L'aeropoema di Cozzarini
Filippo Tommaso Marinetti
Il quadrilatero di
chiostri e biblioteche plasmato dal Bramante a guisa di
tonsura sul cranio del monte Cassino domina la battaglia
dei germanici contro gli anglo-americani e mercenari.
Ne rintuonano tipografie
di monaci collane autunnali di vigneti a istrici di
fiamma lampeggianti funebri cortei di tarli subiti nei
secoli dagli eccelsi volumi del candore filosofico.
Originalissima
spiritualità azzurra di quel cielo aperto come un
messale tutto miniato di colombe telescopi artiglierie
puntate da teologi astronomi matematici consunti nella
mistica rilegatura delle costellazioni.
Non raggi di sapienza ma
tenebre crudeli piombano giù dalle errabonde lampade
funerarie accatastandosi.
Poiché a tradimento
compiuto muore l'Italia colpita lacerata il capitano
Rino Cozzarini si affanna per soccorrerla ansando col
suo volto affilato di scure olivastra occhi di
liquirizia sotto grappoli di capelli neri.
- Non riconosco
l'infamante capitolazione io che fui un menarista
sobbalzante sfera d'avorio sul metallico deserto
arancione e nella affocata tenda mimetica della guerra
di Spagna scrissi una tragedia che ha per protagonista
il tipo ideale perfetto socialmente umano dell'Ufficiale
ed ora bisogna incarnarlo sul palcoscenico del mondo.
Dalla cima del monte
Cassino si stacca una nuvola rosea di sereno egoismo che
dilata i veementi muggiti turchini delle stalle montane.
Ronza romba con
traiettoria immensa un rotondo pensiero di grandezza
immateriale.
Sganasciandosi si
sbellica dalle risate una ragazzaglia di echi a frotte
che troppo li divertì l'intoppo trappo del burbero
fucile mitragliatore.
Mio buon Gesù aiutami a
tamponare il sangue di tante ferite vedi l'Italia non ha
più lacrime e fiata male Lei così bella aiutami e
recluteremo gente per difenderla nelle università negli
ospedali adolescenti vecchi malati parleremo anche a
tutti col cuore e bacerò i ginocchi a chi mi dirà di sì
purché venga con noi.
Onore e sacrificio onore
e sacrificio onore e sacrificio null'altro da offrirvi
ma tu presto lascia rancori pianta gli affetti il denaro
la miseria vieni.
Italiani perché
calpestaste così atrocemente la sublime poesia della
Patria nessuno può rispondere a questa mia domanda e
sono rimpianti vani.
Ora vi disprezzate e vi
coprite la faccia col fango e riconoscete soltanto
l'implacabile superiorità del Numero e della Quantità
massiccia.
Dalla cima del monte
Cassino si spande una macchia oleosa ed è una nuvola
viola che tenta covare la battaglia sotto ali membranose
di cinismo.
- Eppure io posseggo un
fulgente segreto e lo stringo nel pugno fra le mie dita
intenerite. Dal fondo del più torbido oceano è venuto
miracolosamente a galla.
Sembra l'orologino
dell'amore materno dato al figlio che parte per il
fronte oppure una tremante bestiola a sguardi umili e
flebile tic-tac.
Lo maneggio bene e lo
bacio e ribacio ed è l'invocato Istante dell'eroismo
assoluto da regalare alla Patria. Prima che muoia.
Ronza romba con
traiettoria immensa un pensiero rotondo di bontà
caritatevole per i deboli. L'applaudono i settecento
combattenti reclutati ferroviariamente all'impazzata e
sono contadini che brandiscono vincastri di greggi
smarriti forbicioni da vinaiolo trappole sfasciate da
volpi beffarde e sdentate forche di inverni senza lupi e
pertiche zelanti nell'ammainare irraggiungibili olive di
pace. Un aeropoeta di Cagliari trasvolando riesce a
raggiungere un blocco nero del nuraghi nativo.
Ma i gruppi futuristi di
Reggio Calabria Girgenti Bagheria implorano armi e
munizioni.
Come potremo combattere
senza fucili né bombe. Abbiamo soltanto questi libri
d'aviazione stampati su latta da Mazzotti e Nosenzo per
corazzarci il petto. Un itinerario in Palestina di Padre
Cesare Angelini. Il futurismo poesia ad ogni costo di
Orestano. La vittoriosa architettura di Sant'Elia.
L'aeroporto di Scurto. Bombardata Napoli canta di
Bellanova la fine della tradizione monarchica
Aeropittura contro nature morte di Renato di Bosso.
Quando ero pecoraio di Giardina. La poesia dei ferri
chirurgici di Masnata Aria madre di Civello. I poeti
futuristi repubblicani del 1908. L'essenza del futurismo
di Acquaviva Studenti fascisti cantano così di
Buccafusca De Marinetti a Maiakowski Histoiredu
futurisme Russe di Lehermann. Sopraggiungono ad
insaporarli di sale marino il Tirreno e l'Adriatico con
l'ampio giro dei loro fiati melodiosi lieti di lambire
il declivio soave del petto della fidanzata questo
snello campionario delle tinte della felicità. Un blu
madonna unoro di aureole in chiesetta alpestre un
carminio di labbra un vermiglio di vulcani un argento di
ulivi in promontorio un rosa di aurora inbaracca
marinara un lapislazzuli di sguardi ritrovatisi in
paradiso. Ronza romba con traiettoria immensa un rotondo
pensiero di vendetta che addenta l'equità. La battaglia
diventa una crepitante rabbia di macchine tipografiche e
vi sibila l'inchiostro carbonoso di una rotativa a
traffico librario infinito.
- Se vincerò o mia
futura sposa ti apparterrà un lembo della vittoria se
cascherò dirai ad altri che sono morto e riaccenderai
una fiaccola nuova. Alla Patria che mi vuole lascio
quanto ho di più caro nella mia vita. In ginocchio
s'intrufola nelle linee mitraglianti il capitano Rino
Cozzarini con bombe a mano sventagliando morte svincola
il suo battaglione accerchiato in un vigneto colmo di
vampe e pampini carbonizzati come si libera un
sentimento ideale da acredini pessimiste. Nella fattoria
presa d'assalto egli entra con i volontari.
- Padrona dammi il
secchio del pozzo che la gola ci brucia o Gloria non mi
ruberai il magnifico Istante di eroismo assoluto da
regalare alla Patria.
In ginocchio strisciando
egli introduce fra i due rulli spietati tutto se stesso
tipo ideale perfetto socialmente umano dell'ufficiale.
Collaudo patetico.
Delicatissima la carta
di carne patinata dai più armoniosi baci. Adamantini i
caratteri di orgoglio letterario artistico creatore.
Mal'angoscia del raffinamento preme il petto di Rino
Cozzarini.
- Devo essere il primo
fra tutti e guari a voi se qualcuno mi passa avanti ed
ora stampami stampami nella storia fuori testo stampami
o mestierante nemico.
Un
così denso splendore di colori italiani potrebbe
ostruire i rulli già li bloccò la rotativa è ferma. Ed
ecco in cielo rasserenarsi i cuori degli eroi frementi e
senza gioia quando garrisce la serica notizia tricolore.
«Forse speriamo preghiamo l'Italia guarirà». E se
morisse di chi la colpa. Colpa della numismatica
monarchia del passato e della tradizione. Tradizione
uguale tradimento gloria quindi a Cozzarini eroe
dell'invenzione. Non sia una platonica facezia in
gondola la nostra riunione di Venezia. Occorre poetare
coi mirini di battaglia. La poesia cannoneggi la
mitraglia. O futuristi che invocaste trent'anni fa
un'ardente alata repubblica originale pregate il buon
Gesù che largisca nella strozza del nemico un buon pesce
d'aprile a superdentata lisca e nel mio stremato corpo
di volontario del fronte russo l'indiscusso lusso di una
buona salute al campo.
Filippo Tommaso Marinetti
dal "Secolo d'Italia"
del 28 Settembre 1990
dal
sito dedicato ai Bersaglieri "La corsa infinita"
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita
Tenente
dei Bersaglieri
Rino Cozzarini
Di Rino Cozzarini ho
scoperto ben poco, se non che era nato a Venezia nel
1918 e che si era arruolato a 18 anni coi volontari
della Guerra Spagnola. Quando ritorna a fine conflitto
ha ancora il tempo per dedicarsi ad una parte degli
studi che non aveva completato, ma scoppia subito il
secondo grande conflitto. Da quale corso ufficiali, in
quali reparti sia entrato e uscito non ci è dato sapere.
Difficile da reperire e da classificare nel variegato
mondo dei volontari della Rsi: di Cozzarini non parla
neanche Pisanò ne gli “Ultimi in Grigioverde”. Lo stesso
sito “da Cassino al Volturno” lo chiama Cesare
Cozzarini.
Quando l’8 settembre
1943 c’è il “tutti a casa”, Cozzarini non è della
partita. Chi lo descrive con un camion lungo le strade
principali a raccogliere uomini per un suo progetto che,
comunque vada, è di continuare la guerra a fianco dei
tedeschi, come l’ha cominciata, chi su una moto a
recuperare sbandati. L’imprimatur dell’Esercito della
R.S.I verrà dopo, perché ora è solo caos e Mussolini è
ufficialmente prigioniero sul Gran Sasso. Radunati
attorno a sé ca. 500 uomini, Rino Cozzarini si presenta
col suo piccolo esercito a un comando tedesco. Chiede
l'onore di un posto sulla linea del fuoco per quelli che
lui chiama "battaglione Mussolini". Accertate le
capacità del complesso, i tedeschi non frappongono
difficoltà ad avvalersi di questi uomini nei giorni
successivi, alla prima bisogna. Non lo faranno mai di
frapporre difficoltà davanti a piccole unità da loro
dipendenti in tutto e per tutto. Sono i giorni del
Volturno in piena, che gli alleati tentano di forzare
con tutti i mezzi. Sulla linea Falciano-Mondragone
durante la notte del 29 ottobre, gli alleati tentano di
infrangere gli ultimi spezzoni della vecchia linea di
resistenza Viktor.
Gli uomini di Cozzarini
senza adeguate armi anticarro, riusciranno a respingere
un massiccio attacco di una formazione corazzata
alleata, utilizzando la tattica delle bottiglie di
benzina (Molotov) e delle bombe a mano. Vennero anche
catturati 4 carri e circa 300 prigionieri al prezzo di
192 caduti. Per la condotta in combattimento a M.
Massico (m. 811), gli viene riconosciuta la promozione a
Capitano, che però non figura sulla sua lapide. Non deve
stupire che il reparto venga definito Battaglione, anche
se forse non ne aveva la consistenza, e sia comandato da
un ufficiale inferiore, perché questa era la regola
presso i Tedeschi e in particolari circostanze anche
degli italiani. Nei giorni che seguono il battaglione
italiano è nuovamente chiamato al combattimento e si
copre di gloria. Cozzarini viene anche insignito della
croce di ferro germanica. Respinti gli attacchi del X
C.d’A l’esiguo reparto, aggregato alla 3ª PzGrD, fu
dislocato sulla breccia di Mignano, lungo la SS 6
Casilina dominata dalle quote 1170 (M. Cesima*) e 1205
(M. Sammucro), dalla più prossima quota 357 (M. Rotondo)
a nord, dalla quota 963 (M.Camino) e dalle vicine quote
588 (M. Maggiore) e 350 (M. Lungo) a sud. La quota 1170
era difesa dalla 3ª PzGrD, formata in buona parte da
Volksdeutche polacchi, con i volontari di Cozzarini in
postazione avanzata a M. Rotondo.
*Col. Shepperd
"La campagna d’Italia
1943-1945" (pagg. 191-192): «un cedimento dei Panzer
Grenadier permise agli americani di entrare in possesso
di M. Cesima e di attaccare dal fianco M. Rotondo.
Questo attacco fallì, ma un secondo assalto fra la
nebbia raggiunse l’8 novembre la cresta che venne difesa
nonostante diversi contrattacchi». Ed è qui, nella lotta
scatenata dal 5 al 15 novembre 1943 per forzare la
stretta e il suo caposaldo S. Pietro Infine, che
Cozzarini trova la morte (10 novembre). Il battaglione
continuò a combattere e se ne hanno notizie fino al 18
dicembre 1943. |