Daniele Lembo intervista il ricercatore di frontiera
della Fondazione RSI
Cappellari e lo sbarco di
Nettunia
La curiosità ci ha spinto a
recarci nello studio del Dott. Pietro Cappellari di Nettuno,
ricercatore della Fondazione della RSI-Istituto Storico, che con i
suoi lavori ha acceso un vivo dibattito storiografico sulle vicende
della Seconda Guerra Mondiale e, in particolare, della Repubblica
Sociale Italiana. Entriamo in una stanza con centinaia di libri e
documenti accatastati come in un bunker, la scrivania dello studio
sembra una postazione di lancio per i missili Shahab-3, sul tavolo
una cartina militare di Fiume e dell'Istria, sempre aperta. |
D.L. - Dopo il tuo ultimo libro, verrebbe da dire: ancora Cappellari?
P.C. - Effettivamente, dopo l'uscita de "I Legionari di Nettunia", molti ad
Anzio e Nettuno avrebbero preferito che tacessi per sempre. Troppi miti erano
stati sfatati in un colpo solo. Il sacrificio dei ragazzi di Nettunia per la
Patria ha fatto arrossire non pochi che per decenni avevano occultato tutto ciò
e vivevano di rendita sfruttando l'odio antifascista. Quando è uscito il mio
nuovo studio, "Lo sbarco di Nettunia e la battaglia per Roma", è come se
avessero incassato un nuovo duro colpo. La disperazione si è trasformata in
isteria.
D.L. - Quali sono le novità storiografiche che hai lanciato nel dibattito
culturale con "Lo sbarco di Nettunia"?
P.C. - Essenzialmente la visione nazionale della storia in questione. Abbiamo
sempre assistito a un allineamento completo della cultura marxista o cattolica a
una visione angloamericana dei fatti storici. In poche parole, si è assorbita
come realtà storica di fatto la propaganda statunitense. Questo lavoro rifiuta
questo "assorbimento", ponendo al centro la ricerca scientifica e l'analisi dei
documenti, senza badare al politicamente corretto, alla mitologia dei
"liberatori". Per me hanno contato solamente i fatti. Nessuna censura in omaggio
agli Alleati. Questo lavoro riporta al centro della storia l'Italia, soprattutto
quegli Italiani che non piegarono il capo, né salirono sul carro dei vincitori.
Si tratta di una storia negata, che non è mai stata scritta. Ebbene, io ci ho
provato.
D.L. - Uno studio di ben 570 pagine, un lavoro monumentale. Leggo
dall'indice: "La fandonia di Angelita" e "Il martirio di Giulia Tartaglia"…
P.C. - Sì, una grande soddisfazione che ripaga di tanti sacrifici. Non esiste
una ricerca sul campo sullo sbarco di Nettunia che abbia raggiunto tale
"spessore". Ho inquadrato le operazioni militari nei "giochi" della politica
internazionale, arrivando a porre i riflettori anche su episodi di cronaca
locale sfruttati dalla propaganda antifascista e anti-italiana o occultati in
omaggio ai "liberatori". Angelita e Tartaglia sono due storie simbolo. La prima,
che ha fatto scorrere fiumi di inchiostro, non è mai esistita e rappresenta la
caratteristica più evidente della vulgata: la falsità. La seconda, purtroppo, è
esistita veramente e su di lei è scesa una cappa di silenzio e di omertà che
disgusta. Tartaglia, infatti, venne stuprata e sventrata con un coltellaccio da
un soldato afroamericano. La sua storia venne sepolta insieme a lei, perché
nella costruzione del mito dei "liberatori", di questo episodio -come di tanti
altri- non si doveva assolutamente parlare.
D.L. - Della Resistenza, cosa ci dici?
P.C. - Ho evidenziato l'assenza della Resistenza nelle province di Roma,
Littoria e Frosinone e analizzato alla luce dei documenti i "legittimi atti di
guerra" che si verificarono nella Capitale a opera dei GAP in concomitanza con
le operazioni di sbarco. Anche in questo caso si è cercato di riportare il tutto
alla realtà dei fatti, smentendo i dati che parlano delle "pesanti perdite"
inflitte ai Germanici e dando un volto e un nome ai fascisti -quasi tutti
giovani volontari di guerra- o ai civili caduti durante gli attentati dei
comunisti, di cui uno anche in una sede dell'Opera Nazionale Balilla dove erano
in coda per prendere un sussidio vedove e orfani di guerra…
D.L. - Quali sono le "scoperte" che hanno destato l'interesse degli studiosi?
P.C. - Beh, diciamo, il libro è tutta una scoperta. Pagina dopo pagina, il
lettore è messo in discussione, anche duramente, viene coinvolto in prima
persona. 570 pagine di intensa riflessione su una storia mai scritta. Tuttavia,
tra i numerosi episodi che una certa storiografia ha occultato, particolare
interesse hanno provocato in me due fatti: la sconfitta dei Rangers a Cisterna
di Littoria del 30 gennaio '44 e la straordinaria esperienza dei cecchini
fascisti romani. Infatti, per decenni si è voluto far credere che i Rangers
avevano combattuto una delle più epiche battaglie della storia, sacrificandosi
tutti sul campo, mitra nelle mani. La realtà è che, subito circondati, deposero
tutti le armi, una resa di massa -questa sì- unica nella storia. Anche gli
Ufficiali statunitensi, che erano stati incitati a sparare sui propri uomini per
non farli arrendere, gettarono le armi. Il secondo fatto di una novità clamorosa
riguarda l'epopea dei cecchini fascisti romani che per tre giorni, dal 4 al 6
giugno 1944, diedero filo da torcere alle truppe americane che stavano occupando
la Capitale. Anche questa è una storia che non è mai stata scritta e sono
orgoglioso di essere stato il primo a raccontarla.
D.L. - Noto una importante "appendice" al libro…
P.C. - Certamente, ho curato anche degli aspetti correlati allo sbarco di
Nettunia, come la storia del Campo della Memoria -che raccoglie i resti di quei
giovani italiani che combatterono su queste terre- o la storia degli incidenti
di Nettuno del 28 maggio 1989, quando -fatto unico nella storia d'Europa- il
corteo presidenziale americano venne interrotto da una manifestazione di
neofascisti. Si tratta della prima ricostruzione di quell'evento e molto
interessante è andare a rileggere cosa scrisse, ad esempio, Gianni Alemanno
-oggi Sindaco di Roma- all'indomani di quegli incidenti…
D.L. - Sei un "dissacratore", hai demolito dalle fondamenta il mito dei
"liberatori". Cosa c'è d'aspettarsi in futuro?
P.C. - Sì, esatto. Bisogna sempre guardare con sospetto chi "sacralizza" un
fatto storico. È come se volesse impacchettarlo, nasconderlo alla vista di
tutti, "venderlo" per garantirsi una rendita a cui non ha diritto. Tutto coloro
che parlano di "liberatori", politicizzano la storia, impacchettandola secondo
la propria visione del mondo. Qualcosa di scorretto che, purtroppo, è entrato
anche nelle scuole. Quanti giovani escono plagiati da storielle raccontate da
chi ha un interesse politico a dividere i contendenti di un conflitto mondiale
in "bene assoluto" e "male assoluto"? Con i miei lavori ho prima dimostrato che
la Repubblica Sociale Italiana fu uno Stato che attirò il fior fiore della
gioventù di Anzio e Nettuno, poi ho demolito il mito dello sbarco alleato in
delle città che di quel mito si sono alimentate per decenni, adesso…
D.L. - Adesso?
P.C. - Il colpo finale. Chiuderò i conti con la propaganda antifascista e
anti-italiana. A settembre uscirà un mio nuovo libro sulla storia del Comune di
Nettunia. Ricostruirò nei dettagli cosa avvenne dopo l'8 settembre 1943 ad Anzio
e Nettuno e i locali antifascisti scopriranno che per sessant'anni hanno portato
dei fiori… alle Camicie Nere!
D.L. - Bene, ci sarà da ridere!
P.C. - O da piangere… dipende dai punti di vista!
intervita a cura di Daniele Lembo .
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