Italia - Repubblica - Socializzazione

 

da "SGM"   


Seconda Guerra Mondiale - Reparti

Battaglione San Giusto Decima Flottiglia MAS

Riccardo Maculan    
 

Quando si parla di Decima Flottiglia Mas nel periodo della Repubblica Sociale Italiana i battaglioni che maggiormente si ricordano, sia per consistenza che per azioni effettuate, sono il Barbarigo {Fronte di Nettuno), il Lupo e Nuotatori Paracadutisti (Senio), il Sagittario e Valanga (goriziano), il Fulmine (Selva di Tarnova) tanto per indicarne alcuni. Questi fanno parte dei reparti indivisionati cioè compresi nei due gruppi di combattimento formatisi con la costituzione della Divisione Decima il 1° maggio del 1944. Non di minor conto ma anzi, fondamentali per preservare l'italianità e mantenere la difesa di molte terre di confine, furono i cosiddetti reparti non indivisionati. Questi reparti, nati con la Decima stessa, hanno quasi tutti la particolare caratteristica di essersi formati in un determinato luogo, maggiormente con persone del posto, ed essere rimasti in tale località per tutto il corso del conflitto. Non hanno avuto quindi l'estrema mobilità dei gruppi di combattimento che si spostavano velocemente ed efficacemente nel nord Italia dove ne era richiesta la presenza. Tra questi reparti non indivisionati ricordiamo in queste righe il Btg. San Giusto, reparto poco conosciuto per la scarsità di informazioni pervenute fino a noi. Questo articolo ha la presunzione di supplire a tale mancanza.

Nasce il San Giusto
A Trieste, nell'agosto del 1944 con elementi del comando di Marina Trieste, viene formato un piccolo reparto che fornisce uomini al comando tedesco per guardia a posti fissi, scorta a convogli ferroviari ed altri incarichi. In seguito gli viene affidata la difesa di un settore del porto ed allora assume il nome di battaglione F.M. di copertura. Nel novembre il Comandante Borghese invia a Trieste il C.C. Tito Livio Burattini che, assunto il comando di Marina Trieste, favorisce l'aumento dell'organico del battaglione mediante l'arruolamento di volontari del posto. DÌ qui ne deriva l'autonomia dai tedeschi. Il nuovo nome è Xª Trieste e si costituisce su comando, plotone comando e 3 compagnie di fucilieri. Quando a dicembre il Comandante Borghese si reca a Trieste il reparto assume il nome definitivo di Battaglione San Giusto e sfila per le vie della città acclamato dalla folla. Riceve le insegne di combattimento, dono delle donne di Trieste, nella chiesa di San Giusto nel corso di una solenne cerimonia, Madrina Ida De Vecchi, valorosa patriota triestina. Fra i presenti, il figlio di Nazario Sauro. Ne assume il comando il S.T.V. Ezzo Chicca, con comandante in seconda il T.V. Aldo Congedo proveniente da Bordeaux.
Racconta il Comandante Borghese nel suo manoscritto «Ai primi di dicembre 1944 mi recai in Venezia Giulia per un giro d'ispezione. La prima tappa fu Trieste dove giunsi il giorno 10. Mi recai subito presso il comando del battaglione "San Giusto" che trovai in perfetta efficienza operativa. Venni aggiornato dal suo comandante, il sottotenente di vascello Chicca, delle difficoltà quotidiane provocate dai tedeschi che tendevano a paralizzare ogni nostra azione».
II reparto viene dislocato nella caserma "Legnani" e, successivamente al bombardamento aereo del febbraio 1945, parte in via Cumano e parte in via Buonarroti. Ha il compito principale di presidiare il porto nuovo e il porto vecchio oltre che la periferia della città, il faro della Vittoria, Monte San Pantalone, Rozzol e Piazza Oberdan. Con cadenza bisettimanale pattuglia anche la strada Trieste-Fiume e la linea ferroviaria Sappiane-Villa del Nevoso.
II mattino del 28 aprile 1945, su ordine del Generale Esposito, il battaglione si concentra nella caserma "Montebello - Muti" e si scioglie il successivo 30 aprile. Alcuni uomini del battaglione vengono utilizzati successivamente a tutela dell'ordine pubblico, altri tornano alle loro case, mentre la parte più consistente si ritira su Venezia Sant'Elena. Tra i suoi appartenenti, oltre al fondatore C.C. Burattini e al comandante S.T.V. Ezzo (Olezzo) Chicca possiamo ricordare l'aiutante maggiore Mazzaccara, gli ufficiali Federici, Cividin, Congedo, Petrelli, Picchiani ed i graduati e marò Bontempo, Cossu, Ferfogli, Giustìna, Nani, Carniel, Mancini, Marpicati, Pian, Sacelli, Zucchiatti.
Uno di questi narra la sua adesione al battaglione: «... entro nel Btg. proveniente dall'Accademia Navale di Venezia rinunciando al corso ufficiali. Opto per l'arruolamento nella Xª Mas con destinazione la zona del confine orientale. Assegnato al reparto vengo inserito in vari corsi di addestramento nella prevista finizione di reparto antisbarco e a contenimento della pressione partigiana slava. Quindi sono destinato a un distaccamento italo-germanico posto a guardia di un deposito di munizioni (navali e contraeree) sito in località Zaule. Il Btg accasermato a Trieste in caserma Montebello si dispose in due distaccamenti, quello di Zaule appunto ed altro in località San Pantalone. Il primo si Componeva di qualche decina di uomini al comando del G.M. Federici, triestino. Il G.M. Federici venne ucciso da militari germanici, quando, alla vigilia del primo maggio 1945 il piccolo distaccamento di Zaule, ripiegò sulla sede del battaglione».

Il Rapporto del S.T.V. Ezzo Chicca
Queste le notizie, rilevate da diverse ed accreditate fonti, che ci sono giunte finora. Ma a supplire a questa estrema carenza di informazioni relative a questo reparto ci viene in aiuto un corposo rapporto (segreto-riservato-personale) redatto in data 28 dicembre 1944 dal suo comandante S.T.V. Ezzo Chicca su sollecitazione del Comandante Borghese. Lo stesso Comandante lo invia nel gennaio 1945 al Sottosegretariato di Stata per la Marina, al Ministero delle Forze Armate al S.I.D. (servizio informazioni difesa) ed al Generale Harster a mezzo dell'ufficiale di collegamento delle SS Kohler. Questo interessante documento ha per argomento "Situazione Btg. San Giusto". II rapporto, inedito nella sua totalità, si compone di una succinta nota storica sul reparto ma di una notevole e minuziosa analisi della situazione politica in Venezia Giulia in generale e a Trieste in particolare. Per questa motivo ci consente di conoscere la realtà in cui erano costretti a vivere gli italiani di quel lembo estremo di suolo Patrio. Ne propongo gli estratti maggiormente significativi.

Note storiche
Quello che oggi si chiama "Battaglione Decima San Giusto" era in origine, 18 agosto 1944, un piccolo reparto armato creato con elementi disponibili presso il Comando Marina Trieste; .... Gli fu affidato, prendendo il nominativo di "Battaglione F.M. di Copertura" il compito di difendere un settore della difesa del porto di Trieste, agli ordini diretti del comandante germanico del porto. Assumendo la difesa del settore la forza del reparto non variò di molto, esso era costituito come segue:
- Comando di Battaglione
- Compagnia per i servizi di guardia misti italo-tedeschi (Wachkompanie)
- Compagnia per la difesa settore del porto
In un terzo tempo, 15 novembre 1944, il reparto assunse il nome di "Battaglione Xª Trieste" (variato poi in "San Giusto") e si costituì con nuovi elementi su tre compagnie ed un plotone comando: composizione che conserva tutt'ora.

Note politiche
Il formarsi nella città di Trieste di un battaglione prettamente italiano di nome e di divisa, non fu soltanto la conseguenza di una necessità militare ma anche la logica e naturale conseguenza di una situazione politica già esistente. In Trieste non esistevano reparti italiani regolarmente costituiti. V'erano soltanto pochi soldati mal vestiti e male inquadrati e quasi tutti adibiti ai servizi dei comandi. Unico reparto organico: una "Guardia Civica" formata per la difesa e l'ordine della città ma alle dirette dipendenze del comando germanico. Reparto che ben presto si mostrò inadatto a rappresentare e a difendere il concetto dell'Italianità di Trieste,
... In estrema sintesi si può dire che nel litorale esiste oggi: un comando germanico, una forza slava che preme sempre più ed una forza italiana che sente la pressione che viene dall'oriente, la teme ma non ha l'energia di difendersi e di imporsi. Ma questa energia le è a poco a poco mancata poiché essa si è sentita tagliata fuori dal resto dell'Italia
.
Per comprendere meglio tutto questo dobbiamo conoscere in modo più particolare la situazione politica del Litorale Adriatico che lo stesso Chicca ci illustra trascrivendo appunti forniti e confidenze avute da persone di fiducia che a Trieste hanno vissuto.
«in seguito al tradimento del Governo Badoglio e del conseguente crollo e disfacimento dell'esercito regio, il governo germanico si trova nella immediata necessità di assicurarsi le spalle e, soprattutto, i tenitori costituenti avamposti per il territorio del Reich. Prima fra questi la zona della Venezia Giulia che divide le tre civiltà: la germanica, l'italiana e la slava».
In effetti l'importanza per i tedeschi di queste zone di confine è fondamentale come altrettanto importante è la gestione delle tre civiltà che vi si trovano insediate, tutte con progetti diversi su quelle terre.
«Veniva quindi in quei giorni, in cui nulla ancora si sapeva sulla futura soluzione della crisi italiana, creato un Commissario supremo per la zona di operazioni, con compiti nettamente collegati con quelli militari. La persona scelta per questo incarico, il Dott. Rainer, Gauleiter di Klagenfurt, nominava la zona col vecchio nome austriaco di "Litorale Adriatico».
Si circondava quindi dei suoi vecchi collaboratori, senza distinguere quelli che non avevano mai avuto rapporti con Trieste o fra estranei. Arrivavano così a Trieste il Dott. Wollsegger, già impiegato del capitano austriaco prima del 1918 e il Gruppenfuhrer Globocnik vissuto a Trieste fino al 1918 e quindi, rifiutando la cittadinanza italiana, trasferito in Austria.

Si può immaginare con tali presupposti e con tali collaboratori quale fosse il comportamento militare e politico del Dott. Rainer volto a sradicare l'Italianità di quelle terre. Ma proseguiamo con la relazione...
«… Il Commissario assumeva i pieni poteri e, pur assicurando la validità delle leggi italiane, le metteva lentamente tutte in discussione o con ordinanze e disposizioni varie. Rifiutava i Prefetti nominati dal Governo Fascista e ne nominava dei propri scegliendoli in quella cerchia nella quale aveva ritrovato i vecchi conoscenti di prima del 1918, cioè, tramite il Barone Banfield, il gruppo Tripocovich, Cosulich, Encomo ed altri esponenti dell'alta finanza e quindi antinazionali in ogni senso, cioè con direttive internazionalistiche. Ricomparivano inoltre elementi antì-italìani ed antinazionali che erano scomparsi dalla scena politica e, date le vecchie conoscenza, assumevano incarichi anche importanti e delicati».
Quindi una vera e propria opera di lenta ma inesorabile infiltrazione negli apparati di comando politici e finanziari triestini.
«Mentre però per gli elementi slavi, sorti come funghi attorno al Dott, Rainer si era avuta comprensione, prova ne sia la nomina del podestà di Lubiana Rupnik a Presidente di Governo (Regierungspresident) per gli elementi italiani tale atteggiamento non era seguito e veniva nominato a tale carica proprio il Dott Wollsegger apertamente ostile a quanto è italiano, tanto da chiedere ai suoi dipendenti di cambiare nome e di chiedere la cittadinanza germanica se originati di queste terre, allargava le possibilità degli slavi e boicottava sistematicamente ogni azione italiana».
Si evince da questi fatti l'estrema e non celata ostilità verso tutto quello che fosse italiano. Un'opera minuziosa e costante per rafforzare i legami ed i poteri della comunità slava a scapito di quella italiana anche in previsione di una diversa disposizione politico territoriale di quelle terre. A rinforzo di tali comportamenti abbiamo vari boicottaggi:
- alla chiamata del Generale Esposito per avere Ufficiali per le richieste formulate dal Gen, Rornmel
- divieto di richiamare le classi di leva come nella Repubblica Sociale Italiana
- il divieto di chiamate di controllo
- l'esautorazione dei compiti del Distretto Militare
- il divieto di arruolare volontari
- il numerus clausus imposto per i soldati ed ufficiali italiani nella zona in un limite troppo esiguo anche alla loro sicurezza personale.
- la mancata assegnazione dei volontari presentatisi in base alle chiamate del Gauleiter e la quota fissa massima prefissata nei volontari di tale chiamata, per cui superato il massimo, venivano respinte le richieste di volontari.
«… D'accordo con elementi a loro affiancatisi si dava il massimo potere alle formazioni slave (domobrauci) che venivano portate a Trieste in gran numero e si davano ad una forte e decisa propaganda slava anti-italiana con canti, manifesti e bandiere slave dipinte sui muri».
Inoltre un fatto insostenibile ed inaccettabile che relegava il Litorale Adriatico a vera e propria colonia tedesca.
«Seguiva da parte del BDO in Istria la proibizione a reparti italiani di alzare la bandiera italiana -per non eccitare la popolazione- mentre la marina croata veniva portata a San Bartolomeo e sventolava sempre un grande bandierone croato».
Di questo fatto della bandiera Italiana ne abbiamo parlato anche nel precedente numero trattando del Comandante Luigi Carallo ed abbiamo visto come la Decima Mas si opponeva tenacemente a questa somma ingiustizia ed all'interno (e all'esterno) dei suoi presidi non tollerava e contrastava tale disposizione. Ma proseguiamo nel leggere di questa completa snazionalizzazione di queste terre e totale ed assoluto predominio germanico.
«… Ogni richiesta di propaganda italiana era o respinta o portata tanto in lungo da renderla inutile e togliere ogni efficacia, con chiamate al servizio del lavoro o con altri divieti si boicottava anche il piano Goering per l'aviazione dell'Asse. Veniva rifiutata la pubblicazione del bando di amnistia del Duce del 28 ottobre, veniva vietato di parlare di Venezia Giulia, sì evitava la parola Italia e si ordinava anche l'arruolamento di volontari per l'artiglieria Italiana alle dipendenze germaniche vietando ogni bando o propaganda in tal senso. Si imponeva ai volontari nelle SS locali il bottone tricolore germanico sul berretto, evitando il segno distintivo delle SS italiane e si rifiutava il consenso all'ingresso nel Litorale Adriatico dei reparti italiani chiesti dal generale Kubler e concessi dal Duce immediatamente. A questa azione parallelamente si agiva in modo avverso all'amicizia italo germanica lasciando ai loro posti elementi badogliani, come ex ufficiali che avevano rifiutato di vestire la divisa o di giurare fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana. Si aggiunga il rincaro del prezzi causato spesso dai tedeschi con gli acquisti in massa sui mercati, il disinteresse per l'approvvigionamento della popolazione civile, l'evidente trattamento preferenziale troppo spinto per i propri impiegati anche a danno dei militari ed il lusso eccessivo negli alloggiamenti e negli uffici. (...) Particolarmente grave il fatto che ogni legge fiscale viene immediatamente accolta nella zona, mentre negli adeguamenti salariali o altre previdenze sono respinte o trattenute provocando malumori di fronte al continuo aumento dei prezzi e dei servizi, (...) Dopo tutto questo lungo elenco dì autentici soprusi si torna a parlare della Decima e di Btg. San Giusto, baluardo di italianità in quelle terre».
Da tutto questo ne consegue che il battaglione "San Giusto" ha dovuto assumere necessariamente oltre la forma militare anche un atteggiamento politico. Il suo rapido ingrossarsi non è il risultato di una propaganda che, d'altra parte, mai è stata fatta, ma è la logica somma dei fattori che fanno capo tutte alla particolare situazione di queste terre. Ora con la consegna, presente il Comandante Borghese, della fiamma di combattimento, il battaglione è entrato ufficialmente nel nome della Decima a far parte della vita militare e politica del Litorale. La popolazione triestina, o meglio, la parte migliore di essa, sente ora la presenza di reparti italiani e li appoggia. Contemporaneamente però si è rincrudita l'avversione del Supremo Commissario, il quale, al nostro desiderio di collaborazione, risponde con la più precisa avversione. Da parte sua è stata vietata ogni forma di divulgazione stampa della cerimonia della consegua della fiamma di combattimento al battaglione. Si giustifica ciò dicendo che è meglio non far sapere che il battaglione esiste perché la popolazione teme rappresaglie aeree americane. Il comandante del battaglione è stato più volte punito perché ha disposto la divulgazione, in vero molto limitata, dì volantini propagandistici della Xª Flottiglia Mas. Le punizioni gli sono state date dal Comando Marina a seguito richiesta del Comando germanico. Ora la situazione del Btg. San Giusto si è aggravata. L'opposizione del Supremo Commissario e dell'elemento austriaco si è accentuata. Il comando del battaglione deve continuamente giostrare per impedire l'allontanamento del reparto dalla sede di Trieste. Provvedimento che causerebbe la scomparsa dell'unico reparto italiano influendo sensibilmente sull'animo della popolazione italiana di Trieste esaltando il malanimo della parte slava di essa... da quanto su esposto si reputa necessario negli interessi futuri dell'Istrici italiana l'intervento del Comando o del Governo per risolvere in maniera favorevole agli italiani questa situazione che diventa di giorno in giorno sempre più critica. Il S. Tenente di Vascello Comandante. F.to Ezzo Chicca».


Sappiamo poi come è andata. Il battaglione è stato sciolto e i vari componenti, quando non fatti bersaglio dallo slavo invasore, in parte sono tornati alle loro case, altri hanno dovuto subire una dura e spesso mortale prigionia. Alcuni sono riusciti a farsi arruolare nel locale CLN come forza di ordine pubblico riuscendo a dare ancora una volta un aiuto ed una protezione alla popolazione civile di Trieste. La maggior parte ha ripiegato su Venezia S. Elena (collegio navale che fu il punto di partenza di molti suoi appartenenti) ed ha seguito la sorte dei reparti della Xª Mas che fecero di quell'isola il loro ultimo baluardo.
 

Riccardo Maculan    


Fonti
"Decima Flottiglia Nostra". Sergio Nesi. Mursia 1986
"Decima marina, Decima Comandante" Guido Bonvicinì. Mursia 1988
"Forze Armate della R.S.I. sul confine orientale", Carlo Cucut. Marvia 2009
"Relazione del 5.T.V. Ezzo (Olezzo) Chicca", Archivio dell'autore.
 

articolo tratto da: "SGM"  

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