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giovedì 23 febbraio 2012

 

Churchill e Roosevelt: colloquio tra due campioni d’umanità

 

Maurizio Barozzi    

 

Nel considerare la Seconda Guerra Mondiale, una certa storiografia, che più che altro andrebbe definita "storiografia accodata all’ex propaganda di guerra Alleata", ha inteso elevare al rango di male assoluto personaggi come Hitler e in parte Mussolini, mentre altri, come Churchill e Roosevelt vengono posti sul piedistallo assegnato ai "giusti".

Delle responsabilità di Roosevelt nello scatenarsi della guerra in Europa, delle sue provocazioni militari durante la finta non belligeranza statunitense e successivamente del suo ruolo nella vicenda di Pearl Harbor, che portò gli Stati Uniti nel conflitto, sono da tempo emerse molte prove a suo carico. Addebiti che non gli fanno onore e che neppure questa storiografia embedded ha potuto ignorare.

Di Churchill è altrettanto noto come pretese, con criminale protervia, i bombardamenti su obiettivi civili nelle grandi città tedesche. Egli, esplicitamente, si augurava anche che i tedeschi rispondessero al più presto, con altrettanti bombardamenti sulle città, onde ottenere lo scopo di inasprire, allargare e rendere irreversibile il conflitto.

È noto anche che Hitler dovette faticare non poco per frenare la Luftwaffe che giustamente intendeva rendere la pariglia agli inglesi, ma alla fine, quando oramai non era più possibile restare impassibili di fronte alle provocazioni britanniche dovette, obtorto collo, cedere e consentire i bombardamenti su Londra.

Dicesi che Hitler fu il "male assoluto", ma guarda caso egli pretese e impose di non utilizzare certi mezzi non convenzionali, come i micidiali gas asfissianti o le "bombe" batteriologiche, armi queste in cui la scienza tedesca era all’avanguardia.

Viceversa, tanto per fare un esempio, proprio in Italia, a Bari a dicembre del 1944, una nave americana venne affondata e liberò un carico di micidiali bombe a gas vescicante, che uccisero 628 marinai e circa un migliaio di vittime tra i civili. Ordigni che probabilmente dovevano essere impiegati in Italia, magari accollandone la responsabilità ai tedeschi.

Tanto altro ci sarebbe da aggiungere su questi due "giusti", campioni di umanità e del resto inglesi e americani hanno cosparso la loro avventura sulla terra, fino ai giorni nostri, di tanti e tali crimini su civili o inermi nemici oramai arresi, che non hanno uguali per crudeltà e quantità nella storia del genere umano.

Ma non è questa la sede adatta, anche perchè, con questo articolo vogliamo solo far conoscere una istruttiva conversazione radio intercontinentale del 29 luglio 1943 tra W. Churchill e F. D. Roosevelt, i "giusti" che se veramente esistesse un inferno dovrebbero stare in eterno a consumarsi nelle sue fiamme.

I due compari di merende, parlano di quale sorte riservare a Mussolini, da poco fatto arrestare dal Re, dopo la vicenda del 25 luglio, e ora in mano a Badoglio.

L’Italia in quel momento, è ancora alleata della Germania e la guerra, per usare una definizione del Badoglio, «continua».

Trattasi di intercettazioni radio-telefoniche, eseguite dai tedeschi che furono rivelate dal generale Heinrich Müller, ex Obergruppenführer-SS, Capo della Gestapo dal 1939 al 1945. Müller, scomparso da Berlino a fine aprile 1945, non era vero che fosse stato preso dai sovietici, era invece finito negli USA dove collaborò con la CIA dal 1948 al 1952.

La conversazione transatlantica radiotelefonica intercettata dai tedeschi, venne anche pubblicata negli Stati Uniti nel 1995. In Italia la si conosce, soprattutto, grazie allo storico Alessandro De Felice che ha pubblicato un imponente studio e raccolta di documenti nel suo "Il gioco delle ombre", edizione acquistabile tramite il suo sito: www.alessandrodefelice.it.

Le trascrizioni originali della conversazione tra Churchill e Roosevelt furono raccolte dall’intelligence tedesca in lingua inglese e poi tradotte in tedesco. Non mancano numerosi errori di ortografia. Ma vediamo cosa si dissero quel giorno questi due statisti Alleati.

 

Radio trasmissione intercontinentale 29 luglio 1943

(per ironia della sorte è il compleanno di Mussolini).

 

 ROOSEVELT: Ho alcuni pensieri supplementari sulla situazione italiana che ho voluto discutere con te. Ho pensato alle nostre azioni concernenti Mussolini ed il suo destino finale. Dopo che egli si sia arreso a noi.

CHURCHILL: Tu devi catturare il pesce prima di cucinarlo. Non ho alcun dubbio che finirà nostro prigioniero a meno che, naturalmente, essi (gli italiani - N.d.R.) lo uccidano o egli si sottragga alla sua esatta ricompensa suicidandosi.

ROOSEVELT: C’è anche la possibilità che i Nazisti possano giungere a lui? Dov’è adesso?

CHURCHILL: Gli italiani ci hanno avvertito che lui è attualmente al quartier generale della polizia a Roma. Essi lo vogliono trasferire direttamente perché sembra che i tedeschi potrebbero improvvisamente decidere di rafforzare i loro effettivi in Italia e Roma diventerebbe il loro bersaglio logico. Essi (gli italiani - N.d.R.) lo sposteranno.

ROOSEVELT: Ma essi non lo vorranno mollare, e mi riferisco ai tedeschi? Per quale genere di quid pro quo?

CHURCHILL: Io penso di no. Gli italiani odiano i tedeschi ed il circolo reale è molto saldamente nella nostra tasca. Noi possiamo essere ragionevolmente certi che Mussolini finirà nostro prigioniero.

 

NOTA

Già da queste prime frasi si può notare come il governo Badoglio, che è ancora formalmente in guerra con gli Alleati, in qualche modo, si era premunito di informare gli inglesi sulla vicenda Mussolini. Vi è poi la conferma del fatto che il "circolo reale", a detta di Churchill che parla a ragion veduta, fosse saldamente in tasca agli inglesi.

Churchill qui prevede che finiranno per prendersi Mussolini come prigioniero, ma ecco ora appresso i timori di Roosevelt.

 

ROOSEVELT: Sarebbe una mossa saggia, Winston? Saremmo costretti ad istruire una specie di megaprocesso che si potrebbe trascinare per mesi e anche se lo controllassimo, ci arrecherebbe problemi con il popolo. E io devo osservare che molti italiani qui sono almeno suoi segreti ammiratori (lett."secret admirers of the creature"). Il che porterebbe problemi qui se noi lo processassimo. Naturalmente l’esito del processo non sarebbe mai in dubbio ed egli morirebbe appeso ad una corda. Ma nel frattempo, questi processi, e sto presumendo che noi avremmo un sacco di penosi amiconi anche disponibili per il processo e l’esecuzione, potrebbero trascinarsi all’infinito. Io posso prevedere vari aspetti negativi per questo affare.

CHURCHILL: Naturalmente ci sono aspetti negativi in ogni affare, Franklin. Allora ritieni che egli (Mussolini - N.d.R.) non si debba processare? Cosa penserebbero i nostri amici in Italia della nostra mal posta generosità? Io ho ottime relazioni con certi elementi in Italia e quanto all’uomo, essi vogliono l’umiliazione pubblica e la morte di Mussolini. Sicuramente noi non siamo in un momento in cui qualche generosità è possibile. La sua morte avrebbe un salutare effetto sui nazisti.

ROOSEVELT: Io non dissento da questa tesi, ma, dal mio proprio punto di vista, un processo pubblico potrebbe avere connotazioni negative sulla situazione in questo Paese. Come ti ho detto c’è qualche solidarietà con la creatura (Mussolini - N.d.R.) all’interno della (locale) comunità italiana (negli USA) e la domanda sarebbe che tipo di reazione avrebbe un tale processo su di essi (italiani - N.d.R.)? Io sto pensando essenzialmente alle prossime elezioni qui. Il processo certamente non finirebbe in una settimana e la chiusura coinciderebbe col periodo della presentazione delle candidature e, alla fine con le elezioni, ed il maggior pericolo sarebbe l’alienazione (delle simpatie - N.d.R.) degli italiani che hanno, io sento, un certo significativo peso nella bilancia (dei voti - N.d.R.).

CHURCHILL: Non posso accettare che liberare Mussolini potrebbe favorire qualcuno dei nostri comuni scopi. A questo punto della storia, io credo che sia stato oltrepassato lo spartiacque ed è giunto per noi il momento adesso. Non ritengo che la guerra finirà subito, ma la percezione è che noi siamo sulla via Triumphalis ora, non sulla via Dolorosa come siamo stati per così tanto tempo.

 

NOTA

Roosevelt è preoccupato per certe conseguenze politiche ed ovviamente elettorali che potrebbe causare un processo pubblico a Mussolini. Un bel processo democratico che, come egli spudoratamente confessa, sarebbe già prefissato nella giuria accomodante e quindi dovrebbe finire con la sua condanna a morte, ma potrebbe anche risultare sconveniente per i suoi interessi elettorali (in America Roosevelt, già eletto due volte, tenterà il terzo mandato nel 1944).

Churchill non ha ancora ben capito cosa voglia effettivamente Roosevelt e quindi, interessato per ovvi motivi (il Carteggio che ebbe con Mussolini) alla liquidazione del Duce ritiene anche soddisfacente, in alternativa di una consegna del prigioniero agli Alleati, che gli italiani stessi lo abbiano a liquidare, ma non ci pensa nemmeno a che sia in qualche modo liberato. Per lui è esclusa qualsiasi possibilità di liberazione. Ecco allora che Roosevelt chiarisce subito l’equivoco.

 

ROOSEVELT: Io non volevo dire che dovremmo rilasciare il diavolo. Niente affatto. Mi riferivo al processo pubblico. Se Mussolini morisse prima che un processo potesse aver luogo, penso che noi staremmo meglio in tutti i sensi.

CHURCHILL: Tu suggerisci che noi semplicemente dobbiamo fucilarlo (l’espressione usata testualmente è «shoot», verbo (to shoot) che significa uccidere, fucilare) quando gli italiani lo consegneranno a noi? Quale tipo di Corte Marziale per quest’affare? Celebrato a porte chiuse naturalmente. Potrebbe avere un salutare effetto sui fascisti duri a morire ancora attivi e forse perfino un effetto più grande sugli Hitleriti.

 

NOTA

Finalmente Roosevelt comincia a svelare che il suo interesse sarebbe la morte di Mussolini. Un argomento d’oro per il britannico che subito, nell’ottica di una possibile consegna a loro di Mussolini, si mette a ipotizzare come potrebbero farselo consegnare per fucilarlo senza troppi preamboli, che tipo di corte marziale utilizzare che, ovviamente, dovrebbe agire in un processo assolutamente a porte chiuse perchè l’opinione pubblica non deve sapere cosa potrebbe dire Mussolini. Per lui un processo sbrigativo con rapida eliminazione avrebbe un bell’effetto su tedeschi e residui di fascisti. Ma Roosevelt ha altri progetti, ancora più subdoli.

 

 ROOSEVELT: No. Ho pensato in proposito e credo che se Mussolini morisse mentre è ancora agli arresti in Italia («in Italian custody»), ciò potrebbe servirci assai più che se noi avviassimo un processo.

CHURCHILL: Non credo che anche se io chiedessi un simile favore agli italiani essi lo asseconderebbero. È mia convinzione che essi vogliano avere la loro vendetta su lui in un modo prolungato e pubblico per quanto è possibile. Tu sai quanto gli italiani amino urlare e gorgheggiare (Letteralmente «to wail and warble») intorno alla vendetta nelle loro opere. Puoi immaginarti loro rinunciare all’opportunità di gesticolare e parlare in pubblico?

ROOSEVELT: Io avevo in mente che, dopo che noi stessi troveremmo un accordo qui, potremmo eliminarlo mentre è ancora nella loro custodia (italiana - N.d.R.). Allo stesso tempo potremmo fare pubbliche richieste per la sua consegna per un processo. Ciò sarebbe (un’evoluzione - N.d.R.) un po’ più dolce rispetto all’affare Darlan...

CHURCHILL: Non posso, ma faccio un’obiezione a quell’allusione, Franklin. Quello è tutto finito e non ha niente a che vedere adesso («That’s over and done with now») e la nostra gente non è per nulla interessata al destino ben giustificato di un ben noto leccapiedi dei Nazisti.

 

NOTA FINALE

Alla fin fine l’americano, compagno di merende del britannico, ha svelato chiaramente il suo intento: far uccidere Mussolini mentre è prigioniero ed allo stesso tempo chiederne l’estradizione per sviare i sospetti. Churchill ha la sola perplessità sul fatto che gli italiani, i badogliani ovviamente, avendo Mussolini in mano, lo vogliano cucinare a modo loro e quindi potrebbero rifiutarsi di eseguire i "consigli" degli Alleati.

Roosevelt ribatte che lo si potrebbe far eliminare mentre è ancora nella custodia degli italiani. Non specifica come e da chi farlo ammazzare, fa solo una allusione al caso Darlan, e quindi si può ipotizzare che Mussolini possa essere ucciso proditoriamente da qualche antifascista manipolato da loro, mentre loro potrebbero "coprirsi" facendo al contempo una ipocrita richiesta di consegna del prigioniero, attenuando così le eventuali polemiche future.

In effetti tutta la situazione non è semplice. Siamo a luglio del 1943, ancora non è stato concordato con gli Alleati l’armistizio, quella ignobile capitolazione che pose il Re, Badoglio e il paese alla mercé dell’ex nemico e alla vendetta dei tedeschi.

Il governo italiano è ancora apparentemente "libero" di agire e quindi si può anche supporre che potrebbe voler gestire Mussolini come crede più opportuno.

Di li a poco più di un mese, con l’8 settembre, il governo Badoglio e il Re perderanno ogni dignità di fronte al mondo, tanto che al Sud, Churchill nel ricevere Badoglio e alcuni suoi ministri si presenterà, come estremo oltraggio, in pantofole e così si fece fotografare.

È quella una foto, di immenso valore storico, che mostra al mondo intero, più di ogni altro documento o considerazione, il livello ignobile di servilismo e di nullità in cui era tenuto conto il governo badogliano di quel Re, definito dal grande Ezra Pound «il mezzo feto», nel Sud d’Italia.

In ogni caso, per tornare alla conversazione, Churchill fa capire che per lui non ci sono problemi ad affrontare le conseguenze di una uccisione di Mussolini in prigionia, in quanto dalle sue parti non sono particolarmente interessati alla sorte di Mussolini, caso ben diverso, dice, da quello di Darlan che del resto è oramai archiviato.

Per il riferimento fatto dai due compari di merende a Jean Francois Darlan, apriamo una parentesi. Come si ricorderà, questo ammiraglio, dopo la capitolazione della Francia e in particolare dopo la strage ordinata da Churchill della flotta francese a Mers-el-Kebir, si era schierato dalla parte del maresciallo Petain nell’ottica degli accordi armistiziali di Vicky, senza seguire De Gaulle e la sua "Francia Libera" che volevano proseguire dall’estero la guerra ai tedeschi.

Contrariamente a quanto possa apparentemente sembrare, in realtà il governo Petain, pur ottemperando ai suoi obblighi armistiziali, era ben lungi dall’essere collaborazionista dei tedeschi, anzi la sua vera funzione, prendendo atto della realtà militare della Francia in quel momento, era del tutto opposta. È questa una pagina oscura e taciuta di quel periodo che andrà prima o poi affrontata, ma già molti storici ritengono che i francesi avrebbero dovuto fare un monumento a Petain invece di condannarlo a morte per tradimento della Patria e poi commutargli la pena nel carcere a vita (quella poca che ancora gli restava). Alla fin fine, lo capì lo stesso Hitler che il governo Petain ebbe un ruolo negativo nell’economia e nella politica di guerra tedesca.

Comunque sia, a Maggio del 1941, durante la rivolta anti-britannica in Irak, Darlan si era anche incontrato con Hitler. In seguito, però, dopo lo sbarco americano in nord Africa del novembre 1942, Darlan cominciò a prendere sempre più le distanze dai tedeschi.

Da Algeri dove, momentaneamente, si trovava si fece nominare da Petain "alto com­missario in Algeria", gestendo praticamente un cambiamento di fronte. Fatto sta che però, ad un certo momento, in una situazione generale in continua ebollizione Darlan, che già non era simpatico agli Alleati, divenne alquanto scomodo per costoro e soprattutto per De Gaulle. Andò così a finire che venne assassinato il 24 dicembre 1942 ad Algeri e la sua morte sollevò molte polemiche in campo occidentale.

Per la storia, la vicenda prigionia Mussolini prese poi una sua strada imprevista perchè andò comunque a finire che, a settembre, il Re e Badoglio preferirono "giocarsi" la carta Mussolini con i tedeschi al fine di ottenere in cambio la possibilità di fuggire indisturbati al sud, nelle braccia degli Alleati, attraverso la via Tiburtina, e quindi gli ordini, precedentemente duri, di Badoglio ai custodi di Mussolini, ebbero a cambiare proprio all’ultimo momento, tanto che il Duce potè poi essere liberato dai paracadutisti tedeschi.

Il servilismo verso gli Alleati era un conto, ma la propria pelle, al Re e a Badoglio, premeva molto, ma molto di più!

 

Maurizio Barozzi       

      

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