Un
decennio si è appena concluso, ed è tempo di bilanci
anche per la politica internazionale. Dieci anni sono un
tempo breve per una disciplina come la geopolitica, cui
è connaturato l'approccio di lunga durata, ma
coniugandola allo studio non spaziale delle relazioni
internazionali è possibile descrivere chiaramente questo
lasso di tempo contenuto.
Secondo
noi di "Eurasia", l'ultima decade è stata caratterizzata
da una dinamica evidente: il declinare dell'egemonia
statunitense, la spinta all'integrazione regionale (vedi
Il tempo dei Continen ti,
nr. 2/2008), l'avanzare d'un nuovo ordine
multipolare. Il decennio 2001-2010 ha dunque visto
iniziare una fase di transizione – non ancora conclusasi
– dall'unipolarismo al multipolarismo. In questa fase,
l'egemonia statunitense è ancora in piedi, ma appare
sempre più traballante.
Abbiamo provato ad individuare 10 eventi
"geopolitici", rappresentativi d'altrettante tendenze
per lo più regionali e di medio-breve periodo, le quali
rientrano nel quadro della macro-dinamica globale e di
medio-lungo periodo sopra descritta.
Ai let
tori presentiamo questi 10 eventi/tendenze in una
classifica d'importanza crescente, abbinando ad ognuno
di essi l'indicazione d'uno o più numeri di "Eurasia"
per approfondire l'argomento.
Cogliamo l'occasione per ricordare che ancora per pochi
giorni, ossia fino al 15 di gennaio, sarà possibile
ricevere un libro a scelta in regalo abbonandosi a
"Eurasia": approfittate subito di questa vantaggiosa
offerta!
10. La guerra israelo-libanese
Israele in difficoltà si fa più bellicoso
Se gli anni '90 sono caratterizzati da accordi di pace
fragili e parziali, l'ultimo decennio, apertosi con
l'arrivo al governo di Sharon e conclusosi con Netanyahu
primo ministro e Lieberman ministro degli Esteri, vede
la politica israeliana sterzare definitivamente "a
destra", a compimento d'una dinamica avviatasi già sul
finire degli anni '70. Forte anche dell'appoggio
incondizionato garantito dall'Amministrazione Bush, Tel
Aviv abbandona le trattative – se non quelle puramente
formali, come l'inconcludente "road map" – e cerca di
risolvere i conflitti unilateralmente e con la forza:
dal muro di segregazione in Cisgiordania all'embargo a
Gaza, dall'aggressione al Libano alle minacce all'Iràn.
L'aggressività rispecchia però una maggiore debolezza:
le azioni militari spesso non incontrano il risultato
voluto, come quando, nel 200 6, i miliziani di
Hezbollah riescono a respingere le truppe d'élite
sioniste. In Palestina, il più docile
Fatah è superato nei consensi
dall'oltranzismo di
Hamas. All'interno
d'Israele, la crescente popolazione d'etnia araba
minaccia il carattere "ebraico" dello Stato di Israele.
Le soluzioni prospettate sono sempre più radicali:
accrescere la discriminazione dei cittadini arabi e
risolvere i conflitti con Palestina, Libano e Siria
tagliando il nodo di Gordio iraniano. Un avventurismo
che ha destato preoccupazione persino nel ceto dirigente
statunitense, come dimostra il successo dell'opera di
Walt e Mearsheimer sulla "Israel
Lobby", ed imbarazzo alla Casa Bianca, anche
se per ora l'appoggio di Washington non pare in
discussione.
Per approfondire:
Palestina,
nr. 2/2009.
9. L'invasione dell'Iràq
Il crollo dell'argine iracheno e l'affermazione
dell'Iràn
L'invasione statunitense dell'Iràq, la deposizione ed
esecuzione di Saddam Hussein, la fine del regime del
Ba'ath segnano la retrocessione (almeno
temporanea) del paese mesopotamico dal ruolo di grande
potenza regionale. Affrancato dalla minaccia e
dall'argine iracheno, l'Iràn può spingere la propria
influenza sul Vicino Oriente, prima di tutto nell'Iràq
stesso, ma anche nell'alleata Siria, in Libano,
Palestina e nella Penisola Arabica (dove il principale
interlocutore è il Qatar). Protagonista di questa
stagione è il presidente Mahmud AhmadinejÄÂd, assurto
alla carica nel 2005. Coniugando una focosa retorica ad
un attivismo in politica estera che travalica i confini
regionali per spingersi fino all'Asia Centrale
(candidatura all'Organizzazione per la Cooperazione di
Shanghai), all'Africa ed al Sudamerica, riuscendo a
sopravvivere all'os tilità di potenti nemici interni ed
ai disordini post-elettorali del 2009, AhmadinejÄÂd ha
saputo fare della Repubblica Islamica una delle grandi
potenze regionali del Vicino e Medio Oriente.
Per approfondire:
Iran,
nr. 1/2008.
8. Il Parlamento turco rifiuta la
partecipazione all'attacco all'Iràq
Il nuovo orientamento strategico della Turchia
L'1 marzo del 2003 il Parlamento turco vota contro la
richiesta di concedere il territorio nazionale per
l'attacco statunitense all'Iràq. Per il membro musulmano
della NATO è un primo passo verso quella ridefinizione
della politica estera che sarà condotta dal capo del
governo Erdoğan (che assume la carica 13 giorni più
tardi) con l'aiuto, a partire dal maggio 2009, del
ministro degli Esteri Davutoğlu. Al panturanismo si è
sostituita la riscoperta dell'identità musulmana della
Turchia; all'atlantismo l'obiettivo della profondità
strategica; all'alleanza con Israele la logica dei "zero
problemi coi vicini". Ank ara ha dunque allentato i
rapporti con Washington e Tel Aviv per cercare una nuova
collocazione come mediatrice dei conflitti in quelle
aree di cui l'Anatolia rappresenta il crocevia: Balcani,
Caucaso ma soprattutto Vicino Oriente. Ciò ha portato
però al rapido deteriorarsi dei rapporti con Israele,
insofferente verso il nuovo atteggiamento turco e la cui
bellicosità confligge coi nuovi obiettivi fatti propri
da Ankara.
Per
approfondire:
Turchia,
nr. 1/2004.
7. Il popolo venezuelano resiste
al tentativo di golpe
Il risveglio dell'America Indiolatina
Il 13 aprile 2002 il presidente Hugo Chávez rientra a
Palazzo Miraflores e la legalità costituzionale è
ristabilita in Venezuela. Due giorni prima un
golpe militare, sostenuto da USA e Spagna,
aveva portato al sequestro di Chávez, lo scioglimento
del Parlamento e della Corte Suprema, l'annullamento
della costituzione. La reazione della popolazione di
Caracas, la fedeltà d'una parte delle Forze Armate, la
solidarietà dei paesi sudamericani portano alla
sconfitta del golpisti. Si tratta di una svolta epocale
per l'America Indiolatina: negli anni successivi governi
patriottici s'installano in Argentina, Bolivia, Brasile,
Ecuador, Nicaragua ed altri paesi ancora. Nuovi
tentativi eversivi falliscono in Bolivia e Ecuador;
l'unico golpe riuscito si verifica nel piccolo Stato
centroamericano dell'Honduras, e porta subito alla ferma
condanna di tu tti i paesi latinoamericani. Con l'arma
del golpe spuntata, l'egemonia statunitense
sull'emisfero occidentale traballa: il trattato di
libero scambio panamericano è rigettato e deve vedersela
con un'alternativa bolivariana, l'ALBA; la Russia
diventa il primo venditore di armi in Sudamerica e
cresce il peso economico della Cina; il progetto
d'integrazione dei paesi indiolatini conosce una brusca
accelerata, con la nascita dell'ALBA, dell'UNASUR e
della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici.
Per approfondire:
L'America Indiolatina nel sistema multipolare,
nr. 3/2008 e
L'America Indiolatina,
nr. 3/2007.
6. Gli elettori francesi bocciano
la Costituzione europea
Lo stallo dell'integrazione europea
L'Unione Europea inizia il decennio allargandosi verso
est e varando una moneta unica, ma il processo
d'integrazione subisce una battuta d'arresto il 29
maggio 2005, quando gli elettori francesi rifiutano la
proposta Costituzione europea, imitati poco dopo dagli
olandesi e dagl'irlandesi. È il segnale d'un malessere
che blocca sia l'ulteriore allargamento sia
l'approfondirsi dell'integrazione tra i paesi già membri
dell'Unione Europea. Divisioni inquietanti si erano già
manifestate nel 2003 quando, di fronte all'invasione
statunitense dell'Iràq, l'Europa si era divisa tra
favorevoli e contrari. Le difficoltà di trovare un
indirizzo strategico comune sono evidenti anche nel
rapporto con la Russia. Sul piano strategico-militare,
l'Unione Europea continua ad essere dipendente dalla
NATO, sotto cui si cela l'egida ma anche l'egemonia
degli Stati Uniti d'Amer ica. La crisi finanziaria del
2008, le difficoltà d'amministrazione del debito
pubblico da parte di molti paesi europei, evidenziano
nuove e più pericolose fratture all'interno dell'Unione
Europea: anche il tradizionale asse franco-tedesco
appare incrinarsi. Il decennio si chiude così con foschi
presagi: in Germania si comincia a parlare di abbandono
dell'euro ed esclusione dei paesi "inadempienti"
dall'UE; nell'UE crescono le voci critiche verso la
strategia produttiva tedesca, volta all'esportazione,
che soffoca la produzione degli altri paesi membri senza
garantire un significativo mercato d'importazione.
L'Unione Europea avrà un futuro?
Per approfondire:
Tra la Russia e il Mediterraneo,
nr. 2/2007.
5. Nasce l'Organizzazione per la
Cooperazione di Shanghai
Russia e Cina s'avvicinano
Dopo essere giunte sull'orlo dello scontro armato
durante la Guerra Fredda, Russia e Cina avviano la
distensione negli anni '90, coinvolgendo le repubbliche
ex sovietiche dell'Asia Centrale. Da quest'esperienza
nasce il 15 giugno 2001 l'Organizzazione per la
Cooperazione di Shanghai. Vista in combinazione col di
poco successivo sbarco delle truppe nordamericane nella
regione (invasione dell'Afghanistan), l'OCS appare come
un'alleanza strategica tra Mosca e Pechino per mantenere
gli USA fuori dall'Asia Centrale. Negli anni successivi,
però, l'OCS s'allarga a nuovi membri, anche se non a
pieno titolo: India, Pakistan, Iràn. Si è ancora lontani
dal saldarsi d'un blocco asiatico alternativo alla NATO,
come vaticinato da alcuni analisti, ma l'evento è
significativo. Russia e Cina hanno cominciato una
collaborazione strategica, chiaramente rivolta
all'affermazione d' un nuovo ordine multipolare al posto
dell'egemonia unipolare statunitense.
Per
approfondire:
La
nuova Asia,
nr. 3/2006.
4. La Cina supera il Giappone in
termini di PIL
L'inarrestabile ascesa del Dragone cinese
Nel 2010 il prodotto interno lordo nominale della
Repubblica Popolare Cinese supera quello del Giappone,
ponendosi in seconda posizione dietro ai soli Stati
Uniti d'America. In un decennio la Cina ha scavalcato
Francia, Gran Bretagna, Germania e Giappone, mentre
Tokio perde una posizione che occupava dal 1972. In
termini di PIL per parità di potere d'acquisto, il
sorpasso sul Giappone è avvenuto diversi anni prima, e
la Cina insidia ormai anche il primato degli USA.
L'ingresso nell'Organizzazione Mondiale del Commercio
(2001) ha dato ulteriore vigore all'ascesa economica di
Pechino, forte già nel secolo scorso. Gl'investimenti
cinesi si diramano in tutto il mondo, e sono
particolarmente significativi in Africa; la Repubblica
Popolare è quasi monopolista nella fornitura d'una
risorsa importante come le terre rare; dopo la crisi del
2008 l'ex Celeste Impero s'aff erma come locomotiva
della crescita planetaria. I successi di Pechino non si
limitano all'economia, perché il paese cresce sotto
tutti i punti di vista, dalla potenza militare al
prestigio culturale: alle Olimpiadi di Pechino del 2008
la Cina svetta per la prima volta nel medagliere finale.
È un simbolico sorpasso sportivo sugli USA, che secondo
molti analisti prefigura il prossimo avvicendamento al
rango di prima potenza mondiale. Ma per ora, Pechino
mantiene un basso profilo diplomatico: la priorità è
crescere, per gli scontri al vertice ci sarà tempo in
futuro.
Per approfondire:
La Cina,
nr. 1/2006.
3. La guerra russo-georgiana
Con Putin risorge la potenza russa
L'attacco georgiano all'Ossezia del Sud ed alla
guarnigione russa ivi presente, il 7 agosto 2008,
provoca la pronta reazione armata di Mosca: in pochi
giorni le truppe russe arrivano alle porte di Tblisi,
prima che un cessate-il-fuoco mediato dall'Unione
Europea ponga fine alle ostilità. La sconfitta bellica
di Saakašvili, autoritario presidente atlantista della
Georgia, e la scomparsa dalla scena politica del suo
corrispondente ucraìno JušÃ„Âenko nel gennaio 2010,
sono altrettanti segnali della recuperata influenza
russa su gran parte dello spazio post-sovietico. Ciò non
sarebbe stato possibile senza la ripresa interna alla
Russia, verificatas i sotto l'egida di Vladimir Putin,
presidente fino al 2008 e quindi primo ministro.
Ricevuto in eredità da El'cin un paese alla bancarotta
ed a rischio di disgregazione interna, Putin ha
ristabilito il potere centrale, rilanciato l'economia,
varato una diplomazia più dinamica e meno rinunciataria.
Secondo taluni analisti, nel giro d'un paio di decenni
la Russia è destinata a diventare la maggiore potenza
economica d'Europa, davanti anche alla Germania. I
problemi non mancano, dalla demografia alla corruzione,
dall'obsolescenza militare al separatismo, ma il
confronto con la situazione d'un decennio fa non può che
invitare all'ottimismo. Di certo, la Russia è già
tornata a quel ruolo di grande potenza che le compete.
Per approfondire:
La Russia e il sistema multipolare,
nr. 1/2010,
Tra
un'Unione e l'altra,
nr. 1/2007 e
La
Russia e i suoi vicini,
nr. 2/2005.
2. Gli attentati dell'11 settembre
2001 e la "guerra al terrorismo"
S'incrina l'egemonia statunitense nel mondo
L'11 settembre 2001 offre il pretesto per
l'implementazione dell'agenda neoconservatrice: la
crescente militarizzazione dei rapporti internazionali
per salvaguardare l'egemonia statunitense. Le due
amministrazioni Bush, che reggono gli USA dal 2001 al
2009, si focalizzano sul progetto del "Grande Medio
Oriente": ridisegnare la geografia politica dell'area
che dal Marocco raggiunge il Pakistan e l'Asia Centrale.
L'ambizioso progetto porta all'invasione di Afghanistan
e Iràq, ma gl'inattesi problemi militari bloccano i
previsti ulteriori sviluppi bellici. In compenso cresce
l'attivismo nell'area postsovietica, con le "rivoluzioni
colorate" mirate a minare l'influenza russa. Crescono il
debito pubblico degli USA e le tensioni internazionali,
ma la strategia neoconservatrice non dà i risultati
sperati: si verifica una reazione della corrente
realista, che por ta alle dimissioni di Rumsfeld nel
2006 ed all'elezione di Obama alla presidenza nel 2008.
Quando Barack Obama assume l'incarico, nel gennaio 2009,
chiudendo la lunga stagione neocon (ma non abbandonando
il militarismo), negli USA infuria la crisi economica.
Significativamente, Obama è stato eletto all'insegna del
"cambiamento" e della "speranza": un'altra prova
dell'incipiente declino nordamericano.
Per approfondire:
USA: egemonia e
declino,
nr. 3/2010 (in corso di stampa).
1. La crisi finanziaria del 2008
Verso un nuovo assetto geoeconomico
La prima decade del XXI secolo vede il succedersi d'una
serie di bolle finanziarie: informatica, immobiliare,
materie prime. Nel settembre 2008 il fallimento della
banca
Lehman Brothers ed il crollo dei mercati
finanziari segnano la crisi del modello di economia
neoliberale, deindustrializzata e finanziarizzata. I
paesi più colpiti sono proprio quelli considerati "più
avanzati": USA e Unione Europea. Tra generose donazioni
alle banche e politiche di rigore fiscale, molti paesi
faticano a gestire i debiti accumulati, nessuno riesce a
rilanciare la crescita economica in maniera
significativa. Mentre gli USA salvano il dollaro
sfruttando le agenzie d i
rating per indirizzare la speculazione
contro la zona euro, i paesi "emergenti", con economie
fondate sulla produzione e il lavoro anziché sulla
rendita, continuano la propria corsa. Nel frattempo, la
perdita di fiducia nel dollaro spinge a fare incetta di
oro, mentre Cina e Russia s'accordano per la
compensazione degli scambi bilaterali in monete locali:
il ruolo del dollaro come valuta di riserva mondiale
traballa. Il perno economico del mondo, dopo vari
secoli, pare stia scivolando via dall'Occidente.
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