Anno 1973 - N° 7
Via Pasquale Villari 27 - 00184
Roma
Stampato fronte
e retro - dimensioni: 22 X 33 cm. |
A MOSCA
Il definitivo passaggio dalla fase
della distensione a quella della cooperazione tra russi ed americani,
sanzionata ufficialmente dal vertice Nixon-Breznev, trova la sua ragion
d'essere nelle affinità ideologiche tra i tecnocrati russi ed americani
al potere nei ri-spettivi paesi.
Gii USA nel momento della loro massima espansione politico-economica
sono riusciti ad inserirsi nella realtà economica sovietica, trovando
nel gruppo di potere facente capo a Breznev un interlocutore
disponibile, anzi interessato. Proprio nella crescita industriale
dell'URSS, nella risoluzione dei suoi problemi di ordine economico,
Breznev ha basato,in contrasto coi militari (vedi l'emarginazione di
questi ultimi dalle massime cariche del partito e dello Stato) e in
coerenza con la fine della guerra fredda e l'inizio della distensione,
la politica sovietica di questi ultimi anni.
La fine della corsa agli armamenti, il congelamento militare del
conflitto vietnamita e l'immobilismo della situazione mediorientale, gli
accordi economici e commerciali, le manovre speculative del dollaro e
dell'oro ai danni dei paesi europei ed infine, la "coca cola" a Mosca",
sono i risultati di tale politica.
A questa che è stata definita la "nuova Yalta commerciale", l'Europa ha
contrapposto ancora una volta tutta la sua debolezza politica:
impossibilitata la Germania a reagire, con Brandt che imboccata la
strada dell'ostpolitik non può certo fare marcia indietro; preoccupata
la Francia, ma unicamente dal punto di vista finanziario, dal momento
che il gollismo di Pompidou non ha i presupposti politici anti atlantici
della "grandeur" di De Gaulle; insignificante l'Italia; il tutto si è
ridotto, come solito, ad una supina acquiescenza.
TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE
Dopo la parentesi di centro-destra, ecco di nuovo affacciarsi alla
ribalta della scena politica italiana il centro-sinistra, conseguenza
naturale di un governo che era riuscito a reggersi con una minima
maggioranza in parlamento e contestato addirittura dall'interno.
D'altronde la volontà di Andreotti era quella di arrivare al congresso
DC, e di mettere in pratica il disegno moderato tendente ad instaurare
in Italia un forte clima di centralità. Intercettazioni telefoniche,
provocazioni, opposti estremismi, proposto fermo di polizia, censura,
tentativo di concentrazione delle testate, controllo della magistratura,
repressione dèi gruppi extraparlamentari sono da inquadrarsi in questa
cornice.
Il fatto che abbia ora sconfessato Andreotti, ritrovando in Fanfani il
capo carismatico ed in Rumor il realizzatore della linea politica di
centro-sinistra, non vuol dire affatto che la DC abbia abbandonato il
disegno moderato. Al contrario essa ha trovato il miglior sistema per
limitare il PSI su posizioni totalmente moderate. Così da far cessare
eventuali opposizioni verso la sua politica e rabbonire quanti
riponevano fiducia nei socialisti come amplificatori di certo
radicalismo riformista e neogiacobino (basti pensare alla palese
strumentalizzazione in chiave moderata dei gruppi extraparlamentari di
sinistra, ridotti su posizioni radicaleggianti dal PSI).
Per quanto riguarda i comunisti è indicativo che -per bocca di
Berlinguer- abbiano affermato che la loro opposizione nei riguardi del
centro-sinistra sarà differente da quella rivolta al centro-destra. È
una ulteriore prova della loro integrazione nel sistema, integrazione
completa, cosciente, e non tattica come vanno cianciando le destre, che
vedono pericoli rossi, anche al cesso.
Ne va dimenticato che il capo del nuovo governo, altri non l'ex ministro
di polizia di Andreotti.
I socialisti che si erano fatti tranquillamente sbarcare dal governo, vi
sono rientrati e non hanno sollevato che contrasti marginali sulla
politica economica e sulla libertà d'informazione, contrasti che
sfoceranno in fiumi di parole senza valore e in mossettine e manovre di
vertice, secondo il costume connaturato ai nostri politicanti.
Da parte repubblicana Ugo La Malfa, il Calcante stonato della politica
nazionale, ha lasciato cadere ogni riserva quando gli è stato promesso
il cordone della borsa e quindi il controllo della spesa pubblica. Ma
fino a che punto si fida della DC di Fanfani e della politica di piano
di Giolitti? Intanto «il PRI sta nel sistema e non vuole uscire dalla
maggioranza».
Scontato l'unanimismo sulla politica internazionale, e questo dimostra
come tutte le forze politiche italiane abbiano accettato il ruolo di
subordinazione agli USA ed ai loro interessi in Italia e nel
Mediterraneo. Nessuna voce si è levata in appoggio alla causa
palestinese, contro il terrorismo morale, psicologico e materiale del
sionismo, mentre tutta la stampa cosiddetta libera, asservita e dedita
agli interessi sionisti, falsifica e distorce quotidianamente gli
avvenimenti riguardanti il mondo arabo.
L'accettazione di quel ruolo di subordinazione spiega come dominante
della politica italiana resti l'immobilismo, che caratterizza tutte le
forze parlamentari e i loro uomini, privi di volontà politica e di
autonomia dalle centrali di potere extranazionali.
Ne fu diversa la situazione col primo centro-sinistra e col centrismo di
Andreotti.
Non ha quindi alcun valore la scelta tra centrismo e neo-centrosinistra,
essendo tali formule due facce dello stesso disegno moderato.
LE OCHE DEL TRITONE
La vicenda de "Il Messaggero", su cui è stato montato un caso di difesa
della libertà, rientra nel gioco delle false antitesi proposte per
incanalare l'opinione pubblica verso scelte che non possono mutare
l'attuale stato di cose.
I gruppi di potere che si agitano per impadronirsi della testata; quello
facente capo a Rusconi e alla destra conservatrice, e l'altro a Perrone
e alla sinistra radicale, sono le due facce dell'attuale regime:
contrapposte nelle tematiche ideologiche, cooperano nella realtà a
sostenere le forze del moderatismo.
È la solita antinomia tra capitalismo tradizionale e capitalismo
illuminato.
Nulla c'entrano quindi le chiacchiere sulla libertà di stampa dei
professionisti dello sdegno a comando.
È interessante invece notare che tra le numerose lettere di solidarietà
pervenute alla direzione de "Il Messaggero", fu pubblicata anche quella
di un numeroso gruppo di redattori de "Il Tempo".
Evidente, dietro la solidarietà professionale, appariva la
preoccupazione per l'eventuale cambio di proprietà dell'antagonista di
via del Tritone, che passando nelle mani di Rusconi (e per lui di Monti)
avrebbe mutato posizione politica, diventando un pericoloso concorrente
a destra, sottraendo pubblico e spazio politico all'organo di Angiolillo.
Successivamente questa preoccupazione è stata superata da quella di
compiacere i "padroni del vapore". Perciò "Il Tempo" in questi ultimi
giorni, ha accresciuto il suo zelo antiperroniano, con l'uso di termini
polemici sempre più aspri e bassamente offensivi (come quello, coniato
da Mattei, di mao-miliardario) che mandano in sollucchero la borghesia
ottusa e missista.
UNA PORTAEREI PER GLI USA
Il colpo di Stato attuato dai militari in Grecia sollevò, a suo tempo,
entusiasmi e speranze negli ambienti della destra italiana, prona a
tutte le suggestioni anticomuniste, anche se chiaramente controllate
dagli USA e dalla CIA.
In tal senso di guardò al "golpe" militare come al metodo ideale di
risoluzione della presente congiuntura storica.
Da parte nostra abbiamo invece sempre condannato il golpismo, non
ravvisando in esso una prospettiva di ordine rivoluzionario ma
necessariamente conservatrice.
Al di fuori dei falsi moralismi e dei piagnistei per la democrazia
assassinata, dietro i quali si nascondono ben più pesanti situazioni
calde e fredde, sia di parte occidentalista (responsabile dei noti fatti
del cosiddetto Consiglio d'Europa che portarono il 12 dicembre 1969
Pipinelis ad abbandonare il seggio contestato alla Grecia), sia di parte
comunista (che non ha saputo far di meglio che elevare ad eroe agli
occhi delle masse rincretinite il canzonettista Theodorakis), possiamo
affermare che la vicenda dei colonnelli d'Atene ha portato al
rafforzamento dei prepotere dei ceti economici che hanno la loro
principale espressione negli armatori del Pireo.
Questa valutazione non discende da considerazioni classiste, è
semplicemente un dato di fatto riscontrabile nella realtà interna della
Grecia e nella sua posizione internazionale.
Infatti, esaurita storicamente la sua funzione di mandato inglese verso
il medioriente, la Grecia ha dovuto subire l'adattamento ad un nuovo
quadro internazionale, imperniato sugli Stati Uniti, mentre le classi
dirigenti greche subivano l'attacco di nuovi gruppi, facenti riferimento
a correnti di pensiero ed a centri di potere statunitensi.
La monarchia greca ha così dovuto fare i conti con i gruppi radicali che
in Andrea Papandreu, frutto di Harvard e di Berkeley, avevano trovato il
loro capo, e che nelle condizioni di sottosviluppo del paese ricevevano
alimento per la loro critica.
Quando il movimento radicale mise in difficoltà la monarchia, questa non
reagì cercando di socialdemocratizzare il radicalismo con un compromesso
analogo a quello adottato dalle monarchie scandinave; pensò invece di
reggere il confronto, irrigidendosi e contando sull'adesione popolare.
Ma con l'avvento della distensione kennediana, intorno al '60, i
radicali ebbero una prospettiva più ampia, al punto di sfidare un gruppo
di potere come quello militare (affare ASPIDA) contro il regime
monarchico.
Nell'aprile '67 fu chiaro che, con la mancata fiducia al governo
Cannellopulos, i rapporti di potere erano mutati a danno della
monarchia, e che la strategia di utilizzazione dei comunisti, con una
conte stazione di sinistra democratica (cioè radicale), attuata dal
Papandreu sarebbe stata vincente.
I militari scelsero la via dell'azione.
Il loro "golpe" fu attuato nella sola prospettiva di restaurare il
potere minacciato dai radicali. Ma i colonnelli dovranno poi subire la
protezione statunitense, tesa a sostenere la potenza USA nel
Mediterraneo.
Nell'estate scorsa, durante la campagna elettorale, Nixon dichiarava:
«Aiutare militarmente la Grecia e la Turchia e garantire le condizioni
per la continuità della nostra alleanza è assolutamente indispensabile,
è la condizione della nostra presenza nel Mediterraneo e della
possibilità di far giungere gli aiuti ad Israele nella regio ne
mediorientale».
La Grecia diviene la portaerei USA verso il medioriente: nella crisi di
Amman del 1970 i colonnelli offrono basi agli americani per un eventuale
intervento in Giordania, a sostegno del fantoccio Hussein.
Oggi appaiono all'interno i primi sintomi di crisi, quali la diffidenza
della media borghesia, chiusa ad uno effettivo sviluppo economico dalla
oligarchia degli uomini del Pireo, che detiene in prima persona il
monopolio dell'alta finanza; e l'ammutinamento del cacciatorpediniere
ellenico "Velos", che ripropone il dissenso di una parte dei militari
nei confronti del regime. Aviazione e Marina sono in qualche modo
restati fedeli alla corona che -per bocca dello stesso Costantino-
sostiene oggi che l'obiettivo da raggiungere è quello di abbattere la
dittatura. Ma sempre al servizio degli USA.
In ultima analisi quello che si è instaurato in Grecia un regime
borghese-conservatore creatura della CIA, impotente come tale a superare
un'ottica piccolo-nazionalista, e condizionato da una visione
settoriale, assolutamente incapace di un'azione politica rivoluzionaria,
cioè impostata in termini di scelta di civiltà. |