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 Considerazioni ulteriori sul percorso intellettuale di J. Evola  

   
Giorgio Vitali  

 

Il noto giornalista Nino Longobardi sosteneva che se si vuole conoscere a fondo un problema o un fatto occorre guardarlo da lontano. In prospettiva.
L'analisi del percorso intellettuale (e, in seconda linea, politico) di Evola ignora alcuni momenti della storia d'Italia e di Roma che a nostro parere sono essenziali.
Evola, fu "scoperto" nel dopoguerra da Pino Rauti, si tratta degli anni cinquanta, che del suo pensiero fece una bandiera per la linea ideologico-politica di "ordine Nuovo". Non diciamo nulla di nuovo, anche perché l'analisi dello sviluppo dell'evolismo, in quanto "ideologia incapacitante" è già stata fatta da altri ed ampiamente diffusa con articoli e libri. In questo senso noi interveniamo ora, memori delle prese di posizione della FNCRSI, che risalgono ormai a qualche decennio, per allargare il discorso verso altri orizzonti. "Gli Uomini e le Rovine", edito dalle Edizioni dell'Ascia nel 1953, prefazione di Valerio Borghese, è subito seguito dal libro di Guénon "La crisi del mondo moderno", 1953; prefato da Evola, e da quello di Enzo Erra, "Difesa dalla democrazia"; di Lonciari, "L'Europa dell'ordine", etc.. Da questa collana è facile capire il senso politico che si intende seguire. In linea con quanto in seguito marcherà il "tono" di quell'ambiente.
Da notare che su "Gli Uomini e le Rovine", l'Autore cita tutti i punti essenziali su cui ruoteranno i suoi scritti posteriori, fino alla morte, avvenuta nel 1974. Molti avvenimenti, interpretati e visti nella sua ottica, avranno un'evoluzione coerente con la sua prospettiva. E d'altronde, un'interpretazione della situazione attuale come forma di decadenza non può ignorare l'apporto del suo pensiero per la rara capacità di stampo "razionalista", ma di un razionalismo superiore, che facilita la comprensione degli eventi (e non è poco!) Fatto è, però, che la visione pessimistica alla quale ci riferiamo, da molti già presa in considerazione, non aiuta a risolvere i problemi, anzi li complica.
Una giustificazione di quest'atteggiamento possiamo trovare in uno stato di profondo pessimismo generato alla "sconfitta totalitaria", con il crollo di molte illusioni e soprattutto con la deludente prova dell'Italia nello scontro fondamentale per la sua sopravvivenza "unitaria".
[È bene chiarire che lo scontro con il Regno Unito nasce proprio da una visione "unitaria" del nostro paese che, per poter sopravvivere come nazione intera e integra deve poter controllare il Mediterraneo. Questo scontro si è trovato a coincidere con quello generato dal fondamentale contrasto di ordine geopolitico fra Mare e Continente, dove il Continente è espresso dalla Germania alla ricerca di un'unificazione europea sotto la sua egemonia e gli USA in piena ascesa come potenza marittima].
La sconfitta italiana, tradimenti e defezioni a parte, senza l'intervento americano, avrebbe potuto concludersi con un nulla di fatto coincidente con un'affermazione del nostro paese.
Da notare che il nostro autore, su "Gli Uomini e le Rovine", cita U. Varange, autore di "Imperium", in due volumi editi da Westropa press, Londra, 1948. «Per il Varange apparterrebbero idealmente allo ieri non solo la concezione materialista e scientista dell'universo, ma altresì liberalismo e democrazia, comunismo e ONU, Stati particolaristici e sciovinismi. L'imperativo storico del momento sarebbe di realizzare l'Europa come unità di "nazione - cultura - razza - Stato", presso a un risorto principio di autorità e a nuove, precise, biologiche discriminazioni fra amico e nemico, fra mondo proprio e mondo "alieno", barbaro».
Queste posizioni, sulle quali noi ci troviamo a concordare, anche oggi che molta acqua è passata sotto i ponti, non costituiscono pensiero originale evoliano, che le cita ovviamente approvandole, anche in un'ottica spengleriana.
A quanto finora scritto va peraltro aggiunto che la scoperta di Evola in ambiente romano fu un poco tardiva, perché il Nostro era stato pubblicato regolarmente dal giornale di Farinacci in una fondamentale pagina nella quale si affiancavano un suo articolo con uno di Massimo Scaligero. Il recupero di tutta l'opera evoliana avverrà molto tempo dopo e solo da poco, grazie alle edizioni Mediterranee diffuse con capillarità, anche grazie al curatore che è doveroso citare, De Turris, anche i "profani" possono avere un'idea concreta del complesso di pensiero dell'autore che a noi interessa. Va detto per ulteriore informazione che a tutt'oggi i volumi di Evola sono tra i più acquistati dai giovani orientati a destra. Noi giudichiamo positivamente questo fenomeno, perché la lettura di tali testi potrebbe servire a giovani culturalmente disorientati, per precisare e concretizzare i loro pensieri ed ancorarsi in qualcosa di più consistente delle banali pulsioni emozionali dalle quali sono dettati buona parte dei loro comportamenti. E tuttavia, questa lettura continuerebbe a rimanere del tutto negativa (incapacitante) se non fosse accompagnata da letture più orientate verso la positività.
Ricordiamo che durante il periodo della Repubblica Sociale, i giovani volontari non leggevano Evola, ma "I Proscritti", di Von Salomon, allora da poco pubblicati da Einaudi, oggi da Mondadori. E qui va colta l'occasione per rilevare la stretta continuità con altri libri di grande successo: "Gli Eretici", di Saint-Loup, e "I Centurioni", di Jean Lartéguy, "I Conquistatori" di André Malraux (da notare la trasmigrazione di certi temi dalla Germania alla Francia). Si tratta di testi capaci ancora oggi di "seminare" in terreno solo apparentemente arido. Anche perché, a dispetto delle nere previsioni degli "evoliani doc" le cose nel mondo non vanno come questi prevedevano tempo fa e continuano a vedere, con aria sconsolata, oggigiorno. A titolo puramente rievocativo, giacché proprio in questi giorni un accordo Sarkozy-Merkel prevede un ministero comune, alla faccia di una UE sempre più "denazionalizzata", ricordiamo gli accordi De Gaulle-Adenauer del 22 gennaio 1963 (trattato dell'Eliseo), Mitterrand-Kohl (22 settembre 1984), Chirac-Schroder nell'ultimo decennio.
La verifica, infatti, può farsi facilmente con la caduta pressoché verticale, a stento trattenuta da improvvidi infermieri, della monopotenza statunitense, che va trascinando con sé anche il potere finanziario ebraico, mentre il processo d'integrazione europea, caduta del muro a parte, prosegue sia pure in sordina, in termini carolingi. È di questi giorni la notizia della firma definitiva anche con la Slovenia della partecipazione al gasdotto South-Stream, Buona notizia anche per l'Italia, dato che ENI (l'ENI di Mattei) è la partner di Gazprom nella costruzione del gasdotto e nella gestione dei flussi della tubatura che porterà il gas naturale del Mar Caspio in Europa aggirando da sud l'Ucraina. L'UE sponsorizza il Nabucco, come si sa, in alternativa a questo progetto, ma non è detto che l'alternativa sia stata sostenuta soltanto per assecondare la mire statunitensi.
Ricordiamo anche che il Mar Caspio era il fine della nostra politica verso l'Europa Orientale nell'immediato primo dopoguerra nonché della nostra spedizione in Russia, a fianco dei tedeschi, nel secondo conflitto. Quanto finora scritto ci serva per documentare ulteriormente quanto il pensiero evoliano, interpretato da persone con le quali lo stesso pensatore preferiva non avere molto a che fare (fermo restando che la lusinga dell'affetto di tanti giovani interessa chiunque, specie se in condizioni di salute precaria) sia stato funzionale alla posizione atlantista del MSI, perché ha permesso il controllo delle frange più irrequiete del dissidentismo giovanile "interno". Lo scrivevamo allora e lo ripetiamo oggi, dopo decenni di decantazione.

E, sullo sfondo, Roma
Il percorso intellettuale e artistico (poesia e pittura) di Evola, dal punto di vista individuale, è noto e perfettamente comprensibile. Dall'Individuo assoluto, estremizzazione dell'idealismo gentiliano checché se ne dica, attraverso DADA, che costituisce quello che in termini anglosassoni si chiama "Wash out", lavaggio totale, al buddismo intergale, alla Tradizione nella sua espressione postrinascimantale (non è un caso), agli aspetti politici della proiezione nel contingente della Metafisica "tradizionale", il passaggio è del tutto naturale per chiunque approcci al problema con autentica conoscenza dei fatti e dei pensieri. Pochi però, fra gli esegeti del Barone, hanno notato che nel retroscena dell'opera del nostro scrittore compare Roma, nel pieno della sua incredibile storia. Tutti sanno, infatti, che agli inizi del novecento, mentre Firenze era interessata al risveglio della cultura letteraria italiana, mentre il Futurismo segnava una cesura verticale nei confronti della cultura accademica e formalistica, Roma fu il centro di un risveglio iniziatico ed ermetistico. Inutile fare i nomi. Si tratta della Scuola Romana, verso la quale convennero personaggi di altissimo valore, che comunque agirono spesso sotto traccia, indipendentemente dai conflitti che fra loro si generarono a causa di rivalità personali oltreché ideologiche. Quest'ambiente è stato studiato a sufficienza, anche se questi studi si sono arenati nell'ambito delle persone interessate.
Manca ancora "qualcosa" per la comprensione totale del fenomeno. Si tratta di una presa di coscienza che deve ancora avvenire, tanto che in pochi si rendono conto della pervadenza del "massonismo" nella società italiana, ignorando perfino, e non avrebbe potuto essere diversamente, la presenza di moltissimi massoni fra i fondatori del fascismo in stato nascente. Che in un secondo tempo il fascismo abbia cercato di "perseguitare" la Massoneria, [è bene ricordare che buona parte dei fuorusciti lo erano in quanto massoni impenitenti e non perché esponenti di partiti cosiddetti "antifascisti", Michele Terzaghi, "Fascismo e Massoneria", Arktos, 2000 e Roberto Gervaso, "I Fratelli maledetti", Bompiani, 1998] è un dato di fatto che non inficia la realtà storica.
Mussolini, che dalla Massoneria, in quanto organizzazione elitaria, medio borghese, antiproletaria nel senso pieno pur allevando fra le fila fior di esponenti del socialismo legalitario, anzi proprio per questo, ha cercato di tenersi lontano per tutta la vita fingendo d'ignorarne l'attività, fu costretto da una serie di circostanze, tra cui gli accordi in atto con lo Stato Pontificio, (che non è sempre stato antimassonico come vedremo di seguito), le propensioni filo inglesi o francesi dei vertici di quella congrega, l'aspetto chiaramente antitaliano dei governi di quei paesi quando erano retti da élites massoniche. Questi avvenimenti hanno portato l'ambiente post fascista a vedere la Massoneria in un'ottica falsificata e a non capire in pieno la critica di Evola a questa, (Evola, Scritti sulla Massoneria, a cura di Renato del Ponte, con scritti di René Guénon ed. Settimo Sigillo, 1984) talché molti avversari non hanno esitato a definirlo massone mascherato. Per di più, molti "tradizionalisti" continuano ad interpretare il messaggio massonico come sostanzialmente "sovversivo", nemico della "Vera Tradizione" e di un ipotetico Ordine Gerarchico sovratemporale, ed alternativamente a ripetere stancamente vecchie invettive clericali ampiamente superate dai tempi, e dall'evoluzione delle conoscenze in merito.
NON è così. La Tradizione dei "tradizionalisti" e quella dei massoni è identica, e deriva dalle stesse matrici culturali e si sviluppa in parallelo così come il cristianesimo si è sviluppato sulla base neo-platonico ellenistica, del quale l'apporto "ebraico" rappresentava una minima parte, in parallelo con lo sviluppo del pensiero neoplatonico a base religiosa pagana. Anzi, proprio quest'ultimo, come più volte affermato da Giuliano Imperatore, era molto più legittimato ad interpretare la realtà di quel mondo, in quanto strettamente legato a quella " autentica tradizione ellenica" che il cristianesimo stava lentamente sovvertendo in nome di alcune mitologie, come quella ebraica, in realtà di origine alessandrina (Filone Alessandrino), che molto poco aveva a che fare con la grande tradizione mediterranea di cui la romanità era interprete eccezionalmente fedele.

La tradizione massonica nasce a Roma nel seicento, e sotto l'usbergo della chiesa
Generalmente si tende a datare la nascita della Massoneria con la costituzione di alcune logge, tra cui quelle inglesi; quella di Strasburgo, di chiara derivazione corporativa (di tagliatori di pietre e di costruttori di cattedrali), una in Turchia, nata con evidenti intenti illuministici. Ma nessuno ha finora posto l'accento sulla "nascita" dell'ideologia massonica, ivi comprese le ascendenze culturali. L'avanzamento degli studi negli ultimi decenni ci ha messo in condizione di individuare le vere matrici agenti nel cuore dell'ideologia massonica e della sua evoluzione storica, tanto quanto l'evoluzione culturale e scientifica (moderna archeologia e scoperte ottenibili grazie ai miglioramenti della tecnica di scavo, di valutazione dei reperti, della loro datazione etc…) a darci un quadro molto più chiaro sul cristianesimo nascente, che non poteva essere avulso dalla realtà culturale circostante.
Allo stesso modo del cristianesimo nella sua fase di acquisizione di posizioni di potere, la religione sincretista della New Age utilizza contemporaneamente le suggestioni della moderna cultura. (Dalla psicologia alla psicopedagogia, allo studio sull'inconscio, individuale e collettivo, al pensiero post-quantistico, alla cibernetica ed all'astronomia, alla fisica delle particelle, alla psicosomatica, all'accettazione delle ultime interpretazioni dell'orientalistica e via dicendo).
La Roma dei seicento era in crisi per una serie di ragioni. Spesso era una crisi di crescenza. Dopo il grande rigoglio rinascimentale, attraverso il quale i papi, per lo più amanti dell'arte e delle scienze, mecenati e guerrieri, che della potenza artistica avevano fatto un elemento di potenza reale e morale, una serie di avvenimenti di grande valenza storica, conseguenze della stessa Rinascenza, ma anche della invenzione della stampa, avevano messo in questione la presenza dello Stato Pontificio nel gioco delle potenze europee. Per quanto riguarda la cultura, la luminosità celeste di un Raffaello e la potenza espressiva di un Michelangelo avevano lasciato il passo all'espressione drammatica dei chiaroscuri del Caravaggio.
La cultura umanistico-rinascimentale, con l'intermediazione di personaggi del calibro di Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, aveva orientato, dopo secoli di scolastica, il pensiero della Chiesa verso una sintesi di tipo neo-platonico, che consiste nell'ellenismo di natura alessandrina, cioè Platone, assieme a Pitagora, assieme ai Misteri orientali ed alla spiritualità egizia. In quel contesto erano stati recuperati tanti grandi pensatori del passato, anche grazie all'apporto di studiosi come Basilio Bessarione e Gemisto Pletone (nome derivato dal suo interesse per il platonismo) fuggiti alla distruzione dell'Impero Romano d'Oriente. Tutto questo avveniva in Roma e nell'ambito della Chiesa, smentendo le tesi di coloro che ancora oggi ritengono quest'organizzazione retrograda, conservatrice, dogmaticamente legata a miti superati. In questo quadro culturale una grande operazione di sintesi fu tentata, non a caso, da un gesuita, padre Athanasius Kircher (Fulda, 1602-Roma 1680). Costui di cui ci resta un'opera enciclopedica accompagnata dalla nascita di un'esposizione permanente ancora operante, tentò una grande sintesi fra alchimia, scienze, filosofia rinascimentale ma, soprattutto, cultura egiziana.
Il richiamo all'Egitto non fu casuale e si riverberò da allora su tutto quanto riguardava l'architettura, l'urbanistica e l'idea di "Tradizione". Costituì anche la spinta più forte per la trasformazione del cattolicesimo dall'antiriforma (Concilio di Trento, 1545-1563) all'illuminismo. Non a caso i grandi medici antigalenici e protoscientifici operarono negli ospedali di Roma in quel periodo o in qualche modo su di essi ebbero influenza. (Marcello Malpighi,1628-1694; Francesco Redi, 1626-1697; Giambattista Morgagni, 1682-1771, allievo di Antonio Maria Valsalva, 1666-1733; Santorio Santorio, allievo di Galilei, 1561-1636; Bartolomeo Eustachio, 1500-1574).
Se a costoro aggiungiamo il nome di Cristina di Svezia, 1626-1690, vissuta a Roma dopo l'abdicazione e la conversione al cattolicesimo, fondatrice dell'Arcadia, e protettrice di artisti, letterati ed alchimisti, il quadro si completa.

Pace di Westfalia
Un grande evento politico, oggi ignorato dagli storiografi ecclesiastici, si trasforma in un avvenimento ideologico di vastissima portata.
La pace di Westfalia, siglata dopo la guerra dei trent'anni, (agosto-settembre 1648), gettò le basi di un'organizzazione dell'Europa Centrale che rimase in vigore fino all'epoca napoleonica.
Comprendeva clausole territoriali, costituzionali e religiose. Tra queste la più importante, per noi, è il riconoscimento della Sovranità degli Stati. Infatti, ogni Stato dell'Impero aveva all'interno la sovranità territoriale, che si estendeva sui possedimenti ecclesiastici come su quelli temporali. Ogni Stato aveva il diritto di alzare la propria voce su qualsiasi decisione dell'Impero..
Dal punto di vista esclusivamente religioso, molte furono le clausole che colpirono gli interessi della Chiesa, fra di esse la più significativa consiste nell'uguaglianza assoluta tra cattolici e protestanti, mentre ai luterani fu riconosciuto il possesso dei beni ecclesiastici di cui erano entrati in possesso prima del 1624. L'accettazione del principio "cuius regio, eius religio" da parte dei Trattati di Westfalia provocò loro la condanna di Innocenzo X con la bolla Zelo Dominus Dei (26 novembre 1948) che però non lasciò traccia. Segno della decadenza del potere di interdizione papale.

Conseguenze ideologiche
Vistasi perdente ed esclusa dalle trattative in quanto espressione di un sistema politico teocentrico se non teocratico, la Chiesa cercò di porvi rimedio con i mezzi culturali ed ideologici in suo possesso in quel momento. Questi erano costituiti, come abbiamo scritto in precedenza, da una sincresi frutto di due secoli di Rinascimento. Si tratta dei risultati di un grandissimo lavoro di tessitura politica finalizzato anche al controllo dell'Italia che nel cinquecento ribolliva di iniziative creatrici in campo culturale, artistico e politico.
E non si creda che l'azione del Valentino, sottolineata con enfasi da Machiavelli, massima espressione del nostro Rinascimento politico, che di questi intrighi conosceva le intime motivazioni, non fosse sostenuta dalla Chiesa intenzionata con quei sistemi a tenere sotto controllo l'intera penisola. Anche in questo caso, siamo di fronte ad una costruzione tipicamente italica che vede l'aspetto politico intrecciarsi con quello artistico. Non diversamente dalla nascita del Fascismo, che coincide con quella del Futurismo, padre di tutte le avanguardie artistiche, Dada compresa, e con l'Impresa Fiumana nella quella l'aspetto politico non fu disgiunto da quello artistico, come dimostra quella Costituzione, alla quale ancora oggi dobbiamo attingere come fondamento di future costituzioni, antidemocratiche e quindi antimassoniche, da patrocinare. Di fronte a questa dolorosa esclusione, la Chiesa risponde da par suo ed inizia una politica di "accreditamento" culturale senza pari. Per giustificare l'essenza teocratica del suo potere, essa ricorre all'antico Egitto, padre di tutte le culture, nel quale ravvisa la forma più equilibrata di governo dei popoli basata appunto sul primato della religione, e quindi dei sacerdoti, sul potere temporale.
Ne consegue anche il recupero dei suoi rapporti con la Grecia, patrocinato per l'appunto dall'apporto che alla Rinascenza aveva dato lo spirito greco evocato dai grandi in precedenza citati. Non solo. Si stabilisce, bontà loro, che la Cristianità, nientemeno, ha due origini: Egitto e Grecia (vedi recente mostra tenutasi a Roma sui rapporti tra Roma ed Egitto).
Non solo. Si giunge a dichiarare che i greci sono scimmie degli egizi! Su questa base si innesta un altro fattore molto importante che, pur verificatosi in tempi ulteriori, serve a spiegare molti tra i fenomeni culturali degli ultimi secoli. È grazie a questa impostazione che gli intellettuali nordici che giungono a Roma, Goethe in testa e con esclusione degli inglesi padri del romanticismo anticlassico, che l'ottocento recupera la grecità e grazie a essa l'antichità nibelungica esaltata da Wagner e criticata da Nietzsche non per la sostanza ma per la vacuità della forma.
Al contrario, l'Egitto, tramite i suoi monumenti che vengono dai millenni, vissuti nel sei-settecento ed ancor prima della spedizione napoleonica, che però può essere spiegata anche in questi termini, come forme della perennità, dona ai grandi pensatori greci quell'aura d'eternità, sottolineata a suo tempo da Platone. I geroglifici sono segni identificativi che non trasmettono un suono, come le nostre lettere dell'alfabeto, ma un concetto pieno, nella sua totale interezza. E questo può servire per spiegare parte delle ragioni che spingono l'iconografia massonica all'utilizzo dei simboli egiziani.
Il patrimonio sapienziale egizio, pertanto, viene acquisito dalla Massoneria nascente che è alla ricerca di una tradizione non cristiana anzi, precedente al sincretismo cristiano, ma alla cui valenza culturale il Cattolicesimo non può rinunciare perché accetta anch'esso quest'eredità
Quindi, concludendo: per circa due secoli, dal seicento al settecento, la cultura di sottofondo, che faceva anche da riferimento alla dottrina post-conciliare, era di fatto la medesima, tanto per il Cattolicesimo quanto per la Massoneria. Nel 1743 era operante a Roma una loggia. Il sigillo della loggia di Napoli, esistente dal 1723, era simile a questo. Con l'avvento di Cagliostro le cose cambiano. Costui crea la sua Massoneria nel 1784. Nel 1789 nasce a Roma un'altra loggia. Piranesi, architetto e disegnatore famoso, opera a Roma in quei tempi, è massone, e lavora nella piazza dei Cavalieri di Malta. Il gran maestro di questi, De Fonseca, è amante delle scienze occulte (occulte perché non più accettate dalla Chiesa) e protettore di Cagliostro.
Un altro cavaliere di Malta è gran maestro di un'altra loggia massonica romana. La presenza morale dei Templari, di cui i cavalieri di Malta sono economicamente eredi, si fa sentire. Nel 1789 c'è l'arresto di Cagliostro a Roma e la condanna a morte per aver fondato, sempre a Roma, la "Loggia egiziana". Davanti alla piazza della Minerva è bruciata tutta l'opera di Cagliostro che muore nella fortezza di San Leo in Romagna nel 1795. Ma a questa data la rivoluzione francese ha già fatto il suo corso. Ci sembra di poter arguire con tranquillità che l'elemento di separazione fra Chiesa e Massoneria può essere ravvisato concretamente nella rivoluzione francese, nei suoi scopi, e nella delimitazione del potere della Chiesa, non solo in Francia a ma anche in tutti i territori toccati dalle armate napoleoniche. Ma già la rivoluzione americana, messa in opera da persone per lo più legate alla Massoneria, ma anche di religione protestante spesso anticattolica, non aveva avuto quella virulenza anticlericale della rivoluzione giacobina
Ulteriori considerazioni utili per questa tesi: La Massoneria, dapprima per concorrenza con la Chiesa, ma interna allo stesso movimento ideologico, cerca legittimazioni antecedenti alla nascita del cristianesimo e si rivolge alla presunta tradizione ebraica come a qualcosa di antecedente al cristianesimo stesso, non sapendo che buona parte della mitologia ebraica è stata creata nell'ambito della creazione del cristianesimo in quel territorio alessandrino nel quale la presunta fusione delle culture era perseguita da intellettuali ellenizzanti. Di qui, per ovvie ragioni di consonanza ideale, la vasta adesione, nei secoli a seguire, di personaggi di religione ebraica, che ravvisano nella Massoneria una ragione della loro legittimazione (chiamata erroneamente "emancipazione"). La comprensione di questi fenomeni in termini sociologici ci permette anche di capire il ruolo culturale e di reclutamento svolto dalla Massoneria durante gli ultimi due secoli, che è speculare alla Chiesa, in un parallelismo che imprigiona qualsiasi istanza alternativa. Per dirla in termini più modernisti, l'uomo contemporaneo se nei paesi di religione cattolica intende agire politicamente, è costretto ad oscillare fra circoli "cattolici" che ne orientano le scelte e circoli "laici" del tutto integrati nei circuiti massonici. Con buona parte delle associazioni segrete, che celano finalità di potere molto determinate, le quali abbondano tanto nell'area cattolica quanto in quella laica.
In conclusione, premesso che, fra il diciassettesimo secolo e il diciottesimo, cioè fino allo scontro generato per questioni di potere che si è espresso con la Rivoluzione francese, la mitologia cattolica e quella massonica hanno coinciso, e soltanto quando lo scontro per il potere, come nell'Italia risorgimentale o nella Francia post napoleonica è arrivato al "calor bianco", è sorta soprattutto in ambito cattolico una favolistica terrificante contro l'avversario. (Tanto per citare un testo: Stanislas De Guaita: Il Tempio di Satana, Athanor, 1976.) A questo punto il problema si sposta, perché non c'è nulla da obiettare se qualcuno va a ricercare le fonti di una tradizione (catena) culturale in senso trascendente nell'Egitto precristiano e nella collaterale Mesopotamia ambedue intermediarie con l'India protostorica in alternativa ad un cristianesimo che pur proveniente dalle stesse origini con la stessa mediazione ellenistica, ne pretende l'autonomia perché l'evento fondante è del tutto autonomo (apparizione di Dio sulla Terra, predicazione di norme morali, rito sacrificale ed ascesa ai cieli). A questa catena pare collegarsi anche il "tradizionalismo" evoliano, talché sono molti i "Testimoni di Evola" che hanno trasmigrato nel tempo dal Tradizionalismo puro a quello molto più consistente che si annida nel cuore della Chiesa cattolica.
Ma c'è dell'altro che dobbiamo citare. Da alcuni decenni uno studioso (Felice Vinci, "Omero nel Baltico", 5ª Edizione, Palombi, 2009), partendo da alcune intuizioni geniali poi confortate e confermate dall'attenta prospezione sui luoghi del Baltico e dell'Egeo, ha affermato che i Miti Omerici sono in realtà miti nordici che le popolazioni nordiche han portato seco come mitologia fondativa durante le primordiali migrazioni (ampiamente accettate dalla cultura scientifica), verso sud, quelle che hanno dato vita alla grande civiltà ellenica mentre lo scontro con quell'asiatica è stato accettato come nozione di base della mitologia omerica. Attestati nell'area egea, e col passare dei secoli, questi miti, ripetuti da generazione e generazione, sono stati ambientati su quelle terre e su quei mari, anche per la somiglianza, a volte incredibile, fra le frastagliate coste dell'Europa del sud, Italia compresa, e l'Europa del Nord, cioè Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia. Di fronte a queste tesi, all'inizio accolte con molto scetticismo, oggi l'establishment scientifico sembra adattarsi, anche perché si tratta di tesi affascinanti. Questi studi ci appagano di più e ci portano a riconsiderare anche una buona parte del tradizionalismo evoliano che dell'interpretazione dei miti nordici, anche sotto l'influsso di pensatori germanici dell'epoca, si è fatto portatore in Italia. Ma ci permettono di escludere dai nostri orizzonti d'indagatori nel passato delle nostre origini la mitologia massonica e cristiana. E con questo riteniamo di aver chiuso queste brevi note. La Mitologia Greca evidenzia la Memoria primordiale dell'Europa. Il Sud è una proiezione del Nord.

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                                                                                     Giorgio Vitali