La resurrezione del Dio
Pan
Giorgio Vitali
«Quando l'anima si abbandona tutta agli Dei e si
affida tutta alle potenze superiori, seguono le cerimonie ed i riti
divini. In quel momento tutto risiede negli Dei e tutto negli Dei
ritrova il proprio fondamento, e tutto è ricolmo degli Dei. Allora,
d'improvviso, la loro luce s'irradia sulle nostre anime ed anch'
esse si fanno divine»
Giuliano Imperatore, Inno alla Madre degli Dei, XVIII 15-19
«Un'invocazione alla Madre, come documento della riaffermazione
pagana nel dilagare della religione del "figlio", strettamente
correlata a quella biblica del "padre" -un padre afflitto da perenni
moti di gelosia, ira, violenza, istinto punitivo- induce a pensare
il tentativo di Giuliano come un ritorno alle virtuose origini
dell'armonia cosmica»
L. L. Rimbotti, "La rivoluzione pagana"
«Come i Romani giudicavano il "giuramento di popolo" una resa di
testimonianza agli Dei maggiore delle stesse leggi umane, del pari
Machiavelli sosteneva che sarebbe dovuto risorgere quell'antica
devozione»
L. L. Rimbotti, ibidem
«Questa Teosofia Teurgia, intessuta di devozione cosmica, come
risalendo i raggi dell'evocato demiurgo Sole-Re, perviene ad una
prefigurazione di un'unità di armonie»
L. L Rimbotti
«Garante della "Libertas" è Iupiter che, allo stesso tempo, è
garante della "Iustitia", la nozione sacrale di "libertas" è
connessa allo IUS, è uno "status" nel quale il soggetto, a seguito
di un determinato "statuto ontologico", definito dalla "dignitas",
ha la capacità e dunque la possibilità, di esercitare una
determinata pienezza rituale e sacrale. La "Suprema Libertas"
coincide con lo stato di Iupiter, il dispositore di ogni Ius, egli è
la persona divina libera da ogni vincolo limitativo, dispositore
pieno dello Ius-Iustitiae, stato realizzato dalla suprema autorità
romana, civile e religiosa»
L. M. A. Viola, "Essere Italiani. Identità religiosa e missione
universale", ed. Victrix
«Nel famoso "incipit" del "Ramo d'oro" James Fraser dimostra come la
venerazione della Vergine Maria si fosse innestata su quella di
Diana, anch'essa divinità virginale, che in Italia nei primi secoli
dell'Era cristiana era al centro di un culto molto vitale. La
tecnica dei cristiani fu molto efficace: si limitarono a dire agli
adoratori di Diana che finalmente avrebbero potuto conoscere il vero
nome della loro dea: Maria»
A. C. Grayling, "Il significato delle cose", Ed "Il Sole 24 Ore",
2008
«Restare nell'ignoranza di ciò che accadde prima che fossimo nati
significa rimanere per sempre bambini»
Marco Tullio Cicerone
«Enea costituisce in Lavinium il sacrario fondamentale del suo Genus,
il tempio di Vesta, luogo di custodia degli Arcana del Fatum, in
particolar modo il Palladium, Pignus Imperii per eccellenza,
presenza di quei Penates principali che Enea riattualizza in sé.
Penates ha radice pnt o anche pts. In questa radice è espresso uno
stato di pluralità unificata, piena, perfetta; Penates indica con un
termine generale l'Unità molteplice della Natura divina e, se il
primo degli Dei principali è Giano, l'unità trascendente dei Penati
s'identifica con l'unità suprema Non Duale»
L. M. A. Viola, ibidem
«Quando, tremila anni fa, fu concepita e redatta la proposizione di
portata universale secondo la quale "Dio ha creato l'uomo a sua
somiglianza", questa proposizione conteneva in anticipo tutto la
filosofia idealistica dell'Occidente, da Platone fino a Cartesio e
fino a Kant»
Hermann Broch, Zurich, 1955
«Dovremmo impazzire di gioia al solo pensiero di essere vivi nella
carne, di essere una parte del Cosmo vivente incarnato. Io sono una
parte del Sole come il mio occhio è una parte di me. Che io sia una
parte della terra lo sanno più che bene i miei piedi, il mio sangue
è una parte del mare. La mia anima sa che sono una parte della razza
umana, la mia anima è una parte organica è una parte della grande
anima dell'Umanità, il mio spirito una parte della mia Nazione»
D. H. Lawrence, "Apocalisse", Newton, 1995
«Per risalire all'Uno occorre riflettere, contemplare, operare, cioè
ristabilire un'unità non del tutto perduta ma decaduta. Risalendo,
si giungerà fino al limite di ricongiungersi in qualche modo con
l'Uno, quando si viva l'estasi, ossia quando, usciti da sé e dalla
propria particolarità, quasi ci si identifichi con il principio di
Tutto»
Vittorio Mathieu, "Perché leggere Plotino", Rusconi
«Come Catone imparò il greco, così i padri della Chiesa si
accostarono al Paganesimo e sentirono che esso era forza con cui
bisognava accordarsi. L' intransigenza dei primi cristiani si
addolcì e si piegò verso il riconoscimento della necessità di un
elemento culturale; il Paganesimo si spogliò di quanto poteva
contraddire alla "parola divina" e l'armonia si fece da una forza e
da una cultura, per una grande civiltà, anch' essa romana, d'indole
spirituale. Era un altro "mos pacis" quello che Roma imponeva al
mondo essendo la soluzione di un problema universalmente sentito,
per mezzo di una formula universalmente applicabile onde si
componevano la morale e la fede in una perfetta umanità» Emilio
Bodrero.[ La fine di un'epoca].
«L'alleanza tra le due Città era un fatto ormai compiuto quando,
esauritosi il processo di insediamento degli invasori (barbari)
l'Impero rinacque nella subordinazione almeno teorica del potere
temporale a quello spirituale per cui il diritto a reggere e
governare discendeva al re barbaro divenuto cristiano, da Dio per il
tramite della Chiesa. Il nuovo ruolo assunto di "garante"
dell'obbedienza al potere temporale impose alla Chiesa di rifondarsi
per divenire da religione di Stato, quale l' aveva proclamata
l'imperatore romano Teodosio, religione "fondamento" dello Stato»
Maria Luisa Fagioli Cipriani, "Cristoforo Colombo. Il medioevo alla
prova", ERI, 1985
«L'Uomo Verde, le divinità della Natura, le fate e gli elfi, furono
demonizzate. La natura, come del resto il corpo umano, doveva essere
castigata e controllata in quanto meramente funzionale e non solo di
gran lunga meno significativa delle verità spirituali astratte
dell'aldilà, ma ostile ad esse in maniera attiva, a meno che non
fosse soggiogata»
A. C. Grayling. Ibidem
«La fede, come uno sciacallo, si nutre frugando tra le tombe, e
proprio dalle spoglie di questi dubbi raccoglie la sua speranza più
vitale»
Herman Melville
«Il diavolo incoraggia gli scismatici che dividono la comunità, e
gli eretici, che insegnano false dottrine. Anche per Tertulliano la
malvagità spirituale da cui viene l'eresia è stata inviata dal
diavolo»
Sant'Ignazio, vescovo di Antiochia, II sec.
«La verità è che l'annuncio evangelico è stato predicato nei primi
secoli in maniera aggressiva e con discorsi irrispettosi verso il
paganesimo ed i suoi adepti, bollati con i termini più disonorevoli.
San Claudio così ingiuria gli idoli davanti al governatore di Egea,
Lisia: "I vostri Dei sono demoni immondi"»
Pierino Marazzani, "La Chiesa che offende", Controcorrente
«Avrei voluto essere un usignolo ma Dio ha fatto di me un semplice
imperatore»
Marco Aurelio
«Vulgus vult decipi, ergo decipiatur»
Papa Paolo IV
«È necessario che non si dormi, ma ci affatichiamo di estirparli in
quei lochi dove potiamo»
San Roberto Bellarmino
«Si erge a idolo colui che si pone contro Dio, e si pone contro Dio
chi non ama il prossimo suo, ma solamente se stesso. Sono costoro
gli Anticristi in seno alla Chiesa, i quali ammassano sostanze a
modo di formiche e truffano ed inducono in tentazione chi viene in
contatto con loro»
Paracelso, "Scritti etico-politici"
«Mundus è l'equivalente di Cosmos ed implica l'idea dell'esistenza
di ciò che è venuto ad esistere secondo ordine, con ordine. Esso non
è creato "ex nihilo" ma procede senza soluzione di continuità dal
suo Principio. Mundus, come Cosmos, implica anche l'idea di
"ornamento della Causa", del Principio che lo fa esistere. Mundus è
il sostegno della Mente Divina, l'apogeo dell'articolazione della
contemplazione essenziale del Dio Demiurgo, per cui il Mondo è
l'articolazione della sua essenza in segni, cifre, verbi ordinati
secondo misura ottima e perfettamente bella»
L. M. A. Viola, "Tempus Sacrum", Victrix ed |
La morte del dio Pan
Sebastiano Ciampi (1769-1847) tradusse in volgare italiano il seguente racconto
di Plutarco nel trattatello "De Oraculorum delectu".
«Epiterse… raccontava che una volta, imbarcatosi per l'Italia sopra una nave
carica di ricche merci, e piena di una turba di passeggeri, sulla sera,
trovandosi verso le isole Echinadi, il vento abbassò e la nave andando qua e là
con direzione incerta, venne ad avvicinarsi a Paxo. Delle genti di sulla nave
molte eran deste e molte, avendo cenato, continuavano a bere. All'improvviso fu
sentita una voce uscita dall'isola di Paxo che a gran tuono chiamava: Tamo; di
che la meraviglia fu grande. Questo Tamo, egiziano di patria, era il piloto; ma
non conosciuto per nome dalla maggior parte di quei che erano sulla nave.
Chiamato due volte, non rispose, finalmente alla terza diè orecchio. Allora
colui che chiamava, rinforzata la voce, disse: "Quando sarai giunto a Palode dài
la nuova che Pane grande è morto! Raccontava Epiterse che tutti, udito questo,
si spaventarono e che consigliandosi se fosse meglio eseguir l'ordine o non se
ne dare per inteso, Tamo decise di lasciar correre qualora rialzandosi il vento,
avesse potuto tirar via cheto cheto; ma se poi giunto al posto facesse calma e
bonaccia, avrebbe in quel caso annunziato ciò che aveva udito. Diceva che,
infatti, arrivati a Palode, senza vento e senza movimento d'acqua, Tamo di sulla
poppa e con la faccia rivolta verso terra, annunciò, come aveva udito, che Pane
grande era morto. Non ebbe peranco finito di dire che fu inteso gran gemito
misto a voci di sorpresa non d'un solo, ma di moltissimi: e come che vi si erano
trovate presenti molte persone, velocemente se ne sparse la notizia fino a Roma;
e Tamo fu chiamato colà dall'imperatore Tiberio. Aggiungono che questi gli
prestò fede a segno di aver fatto premurose ricerche e domande attorno a qual
Pane grande. Gli eruditi, che in gran numero tenevasi attorno Tiberio, non
seppero congetturare altro se non che quel Pane grande essere Pane nato da
Mercurio e da Penelope. A Filippo (che è il narratore del dialogo di Plutarco),
fu confermato il racconto anche da qualcuno degli astanti, che erano stati
discepoli di Emiliano».
Nota: Uno studio critico dell'episodio plutarchiano, contenente un interessante
tentativo di interpretazione esoterica del Mito, è stato pubblicato dal prof.
Luigi Garello, nel volume: "La morte di Pan", Bocca, 1908. [G. Fumagalli, "Chi
l'ha detto?", Hoepli, 1946]
Resurrezione di Pan grande e degli altri dei
Mentre la morte di Pan, narrata da Plutarco, è situata nel periodo d'inizio
della diffusione del cristianesimo, è sempre più vasto nell'intero mondo abitato
il movimento di RINASCITA degli DEI. Questo movimento trova alimento
nell'incontro fra la cultura occidentale e quella orientale, modificando anche
la cultura medica in una visione "olistica" fondamentalmente contrastante con
l'immagine positivistica della vita che descrive ogni essere vivente come
un'accozzaglia casuale di organi autonomi ed avulsi dalla totalità del
corpo-anima-spirito.
Quest'ultima visione del mondo è con molta evidenza funzionale all'interesse
economico della produzione industriale per la quale è più facile fingere di
"curare" queste parti separate dal tutto, per riservare alla mente-psiche che,
ovviamente, è esautorata dal controllo totale dell'organismo, altri prodotti
(psicofarmaci) dell'industria chimica. È questa la ragione della grande
diffusione di sostanze psicoattive, mediaticamente proposte con sempre maggiore
violenza alla fine di creare un'assuefazione all'uso di droghe fin dalla prima
infanzia.
E tuttavia, proprio in conseguenza della lenta e difficilmente contenibile
avanzata della cultura alternativa in nome del rilancio di un'autentica
riscoperta della Natura, tutto un mondo, quello del materialismo razionalista,
del dualismo (spirito-materia, mente-corpo, mente-anima, cielo-terra,
religione-laicismo, animato-inerte, vita-morte, salute-malattia etc…) è
destinato a scomparire nelle coscienze e nei comportamenti umani. Un nuovo,
autentico Rinascimento, basato su un nuovo Umanesimo, è alle porte.
Secondo René Guénon, il Mondo Contemporaneo è attraversato da un'età oscura, il
Kali-yuga della tradizione induista, ciclo caratterizzato da confusione,
decadenza e degenerazione. Le sacre verità della Tradizione sono sempre più
occulte e irraggiungibili. Sempre secondo Guénon, la più imponente superstizione
dei moderni si palesa nella fede irrazionale nelle scienze, nel rifiuto
dell'uomo moderno di ammettere una prospettiva di pensiero che non sia stata
precedentemente legittimata dalle scienze empiriche e dalla ragione strumentale.
La scienza moderna non è vera conoscenza perché, anche se le accade di enunciare
cose vere, non sa fornire la ragione delle sue verità. I tanti "fedeli" devoti
del mito scientista avrebbero sicuramente molti dubbi se solo venissero a
conoscenza con quanti trucchi sono manipolate le famose "ricerche sperimentali"
per ragioni puramente economiche e politiche. Aggiunge un altro studioso della
modernità… «Filosofia e Religione non possono permettersi di asserire qualcosa
che risulti in contrasto col sapere scientifico, mentre questo forma le sue
verità incurante di un qualunque confronto con altri ambiti della cultura».
Guénon così si esprimeva: «Tenendo conto di tutte le considerazioni fin qui
esposte, è facile comprendere che Roma è, per l'Occidente, un'immagine del vero
"Centro del Mondo", della misteriosa "Salem" di Melkitsedeq» (R. Guénon,
"Autorità Spirituale e Potere temporale", Luni ed. 1995).
«In tale contesto, la figura del Re del Mondo nella sua realtà principale di
detentore dei due poteri-regale e sacerdotale- era rappresentata dallo stesso
Giano» (R. Guénon, "Il re del Mondo", Adelphi, 1977)
Arturo Reghini, in un editoriale del 1925 così si esprime: «È nostra
profondissima persuasione che la tradizione occidentale debba tornare
visibilmente a manifestarsi; che Roma, la città sacra, l'alba città dei
costruttori arcaici, eliminate le infezioni esotiche… debba riprendere la sua
opera di illuminazione, di unificazione, di universalizzazione e di imperio
spirituale. Il reato di usurpazione compiuto da quelli che Dante chiamava
"pastori senza legge, idolatri, predicatori di ciance", non andrà prescritto,
perché nonostante le parodie indegne, la Tradizione sacra vive pur sempre».
Il pensare classico, peraltro, non ha mai cessato di essere presente nelle opere
dei più profondi pensatori, che possono essere scoperte fra le pubblicazioni di
questi intenzionalmente messe in disparte.
C'è l'esempio limpido di Goethe, la cui ricerca non si è limitata allo scavare a
fondo nelle intime connessioni fra la vita dell'Universo ed i drammi
esistenziali individuali. Goethe ha elaborato un metodo scientifico non
razionalista, né dialettico (evoluzionismo), né classificatorio (Linneo), ma di
assoluta comprensione per immedesimazione nelle forze naturali. Da qui il
compito dell'uomo, che non esiste solo per crearsi l'immagine di un mondo in sé
compiuto, cioè per riflettere passivamente il mondo, al contrario, l'uomo è
partecipe della realizzazione del mondo, della creazione del mondo, continua la
creazione del mondo in quanto restituisce al Cosmo in idee ciò che a lui è
offerto in fenomeni. In questo, l'uomo è cittadino di due mondi: del mondo
fisico e del mondo soprasensibile.
Giovanni Pico della Mirandola, nella sua "Oratio de hominis digitate" ha
definito il manifesto del pensiero umanistico. In esso, Pico propone una "Pax
philosophica" incardinata sul modello di pace che Dio attribuisce ai cieli che
lo attorniano: "Philosophia ancilla pacis". Egli scrive: «Godremo la pace
invocata, la pace santissima, l'unione indissolubile, l'amicizia concorde, per
cui tutti gli animi non solo si accordano in quell'unica mente che è sopra ogni
mente, ma in una maniera ineffabile si fondono in un solo. Questa è l'amicizia
che i Pitagorici dicono il fine di tutta la filosofia, questa è la Pace che Dio
attua nei suoi cieli; che gli angeli discendendo in Terra annunziarono agli
uomini di buona volontà, perché per essa anche gli uomini salendo al cielo
diventassero angeli».
La riscoperta di Flavio Claudio Giuliano Imperatore
«Quando l'anima, ripiegando in sé, dapprima con se stessa indugia, poi, nel
segreto della propria interiorità, incontra il dio, da sola a solo, non impedita
da nessuno…».
Giuliano non è solo l'esempio di un tentativo di restaurazione politica, ma
soprattutto la manifestazione di una continuità di pensiero che si diparte dal
platonismo per permeare nella sua epoca l'intero pensiero filosofico, religioso,
scientifico.
Non esiste discontinuità fra il platonismo pagano (Plotino, Porfirio) e quello
cristiano (Agostino), per cui possiamo tranquillamente affermare che il
cristianesimo che si è diffuso nei primi secoli dell'èra volgare, altro non era
che una visione del mondo elaborata molto lentamente dalle popolazioni
mediterranee, che avevano creato molte religioni pagane (misteri greci,
pitagorismo, dogmi di Zoroastro, cabala, mitologia pagana) e cristallizzata in
dottrina tramite il pensiero filosofico greco, che era la struttura mentale e
l'articolazione logica nella quale venivano elaborati i pensieri in quell'epoca.
«Mi è città, mi è patria il mondo, e amici dei e demoni e tutti quanti siano e
dovunque si trovino uomini probi. Ma bisogna rispettare ed onorare la terra dei
nostri natali, perché questa è legge divina, e bisogna sottometterci alle patrie
norme, senza usare violenza e senza recalcitrare allo sprone, come si usa dire a
modo di proverbio. Inesorabile difatti è quello che si chiama il giogo della
necessità».
A conferma di quanto precedentemente scritto sta un concetto espresso di
recente, come emerso da un incontro Blondet-Cacciari: «Ogni società
tradizionale, come albero rovesciato, ha la sua radice nella legge divina, nel
Nomos».
Scrive Giuseppe Dagnino ("Gli occhi dell'anima, intreccio di scrittura fra
Giuliano e Saturnino Secondo Salustio", ECIG, 1996): «Vero è che il
cristianesimo in espansione, messo da Costantino sulla via d'esser fatto, fra
non molto, religione di Stato, cavalcava accanto alla grande filosofia classica,
ed appunto nell'età dei Padri vi cercava gli strumenti concettuali e linguistici
della propria edificazione in teologia e in filosofia, intento a fissare la
verità contro le ritenute eresie che da ogni parte insorgevano e pur
costituivano indizio di fervida ricchezza della nuova religione in ascesa.
Appropriandosi di quel linguaggio che veniva fornito dalla filosofia classica e
non era soltanto strumento di espressione bensì, come sempre il linguaggio, era
corpo reale del pensiero e reale residenza della cultura nell' unicità
indivisibile del Logos».
Pertanto possiamo aggiungere che il cristianesimo, basandosi sulla figura
sicuramente mitica o comunque necessariamente mitizzata del personaggio Gesù,
elaborata in Alessandria, città crogiolo di tendenze culture e religioni
gravitanti nell'area mediterranea, (Clemente e Filone) la situava in uno
scenario naturale, la Palestina romana, che era pressoché ellenizzata, come
dimostra la storia dell'essenismo, tant'è che i Vangeli furono scritti in greco
classico, circa un secolo dopo gli eventi narrati..
In particolare, la lettura di Filone ("Commentario allegorico alla Bibbia",
Rusconi, 1994, a cura di Roberto Radice) permette di comprendere il meccanismo
interpretativo che introduce i personaggi biblici nell'ambito dell'articolazione
logico-filosofica greco-romana. Si tratta dello stesso tipo di contaminazione
sincretistica dell'arte rinascimentale e post-rinascimentale, con la quale gli
stessi artisti interpretavano indifferentemente figure umane simboleggianti
divinità pagane, personaggi biblici o personaggi della tradizione evangelica.
Va fatto necessariamente notare che questa "confusione visiva" era intenzionale,
cioè commissionata agli artisti dal potere politico-religioso, affinché la
"memoria visiva", che è la memoria per eccellenza, registrasse come vere,
compresenti ed attuali, immagini contenenti messaggi culturali. Così come oggidì
il cinema, e la sua dilatazione televisiva, svolge la stessa funzione, quindi è
sempre più difficile distinguere fra un documentario supposto "storico" ed una
ricostruzione cinematografica. La memoria da ordine al caos e fonda il presente,
rielabora il passato e costruisce il futuro. Stupisce, infatti, che, nell'ambito
del formalistico dibattito sulle radici dell'Europa, quando si contendeva sui
Media fra una matrice illuministico-massonica e un giudeo-cristiana, con
l'intento di una reciproca sopraffazione, non siano stati diffusi giudizi di
studiosi "autorevoli" attestanti la verità, e cioè che le matrici dell'Europa
stanno tutte nella "Civiltà Greco-Romana".
Riferimento dantesco
In questo contesto non può mancare il riferimento a Dante in quanto interprete
della tradizione della classicità platonica, che egli espresse tanto nell'opera
poetica, quanto in quella politica ("De Monarchia", "Convivio", "Epistole"), per
finire nell'illuminazione totale della "Commedia".
Scrive, infatti, A. Meozzi ("L'utopia politica di Dante", Ed. Athena, 1929):
«... Nell'interferenza reciproca delle sue aspirazioni, per cui talora il
credente prende il sopravvento sull'uomo di parte e questo talora fa forza al
teologo, (si veda per questo l'ardita beatificazione di tutta la storia romana)
e tutto il dramma del cristianesimo (Natività-Passione) formalmente asservito
alla legittimazione giuridica dell'Impero, si rivela tutto il segreto della sua
coscienza. Lo stesso è a dire delle oscillazioni tra l'idealismo etico-religioso
che gli fa subordinare l'autorità imperiale al benessere dell'umanità e
l'idealismo politico che ne consacra l'assoluta potenza sfuggendo al concreto
problema dei limiti della sovranità».
Jung e l'incontro della spiritualità dell'Occidente e dell'Oriente
«La saggezza e la mistica dell'Oriente hanno moltissimo da dirci, sebbene
parlino l'immutabile linguaggio loro proprio. Esse debbono rammentarci quel che
abbiamo di simile, e che già abbiamo dimenticato nella nostra cultura,
richiamando la nostra attenzione su ciò che noi mettiamo da parte come
insignificante, cioè sul destino dell'uomo interiore. La vita e gli insegnamenti
dell'esperienza orientale ed indiana in particolare, non hanno importanza
soltanto per l'indiano, ma anche per l'Occidente, non sono soltanto un documento
umano, ma un ammonimento ad un'umanità che minaccia di perdersi nel caos della
sua innocenza e della sua anarchia».
(da un articolo di Sergio Bernardi su "Sapientiam Scire" 3-4 Trim.1996)
Il principio antropico
Il principio antropico elaborato dal prof. Giuseppe Arcidiacono tiene conto
delle acquisizioni degli studi scientifici non allineati al pensiero unico
dominante. In particolare, sulla base della teoria unitaria del mondo fisico e
biologico proposta nel 1942 dal Fantappiè, in Natura esistono due opposte
tendenze. Una entropica, verso la degradazione ed il livellamento,
caratteristica dei fenomeni fisici, ed una opposta tendenza sintropica verso
l'organizzazione e la differenziazione, caratteristica dei fenomeni biologici.
Tale doppia tendenza si manifesta a tutti i livelli, e dalla lotta tra l'ordine
ed il disordine ha origine il divenire.
Per concludere, è proprio la complessità dei viventi che ha portato tanti
scienziati ad ammettere che l'Universo non deve essere più concepito come una
macchina che procede ciecamente, ma piuttosto come un grande organismo, nel
quale vive un'intelligenza cosmica diffusa a tutti i livelli, che guida i
complicatissimi processi che avvengono nei viventi.
Conclusione
Questo rapidissimo excursus ci ha guidato per i percorsi della storia alla
ricerca della "Rinascenza" della nostra epoca. La Resurrezione del Dio Pan, che
non è mai morto nelle coscienze degli uomini delle grandi civiltà. È in questo
senso che occorre elaborare una "filosofia politica" intendendo con ciò una
potenzialità culturale ed un percorso esistenziale capaci di amalgamare persone
coscienti della crisi in atto per le quali il cambiamento sia la condizione
stessa dell' esistenza.
Giorgio Vitali
«Salve! Sia tu felice e dei loro
doni ci colmino gli dei!
Fa ritorno alla tua casa, alla cara patria terra!».
("Iliade" ed "Odissea") |
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