da
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(27/9/2012)
E per le bombe atomiche,
24 mila euro a Enrico Fermi
e agli altri "ragazzi di
Via Panisperna"
la NOTA di Maurizio Barozzi
... alcuni accenni su Enrico Fermi
L'articolo sotto riportato ha un
certo interesse, anche se, più che altro, riguarda aspetti
successivi alla scoperta e utilizzo della bomba atomica.
Molto più interessante sarebbe
stato, invece, ricostruire le trame e le vere motivazioni che
portarono Fermi e gli altri del gruppo a fare la scelta "americana".
Stranamente oggi gli storici non
indagano quegli aspetti, che pur hanno importanti conseguenza
politiche e si limitano a ripetere, con poche varianti, la favoletta
di Fermi che svolazza negli States a causa della moglie ebrea.
Dobbiamo dare atto ad Antonio
Pantano di aver dato alcuni accenni sui veri retroscena di quella
"fuga", ma ancora nessuno ha inteso raccogliere l'invito per
intraprendere una ricerca storica interessantissima.
Come aveva ben indicato Pantano
verremmo a conoscere certi retroscena su facoltosi contratti che il
Fermi aveva sottoscritto con gli USA, sulla volontà criminale di
Roosevelt che aveva puntato e investito forte per acquisire una
ricerca atomica a fini bellici, e tante altre cosette del genere.
Ma attenzione: Mussolini era ben
lungi dal non sapere nulla di questi maneggi e ben conosceva anche i
retroscena della vicenda Fermi. Non intervenne, però ed oggi
possiamo dire, sbagliando.
Perchè Mussolini fece finta di
niente?
Per rispondere a questa domanda, al
di là di certi aspetti finanziari, dobbiamo considerare gli aspetti
geopolitici che furono determinanti anche in quella vicenda.
Nella seconda metà degli anni '30,
quando si svolsero questi fatti, Mussolini politicamente giocava su
più tavoli e del resto non poteva fare diversamente vista la nostra
manifesta inferiorità economica e finanziaria.
Egli si dibatteva tra la paura di
una crescita troppo forte della Germania e la necessità di
scrollarsi di dosso le ingerenze britanniche che erano i nostri veri
nemici geopolitici.
Il nostro dramma, di una Italia
portaerei nel mediterraneo, era quello che la sua geopolitica la
costringeva a vigilare su due fronti: peninsulare e insulare, e
senza mezzi militari adeguati per farlo!
In quest'ottica Mussolini aveva
anche coltivato l'idea di puntare sul desiderio statunitense di
subentrare agli inglesi nella ingerenza in Europa. Gli americani
avrebbero potuto far saltare il banco dei rapporti internazionali in
Europa, agevolando la nostra sopravvivenza. È questa una strategia
naturale, conosciuta dagli storici e che subentra ogni volta che si
è un vaso di coccio (l'Italia) tra due vasi di ferro (Germania e
Inghilterra).
Le simpatie che la figura del Duce
riscuoteva in America e la presenza di moltissimi immigrati, davano
modo al Duce di giocare anche su questo piano.
Quindi il fatto che Mussolini non
intervenne per fermare la fuga di Fermi, deve essere visto come
conseguenza di importanti retroscena finanziari e come necessità di
perseguire certi rapporti geopolitici.
Quello che Mussolini ignorava o
forse meglio non si rendeva conto fino a che punto, era il fatto che
Roosevelt era il burattino in mano della grande finanza di Wall
Street e oltretutto fortemente condizionato dall'ebraismo, e quindi
rimase fregato in pieno.
Non a caso tutti si chiedono del
famoso carteggio Mussolini-Churchill, ma nessuno fa caso che sparì
anche ogni rigo scritto per eventuali rapporti tra Mussolini e
Roosevelt, ed è ovvio che non poteva non esserci nulla.
Maurizio Barozzi |
Brevetto numero 324458 per produrre sostanze
radioattive sottoponendole in particolare a flussi di neutroni rallentati con
urti multipli, brevetto registrato il 26 ottobre 1935 a Roma presso lo Studio
Laboccetta, ed esteso poi ad altri Paesi: la storia dei reattori atomici, della
bomba A, cioè atomica, nonché quindi delle bombe H all'idrogeno e delle bombe N
a neutroni, comincia da quel brevetto, la cui storia è davvero avventurosa oltre
che lunga. Registrato a nome di Enrico Fermi, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo,
Franco Rasetti ed Emilio Segrè, i più attivi tra i "ragazzi di via Panisperna",
come vennero chiamati una volta famosi perché in quella via, nell'attuale numero
civico 89, c'era l'Istituto di Fisica dell'Università, dove Fermi all'età di
soli 27 anni s'era guadagnato la cattedra di fisica teorica.
Dell'istituto oggi in quella strada e a quel numero s'è persa anche la memoria.
Poiché la loro scoperta brevettata aveva permesso agli Stati Uniti di costruire
le prime bombe atomiche e di usarle vittoriosamente contro i giapponesi nella
seconda guerra mondiale, i "ragazzi" intentarono causa al governo degli Stati
Uniti per vedersi riconoscere dei diritti, e di conseguenza dei quattrini.
La causa durò anni, in piena guerra fredda con l'ormai scomparsa Unione
Sovietica, si concluse nel 1953 e fruttò agli ex di via Panisperna la bella
cifra di 400.000 dollari dell'epoca: pari a un bel pacco di milioni di euro di
oggi, diciamo tra i 15 e i 20.
È una storia che vale la pena conoscere, visto anche che ormai si parla di bombe
atomiche spesso a sproposito, come fossero noccioline o grossi petardi….
Depositato il brevetto, l'accordo prevedeva che gli eventuali guadagni verranno
anche suddivisi con il chimico del gruppo, Oscar D'Agostino, e con il professor
Giulio Cesare Trabacchi, che ha prestato il grammo di radio utilizzato dai
"ragazzi" per i loro esperimenti coronati da successo. Per quanto possa apparire
incredibile, il momento clou fu quando nell'acqua della fontanella con i pesci
rossi del cortile dell'istituto di via Panisperna quei giovanissimi geni
immersero il grammo di radio, che emette neutroni, e un piccolo cilindro
d'argento: ebbero infatti la conferma che l'idrogeno, costituente dell'acqua
assieme all'ossigeno, rallenta significativamente i neutroni, particolare questo
alla base della reazione a catena controllata delle centrali atomiche che
producono corrente elettrica e utile nella reazione a catena fulminea che fa
esplodere gli ordigni nucleari A, H ed N. "Ma mi spaventate i pesci…", protestò
l'ignaro custode dell'istituto.
Una volta esteso il brevetto anche all'estero, un italiano emigrato negli USA ed
ex allievo di Fermi, Gabriello Giannini, in cambio di una quota degli eventuali
proventi si offrì di cercare industrie interessate allo sfruttamento del
brevetto, cioè all'utilizzo della possibilità di rallentare i neutroni, e una
società olandese, la Philips, anticipò le spese. Giannini si diede molto da
fare, ma non combinò nulla. L'unico utilizzo fu quello del primo piccolo
reattore atomico che riuscì a ottenere una reazione a catena controllata grazie
soprattutto al lavoro di Fermi, emigrato negli USA con la moglie ebrea a causa
delle leggi razziali imposte dal fascismo.
Il reattore faceva parte del gigantesco "progetto Manhattan" approvato dal
governo USA per produrre le prime bombe atomiche. Motivo per cui alla base di
tale produzione c'era il brevetto numero 324458, registrato il 26 ottobre 1935 a
Roma presso lo Studio Laboccetta.
Un bel giorno, a guerra finita, il parlamento americano approva la legge che
riconosce il diritto al risarcimento per i cittadini titolari di invenzioni
espropriate dal governo per utilizzarle liberamente in guerra. Oltretutto, tra i
fisici al lavoro per la bomba atomica USA c'era anche Segrè, a Los Alamos, nel
cui deserto verrà fatto esplodere in via sperimentale il primo ordigno A. E c'è
Pontecorvo che ha contribuito dal Canada e dall'Inghilterra. Approvata la legge,
Giannini chiede allo Stato americano 10 milioni di dollari come "giusto
compenso".
Inutile il tentativo del governo USA di sollevare il conflitto d'interessi nei
confronti di Fermi perché membro anche del Comitato Consultivo della Commissione
Atomica Statunitense. E' infatti semplicemente ridicolo affermare che può avere
spinto per la realizzazione dell'atomica per il proprio lucro personale.
Alla fine il governo pagherà come "giusto compenso" per l'esproprio i 400.000
dollari. Da dividere con una persona in meno: Pontecorvo infatti nel '50 è
scomparso, emigrato clandestinamente in Unione Sovietica per evitare ci fosse
uno Stato col monopolio delle bombe atomiche, che avrebbe potuto così ricattare
non solo Mosca, ma il mondo intero. Era scomparso già nel '38, forse suicida o
forse in un convento, anche Ettore Majorana, il più geniale tra tutti i ragazzi
di via Panisperna, ma assolutamente non interessato a guadagni né a onori di
sorta dato il suo carattere molto chiuso e un po' asociale, tant'è che non volle
figurare tra i titolari dello storico brevetto.
Risultato: «Detratte le spese, comprese quelle degli avvocati, ognuno di noi
ricevette 24.000 dollari», ha precisato a suo tempo Segrè. Cifra equivalente a
qualche centinaio di migliaia di euro oggi.
Il Giappone invece pagò con l'uccisione di una massa di esseri umani compresa
tra le 152 mila e le 200 mila vittime nelle città rase al suolo di Hiroshima e
Nagasaki, più un numero imprecisato ma enorme di feriti, mutilati, handicappati
e morti successivamente a causa degli effetti delle radiazioni nucleari delle
due bombe atomiche sganciate dagli USA. Per quanto possa parere strano, questo
prezzo pagato dai giapponesi non è mai stato un problema né per Fermi né per gli
altri ex ragazzi di via Panisperna.
Pino Nicotri
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