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Controcorrente

 

Controcorrente nacque all'inizio degli anni '70 raggruppando tutti i giovani che frequentavano, militandovi, la FNCRSI di Roma. Si riconosceva totalmente negli ideali e nelle posizioni politiche della Federazione indirizzando la sua attività più che altro verso i giovani, gli ambienti di lavoro e le scuole. Controcorrente editò, per alcuni anni, il periodico omonimo.

 

 

Tutti gli articoli dei periodici che siamo riusciti a procurarci, sono pubblicati sul sito e raggiungibili dai collegamenti posti sotto.

 

1972
N° 1 N° 2 N° 3 N° 4 N° 5
N° 6 N° 7 N° 8 N° 9 N° 10
N° 11 N° 12  
1973
N° 1 N° 2 N° 3 N° 4 N° 5
N° 6 N° 7 N° 8 N° 9 N° 10
ANNO I - 1974 (nuova Serie)
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ANNO II - 1975 (nuova Serie)
N° 1/2 N° 3/4 N° 5/6 N° 7 N° 8/9
ANNO III - 1976 (nuova Serie)
N° 1 N° 2 N° 3 N° 4 N° 5
Quaderno di Controcorrente N° 7 N° 9

 

Le vignette di
Controcorrente

 

 

Riportiamo l'articolo "Noi giovani e la FNCRSI" scritto da un ex militante a rievocazione di quei periodi.

 

Noi, allora giovani e la FNCRSI nel gruppo giovanile "Controcorrente"

 

M. B.


Entrai per la prima volta nella FNCRSI, ubicata a Roma nei locali di via Domenico Fontana 12, credo nell’autunno del 1967. Erano con me un paio di coetanei, non ancora ventenni e come me figli disillusi e nauseati dell’ambiente neofascista.

Venivamo dal quartiere Appio Latino, allora ricca riserva elettorale del destrismo a disposizione di coloro che, forniti di quattrini, istrionismo e furbizia volevano tentare la scalata alle ambite cariche elettive offerte dalla democratica Italia.

Lo squallore che al tempo albergava nella sezione missista (come del resto più o meno avveniva in tutte le altre sezioni del partito) era quanto di più deprimente potesse vedersi:

lotte cannibalesche tra candidati alle competizioni elettorali, assoluta mancanza di un qualsiasi livello culturale che non fosse la ripetizione dei soliti e beoti slogans di una destra che neppure si può definire reazionaria, tanto era stupida e, per passare la giornata, anticomunismo viscerale al servizio di chiunque gli potesse tornare utile.

Era, questo andazzo, l'ovvia conseguenza di un partito la cui linea politica (si fa per dire!) filo atlantica e ultra conservatrice lo relegava al ruolo di servo sciocco (e neppure gradito) degli americani e ruota di scorta per gli intrallazzi parlamentari della DC.

Ma neppure ci piaceva tanto quello che, al di fuori del partito, passava l’ambiente. Anche qui, infatti, a parte l’ostentazione di simboli a noi cari, l’impostazione politica, quando c’era, assomigliava tanto ad un MSI fuori dal MSI e l’azione quotidiana non andava al di là del solito «dagli al rosso», relegando tutto l’ambiente a guardia bianca del regime.

Eppure eravamo in un periodo di grandi fermenti politici e culturali, sopratutto nelle università e nelle fabbriche dove fiorivano iniziative, sbocciavano movimenti, maturavano situazioni del tutto nuove e foriere di un clima di contestazione del sistema fuori dagli schemi ordinari della vecchia politica.

Per farla breve, ci distaccammo totalmente da tutto quell’ambiente e ricordo come la sezione missista dell’Appio, rimasta semi svuotata di giovani, venne integrata con un gruppo di balordi di quartiere, assoldati come manovalanza d’occasione i quali, quando venivano spediti in giro per attacchinaggio o imbrattamento muri, oltre le solite demenziali scritte, aggiungevano a «viva il Duce» un estemporaneo «viva The Beatles»!

 

Arrivammo dunque in FNCRSI dove, per prima cosa, trovammo delle persone per bene e fondamentalmente oneste (e non è poco), ed avemmo modo di conoscere degli autentici fascisti, quasi tutti ex combattenti della RSI, da anni attestati nella testimonianza dei valori e dei contenuti del fascismo sociale e repubblicano e politicamente impegnati a tenere fascisti e reduci RSI fuori da tutti i ludi e gli intrallazzi elettorali.

Al contempo avemmo modo di conoscere la redazione di "Corrispondenza Repubblicana", la piccola, ma battagliera rivista della federazione che, assieme al "Bollettino", costituiva la stampa dell’organizzazione .

Fu attraverso quelle pagine e sotto la guida di quei camerati che imparammo a guardare dietro le quinte della politica e ad interpretare le relazioni e i contrasti internazionali.

E facemmo finalmente chiarezza sui contenuti di un'ideologia ed il retaggio della nostra Storia che non aveva nulla a che fare con la reazione, con la democrazia parlamentare, con l’atlantismo.

"Corrispondenza Repubblicana" era un nuovo modo di fare, al contempo, informazione e preparazione politico-culturale, ma insegnava anche a capire e ad individuare i meccanismi nascosti e complessi dei rapporti politici, mostrando la chiave di accesso per una vera lettura degli avvenimenti storici.

Nell’ambiente neofascista non si era mai visto niente di simile, nessuna altra rivista o organizzazione poteva vantare un foglio che uguagliasse "Corrispondenza".

«Nè USA nè URSS» divenne il nostro slogan, che oggi forse può suonare banale anche perchè, anni dopo, ci fu chi, per sopravvivere politicamente, se ne volle appropriare (in malafede) non potendo fare a meno di praticare quella che, visto il pulpito, non poteva che essere una falsa politica da terza via.

Nè USA nè URSS, ma con un preciso distinguo: l’Italia era colonizzata dagli USA, non dai sovietici e quindi ogni sforzo doveva essere diretto contro la NATO e contro ogni politica e cultura filo americana.

Ma c’è di più; già da allora avvertivamo che la way of life americana, il modernismo, il cosiddetto mondo libero, erano qualcosa di più perverso e pericoloso che non la mancanza di libertà o la coloritura rossa dei paesi oltrecortina.

Indicammo, infatti, nelle tendenze ed ideologie neoradicali il vero pericolo dell’uomo, il substrato culturale della coesistenza ed il grimaldello che avrebbe, come infatti è successo, sovvertito, degenerato e sfaldato tutto il pianeta, compresa la Russia sovietica.

Certamente il comunismo restava per noi un nemico, ma tutto sommato secondario, transitorio, neppure tanto pericoloso, sia per via del suo imborghesimento oramai irreversibile e sia per il fatto che, in definitiva, costituiva pur sempre una ideologia al di fuori della portata umana e quindi, nella sua essenza materialista e marxista, inattuabile.

Ma soprattutto ci battemmo contro la prassi degli opposti estremismi, contro l'idiota necessità di andare a cercarsi nemici a sinistra quando, proprio questa contrapposizione, favoriva il regime in auge e procrastinava all’infinito il mantenimento del colonialismo USA.

Parteggiammo per i Vietcong, per Guevara, per i palestinesi, persino (e forse oggi possiamo dire sbagliando) per la Libia di Gheddafi e comunque con tutto quello che poteva rivoltarsi contro il sionismo e gli yankee.

E tutto questo proprio quando, il cosiddetto nostro ambiente (oramai da tempo non più nostro) scriveva, invece, libelli per difendere le FF.AA. dalle mani rosse (sic!) oppure inneggiava ai famigerati Berretti verdi americani che, tra l’altro, stavano prendendo sonore e sacrosante legnate nel Vietnam! fino ad arrivare nel 1973 ad inneggiare alla macelleria cilena, made Usa, di Pinochet.

Il nostro parteggiare con quelli che la destra ottusamente definiva genericamente «i rossi», non aveva nulla del pathos di sinistra, nè implicava una accettazione del marxismo, ma costituiva una precisa scelta di campo dettata da una chiara visione dei rapporti internazionali, dalla necessità primaria di scrollarsi di dosso l’ingerenza americana.

Avevamo infatti ben compreso che, dietro una nomenclatura parzialmente comunista, dietro simboli utilizzati per necessità e contingenza, c’erano in realtà popoli e nazioni in disperata lotta per sopravvivere al colonialismo USA, proprio come, analogamente, avevano fatto Italia, Germania e Giappone nel 1939/45.

E avevamo anche ben compreso che "Yalta" era un qualcosa di più che un accordo di momentanea spartizione del bottino bellico: era una divisione strategica del mondo in due sfere di influenza con governi e popoli schierati, obtorto collo, in un falso antagonismo che li ha annichiliti e ridotti per decenni a stupidi e contrapposti attivisti della NATO o del patto di Varsavia.

Yalta era una impostazione strategica di enorme portata, era un passaggio obbligato e di lunga durata, per conseguire in prospettiva futura un Nuovo Ordine Mondiale dove non ci sarebbe più stato posto per l’autonomia dei singoli Stati.

I dissidi apparenti della guerra fredda erano prevalentemente dissidi di ordine tattico, necessità di mantenere con la forza e senza sconfinare da quanto era già stato suddiviso, limitato e prestabilito nell’ambito della spartizione tra USA e URSS, dell’Europa e del mondo.

La vera conseguenza immediata di Yalta, nei rapporti interni ed internazionali, non era la guerra fredda, ma la coesistenza pacifica USA-URSS o meglio il loro cooperare di comune accordo e sotto banco al mantenimento dello status quo (ne farà le spese persino il "Che", ma anche i popoli arabi).

Altro che americani ingenui come, in mala fede, li definivano i destristi: ingenui poi perchè, secondo loro, non si impegnavano a fondo contro il comunismo.

Come poi abbiamo visto, cioè quando i momenti furono propizi, quando il modernismo era oramai divenuto una realtà irreversibile e globalizzata, Yalta, l’Unione Sovietica e tutti i presunti comunismi del mondo sono stati liquidati di colpo (caduta del muro, 1989) e si sono spalancate le prospettive mondialiste per un Nuovo Ordine Mondiale.

Noi, oggi non più giovani, nella Federazione demmo vita al gruppo giovanile di "Controcorrente" che raggruppava e qualificava tutti quei giovani che, per questioni anagrafiche, non avevano partecipato alla RSI. In tal modo si stabilì una saldatura ed una continuità ideale tra i combattenti repubblicani e le nuove generazioni.

Controcorrente si impegnò in varie attività politiche per lo più volte al mondo giovanile, quindi nelle fabbriche, nelle scuole, nelle strade, ecc.

E non era un impegno da poco. Erano, infatti, quelli i tempi in cui la politica (in Italia da sempre caratterizzata da un forte sentimento manicheista retaggio del nostro atavico campalinismo), strumentalizzata dalle centrali del terrore, degenerava in tutti i sensi e divideva gli schieramenti a prescindere dalla sostanza delle posizioni effettive.

Per fare un esempio, i giovani di Controcorrente, che pur si battevano in modo chiaro e senza equivoci su posizioni antisistema, antiamericane, antimissiste e socialmente di sinistra estrema, spesso nel corso delle loro azioni, come i volantinaggi, non solo dovevano scontrarsi con i missisti e destristi vari, ma rischiavano anche di subire aggressioni da parte di militanti di sinistra i quali seppur sconcertati, finivano poi per non fare certi distinguo considerandoli fascisti e tanto basta.

Non per questo però il gruppo giovanile della FNCRSI, denominato Controcorrente, si fece strumentalizzare in operazioni di insulso anticomunismo.

Oggi possiamo dire che siamo orgogliosi di aver fatto parte della FNCRSI di questo organismo, in particolare nel suo direttivo romano impersonato da Bruno Ripanti e Gaspare Fantauzzi, che oggi, alla luce di quanto poi si è potuto venire a conoscere, possiamo definire forse l’unica formazione che poteva richiamarsi al fascismo.

Occorre, infatti, prendere atto che quanto oggi viene (o è stato) fatto passare per «fascismo», quanti pretendono (o hanno preteso) di rappresentarlo o di utilizzarne simboli e bandiere, ne sono solo una ributtante e spesso criminale controfigura.

Aggiungo soltanto, per dare un’idea, che si possono senz’altro condividere le accuse formulate verso questo decadente settore umano e politico dall’unico ed ultimo condannato alla galera perpetua: Vincenzo Vinciguerra.(1)

Si va dagli ignobili ed avidi individui, che del resto albergano in tutti gli schieramenti politici, dediti soltanto alla ricerca di un democratico e remunerativo seggio parlamentare, i quali hanno insozzato ed ammorbato tutto questo ambiente fin dalla massonica e spuria nascita del Movimento Sociale Italiano;

per passare poi ai tanti cialtroni, spacciatisi per "fascisti tutti di un pezzo" e che in realtà, del fascista, ne erano soltanto la risibile caricatura;

ed infine quelli, troppi, che in un modo o nell’altro, con una scusa o con un’altra, hanno avuto il "contatto" con i tanti servizi segreti (questo si chiama tradimento!).(2)

Le molte risultanze emerse da una magistratura, sia pure spesso definita di parte, sono tutte campate in aria?

Il voluminoso dossier, storicamente ben dettagliato, della commissione parlamentare sulle stragi (sen. G. Pellegrino), sia pure realizzato in buona parte dai DS con tutte le limitazioni e faziosità di parte, sono forse soltanto «arbitrari teoremi»? (3)

Comunque sia, per tutti resteranno eternamente scolpite le parole di un autentico fascista, un dirigente della Federazione che scrisse un giorno: «Mai è poi mai sarebbe passato per l’anticamera del cervello, ad un vero Fascista, di deporre, una bomba che potesse uccidere o ferire gravemente un altro italiano»!  [F. G. Fantauzzi]

In ogni caso tutta questa gentaglia di destra, qualunque sia il distintivo che porta (e che insozza) e che in Federazione ha sempre trovato le porte sbarrate ai loro ignobili giochetti, è decisamente estranea al «Fascismo» ed a ciò che il fascismo ha veramente rappresentato.

Ma se è estranea al nostro patrimonio storico ed ideale, non è però estranea ai danni che ha prodotto verso questo patrimonio: se oggi infatti, persa oramai la guerra delle "parole", nell’immaginario collettivo «Fascismo» è un luogo comune ed equivale a bombarolo, reazionario, filo americano, ecc. la colpa è stata anche di questi ignobili elementi.

Con gli anni, purtroppo, la Federazione, e non per colpa dei suoi dirigenti e militanti, non ha più potuto svolgere una decisa e continuata attività politica. Di fatto, a poco a poco, smise di fare politica attiva.

Essa ha però additato una via, ha insegnato un'ideologia ed una politica autenticamente fascista, ha attestato una testimonianza storica tenendo alta la bandiera dell’onore e della dirittura fino alla fine quando, con la morte dei suoi dirigenti e soprattutto quando tutto il clima politico italiano, dopo gli anni di piombo ispirati, manovrati e strumentalizzati dai soliti criminali della politica, degenerava definitivamente nel modernismo e non era più umanamente possibile portare avanti delle corrette idee richiamandosi, al contempo, al Fascismo.

Lo si sarebbe forse potuto fare sotto altre insegne, sotto altre denominazioni, ma non era questo il compito dei vecchi fascisti della Repubblica sociale.

Un giorno (forse verso la fine degli anni ’70), noi giovani della federazione, di fronte alla impossibilità politica e materiale di continuare a fare politica in conseguenza dell’inquinamento di tutto l’ambiente, delle provocazioni all’ordine del giorno, dello sputtanamento che era stato procurato verso tutto ciò che il Fascismo rappresentava, ma soprattutto di fronte alla spaventosa complessità della società moderna, facemmo osservare a Bruno Ripanti (il massimo dirigente della FNCRSI), se non era il caso di mettere definitivamente da parte certi simboli, certi riferimenti e magari anche di percorrere (fermi restando gli obiettivi da conseguire), nuove strade, nuove compagnie politiche.

Ripanti, che era persona estremamente intelligente comprese perfettamente che, in un certo senso, avevamo ragione, ma ci rispose che lui, come combattente delle RSI non aveva mai smesso di continuare a combattere, sia pure con altri modi, sotto le stesse insegne.

La sua missione, anche di fronte all’impossibilità di raggiungere determinati obiettivi politici, l’aveva intesa e praticata come una testimonianza e come tale voleva perseguirla fino alla fine. Come un pino che si piega sotto la tempesta, ma non si spezza.

Ai giovani di oggi, ci disse, spetta provare e perseguire anche altre strade, ma a lui, ex combattente fascista repubblicano, no.

Considerando la degenerazione completa di tutto un mondo, di tutta la società moderna attuale, che avrebbe reso impraticabile anche quanto noi al tempo proponevamo, possiamo dire che Ripanti aveva ragione.

Oggi non ci è rimasto altro che questa testimonianza storica e se ancora possiamo affermare e dimostrare, con qualche esempio umano, che il fascismo è stato qualcosa di diverso da quello che i luoghi comuni insinuano e purtroppo il putridume missista e destrista ha confermato, lo possiamo fare anche e soprattutto grazie al sangue ed al sacrificio dei legionari della Repubblica Sociale Italiana ed alla successiva "eccezionale" testimonianza umana e politica degli uomini della FNCRSI!

 

 M. B.

 

NOTE

(1) Le testimonianze di Vincenzo Vinciguerra (vedi in particolare, "Camerati, addio", Edizioni Avanguardia, Trapani, 2000), dovrebbero farsi leggere ad ogni giovane che si avvicina a qualsivoglia formazione di "destra", perchè sono uno spaccato dell'ignobile comportamento di tutto un mondo, cosiddetto neofascista, al servizio dei peggiori nemici del fascismo: i servizi segreti occidentali e gli apparati dello Stato, della politica, dell'editoria e dell'economia ad essi riconducibili.

(2) Un pregevole libro di Giuseppe Parlato ("Fascisti senza Mussolini - Le origini del neofascismo in Italia 1943-1948", Ed. Il Mulino) ha finalmente riportato quello che da sempre si sapeva, ovvero come gli americani, attraverso l'OSS (il predecessore della CIA), arruolarono, per i loro scopi e interessi, ufficiali e sotto ufficiali (in particolare nella X MAS), reclutandoli tra i reduci della RSI e favorirono, al contempo, il neofascismo italiano. A ruota, aggiungiamo noi, si portarono su quella sponda ex gerarchi e gerarchetti, giornalisti e manovalanza varia.

In ogni caso è storia oramai acclarata che, tanti dirigenti e spesso anche semplici militanti dell'ambiente neofascista, si sono messi al servizio di personaggi, istituzioni e "servizi" dell'«occidente».

Da questi apparati sono stati protetti, foraggiati, pagati ed utilizzati per i peggiori e più squallidi impieghi (tra cui quello ributtante della spia), per essere poi quasi sempre scaricati come utili idioti oramai inservibili.

Del resto, l'Italia non era la Grecia e quindi gli americani (e le grandi consorterie massoniche che hanno sempre gestito queste situazioni) non avevano alcun interesse, nè avrebbero mai consentito, a cialtroni vari, sognatori di ridicoli golpe, di «farsi un giretto» prendendo in mano un sia pur provvisorio potere.

E assolutamente non regge la banale giustificazione che si agì così per «contrastare il comunismo»¸ spiegazione questa forse valida per gli imbecilli e gli sprovveduti, ma i marpioni, i capi storici e i delinquenti abituali sapevano bene quello che facevano e quanto gli rendeva in termini di paga, di protezioni, di carriere o semplicemente di potersi sentire esistenzialmente ed attivamente (piuttosto che dei falliti), «un qualcuno».

(3) Per la storia, i fini e gli scopi che determinarono l’infame periodo della strategia della tensione ed i successivi anni di piombo, vedere, in questo stesso sito (in "Notiziario") La strategia della tensione.

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