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 Federal Reserve System

o

La Truffa del XX Secolo

(Prima parte)

  

Gian Paolo Pucciarelli      

   

Il trucco c'è, ma non si vede, come quello del mago dei fumetti anni '40.

La truffa invece è autentica, ma con l'approvazione del Congresso del 1913 è diventata legge degli Stati Uniti d'America: il Federal Reserve Act, tuttora in vigore.

Dove sta il trucco e dove si ravvisa la truffa?

 

Federal Reserve Bank

 

Alla Federal Reserve Bank di Washington D.C., "Fed" per gli amici, si mette in moto ogni giorno il "Meccanismo di Mandrake", che consiste nel creare denaro dal nulla e… nel nulla farlo sparire. In quale modo?

Con un gioco di prestigio, al quale la Fed dedica gran parte della sua attività, sebbene complessi siano i suoi compiti… "istituzionali", come Ben Bernanke, il Presidente, spesso dichiara nelle rituali conferenze stampa e nelle relazioni al Congresso.

La collusione politica, ovviamente, è indispensabile, ma per far funzionare il meccanismo, occorre soprattutto creare il debito o le condizioni d'indebitamento. Solo nel debito (altrui) ogni banca infatti guadagna. La Federal Reserve, tuttavia, non è una banca, né centrale, né commerciale. Ma la pura concentrazione istituzionale del Potere Privato.

Chi avesse dubbi in proposito, può andare su "Google", vedere cosa significa "Fiat Money", e convincersi che… dietro l'effetto biblico dell'imperativo c'è l'ordine di stampare banconote a corso legale, senza escludere la pretesa da parte di chi lo impartisce (la Federal Reserve, appunto) di renderlo indiscutibile e imperscrutabile, come il "Fiat Lux" della Genesi.

Basterebbe questo per sostenere che l'emissione di denaro "a piacimento" non giova all'economia per le conseguenze che può determinare e chiunque sostenga il contrario non fa assolutamente l'interesse pubblico (il debito, 12.000 miliardi di dollari, degli Stati Uniti spiega forse perché l'«effetto positivo» dell'inflazione è un… sortilegio che non sempre riesce).

Ma qualcuno potrebbe anche chiedersi com'è possibile che tale sistema (e la truffa che ne deriva) sia operante e tollerato da quasi un secolo nel Paese in cui la democrazia si respira come l'aria.

Una prima risposta a questo interrogativo potrebbe trovarla chi notasse che a Basilea c'è la Banca per i Regolamenti Internazionali, detta un tempo "Banca del Terzo Reich", creata apposta da Montague Norman e Djalmar Schacht negli anni Trenta, per finanziare Adolf Hitler con i soldi di Max Warburg, banchiere di Francoforte e fratello di Paul Warburg, ideatore del Federal Reserve System. Oggi la Banca per i Regolamenti Internazionali svolge ufficialmente compiti di controllo e supervisione su ben 57 Banche Centrali e Ben Bernbanke, presidente della Federal Reserve, e Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia, fanno parte del suo Board of Directors. Dopo vani tentativi di scioglimento, questa "Banca delle banche" ha aggiornato e perfezionato le sue mansioni, conservando tuttavia il ruolo che predilige: quello di rappresentante nell'Eurozona dell'"International Banking", cioè del Capitale Finanziario Privato.

 

Sempre in "clima" di democrazia, sarebbe lecito chiedersi come possa un governo (e di conseguenza, uno Stato, garante dell'autonomia e della sovranità del popolo) ottenere fondi da un privato finanziatore, ed essere quindi coinvolto nei meccanismi dell'intermediazione bancaria internazionale. La risposta è semplice: perché vi è costretto!

Se un tempo infatti il mercato monetario suggeriva misurati indebitamenti dello Stato (quando manovre come la svalutazione della moneta o l'incremento delle imposte risultavano insufficienti ad evitare rischi di recessione), ora l'emissione di moneta e dell'equivalente in titoli di Stato è legata alla frequenza dei cicli "infla-deflattivi" che dovrebbe presupporre il controllo dell'inflazione, ma di fatto determina la condizione dello Stato in debito permanente, che è indispensabile, fra l'altro, all'attivazione di una "procedura" economico-finanziaria, attraverso cui è possibile esercitare un subdolo e irriducibile totalitarismo politico.

(Nota non trascurabile riguardante l'Eurozona: il trattato di Maastricht attribuisce il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote Euro alla BCE, che dovrebbe promuovere la crescita sostenibile e non inflazionistica all'interno del Sistema Europeo delle Banche Centrali, e a tale scopo spetta ad essa il compito di definire e attuare idonee politiche monetarie, comunque conformi al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza).

 

Ma quali sono (o dovrebbero essere) i compiti istituzionali della Banca Centrale? Quali rapporti essa intrattiene con le banche della rete nazionale?

Se l'istituzione della Banca Centrale nasce, come noto, da un'esigenza di controllo, la funzione della banca in genere è basata sul presupposto che in economia un operato si considera lecito, se è anche di uso pratico. Prendendo per buone queste ipotesi, non sarebbe corretto affermare che l'istituzione della Banca Centrale fu un tentativo mal riuscito di mettere ordine nell'attività bancaria interna, svolta spesso secondo l'arbitrio di banchieri locali.

Ma (sempre secondo la suddetta ipotesi) si dovrebbe anche considerare "legittima" la norma bancaria che attribuisce alle banche, in virtù della consuetudine (fonte non accertata e poco discussa di più generali diritti), la facoltà (chiamata credito frazionale) di concedere prestiti con denaro (di cui esse temporaneamente dispongono ma che loro non appartiene). Questo criterio si applica ogniqualvolta un cliente deposita nelle loro casse un ammontare X, grazie al quale esse possono prestare soldi per una somma pari ad X (il deposito) moltiplicato per un fattore che va, a seconda dei casi da 3 a 50, (ma può anche essere indefinito). Il criterio rispecchia, né più né meno, la tecnica consistente nel trarre profitto dall'utilizzo temporaneo della proprietà (oro o valori) altrui. L'economista Paul Samuelson ci smentirebbe, precisando che il debito moltiplicato diventa altrettanto credito nel circuito bancario e, attraverso il sistema delle stanze di compensazione, i conti alla fine si "pareggiano", grazie alle riserve frazionali costituite presso la Banca Centrale. I dubbi restano, anche se dovremmo credere alla teoria di Samuelson perché gli hanno assegnato proprio per questo … il premio Nobel.

 

Ma dove trova la banca il denaro per fare tanti prestiti?

Alla Banca Centrale, appunto, la quale si fa pagare il tasso di sconto, come la Fed, del resto (che però -ripetiamo- banca centrale non è). Per chiarezza, forse occorre ricordare le origini del sistema bancario e gli sviluppi delle sue funzioni. La storia della banca è semplice, se vogliamo, perché si riassume nell'applicazione di un metodo che favorisce la praticità degli scambi e incrementa le possibilità di commercio. Come è noto, la banca in origine altro non era che la depositaria di una quantità di oro, per la quale essa era tenuta a rilasciare ricevuta al depositante.

Costui, poteva così eseguire operazioni di compra-vendita utilizzando un mezzo di pagamento sostitutivo, il "certificato di deposito" bancario che, dopo essere stato più volte negoziato mediante "girate", pari al numero delle operazioni concluse sul mercato, alla fine ritornava alla banca depositaria, tenuta a pagare il titolo garantito dall'oro depositato nei suoi forzieri.

Ma il pagamento del titolo (o meglio, del valore nominale meno i diritti di deposito e le commissioni, dovuti alla banca) non avveniva, sempre per praticità, mediante riconversione in oro del certificato di deposito, anche se ciò in teoria era previsto, ma mediante emissione da parte della stessa banca depositaria di un nuovo certificato, destinato a moltiplicarsi e a circolare come mezzo di regolamento delle transazioni commerciali. Procedura generalmente accolta (ma a condizione che tutti i certificati si potessero in qualsiasi momento e anche contemporaneamente convertire in oro) e dunque anomala e ingiustificata, se vogliamo, dal punto di vista etico. La banca avrebbe continuato a lucrare su tanti certificati da essa emessi, ma garantiti in sostanza da un solo deposito, in virtù di una convenzione (o criterio) che ragioni di praticità e sicurezza suggerivano (e imponevano). Il che sarebbe stato più evidente nella pretesa di costituire un rapporto fiduciario univoco con i depositanti, allorché la banca avesse deciso di sfruttare quel solo iniziale deposito aureo per emettere certificati (banconote), non più coperti da una garanzia reale, ma ridotti ad essere nient'altro che una promessa di pagamento.

I loans, i prestiti, che in gergo bancario sono chiamati "impieghi" e nello stesso gergo si differenziano dai "mezzi", cioè i depositi (il linguaggio non poteva essere più appropriato!), si basavano sulla fiducia che il mercato accordava alle banche, alle quali si attribuiva così la facoltà di prestare "mezzi di pagamento" (ben accolti dal mercato) che in realtà erano mere dichiarazioni di debito (secondo il criterio dell' "IOU"). Ovvio che i Banchieri traevano profitto da un sistema che non offriva alternative. Da qui l'esigenza di costituire una Banca Centrale o Banca di Stato che oltre ad essere la sola autorizzata a emettere moneta, svolgesse funzioni di controllo e soprattutto fosse in grado di garantire la Sovranità Monetaria del Popolo.

Ma, ritornando al sistema Federal Reserve. Come si crea il debito?

Semplice!

S'indebita lo Stato, come già detto. Per farsi un'idea di questa prassi basta osservare le già ricordate cifre del debito pubblico americano (se qualche pennivendolo del Business Week, o di casa nostra, vi racconta che il debito è un toccasana per l'economia, non credetegli. Ha firmato un "fondo" in veste di esperto economista, senza aver capito, neppure lui, come ha fatto a vendervi lucciole per lanterne. Diffidate anche dei premi Nobel (per l'Economia e per la Pace) che sostengono la stessa cosa, perché perlomeno dal 1919 in poi, hanno scritto in proposito, salvo rare eccezioni, colossali "balle", e ideato progetti di pace per fare la guerra).

 

Entrando nei dettagli, il "Meccanismo Fed" funziona dunque così: il Congresso batte cassa, invia un proprio rappresentante alla Federal Reserve e chiede a questa di ordinare un Fiat Money, che si traduce in ordine impartito al Tesoro di stampare dollari banconote e di metterli in circolazione. La richiesta dovrebbe essere giustificata dalle esigenze (infinite) del Congresso ma è indiscutibile e spesso "suggerita" da agenti esterni, che non sono sempre di natura economica, ma politica, come atti terroristici, interventi armati e guerre. (Quando vigeva il "gold standard", regola spesso elusa, cioè fino al 1971, le cose andavano più o meno allo stesso modo.) Ma come fanno gli Stati a indebitarsi?

(Grazie al sistema dell'International Banking che la Fed coordina e controlla si possono infatti indebitare anche altri Stati, in teoria, tutti!) Così anch'essi fanno come fa il Tesoro degli Stati Uniti. Emettono "Bonds" o certificati (del debito pubblico o di "credito" del Tesoro, come i nostri BOT e CCT), pari al valore nominale delle banconote che lo Stato (o il Tesoro a Washington) stampa e mette in circolazione. Tutto questo, il Tesoro americano e altri Stati (cui viene "consigliato" il Fiat Money) lo fanno, assumendo il debito corrispondente, secondo la già menzionata formula dell'"IOU" (acronimo imperfetto di "I owe you"), dichiarazione di debito (sul piano economico e finanziario), di sudditanza (sul piano politico).

In virtù del "signoraggio", antica pratica feudale, una buona percentuale dei "bonds" emessi (certificati di debito), spetta per legge alla Federal Reserve che li potrà quindi detenere e negoziare, come e quando essa riterrà opportuno. Ora se è vero che il denaro circolante in eccesso rispetto alla domanda crea inflazione, cioè la diminuzione del potere d'acquisto del denaro, è proprio per mezzo dell'inflazione che la Federal Reserve può eseguire manovre sul tasso di sconto miranti a definire cicli di tendenza inversa rispetto a quella corrente (inflazione/deflazione), alla fine di ognuno dei quali sarebbero fortemente incoraggiati gli investimenti e dunque la ripresa economica. Facile! No? (La formuletta, chiamata anche "Demand Management" è uscita dal cilindro di… Alan Greenspan, che nel proporla, ha come sempre anteposto i doveri del maggiordomo di corte, a quelli derivanti da un corretto e onesto studio della Teoria Generale di Keynes.)

 

Alan Greenspan John Maynard Keynes

  

All'applicazione della formula tuttavia non sembra sia mai seguita una sostanziale inversione di tendenza, perché la bolla del debito pubblico continua a gonfiarsi: l'inflazione scende magari di mezzo punto, ma resta… per aumentare nel ciclo successivo e s'impone come tassa che nessuno può evadere, mentre il procedimento testé esposto consolida una situazione di "debito perpetuo". (I calcoli che vorrebbero stabilire nel 2 per cento il tasso d'inflazione ideale e funzionale ai cicli, sono relativi, come sostengono molti cervelli della scienza economica. Il che è intuibile se si pensa che in pratica la deflazione è spesso riferita a "picchi" inflattivi insostenibili.)

 

«Non ci si deve preoccupare!» -ha detto Bernanke- «La situazione è sotto controllo!»

Ma allora dove va a finire il denaro creato dal nulla?

Nel nulla! Appunto. Perché una parte serve a pagare la "progressive income tax" (imposta proporzionale al reddito), l'altra se la mangia l'inflazione, l'altra ancora viene incamerata dal circuito internazionale delle banche commerciali (che la Fed controlla, assumendole come negoziatrici dei titoli di Stato) sotto forma di interessi pagati sull'"impiego", cioè sul prestito che riflette il debito generale (sia esso debito pubblico o rappresentato dal "credito" al consumo), la quarta parte viene incamerata grazie al "signoraggio" (vedi sopra), per cui, come al signore (Duca o Principe) del Medioevo e del Rinascimento spettavano una percentuale in metallo (prezioso) e le spese di conio, quando egli emetteva moneta, così spetta alla Fed una cospicua percentuale del valore nominale dei bonds, quando il Tesoro emette banconote perché il Congresso batte cassa.

E per finire, last but not least!, il denaro sparisce per il flusso di liquidità (reso disponibile -ricordiamolo- grazie a un debito) che viene assorbito dai mercati finanziari, attraverso altri moltiplicatori dell'indebitamento, i contratti a termine.

Nell'intero procedimento è evidente che il ruolo dello Stato è ridotto a quello di intermediario di una pura speculazione (il fatto che i bonds siano emessi dallo Stato, rappresentino cioè una sua obbligazione, o meglio e per essere più chiari, una sua promessa di pagamento, non esclude infatti la possibilità di negoziarli nel mercato borsistico). Nel mercato mobiliare i titoli di Stato sono molto apprezzati per il fatto che diventano spesso l'ancora di salvezza dei grandi investitori, ma sono considerati altamente remunerativi nel circuito bancario, allorché la massa dei possessori di più modeste quantità di questi titoli, i risparmiatori, e indotta a negoziarli prima della scadenza, rassegnandosi a una cospicua perdita del capitale investito. Superfluo aggiungere che questa tendenza (prevista dal sistema Fed) se è vero che trova origine nella perdita del potere d'acquisto del denaro, è anche, e soprattutto, vero che il criterio di valutazione dei titoli di Stato è influenzato dagli indici del mercato azionario.

 

Insomma, nella procedura, la funzione dello Stato, consistente fra l'altro, nella distribuzione della ricchezza secondo criteri di merito, se non di equità, è elusa e stravolta.

A questo punto non sarebbe il caso di dire che la creazione del denaro dal nulla trasforma l'economia produttiva in economia speculativa?

Che la Federal Reserve non pratica l'usura, ma la predazione?

Quest'ultimo termine lo abbiamo preso in prestito da Jean Ziegler, uno che nei suoi libri definisce (appunto) predatori tutti gli investimenti del Capitale Finanziario e mette sotto accusa la privatizzazione selvaggia, non mancando di delineare le circostanze e di definire le condizioni in cui il Capitale Finanziario trova il terreno ad esso più congeniale per eseguire quelle manovre che, per quanto d'uso corrente e lecito in campo economico, potrebbero non trovare l'approvazione della maggioranza dei cittadini, quando ad esempio se ne rilevasse l'incostituzionalità.

 

Jean Ziegler "Le privatizzazioni del mondo"

 

La liberalizzazione dei mercati, come si può rilevare, prevede l'ingresso del capitale privato nel settore pubblico con la pretesa di offrire i benefici funzionali della libera impresa, laddove la produttività aziendale potrebbe anche non essere misurata, come ci insegna l'economia politica, con l'efficienza e la qualità del servizio. Basterebbe questo per affermare che la funzione dello Stato, come Organo Costituzionale, viene ribaltata; nel senso che invece di garantire un servizio pubblico, gli si chiede di legittimare (la summa potestas in questo caso serve) anche l'azione di chi (l'ipotesi non è poi tanto paradossale) non avesse le capacità necessarie a svolgerlo.

Quanto al proclamato principio della libera competizione economica, dovremmo chiederci quanti sono d'accordo con Ziegler nel sostenere che oggi la concorrenza è libera, se è stata preventivamente…eliminata.

La notazione è di un certo rilievo, se si vuole evidenziare una peculiarità del Capitale Finanziario (continuiamo a chiamarlo così per evitare confusioni e critiche), ossia la tendenza a costituire ovunque regimi di monopolio. Il ruolo della Banca Centrale e il conseguente coinvolgimento dello Stato rispecchiano questo "trend", evidente non solo nel processo di progressiva alienazione di beni e servizi pubblici, ma anche nella decrescente capacità dell'impresa produttiva di evitare le fameliche attenzioni dei mercati finanziari. Senza la pretesa d'indicare nei recenti e vistosi "crack" d'oltreoceano e di casa nostra le prove del corrente "totalitarismo economico", chiunque può rendersi conto della miriade di analoghi casi, catalogati come effetti di una generale tendenza, osservando da un lato i fenomeni della grande distribuzione, la concentrazione del controllo dei settori di ricerca e sviluppo, l'onda infinita delle acquisizioni e fusioni societarie, dall'altro la sorprendente conservazione di ogni criterio funzionale a questo "processo", come quello divenuto regola della Banca Centrale, detto in gergo "Last Resort", che consiste nel tappare i buchi create dalle banche troppo disinvolte nel concedere finanziamenti e per questo… impunibili. Perché? Per il semplice motivo che anche la banca disinvolta fa parte del circuito in cui si crea il debito, indispensabile al funzionamento del sistema. (Così può accadere che la banca alfa si chiami, dall'oggi al domani, banca alfa-gamma, mentre la sua funzione resta la stessa; non raro il caso che ai soldi per tappare il buco ci pensi lo Stato, approfittando dell'inflazione che è poi una tassa per tutti).

A questo punto, non sarebbe il caso di dire che la disinformazione favorisce certe strategie? Perché un onesto informatore, dovendo descrivere certi fenomeni in cui è coinvolta la finanza pubblica, non potrebbe dire che lo Stato non è più quello che ci hanno insegnato a scuola, ma un intermediario, uno spendaccione inguaribile e perfino un complice (involontario?) di parecchi raggiri?

Ma siccome ciò che è contraddittorio e inspiegabile è pure intrigante, oggi può accadere che non si voglia nemmeno che sia… spiegato.

Per fare un esempio la teoria secondo cui i fenomeni sociali non sarebbero frutto del caso, (ma conseguenza dell'attuazione di precisi piani politici prestabiliti, nota come teoria della cospirazione), sembra destare puro interesse accademico e scarse attenzioni da parte della cultura popolare, più disposta ad assimilare nella sfera dell'immaginario o del misterioso le ipotesi di presunti complotti (spesso ignorate dalla stampa e dagli opinion makers) che a farne motivo di indagine su più realistici piani politici e sociali. La stessa sociologia sembra del resto aver favorito questa tendenza. Karl Popper, per esempio, ci raccomandava di non credere alla teoria della cospirazione, proprio quando era facile supporre che l'ascesa al potere di Adolf Hitler o la rivoluzione bolscevica non fossero avvenute solo per una serie di fortuite coincidenze.

Constatando dunque che la teoria della cospirazione, malgrado Popper, è entrata a far parte della cultura postmoderna, sembra che il mistero abbia pervaso l'immaginario collettivo a tal punto da pretendere perfino di non essere…svelato. Così se le origini del Federal Reserve System sono avvolte nel mistero, c'è una precisa ragione. Se certi oscuri tecnicismi della scienza economica (peraltro facilmente spiegabili) si complicano ulteriormente, è perché qualcuno tende a renderli inspiegabili e a trasferirli nella sfera della suggestione, dove è preferibile che restino inspiegati, come i cicli infla-deflattivi della Fed.

(Questa è probabilmente la ragione per cui anche un laureato di Harvard prova imbarazzo nel commentare per esempio l'irrazionalità dei mercati, senza il rischio di infittire…il mistero).

In questo senso, sembra scontato che il genio incompreso di John Maynard Keynes (ci perdoni ancora il disturbo!) abbia involontariamente contribuito alla formazione di questa "tecnica".

L'economia moderna, come noto, è Keynesiana, ma si basa su un equivoco.

Come si esce dalla depressione? Con il "Deficit Spending" rispondeva Keynes nel 1935.

Che cos'è il Deficit Spending? L'incremento della spesa pubblica senza aumento di tasse, quando l'economia è a lungo depressa, perche la produzione stagna. Mistero!?

Solo che, se, in condizioni di economia depressa, il Governo aumenta la spesa (anziché ridurla, come la prudenza suggerisce) e non aumenta le tasse, non è detto che lo stimolo alla produzione trovi sempre la risposta dei mercati.

L'obiettivo keynesiano del "Productive Task" era spesso mancato per la bizzarria… del mercato (appunto), ritenuto invece sempre "efficiente" dall'economista inglese. Altro mistero?

Forse Keynes ai suoi tempi (ma la cosa sembra improbabile) non avvertiva il pieno sviluppo delle Multinazionali che, a forza di "disperdere" la produzione interna, avrebbero fra l'altro contribuito non poco a imbastire quel gran casino della Seconda Guerra Mondiale.

Evidentemente il suo libro "Le Conseguenze Economiche della Pace" non fu letto con le dovute attenzioni, oppure Keynes stesso fu costretto a rivedere le proprie tesi. Se la "Teoria Generale" è tuttora apprezzata per metà, lo dobbiamo, ma solo in parte, a Marriner Stoddard Eccles, presidente della Federal Reserve Bank dal '34 al '48, sostenitore del "Deficit Spending", inquisito nel '38 da una Commissione d'inchiesta del Congresso, i cui risultati sono tuttora ignoti.

Per comprendere come una metodologia (che definiremo per lo meno "contraddittoria") sia divenuta ispiratrice di una condotta, entrata di forza nella scienza economica ufficiale, vale la pena riportare le dichiarazioni rilasciate dal Fed Chairman Eccles il 30 settembre 1941 alla Commissione Inquirente dello House Commitee on Banking and Currency, riunitasi a Washington per fare "chiarezza" sulle attività della Federal Reserve Bank:

 

Congressman Patman: «How did you get the money to buy those two billion dollars worth of Government securities in 1933?»

Governor Eccles: «Out of the right to issue credit money»

Patman: «And there is nothing behind it, is there, except our Government's credit?»

Eccles: «That is what our money system is. If there were no debts in our money system, there wouldn't be any money»

Congressman Fletcher: «Chairman Eccles, when do you think there is a possibility of returning to a free and open market, instead of this pegged and artificially controlled financial market we now have?»

Governor Eccles: «Never, not in your lifetime or mine»

(La traduzione è libera, ma il testo inglese parla chiaro.)

 

Rappresentante del Congresso Patman: Come ha preso i soldi per comprare nel 1933 titoli di Stato per un valore nominale di due miliardi di dollari?

Governatore Eccles: Grazie al diritto (della Federal Reserve) di emettere denaro.

Patman: Diritto fondato sul nulla e privo di garanzie reali, salvo la promessa del Governo di pagare.

Eccles: Così funziona il nostro sistema monetario. Se non vi è debito, non vi può essere denaro.

Rappresentante del Congresso Fletcher: Governatore Eccles, quando pensa che l'economia del nostro Paese potrà di nuovo essere sana, trasparente e finalmente libera dai vincoli dei mercati finanziari?

Governatore Eccles: Mai! E in nessun caso, almeno fino a quando io e lei avremo vita.


Un grosso equivoco, dunque, fu anche "alibi" per gli uomini della Fed, anche se la disinformazione (malgrado le confessioni di Eccles) non iniziò certo da allora a svolgere ruoli "educativi" tanto utili all'ingegneria del consenso. Ma fu anche origine di un fenomeno di più ampia portata: fu da allora costituita infatti una sorta di "legalismo economico" in virtù del quale si convenne di assumere il debito come prevalente propulsore dell'economia. Il che non escludeva l'ovvia conseguenza di rendere il capitale produttivo sempre più dipendente dal Capitale Finanziario e dal suo potente braccio, peraltro giuridicamente e politicamente legittimato: la Federal Reserve.

 

Se osserviamo le date del verbale relativo alle dichiarazioni di Eccles, ci sembrano chiari i motivi per cui la Federal Reserve privilegia le condizioni di generale indebitamento e tende per questo a frantumare gli equilibri politici, tesi a garantire la pace. Ora se è vero che la guerra è generatrice d'immediati e colossali debiti… per tutte le parti in causa, è evidente interesse della Fed (o di coloro che dietro la Fed manovrano) non solo che la guerra, anche se non necessaria, scoppi, ma che siano numerosi i belligeranti e le situazioni debitorie nelle quali inserirsi, visto che il suo "mestiere", come abbiamo potuto constatare, è quello di finanziare lo Stato, o meglio, i Governi e i Regimi, siano essi alleati o nemici. Nel 1933 s'inaugura la presidenza di Franklin Delano Roosevelt e si registra in Germania l'ascesa di Adolf Hitler. Sempre del '33 è l'emissione di "Government Securities" (titoli di Stato) per due miliardi di dollari che il Governatore della Federal Reserve, Eccles, ha dichiarato di aver creato dal nulla. Patman, il Congressista della Commissione d'inchiesta gli domanda dove ha potuto trovare l'astronomica (per i tempi) cifra, ma non dove li ha fatti finire.

 

Roosevelt intanto pensa come rimediare ai disastri del '29: tanto per cominciare dà il via ai piani di risanamento, in gran parte suggeriti da Cordell Hull, uomo del Commitee on Foreign Relations, come fu Woodrow Wilson, Presidente degli Stati Uniti dal 1912 al '20.

FDR "decide", anche se non capisce bene perché, di varare nel '34 il "Gold Reserve Act", legge che sgancia il dollaro dal Gold Standard. Qualcuno comincia a chiedersi quanto fosse misurata l'ironia di John Maynard Keynes nel titolare il suo saggio economico

"Le Conseguenze Economiche della Pace" .

I Quattordici Punti di Wilson, propedeutici a Versailles, riacquistano notorietà, perché ce ne sono altri nove (anzi otto, in quanto uno sfugge. Ma è lo stesso!) che ne rilanciano il "messaggio politico" e formano il New Deal (piani di risanamento generale, lotta alla disoccupazione, riforme etc. tutti orientati verso un unico obiettivo: il riarmo), insomma non solo fumo negli occhi, mentre la protesta della classe industriale fa parte del copione, ma una terapia d'urto efficace per la crisi e, soprattutto, occasione per adottare quella linea economica e politico-propagandistica (tanto simile al modello hitleriano e ben espressa dal termine tedesco "gleischaltung" - che vuol dire: adeguamento all'ordine nel perseguire un preciso fine). Il rilancio dell'economia del Reich tuttavia non è una sorpresa per Washinghton, ma piuttosto il pretesto della leadership politica statunitense per giustificare l'adozione di quei criteri di produzione industriale che avrebbero causato l'inversione di rotta, allo scopo fra l'altro di imitare Hitler, nel passaggio dall'economia di pace a quella di guerra.

La Kuhn Loeb and Co., potente banca internazionale, i cui padroni sono imparentati con i banchieri Warburg, fa il bello e il cattivo tempo: Max Warburg, fratello dell'ideatore del sistema Fed, incontra a Berlino gli amici Djalmar Schacht e Montague Norman, rispettivamente futuro Ministro dell'Economia del Reich, e Governatore della Bank of England. I tre hanno deciso di fondare una banca e renderla subito operativa in Svizzera, precisamente a Basilea. Si chiamerà Bank for International Settlement e dovrà gestire, almeno sulle prime, il debito relativo alle riparazioni di guerra della Germania. All'inizio degli Anni 30, in America si pagano le conseguenze del grande crack del '29, forti le ripercussioni in Europa. Qualcuno, FDR in testa, comincia a parlare di un potere elitario dittatoriale che esercita ogni sorta di pressioni sulla leadership politica statunitense e ne influenza le decisioni. Il fine è chiaro: conseguire colossali profitti laddove gli equilibri della pace sono retti da fili troppo esili, per non supporre che siano stati selezionati affinché si spezzino al primo sussulto e troppo mortificanti e illiberali sono i tracciati geopolitici, imposti ai vinti, per non prevedere una loro ovvia e attesa reazione. L'elite del capitale, che da tempo ha acquisito anche il controllo di una buona parte delle fonti energetiche mondiali, ha un suo centro di manovra: Wall Street. Perla del sistema borsistico internazionale, la Borsa Newyorkese opera apparentemente nel rispetto della normativa finanziaria e quasi sempre, con il consenso della rooseveltiana SEC (Stock Exchange Commission), secondo… i voleri dei Cartelli Bancari e Petroliferi. Attraverso le proprie consociate europee i due cartelli puntano ovviamente sulla Germania del dopo Versailles.

Lì c'è uno Stato, la Repubblica di Weimar, che ha debiti fino al collo: 132 miliardi di marchi oro, le riparazioni dei danni di guerra, dovute e riconosciute dalla Germania.

Cosa fanno allora i banchieri internazionali?

Mettono in funzione il meccanismo prediletto nella situazione economica e politica congeniale ai criteri del Sistema Federal Reserve.

Finanziano cioè lo Stato, assumendone il debito, per riscuotere gli interessi sotto forma di tassa che i cittadini dovranno pagare. Il governo che beneficia del finanziamento, accetta automaticamente di applicare il regime fiscale contenuto nella clausola "contrattuale". Sembra difficile e complesso, ma in realtà è semplice per chi possiede enormi capitali e ha in mano lo strumento per farli fruttare. Se, ai fini Fed, è possibile infatti influenzare le decisioni di un governo parlamentare in condizioni di bisogno (per deficit o indebitamento), è evidente che questa capacità aumenta e le formalità di adesione ad un piano di finanziamento sono estremamente semplificate, quando sia proposto, non più ad una leadership politica, ma a un solo leader, cui si riconosca il consenso delle masse, perché capace di rendersene portavoce.

L'intervento della Federal Reserve in questi casi diverrebbe addirittura popolare, se non fossero opportunamente "coperti" i canali di flusso dei finanziamenti predisposti da Wall Street per mezzo delle Multinazionali fino al destinatario, che sarà convinto ad accettarne le condizioni (non gli sarebbe peraltro concesso di scegliere altrimenti) dal riconoscimento della legittimità di una propria elezione a capo del governo, grazie al consenso popolare di cui godrebbe e ai soldi messi a sua disposizione. Da qui si può supporre che il Sistema Federal Reserve, non solo preferisce finanziare i regimi totalitari, ma tende anche a crearli.

Di rilievo, nel caso dell'ascesa al potere di Hitler, la consapevolezza da parte della Federal Reserve anche del fatto che ogni probabile e successivo disaccordo nell'accettazione delle "clausole" del finanziamento, non solo fosse previsto, ma auspicato, poiché causa di ulteriore ostilità, o guerra, e dunque occasione per altri proficui interventi della Fed nello scenario bellico che si andasse delineando. Sembra infine degno di nota il fatto non trascurabile che difficilmente si possono opporre obiezioni contro l'operato della Federal Reserve, perché considerato legale. Il che lascerebbe intendere che la liceità del sistema non deve essere dimostrata perché conforme al Diritto che è ritenuto modello di liberal-democrazia.

 

Ma chi sono i banchieri internazionali che operano dietro la Federal Reserve Bank?

I loro nomi: Rothschild, Warburg e Baruch (ebrei), Rockefeller e Morgan. A questi si possono aggiungere Alexander Helphand (detto "Parvus") e Jacob Schiff (imparentato con i Warburg).

 

L'operato dei singoli appartenenti alle famiglie è naturalmente conforme alla politica dinastica

il cui decalogo converge nel Sistema Federal Reserve. Dopo il fallito "Putsch di Monaco", diventa operante il piano Dawes che stabilisce tempi e ammontare delle rate per il pagamento dell'intero debito della Germania. Gestisce il tutto la I.  G. Farben, colosso della chimica con sedi a Berlino e New York, attraverso cui affluiscono i primi sostanziosi fondi al NSDA di Adolf Hitler.

 

Young Owen

 

Owen Young, uomo della Federal Reserve Bank of New York e direttore della General Electric penserà più tardi come estinguere il gigantesco debito della Germania, senza che nessuno se ne accorga. Il suo piano prevede infatti che l'indebitamento del Terzo Reich divenga assai più cospicuo, con i fiumi di denaro che si riversano nell'industria tedesca attraverso la già ricordata I. G. Farben e la Vereinigte Stahlwerke, che produrrà il 95% di munizioni e esplosivi utilizzati dai Nazisti nella Seconda Guerra Mondiale. Le multinazionali ITT, IBM, Standard Oil of New Jersey, per citare le più importanti, faranno la loro parte per costituire il cosiddetto German Cartel System, teso a creare un fondo per fare della Germania nazista una potente e micidiale "macchina da guerra". Le cose non andranno proprio come Young prevede. Ma con l'incredibile montagna di soldi che dagli Stati Uniti si sposta in Germania si ottiene un grosso risultato: l'abdicazione della Gran Bretagna dal trono di prima potenza imperialista.

 

Fine prima parte

Gian Paolo Pucciarelli

 

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