da bye bye uncle Sam
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L'F-35 va alla deriva
la NOTA di Giorgio Vitali
L'articolo che segue, che invitiamo
a leggere con molta attenzione e per intero, ci induce ad una
piacevole riflessione: l'abbiamo azzeccata. E l'abbiamo azzeccata
svariati anni fa quando, sulla base di una serie di constatazioni e
di ipotesi di lavoro, basate su una conoscenza dettagliata della
GEOPOLITICA e delle forze che entrano in gioco in qualsiasi
occasione nello scacchiere geopolitico (economiche, geografiche,
come sosteneva Napoleone, politiche, sociali, culturali, religiose,
morali, emotive, razziali: si!! proprio razziali!) avevamo previsto
(assieme con Luttwak peraltro) il fallimento della politica
statunitense di un'unica polarità imperiale. Ora questo progetto,
sostenuto chiaramente da un enorme FONDAMENTALISMO di carattere
religioso, presente in quella "cultura" fin dalla prima conquista da
parte di frange protestanti anglosassoni, prolungatasi attraverso la
conquista del West, del "Cortile di casa" latinoamericano, della
prima e della seconda guerra mondiale, sta andando in frantumi, come
è logico che sia. La pretesa statunitense di inglobare e controllare
l'Europa è sempre stata pura illusione. Il Vecchio Continente è in
condizione di reagire, così come le vecchie strutture imperiali pre
1918-19, nate attraverso i Secoli e non per la brama di potere di
qualcuno. Così vale anche per l'ex impero inglese, costretto a
cedere lo scettro dopo il secondo conflitto mondiale, per non aver
voluto cedere di fronte alle richieste, anche troppo miti, delle
"Nazioni proletarie" che si stavano affacciando alla ribalta della
"globalizzazione" indotta dal progresso tecnologico (che non è
quella in funzione di Dominio, che hanno approntato i finanzieri
Made in Usa attraverso le Multinazionali).
Finito il "Bipolarismo" che
consentiva il controllo del sistema globale attraverso la falsa
contrapposizione Liberismo-Bolscevismo, due facce della stessa
mentalità, che noi abbiamo denunciato, pressochè inascoltati, per
decenni, lo stesso progresso tecnologico, il risveglio della cultura
"altra" propiziato dalle tecnologie dell'informazione, hanno
dapprima creato un "quadro geopolitico" di evidente ed ineluttabile
"multipolarismo" per sfociare poi, per ovvie ragioni, in una forma
evidentissima di "apolarismo". E tutto ciò perchè... «ruina in fine
velocior».
Infatti, per il principio fisico dei
"vasi comunicanti" ma anche per simpatia, convenienza, istinto di
"liberazione", rivolta contro i soprusi, rinascita di antiche e
sicuramente "non sopite" forme di religiosità, gli Stati, i Popoli
tendono a raggrupparsi in coalizioni alternative al potere loro
sovraordinato, creando moti di dubbio, paura fino al terrore, ai
vecchi potentati che fino a l'altro ieri sedevano sicuri su ammassi
di bombe atomiche. Ma contro la volontà dei popoli che si
risvegliano non ci sono bombe che tengano. E stiamo aspettando altri
crolli, che hanno a che fare anche con religioni istituzionalizzate
fin da troppo tempo, che hanno oppresso i popoli più col terrore che
con la persuasione amichevole.
Ultima considerazione: inveramento
della "eterogenesi dei fini": con questo termine si intende un
meccanismo del tutto naturale, secondo il quale più si spinge
l'acceleratore in una direzione, più la Natura si ribella per
tornare all'equilibrio "quo ante".
Ciò vale per qualsiasi Organismo
Vivente, ivi compreso l'organismo che chiamiamo Natura. (Che
comprende anche il concetto di Società umana o, meglio ancora,
società dei viventi). La Natura non si vince mai. Essa reagisce
attraverso il principio del "feed back", ovvero retroazione.
Nota finale: abbiamo più volte
cercato di far capire che, mentre in Occidente il "gioco" per
eccellenza sono gli scacchi (vedi teoria di Brzezinski), in Oriente
il gioco è il GO, che consiste nell'accerchiare l'avversario.
Esattamente quello che sta facendo la Cina.
Proverbio arabo: «Mio padre
cavalcava un cammello, io guido un'auto, mio figlio pilota un aereo,
suo figlio cavalcherà un cammello». (Evidentemente il proverbio si
attaglia a tutti quei potentati arabi, ricchi di petrolio, ma
vassalli di USA/Israel/G.).
Giorgio Vitali
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L'F-35 va alla deriva
Giancarlo Chetoni
Ad Aprile 2009, titolando "L'F-35 è "invisibile"?
No, è un bel bidone!", demmo un conto, molto sommario, delle motivazioni
tecniche che avrebbero impedito al cacciabombardiere Joint Strike Fighter
Lightning II della Lockheed Martin, propagandato come "stealth", di diventare un
vettore con una penetrazione di mercato in linea con quella ottenuta dal suo
diretto predecessore: l'F-16 Fighting Falcon della General Dynamics. Entrato in
servizio nell'Agosto del 1978 con l'US Air Force e successivamente adottato da
26 Paesi con un numero di esemplari prodotto in numero superiore a 4.500 unità
in dieci versioni successive, si distinguerà per longevità operativa,
flessibilità di impiego ed efficienza bellica.
L'ultimo lotto di cento F-16I è stato consegnato ad "Israele" che riceve a
titolo gratuito, come si sa, annualmente 2.850 milioni di dollari di materiale
militare USA.
Con "residuati accantonati" Washington sta inoltre cedendo al Pakistan con
eguali modalità 18 F-16 C/D per tentare di alleggerire l'appoggio della potente
Inter Services Intelligence (ISI) alle formazioni pashtun nel conflitto che
coinvolge ISAF ed Enduring Freedom nel pantano dell'Afghanistan.
Donazione finalizzata anche a contrastare la crescente influenza politica e
militare di Pechino nell'area asiatica e l'opzione per l'acquisto fatta dall'ex
Presidente Musharraf di 36 cacciabombardieri J-10 Chengdu (made in China) e la
licenza di fabbricazione del caccia JF-17 Thunder. Una verità tenuta
rigorosamente nascosta nell'intento di favorire Benazir Bhutto, sponsorizzata da
Bush nella scalata alla presidenza del Pakistan, danneggiando l'allora Capo
dello Stato, presentato dalla stampa occidentale, al contrario, come un lacchè
della Casa Bianca.
Una scelta -quella di acquistare i J-10 Chengdu- che segnala, meglio di qualche
resoconto giornalistico che riporta la dizione Af-Pak, il nuovo corso imboccato
da Islamabad nei suoi rapporti con la (ex) Potenza Globale.
Le attuali continue violazioni dello spazio aereo del Pakistan con gli UAV
Predator, i bombardamenti "mirati", gli inseguimenti a caldo di pattuglie di
rangers e marines nelle Regioni Autonome per catturare od eliminare nuclei
appartenenti ad "Al Qaeda" ed il ripetersi di continui, gravi "incidenti" di
confine, stanno lì a dimostrare il crescente gelo che è calato tra gli Stati
Uniti ed il suo ex alleato durante l'occupazione russa del Paese delle Montagne.
Le recentissime rivelazioni di Wikileaks sulle pressioni esercitate dagli Stati
Uniti per costringere il Pakistan a rinunciare al suo armamento nucleare od in
subordine a chiudere le centrali di produzione del plutonio di cui dispone, per
evitare fughe di tecnologia atomica nella Regione, sono il sintomo, se ce ne
fosse bisogno, del crescente stato di tensione che si va manifestando tra
Washington ed Islamabad.
Nel mese di Ottobre scorso, il Pakistan ha concesso l'uso del suo spazio aereo
ad una formazione di Sukhoi-27 e Mig-29 di Pechino per raggiungere la Turchia
via Iran, dopo che il governo di Ankara ha annullato la partecipazione USA alle
esercitazioni "Aquila dell'Anatolia".
Per la prima volta, velivoli militari della Repubblica Popolare di Cina hanno
raggiunto il Vicino Oriente atterrando nella base di Konyia alla presenza di un
rappresentante del governo Erdogan, dopo essersi riforniti in Iran presso la
base di Gayem al Mohammad nel Khorassan (posizionata a 55 km di distanza da
Herat), accolta dal generale comandante dell'aviazione iraniana Ahmad Mighani.
In quell'occasione, è circolata con insistenza la notizia che durante il
trasferimento Cina-Turchia le squadriglie del Dragone abbiano lasciato
sull'aeroporto militare dell'Iran due cacciabombardieri J-10 Chengdu, i cui
piloti sarebbero stati rimpatriati su un cargo in partenza dal porto di Bandar
Abbas con destinazione Shangai, per mandare un chiarissimo segnale politico agli
USA sull'intenzione della Cina di mantenere ottimi rapporti politici, economici
e militari con Teheran, aprendo contemporaneamente alla Turchia con cui ha
stretto un'intesa per raggiungere nel corso di cinque anni un interscambio di
110 miliardi (in dollari, per ora) con pagamenti nelle rispettive valute.
Decisione già adottata, tra l'altro, da due colossi dell'America indiolatina
(Brasile-Argentina) e dell'Asia (Russia-Cina) per sostituire la moneta americana
come unico riferimento di scambio nelle transazioni internazionali.
Accordi che limano un po' alla volta l'influenza USA a livello planetario e ne
aggravano la crisi politica e finanziaria. Persa ogni capacità di ingerenza per
Washington anche in Libano, dopo la visita del primo ministro Hariri a Damasco
ed a Teheran, viaggio che mette alla berlina il Tribunale Penale Internazionale
dell'Aja e l'Europa a 27.
La visita di Erdogan nelle stesse capitali ha aperto un altro fronte nella
politica estera di Washington, dopo le rivelazioni sugli aiuti che
l'Amministrazione Bush ha offerto al PKK e che quella di Obama conferma con
Biden per la creazione, al momento giudicato idoneo, di una repubblica separata
dall'Iraq, allargata a territori attualmente appartenenti a Siria, Iran e
Turchia: il "grande Kurdistan".
D'intesa con il presidente Assad, Ankara ha inoltre sminato i confini di Stato
tra Turchia e Siria, rafforzato le relazioni bilaterali a livello politico,
commerciale e culturale con Damasco. Il terreno di confine liberato
dall'esplosivo è stato assegnato ad una società mista turco-siriana per la
piantumazione di ulivi e la produzione e la commercializzazione di prodotti
agricoli. Un altro "messaggio" fatto recapitare questa volta ad "Israele".
Qualche flash, così a caso, in questo quadrante del mondo, tanto per non farci
sommergere da dosi massicce di informazione spazzatura o da secchiate di
cloroformio al "delitto di Avetrana".
E ora l'argomento che ci interessa: l'F-35.
I J-10 Chengdu sono cacciabombardieri multiruolo identici nella scelta della
mono-motorizzazione, con prestazioni migliorate rispetto all'ultima versione
F-16 USA che nei piani del Pentagono dovrà essere rimpiazzata dal
cacciabombardiere F-35 della Lockheed Martin con previsioni di entrata in linea
a partire (spiegheremo il perché l'avvio della produzione di serie è slittata)
dal 2013-4 per arrivare al 2050.
Un arco di tempo a livello aeronautico lunghissimo che non può non prevedere
costosissimi aggiornamenti nell'avionica e sostituzioni nella propulsione
durante la sua vita operativa.
I Paesi acquirenti insomma saranno costretti ad onorare una cambiale in bianco
firmata agli USA od a tenersi versioni via, via superate dell'F-35.
I dubbi che avanzammo nel 2009 su questo caccia "stealth", due anni dopo si
stanno trasformando in una certezza pressoché definitiva.
L'uscita di un solo esemplare al mese a livello di prototipo, a quella data, ci
portò ad ipotizzare l'esistenza di gravissime difficoltà degli Stati Uniti nel
rispettare i tempi di consegna per le inevitabili problematiche tecniche che
nascono, sotto tutte le latitudini, nell'approntamento dei prototipi, nelle
successive prove di volo, nella costruzione delle linee di montaggio e di
certificazione che, entro certi parametri, vanno ad incrementare i costi
previsti dal programma iniziale di acquisizione.
L'F-35 ne ha trovate una mole imprevista e ad oggi irrisolta.
Avanzammo soprattutto (fondate) riserve sull'efficienza del profilo "stealth".
Oggi siamo in grado di valutarne, con qualche approssimazione, anche
l'efficienza bellica, con l'aiuto di relazioni provenienti da esperti
aeronautici. Quello che abbiamo saputo con una relazione dell'US Air Force alla
Commissione Difesa del Senato USA è che opposto in combattimento al Sukhoi SU-35
della Russia verrebbe cancellato dai cieli. Anche se c'è da dire che la
tipologia di specifica di progetto del primo non è perfettamente sovrapponibile
al secondo velivolo.
La simulazione "Pacific Vision 2008" ha dato in ogni caso dei grossi dispiaceri
all'ammiraglio Mullen ed all'ammiraglio Di Paola, al Pentagono ed alla NATO
anche per i tagli finanziari che hanno colpito quest'anno i bilanci militari sia
degli USA che dell'Alleanza Atlantica per la recessione economica in atto.
Risultare non competitivi con un cacciabombardiere Sukhoi SU-35 attualmente a
disposizione dell'aviazione russa, con un F-35 che deve ancora andare in
produzione di serie per arrivare fino al 2050, è qualcosa di più di una cocente
sconfitta.
È un po' l'inizio della fine.
Lasciammo da parte il numero dei velivoli previsti da approntare sia in Texas
che in Piemonte, a Cameri, perché ancora in via di definizione il numero degli
F-35 che Stati Uniti ed Alleati avrebbero acquisito con ordini confermati.
In quell'occasione, avemmo anche modo di contestare la principale motivazione
alla base del progetto Lockheed Martin, la sua presunta "invisibilità", e le
limitazioni di missione a cui l'F-35 andava inevitabilmente incontro.
Caratteristica, la "bassa osservabilità", che finiva per sacrificarne autonomia
e carico bellico esaltando per contro i costi di manutenzione per la prevista
applicazione di pellicole di vernice antiriflettente ad altissimo costo ed a
rapido decadimento, l'impiego abnorme di materiali compositi che produce
fragilità strutturali ad alti g e gli upgrade che si sarebbero resi
indispensabili per tenerlo in linea, con parametri e costi di gestione che al
momento appaiono difficilmente sopportabili per la quasi totalità delle
aviazioni militari degli Stati acquirenti.
Per dirla in breve, l'F-35 come anatra zoppa e sanguisuga.
Dotato di un avionica tutt'altro che eccezionale (la Repubblica delle banane ha
accettato la versione "degradata"), sostenemmo che nel medio periodo l' F-35 si
sarebbe dimostrato un cacciabombardiere del tutto insufficiente a mantenere uno
standard di eccellenza anche per la rapida evoluzione tecnologica dei sistemi
radar di scoperta e di acquisizione bersagli avversari, a partire dall'ECM
Kolchuga.
Fu sulla base di queste considerazioni che definimmo l'F-35 un gigantesco e
costosissimo bidone.
Insomma, chi avrebbe acquisito un F-35 si sarebbe caricato anche di una
salatissima tassa aggiuntiva per un upgrade ad un quarto, metà o tre quarti di
vita operativa dell'aereo.
Per acquistare un jet della Lockheed Martin nel 2008, si prevedeva una spesa
iniziale, per il solo vettore, senza armi, di 50-60 milioni di euro, dopo 700
giorni si ventila un costo di 120 milioni a velivolo.
Oggi sappiamo che il programma di costruzione dell'F-35 subirà un ritardo di
almeno 3 anni ed un aumento dei costi prossimo, per difetto, a 500 miliardi di
dollari da ripartire sugli acquisti inizialmente previsti per le forze aeree di
USA, GB, Canada ed "Israele" di 2.581 velivoli da approntare, fino ad oggi, in
Texas sulle linee di produzione Lockheed Martin e dei 570, previsti
inizialmente, assegnati dal committente USA in Piemonte al consorzio
Finmeccanica-Alenia per soddisfare gli ordini delle forze aeree di Olanda,
Danimarca, Norvegia, Turchia ed Italia.
Riteniamo altamente possibile, in assenza di altre informazioni, che il Bel
Paese spenderà per i primi acquisti di F-35, nelle versioni A e B a partire dal
2017-8 (data iniziale prevista: 2014), escludendo la cancellazione del progetto,
una somma catastroficamente lievitata sulle "uscite occorrenti" annunciate a
Maggio di quest'anno dal D'Annunzio di Palazzo Baracchini, per un totale, per
ora, di 13.5 miliardi di euro al netto dei 2.5 già onorati dalla fase di
progettazione all'approntamento del prototipo negli uffici e negli hangar della
Lockheed Martin.
Un incremento di costi che costringerà, nelle migliore delle ipotesi, Marina ed
Aeronautica a ridurre almeno di 3/4 gli acquisti previsti, dopo aver cancellato
(sarebbe meglio dire: fatto fuori) per decisione governativa, sotto la pressione
degli Stati Uniti, l'EFA 2000 Typhoon di produzione italiana-europea.
Il perché non confessato è semplice.
Il Typhoon è un velivolo da superiorità aerea, quindi con funzioni
prevalentemente di difesa dei cieli, l'F-35 di attacco al suolo. Un vettore da
"missioni di pace" come quelle effettuate sulla Serbia, sull'Afghanistan e
sull'Iraq. Anche sull'Iran, sullo Yemen e sulla Corea del Nord se sarà
necessario. E chissà dove, negli anni che verranno. Affidare l'F-35 alla Marina
ed all'Aviazione Militare significa aprire un autostrada alla partecipazione
della Repubblica delle banane ad altre "missioni di pace".
Ma per i "difensori della libertà" il cammino è, in ogni caso, in rapida e
scivolosissima salita.
Dei Paesi (clienti di lancio) che abbiamo elencato, la Gran Bretagna ha
annunciato che ridurrà l'acquisto degli F-35 dai 150 inizialmente opzionati a 20
Stovl; il Canada ha deciso di posticipare l'acquisizione di 15 F-35 dal 2014 al
2018.
Per quanto riguarda i carichi di lavoro di Finmeccanica-Alenia, l'Olanda ha
rinunciato completamente a comprarne limitandosi a confermare due prototipi; la
Norvegia ha posto serissimi ostacoli al via libera dei 48 opzionati e la Turchia
ha minacciato di disdire l'intera commessa da 116 velivoli.
L'Italia continua testardamente a confermare i suoi 131 F-35 A e B.
Uomini tra i Caporali o che altro?
Insomma in Piemonte, in provincia di Novara si lavorerà poco o niente. I ritorni
ipotizzati dall'attuale ministro della Difesa e da codazzi di peones di Camera e
Senato, di centrosinistra e di centrodestra eletti in Piemonte, saranno un flop
clamoroso.
Per giunta "Israele", che inizialmente aveva opzionato l'F-35 A e B, ha
comunicato ufficialmente attraverso il ministro della Difesa Barak di averne
confermati solo 20 su 75.
Sui numeri per l'USAF si prevede un taglio superiore al 50%. La US Navy sta
valutando l'opportunità di cancellare l'intera l'opzione ordinata, mantenendo
aperte le linee di assemblaggio dell'F-18.
Ci sono tutte le premesse per recitare l'epitaffio sul velivolo della Lockheed
Martin e sul più ambizioso e costoso progetto aeronautico USA-NATO per l'intera
prima metà del XXI° secolo.
E almeno fino ad oggi, in questo segmento di 5° generazione in Occidente altro
non c'è.
Il declino degli Stati Uniti non è solo finanziario, bancario, industriale e
sociale ma anche militare. Un ruzzolone che coinvolgerà la vecchia e la nuova
Europa, quella dell' Ovest e quella dell'Est. Non a caso scricchiola l'intera
struttura dell'UE.
Lo diciamo con enorme soddisfazione. Perché tutti i popoli europei stanno
dannatamente peggio a livello sociale di quando esistevano le monete nazionali,
la BCE lavora in tandem con l'FMI per togliere sovranità politica ed economica
ai Paesi aderenti mentre la Commissione di Bruxelles non ha ancora un
Commissario alla Difesa e ha scelto gli USA e la NATO come garanti della sua
"sicurezza".
Prima o poi, ci saranno, anche in Italia, dei conti da saldare con poteri forti.
Le acquisizioni miliardarie (in euro) negli Stati Uniti contro gli interessi
presenti e futuri del Paese, dovranno necessariamente passare per la lente di un
microscopio.
Da quanto emerge in un rapporto interno presentato dall'ammiraglio David Venlet
al responsabile dei sistemi d'arma del Pentagono Alshton Carter, che il 22
Novembre u.s. ha avuto un incontro ad altissimo livello con Lockheed Martin,
l'uscita del primo F-35 di serie slitta di ulteriori 13 mesi dall'inizio
dell'anno, dopo il catastrofico ritardo accumulato nella fase di sviluppo.
All'origine del nuovo stop ci sarebbero gravissimi problemi di software ed
altrettante difficoltà con la versione per decolli a catapulta ed atterraggi col
gancio sulle grandi portaerei della US Navy, l'F-35C.
Il software ne è il cervello, la meccanica ed elettroidraulica del carrello di
atterraggio le gambe ed i piedi.
Del B, tecnicamente molto più complesso da approntare, a decollo corto ed
atterraggio verticale, non si è speso per l'occasione un solo accenno. Gran
brutto segno.
Il declino degli USA e dei suoi Alleati è ormai conclamato. Il XXI° sarà un
secolo di Lotta e di Vittoria.
Giancarlo Chetoni
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