l’unico autentico
comunismo italiano, come rileverà anche Ugo Spirito dopo la guerra,
comunismo tecnico centrato sul concetto dello Stato del lavoratore.
Va ancora specificato che, nella visione dei fascisti repubblicani della
FNCRSI, il fascismo -a differenza ed in antitesi alla vulgata della destra
tradizionalista controrivoluzionaria- era:
1) un movimento dell’ultra-sinistra nazionale, come scrisse Fantauzzi nel
“Foglio di Orientamento” della Federazione Nazionale, nel 1996. Il fascismo
era un movimento rivoluzionario, non tradizionalista, né
rivoluzionario-conservatore. Movimento rivoluzionario di sinistra che aveva
come principale obiettivo non quello della sbirresca salvezza della patria
dalle orde sovversive, ma la realizzazione dell’Italia del lavoro e della
produzione, dell’eguaglianza di fronte al lavoro e della creazione del
fronte mondiale dei popoli sfruttati, oltre alla realizzazione di un regime
totalitario fondato sulla mobilitazione permanente delle masse.
Modernizzazione della nazione ed equa distribuzione delle risorse a livello
planetario (sarà costante nel Duce la revisione della marxiana lotta di
classe, che viveva ora nella concezione della santità della guerra
anti-imperialista dei “popoli sfruttati”, i popoli proletari, contro i
“popoli capitalistici”, i popoli e le lobbies della plutocrazia), sono i
compiti sociali fondamentali che il fascismo, sin dal suo apparire, si pone.
2) Un socialismo nazionale fondato sul dominio del principio anti-mercantilistico ed anti-capitalistico dell’autarchia, dello stato
totalitario basato sull'«industria chiusa» (1922-1943) -il maggiore storico
del fascismo, De Felice, non a caso, parla del regime fascista come di un
regime totalitario di sinistra2 che andrebbe confrontato, quanto a
realizzazioni sociali, con il regime sovietico; uno storico comunista, il
Pennacchi, parla del regime fascista come di una dittatura del proletariato-contadinato3 - parzialmente realizzato a causa dell’inevitabile
compromesso con le più potenti forze industriali italiani. Compromesso
inevitabile poiché il fine della modernizzazione (la via “italica” alla
modernità, non quella tecnocratica, come specificavano i fascisti
integralisti) della nazione era per il Duce, come lo fu per Lenin, primario
ed assoluto. Compromesso che però, come specifica, il Gregor, conduceva ad
autentiche pianificazioni di settore che ben poco avevano di diverso da
quelle della Russia sovietica (l’Italia “proletaria e fascista” era, con la
Russia sovietica, la nazione, che, tra le due guerre, maggiormente aveva
esteso e realizzato la proprietà statale4).
3) Il termine ultimo del corporativismo era il socialismo realizzato,
caratterizzato dall’abolizione della differenza dualistica tra pubblico e
privato: nel 1934, disse Mussolini all’ex-sindaco di Milano socialista di
Milano Caldara, convergendo dunque con le analisi di Ugo Spirito (il
fascismo come superbolscevismo) e con quelle di Pellizzi (il fascismo come
unica possibile attuazione del comunismo civile5, essendo il comunismo, in
questa visione, la metafisica dell’amore e dei diseredati, non quello
occidentalista e sionista dell’odio nichilista e della distruzione): «Se il
corporativismo vorrà essere una cosa seria dovrà proporsi, come termine, la
proprietà corporativa. Comunque per me, il corporativismo non è che un modo
per arrivare al socialismo»6.
4) Considerate queste premesse, la FNCRSI considerava l’autentica Dottrina
Fascista incarnata nei princìpi della RSI.
In RSI, non a caso, l’essenza di “sinistra” del Fascismo permetteva agli
“integralisti” rivoluzionari fascisti di consacrarsi, storicamente, come il
blocco più avanzato dell’estrema sinistra mondiale.
Dall’ultimo Direttorio Nazionale del Partito Fascista Repubblicano, svoltosi
il 5 aprile del ’45 a Milano, in via Mozart, veniva infatti lasciato come
supremo testamento il seguente “messaggio”, che sosteneva esplicitamente la
natura “reazionaria” del bolscevismo rispetto alla via rivoluzionaria,
nazional-comunista, del Fascismo Repubblicano:
«Eventuali tendenze al collettivismo bolscevico non costituirebbero affatto
un estremismo dinamico rispetto al programma sociale del Fascismo
repubblicano: costituirebbero invece un richiamo reazionario verso forme di
supercapitalismo statale quali quelle bolsceviche, che la nostra Rivoluzione
considera altrettanto sorpassate quanto una società che si basi sulla
conservazione borghese»7.
Non è un caso, ancora, che il Duce, presa ormai coscienza, della sconfitta,
solamente militare del Fascismo repubblicano, trasferiva idealmente i poteri
della RSI alle correnti della Sinistra Nazionale; diceva di voler lasciare
l’eredità della socializzazione ai socialisti ed ai comunisti, non ai
borghesi, voleva che gli imperialisti invasori trovassero il Nord
socializzato e che i lavoratori difendessero il “socialismo reale” fascista
repubblicano8.
Come è possibile, si chiedeva il Fascista Repubblicano Gaspare Fantauzzi,
ultimo responsabile della FNCRSI, negli ultimi anni di vita meditando
sull’ingloriosa storia del neofascismo, che quasi nessuno, se non marginali
correnti “fasciste”, tra cui appunto la Federazione Nazionale Combattenti
RSI, si sia dato la pena di continuare il progetto autenticamente
neo-fascista promosso da Mussolini negli ultimi mesi di vita, quello della
Sinistra Nazionale? Ora io, che ho molta stima di J. Evola, non faccio altro
che riportare la tesi dei vertici della FNCRSI, in particolare di Altomonte9, che così spiegava il tradimento anti-fascista, lo sbandamento a destra,
non solo dei missisti (termine che la FNCRSI usava per indicare i missini),
ma di tutta la destra radicale italiana: nel 1945, appena finita la guerra,
in Italia, secondo l’interpretazione della FNCRSI, vi fu una operazione
Evola promossa dal Ministero degli Interni. L’operazione Evola era, per la FNCRSI, questa: de-fascistizzare l’ambiente neofascista, buttare a mare il
messaggio del Socialista di Predappio (chiamato dal Gregor, al pari di
Lenin, marxista eretico, non anti-marxista), cancellare dalla coscienza dei
reduci della RSI la possibilità di un neo-fascismo rivoluzionario, un
socialismo nazionale, come lo voleva il Duce, un vero neo-fascismo, dunque,
che avesse non in Mosca, ma nel blocco Londra-New York-Tel Aviv il suo vero
nemico, quello che in fondo era stato il solo nemico del fascismo. Non so,
né posso sapere se vi fu l’operazione Evola. So però che vi fu,
indubbiamente, la defascistizzazione dell’ambiente: si iniziò ad
interpretare un movimento “sovversivo”, massimalista, le cui figure
storicamente di spicco venivano dal mondo marxista, sindacalista, anarchico,
come un mai esistito movimento di natura tradizionalista (i più coerenti
tradizionalisti furono i traditori del 25 luglio!); si iniziarono a
sviluppare dei riferimenti storici, sempre e comunque controrivoluzionari e
reazionari, esattamente contrari alla visione storica mussoliniana, che, in
fondo, era rimasta sempre socialista, e sempre continuava a vedere le
vicende storiche con la lente del partito degli oppressi e degli sfruttati,
non con quella della nobiltà e del clero; si fece credere ad intere
generazioni che il pericolo venisse da Mosca, non da Londra, non da oltre
Oceano: ciliegina sulla torta, si iniziò spudoratamente, quando ancora i
corpi straziati, privi di vita, così vilmente massacrati nelle “radiose
giornate”, dei nostri camerati delle Brigate Nere, della Legione Autonoma
Mobile Ettore Muti, della GNR, non erano stati ancora trovati dai propri
cari, quando quei corpi ormai santificati poiché fu santa la loro adesione
ad una idea del mondo realmente “giustizialista”, non terrorista, marcivano
in qualche fossa comune del Nord Italia, perché a Londra, e non al Cremlino,
ci fu un bel giorno la pianificazione di una strategia terrorista
antifascista bandita a livello planetario, a teorizzare un golpe in difesa
di uno Stato antifascista, colonia geopoliticamente molto importante
dell’impero sionista, anglo-americano.
Queste le indicazioni del maestro della gioventù nazional-rivoluzionaria:
«La svolta è rappresentata dal luglio 1960, come dimostra l’articolo
pubblicato da Evola su “L’Italiano”-sotto forma di lettera al direttore
Romualdi…- dal titolo, "C’è un democratico con la spina dorsale?" Evola
tratteggia (…) un’Italia ormai assediata dal comunismo (…) la sola
alternativa appare la messa al bando del Partito Comunista in nome della
“democrazia”, della “libertà democratica”. L’azione dovrà svolgersi su due
livelli. Il primo, legislativo… seguirà le esperienze degli Stati Uniti e
della Germania Occidentale, eliminando il Partito Comunista in nome della
Costituzione (…) Il secondo livello è, invece, di carattere operativo… Evola
delinea i contorni di un golpe di destra in difesa dello Stato minacciato
dal comunismo… Il presupposto è la costituzione di una maggioranza
“democratica” di destra, con i testa i liberali e i monarchici e non
appoggiata dai missini (…) Un’azione preparatoria andrebbe, poi, svolta
all’interno dell’esercito (…) Evola giunge a ipotizzare anche il sostegno
del Vaticano, in nome dell’anticomunismo, e della NATO, in difesa dello
Stato minacciato dal “sovvertimento antidemocratico”. Quanto ai militanti di
estrema destra, essi sono chiamati a proteggere lo Stato»10.
Dal 1959, dal giorno, il 17 maggio, dell’espulsione di Junio Valerio
Borghese11 dalla FNCRSI, il carattere fascista rivoluzionario, in Italia,
veniva esclusivamente conservato, diffuso, attualizzato dai combattenti
della FNCRSI. Furono loro a sostenere che se potenziali alleati vi potevano
essere, per un vero schieramento neo-fascista, andavano cercati, a livello
internazionale, nei popoli oppressi dalla logica sfruttatrice e rapinatrice
del capitalismo planetario; furono loro a tacciare in continuazione un
intero ambiente, quello della destra radicale italiana, oltre le sfumature,
di infatuazione atlantista; furono loro a riprendere la concezione del mondo
“comunista” di Ugo Spirito12, fondata sulla percezione di un senso messianico
non materialista e di una comunione spirituale, a-marxista, immanente nella
via nazionale del comunismo russo e del comunismo cinese, di contro ad un
ambiente, quello della destra, che sperava addirittura in un’affermazione
della destra più nazionalista e reazionaria statunitense, in vista della
creazione di un blocco euro-occidentale che, ancora una volta, ripetesse
l’assedio anti-russo ed anti-sovietico. Di contro ad un ambiente che si
prostituiva, come indicava il loro maestro (che voleva peraltro farci
credere che sì Mussolini era una brava persona, aveva recuperato il culto
della romanità, ma trascurava di notare che quel culto lo aveva recuperato,
come già fecero i giacobini, in funzione rivoluzionaria e pedagogica, in un
clima da mobilitazione popolare continua, non tradizionalista ed
aristocratica, una brava persona sì ma andava depurato da quel “socialismo
di fondo”, da quell’aspetto plebeo, anti-borghese, di figlio del popolo che
lo aveva sempre contraddistinto) con generali ed antifascisti vari, l’azione
di Gaspare Fantauzzi, quella di Bruno Ripanti, come quella dei vertici della
FNCRSI, che mai cedettero alla destra, rimane, nella storia italiana, la
voce della purezza e dell’integralismo fascista. La voce dell’estrema
sinistra nazional-patriottica, la quale rifiutava di adottare, da quando
Fantauzzi divenne il responsabile principale della Federazione, in una
Nazione che era colonia americana dal ’45, l’insignificante slogan «Né USA
né URSS».
Fu, non a caso, la voce dell’ultimo Fascista Italiano, quella di Gaspare
Fantauzzi, a levarsi in difesa del grande popolo russo, aggredito da una
direttiva sionista emanata dall’ebreo Brzezinski, che conduceva alla
destabilizzazione del governo filo-sovietico afghano (era al potere la
fazione Khalq del PPD, che stava dando avvio a radicali riforme socialiste
di contro al semi-feudalesimo tribale che privilegiava una ristretta fascia
della popolazione) ed anche, in pratica, alla possibilità della
destabilizzazione dell’intera Asia Centrale sovietica, minacciata ora dal
nuovo fronte integralista islamico supportato dal mondialismo occidentale.
Gli ultimi Fascisti Italiani salutavano l’ingresso dell’Armata Rossa a
Kabul. Questa era la posizione che ogni vero fascista anti-imperialista
avrebbe dovuto prendere, rispetto all’azione militare preventiva e difensiva
realizzata dall’Armata Rossa sovietica, il 27 dicembre del ’79, quando ormai
l’Impero americano, tramite i “sudditi” di turno, scagliava il suo ultimo
attacco contro la Russia, ponendo definitivamente le basi per la vittoria
sul nazional-comunismo sovietico13, nella terza guerra mondiale. In un
ambiente che sognava adesso, frangente storico in cui islamismo faceva rima
con americanismo ed anti-sovietismo, l’islamizzazione dell’universo, il
Fascista Repubblicano Fantauzzi, prima di ogni altro geopolitico di fama
internazionale, comprendeva l’essenza anti-imperialista, anti-talassocratica
ed anti-atlantista della cosiddetta invasione sovietica dell’Afghanistan14.
Proprio Fantauzzi aveva compreso, lo scriveva ancora in una lettera del
gennaio ’87, che il Partito della Russia, la corrente nazional-patriottica
ed antisionista ben presente nell’Unione Sovietica, era, a livello mondiale,
quanto vi fosse allora di meno distante dal fascismo repubblicano. Non erano
affatto casuali gli avvenimenti massmediatici diffusisi in piena guerra
fredda, la feroce russofobia propagatasi a livello planetario, gli isterici
appelli per la liberazione degli ebrei sovietici, la continua aggiunta di
uno zero sul numero delle vittime delle feroci repressioni sovietiche e
tanti altri di questi eventi…
Gaspare Fantuazzi, autentico soldato di Mussolini, figlio politico del
marxista eretico di Predappio, donò la sua intera esistenza umana e politica
al progetto della Sinistra Nazionale; estremamente significativo fu il suo
impegno nel Movimento Antagonista -che aveva nella rivista “Aurora”,
«mensile della Sinistra Nazionale», il suo caposaldo di lotta politica
antimperialista- il quale, nel momento storico in cui in Russia bandiere
rosse con la falce e con il martello sfilavano accanto ai tradizionali
simboli nazional-patriottici, nel momento storico in cui Zjuganov (ritenuto
da più di un osservatore un autentico neo-fascista russo15) iniziava la sua
assai ammirabile offensiva nazional-comunista contro la tragedia sociale e
morale importata in Russia dal capitalismo, che introduceva nell’ex-URSS
problemi sociali gravissimi, che dal '29 erano stati sconfitti, in quello
stesso momento storico, appunto, organizzava a Bologna, nel ’93, la “Marcia
del Lavoro”, “Marcia” in cui le bandiere rosse, come simbolo della giustizia
sociale, si trovavano finalmente accanto ai tricolori, come simbolo della
lotta di liberazione nazionale anti-imperialista.
Si ricomponeva, seppur per un breve ma intenso periodo, il fronte storico
della Repubblica Sociale Italiana, il fronte del socialismo nazionale, il
fronte della Patria del Lavoro e della solidarietà sociale, il fronte del
superamento delle ingiustizie planetarie attuate su scala internazionale da
una casta privilegiata di super-capitalisti.
Ma in un ambiente che aveva il culto delle SS e non delle SA, della Decima
Mas e non delle Brigate Nere e della Legione Autonoma Mobile Ettore Muti
guidata dal fascista di sinistra Franco Colombo, dell’Evola
controrivoluzionario e non di Nicola Bombacci, di E. Priebke (considerato da
Fantauzzi un traditore del Duce, al pari degli Himmler, degli Wolff, dei
Dolmann e degli altri simili maniaci dell’anticomunismo militante16) e non di
Codreanu, la sua presenza era decisamente fuori luogo. Prima di lasciare la
terra, idealmente vedeva in Vincenzo Vinciguerra «l’unico vero fascista del
dopoguerra italiano»17; rimaneva, in particolare, colpito, dal suo gesto
effettivamente ammirabile, quello che lo porterà a prendere consapevolmente,
come sosteneva Fantauzzi, un autentico «ergastolo per la libertà». Rimaneva
colpito dal fatto che Vinciguerra, seppur molto dopo la Federazione
Nazionale, sviluppava un tipo di analisi del mondo neofascista, molto simile
a quella già formulata dalla Federazione decenni prima. Vinciguerra, unico
fascista sottoposto al trattamento speciale del cosiddetto 41bis, non a caso
ha scritto:
«Le teorie di Evola avevano sancito il superamento ideologico del fascismo
italiano (…) ma non avevano creato alcuna idea forza capace di sostituirlo e
di rappresentare un’alternativa al mondo presente»18.
Vinciguerra sottolineava che la rivoluzione fascista, progressista ed
ulteriore rispetto a quella francese e a quella sovietica, veniva
astrattamente concepita dalle schiere reazionarie neofasciste come
rivoluzione conservatrice, o come semplice reazione al massimalismo delle
sinistre italiane.
Dopo la conclusione del progetto politico della Sinistra Nazionale,
Fantauzzi si avvicinava al «mensile militante per la comunità
nazionalpopolare», “Avanguardia”, di cui apprezzava in particolar modo
l’analisi revisionistica del fenomeno neofascista supportata, molto spesso,
nelle analisi condotte dal mensile trapanese, dalle elaborazioni di
Vinciguerra. Fantauzzi, non a caso, doveva svolgere una relazione sul tema,
"Natura e ruolo del neofascismo", al convegno “Alternativa Rivoluzionaria al
Sistema”, svoltosi il 26 maggio 2002 a Civita Castellana: la malattia
radicale che poi lo avrebbe condotto di lì a pochi giorni alla morte rese
impossibile la sua partecipazione al convegno19.
La Federazione nazionale, inoltre, non vedeva assolutamente un’antitesi tra
il Mussolini socialista marxista ed il Mussolini fascista. Vedeva e
sottolineava, come farà lo storico Z. Sternhell20, la continuità
rivoluzionaria del giovane Mussolini, che, socialista “esasperato” dal
determinismo controrivoluzionario del materialismo storico, realizzava
implacabilmente, nella sua storia politica, la visione dell’«avanguardia
rivoluzionaria» la quale, imbevuta di «idealismo volontaristico», si poneva
come il punto zero del marxismo sperimentato e trasceso in un’ottica
idealistica:
«Marx è definito da Mussolini “il magnifico filosofo della violenza
operaia”. Non si può negare che il futuro Duce del fascismo si era fatto,
assai precocemente, la fama di barricadiero e blanquista; (…) la campagna
anticlericale, di inaudita violenza, che egli condusse nel Trentino, come
pure il fatto che portasse fino ad eccessi sanguinosi, in Romagna, le lotte
sociali tra braccianti, mezzadri e proprietari, e ancora che, nel 1914,
unico dei capi marxisti, difendesse le violenze della “settimana rossa” (…)
ma la lotta di classe è esposta a un pericolo (…) il “socialismo degli
avvocati”, con la sua predilezione per le trattative parlamentari e la sua
accentuazione dell’autonomia dello sviluppo, conduce al “totale rifiuto del
marxismo” e quindi alla decadenza (…) Se per comunismo si intende l’ala
intransigente staccatasi da quella riformista (…) del partito socialista,
Mussolini può essere a ragione definito il primo e da un certo punto di
vista, l’unico comunista europeo del periodo (…)»21.
Ora, è significativo che Gregor non definisca il fascismo un bolscevismo
incompiuto, ma, di contro, definisca il leninismo un «fascismo imperfetto»22;
nel leninismo, infatti, non è condotto, a differenza dell’attivismo
fascista, alle sue estreme conseguenze quel processo di trasformazione
volontaristica ed idealistica della parte sana del marxismo; nel leninismo,
non a caso, vi fu poco spazio, per la visione totalitaria assoluta
dell’identità rivoluzionaria tra Stato ed individuo, tra pubblico e privato23; quando in URSS si arrivava, seppur parzialmente, a sperimentare ciò, si
sacrificavano alcuni precetti fondamentali del marxismo classico e con
notevole ritardo, si seguiva la strada intrapresa con ben largo anticipo del
Duce: «Il fatto è che la società sovietica, come molte delle società che
sono state edificate sotto gli auspici dei regimi rivoluzionari di massa, ha
assunto caratteristiche che sono manifestamente fascistiche»24.
Ancora, Augusto Del Noce, al pari di molti storici marxisti -come Otto Bauer
e Franz Borkenau, che sottolineavano la natura progressista e rivoluzionaria
della via di sviluppo intrapresa dal fascismo italiano-, ha sempre, con
molta intelligenza e lucidità, specificato che il fascismo non realizzò
minimamente una reazione anti-comunista, nel contesto italiano dell’epoca,
ma di contro, attuò una rivoluzione ulteriore al marx-leninismo, addirittura
un “inveramento” della parte sana del marxismo, che veniva così liberata dal
dogmatismo metafiscistico e materialistico della filosofia di Marx25.
Fantauzzi riteneva appunto che il fascismo fosse stato il movimento mondiale
degli sfruttati, dei disederati, degli esclusi dal “grande banchetto” del
capitalismo internazionale. In un suo indimenticabile articolo, comparso nel
gennaio 1998 in “Aurora”, Gaspare Fantauzzi aveva infatti ricordato:
«Per abbattere questo mondo -in cui il 20% degli esseri umani consuma oltre
l’80% delle risorse- nacque il fascismo (…) Mussolini è il campione di
questa rivoluzione. È necessario perciò estrapolare il fascismo dal contesto
della destra conservatrice in cui è stato subdolamente relegato e
restituirlo a quello che Mussolini soleva chiamare popolo “proletario e
fascista” (…) Per cancellare una volta per sempre lo schiavistico mercato
del lavoro, travolgendo tutti gli egoismi e tutti gli edonismi, che
permettono la convivenza di obesità e morti per fame (…) Si impone dunque la
necessità di rivivificare gli aspetti del Mussolini demitizzato, senza
orpelli, del “figlio del fabbro”, dell’uomo che è carne e sangue del popolo,
del socialista rivoluzionario che adotta la camicia nera come simbolo di
umiltà prima che di coraggio, del campione generoso di un’Italia più giusta
e più grande con una missione universale da compiere, dell’ideatore del
movimento più giovane e significativo del XX secolo (…); del rivoluzionario
che attinse luce interiore ed energia operativa dalle inquietudini, dai
fermenti e dalle passioni di intere generazioni, del Capo di Governo che
comunica alla Nazione di aver assicurato il pane al suo popolo con la
Bonifica Integrale, del Duce sconfitto che fonda la prima Repubblica Sociale
della storia e che, infine, di contro alle menzogne partigiane, muore
lottando in difesa della sua dignità di uomo.
È un compito essenziale.
Nell’opinione pubblica si è gradualmente compiuta la rimozione (…) del
Mussolini rivoluzionario (…) Ciò vale anche per le scelte (…) di insegne
intenzionalmente surrettizie fatte proprie dai gruppuscoli sorti ai margini
dell’MSI: asce, rune, croci uncinate, tutte volte a negare l’ideale innesto
del fascismo alla romanità».
In conclusione, va affermato che la revisione del fenomeno neofascista
condotta dalla Federazione Nazionale, oltre ad essere precedente a quella di
Vincenzo Vinciguerra, era, per certi versi, anche più radicale. Fantauzzi,
in particolare, sottolineava spesso, che l’intera militanza esistenziale,
socialista-nazionale, del Duce, era l’antitesi storica, inequivocabile, del
«neofascismo atlantico di servizio». Mussolini, nella concezione del mondo
rivoluzionaria ed anti-imperialista di Fantauzzi, rimaneva il condottiero
della violenza proletaria e contadina, rimaneva il simbolo indistruttibile
del patriottismo di popolo, il simbolo stesso delle più significative lotte
sociali del popolo italiano. La metafisica della povertà e del comunismo
messianico, come superamento storico del capitale, la prassi, solamente
attuata, nella storia del XX secolo, nel movimento legionario romeno ed in
RSI, del lavoro volontario, la cultura del lavoratore, che abbatte, con l’autoconsapevolezza
della forza-lavoro, la schiavitù del capitale e del salario, l’essenza
comunistica della concezione dell’eguaglianza di fronte al lavoro, nella
realtà immanente del piano, caratterizzato dalla valorizzazione delle
differenze tecniche (Ugo Spirito definiva l’esperienza storica fascista
un comunismo tecnico), ponevano Corneliu Codreanu e Benito Mussolini quali
simboli storici dell’«eterna sinistra».
Come meravigliarsi, oggi, se gli oppressi del mondo, che un giorno dettero
al Duce, e non al leader dei Soviet, il massimo titolo onorifico, la spada
dell’Islam, rifuggiranno poi terrorizzati il reazionarismo della destra
radicale neofascista? Come meravigliarsi se la concezione mussoliniana,
autenticamente comunista, quella della guerra planetaria del sangue contro
l’oro, riviveva, seppur brevemente, seppur a livello confuso ed inconscio,
nell’intero dopoguerra italiano, soltanto nei proclami rivoluzionari di chi
aveva posto all’ordine del giorno il problema storico della liberazione
nazionale dallo «Stato imperialista delle multinazionali», e non nei
proclami reazionari della destra di tutte le forme ed i colori che agiva con
l’occhio fisso alla Grecia, alla Turchia, alla destra razzista nazionalista
nord-americana, poi al Cile e, quindi, ad Israele, baluardo dell’Occidente
nella lotta mondiale contro il nazionalcomunismo sovietico? Che cosa
c’entravano questi pruriti reazionari con Mussolini, autentico figlio del
Popolo:
«La natura, i sentimenti, la sincerità delle idee di un uomo si svelano nei
momenti cruciali dell’esistere e Mussolini si è sempre dimostrato, in ogni
occasione, un infaticabile servitore del popolo. Chi come lui, appena
diciannovenne, avrebbe scelto di vivere volontariamente sulla propria pelle
l’estrema indigenza degli ultimi in Svizzera (…) facendo anche lo
spaccapietre ed adattandosi a dormire sotto i ponti, per un motivo di
carattere ideale: non fare il soldato al servizio di un governo
antipopolare? Senza un attimo di tregua, appena tornato a Forlì, si pone poi
coraggiosamente al fianco dei braccianti che versano in una condizione di
grave emarginazione e ne sostiene la rivolta (...) Per il bene del popolo
Mussolini rompe finalmente gli indugi. Il 23 marzo 1919, in un palazzo
milanese di Piazza San sepolcro, vara un nuovo movimento politico (…) Fasci
si chiamano i gruppi politici di sinistra, fasci di azione rivoluzionaria si
chiamano le associazioni di sinistra che sostengono l’entrata in guerra
dell’Italia, e fascisti sembra naturale chiamare i componenti del nuovo
movimento. La parola fasci fa riferimento al fascio littorio dell’antica
Roma, divenuto simbolo della rivoluzione francese come allegoria del popolo
unito e del suo potere solare. I rami che si possono piegare ma
difficilmente spezzare rappresentano il popolo, la corda che li lega
l’unità; l’ascia, il sole. Socialista rivoluzionario, sospettato di
bolscevismo dalla polizia, per le elezioni politiche del '19 propone a tutta
la sinistra interventista di presentarsi in un’unica formazione»26.
Che cosa c’entravano gli istinti reazionari della destra tradizionale con
l’Uomo di Stato che, solitario, sostenuto soltanto dall’unità mistica e
totalitaria del suo Popolo, sfidava, con una radicale logica rivoluzionaria,
nei giorni più intensi e luminosi dell’intera storia italiana, con il suo
imperialismo proletario (l’imperialismo proletario tanto diffamato dalla
destra aristocratica e/o borghese oltre che, naturalmente, dalla propaganda
demo-antifascista, imperialismo proletario che mai avrebbe concesso lo
scempio di milioni di bambini e di uomini cinicamente lasciati morire sotto
i colpi della cosiddetta “fame strutturale”), l’imperialismo del capitale,
dello sfruttamento mondiale, del sovraprofitto imperialistico?
Non c’entrava e non c’entra niente.
Infatti, non era stato proprio il Duce a scrivere:
«Il socialismo “invasione barbarica” è una fantasia marxista, tradizionale.
Nel concetto marxista il proletariato si rovescia sulla civiltà attuale
-demolendone l’ingranaggio statale, trasformando il modo di produzione
economica, capovolgendo la “tavola dei valori morali”.
(…) Voi credete di mortificarci chiamandoci “barbari” e noi invece siamo
fieri della “nostra” barbarie.
I borghesi di tutte le epoche -dai patrizi di Roma… ai proprietari
repubblicani di Ravenna- hanno sempre chiamato “barbari” i ribelli, gli
uomini nuovi, gli eresiarchi. Per Roma repubblicana, erano “barbari” gli
schiavi di Spartaco che insorsero, pugnarono e seppero morire - per Roma
imperiale erano “barbari” i cristiani (…) per la nobiltà, per il clero e per
gli ultimi Capeto erano “barbari” gli epici sanculotti che demolivano la
Bastiglia (...)
E noi gridiamo allora: vivano i barbari (…) i nuovi barbari, coscienti del
valore della loro forza, non si faranno più ammansare dai dominatori o dai
politicanti, ma creeranno il “loro” mondo, inizieranno la “loro” civiltà”27?
A 60 anni dalla morte del Duce, osteggiato, calunniato, insanguinato e
dileggiato da quegli stessi che avrebbero dovuto esserne i prosecutori, i
“neofascisti”, il vero fascismo è la barbarie che avanza.
Quello incarnato da Fantauzzi fino all’ultimo battito cardiaco. È barbarie
in quanto è stato, è, sarà, l’unico vero incubo del mondo. Il “male
assoluto”. Mussolini, nel suo “Testamento”, diceva che il fascismo, per la
prima volta nella storia, aveva veramente turbato i sonni dei capitalisti e
dei grandi speculatori. Nolte, spiega, che fino alla morte, nel Duce, «le
finalità del marxismo avevano continuato a vivere»28. Il fascismo è barbarie,
incubo perenne della borghesia capitalista mondiale.
Nel luogo storico del neo-fascismo, quello del golpismo, della violenza
gratuita finalizzata alla controrivoluzionaria “soluzione greca”, quello in
cui sogna di restaurare il regno borbonico o l’impero austro-ungarico,
quello in cui i socialisti come Garibaldi, Pisacane, Cesare Battisti vengono
considerati “sovversivi”, ma anche quello in cui migliaia di giovani erano
effettivamente convinti di indossare la camicia nera, mentre si
ritroveranno, di contro, con quella del carabiniere29, ben visibile era
piantata, con un giuramento al Duce che si rinnovava quotidianamente, una
bandiera rossa. Dal dopoguerra ad oggi, la bandiera rossa, la bandiera
rivoluzionaria ed anticapitalistica della prima Repubblica Sociale della
storia, è stata il testamento spirituale ed ideologico del fascismo integralistico della FNCRSI. Inoltre, riguardo il marxismo eretico di
Mussolini, basterebbero poche parole per sintetizzare la milizia
rivoluzionaria di tutta una vita: «Comunismo al servizio del patriottismo».
Grazie a Fantauzzi, unico effettivo continuatore, nel dopoguerra italiano,
della via rivoluzionaria dei “socialisti reali”: dei Mussolini, dei
Bombacci, dei Pavolini, dei Colombo. Dei Codreanu e dei Vasile Marin. Grazie
a Fantauzzi, che ci ha insegnato tutto questo.
Dormi in pace Gaspare Fantauzzi, dormi assieme ai tuoi fratelli, gli
innumerevoli martiri della RSI: il tuo sacrificio non è stato vano!
Luca Fantini
Note:
[1] U. Spirito, Giovanni Gentile, Firenze 1969, pag. 194.
[2] R. De Felice, Intervista sul fascismo, a cura di Michael A. Leeden, Bari
1985, pp. 105-106.
[3] A. Pennacchi, Viaggio per le città del Duce, Milano 2003, pag. 389.
[4] V. Castronovo, L’industria italiana dall’ottocento ad oggi, Milano 1990,
pp. 163-244.
[5] “Il fascismo è nato come supremo sforzo di un popolo civile…per attuare
una forma di comunismo civile. Il comunismo fascista si chiama
corporativismo. E qui…si ripresenta il problema uno e bino del fascismo
tutto, che è un problema di libertà nel collettivismo, e di collettivismo
nella libertà”. C. Pellizzi, Postilla, “Il Selvaggio”, 1 maggio 1932.
[6] D. Susmel, Nenni e Mussolini, Milano 1969, pag. 250.
[7] Testo della dichiarazione sociale del Direttorio Nazionale del Partito
Fascista Repubblicano, Milano 4.4.1945.
[8] E. Amicucci, I 600 giorni di Mussolini, Roma 1948, pag. 152.
[9] La notizia mi è stata fornita dagli ultimi rappresentanti della FNCRSI;
Roma, marzo 2004.
[10] F. Cassata, A destra del Fascismo. Profilo politico di Julius Evola,
Torino 2003, pp. 348-350.
[11] Ancora oggi troviamo qualche neofascista che è disposto ad esaltare il
filosionismo e l’anticomunismo atlantista del principe Borghese. A Faccia, 7
dicembre 1970, Perugia 1991, pag. 74.
[12] U. Spirito, Il comunismo, Firenze 1965.
[13] E’ uno storico a sottolineare alcuni connotati fascisti presenti nel
nazionalcomunismo sovietico; L. Incisa di Camerana, Fascismo, populismo,
modernizzazione, in Che cos’è il Fascismo?, a cura di A. campi, Roma 2003,
pp. 129-130.
[14] N. M. Ahmed, Guerra alla verità, Roma 2004, pag. 15.
[15] Per fare solo un esempio, A. James Gregor, Fascism and the new Russian
Nationalism, in “Communist and Post-Communist Studies”, XXXI, n.1, pp.1-15.
[16] G. Fantauzzi, Recensioni librarie, Archivio FNCRSI, Roma, Luglio 200.
[17] Corrispondenza privata di Gaspare Fantauzzi, Roma 1997.
[18] V. Vinciguerra, Ergastolo per la libertà, Firenze 1989, pag. 3.
[19] L’intervento che Fantauzzi inviò egualmente per l’occasione compariva
nel N. 197 di “Avanguardia”, Giugno 2002, pp. 1-2.
[20] Z. Sternhell, Mussolini: un itinerario ideologico, in, Id., Nascita
dell’ideologia fascista, Milano 1993, pp. 271-314.
[21] E. Nolte, I tre volti del Fascismo, Milano 1971, pp. 229-230.
[22] A. James Gregor, L’ideologia del Fascismo, Milano 1970, pag. 322.
[23] Rispetto alla visione totalitaria fascista, si potrebbe addirittura
affermare che la visione leninista dello stato è tutta interna ad una
dinamica controrivoluzionaria e borghese. Lenin, Stato e rivoluzione, Roma
1970.
[24] Ivi, pag. 323.
[25] A. Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, Torino 2004, pag. 304.
[26] Giovanni Luigi Manco, La città fiorita. Il divenire del socialismo in
Mussolini, Parma 1996, pp. 119, 122-123.
[27] B. Mussolini, Avanti sempre o barbari!, in “Lotta di Classe”, 30 aprile
1910.
[28] E. Nolte, Ivi, pag. 348.
[29] V. Vinciguerra, Neofascisti? No, carabinieri, in “Avanguardia”,
Settembre 2001, pag. 9.