Fronte unico: orientarsi
nel dedalo
Giorgio Vitali
«Lei crede nei miti?»
Antonio Gnoli-Franco Volpi
«Anche se non si volesse credere alla verità che nascondono, è
impossibile non credere alla loro incomparabile potenza simbolica»
Ernst Junger
«Il leone e l'agnello giaceranno insieme, ma l'agnello dormirà ben
poco»
Woody Allen
«Le parole devono essere un po' violente, perché con esse i pensieri
assalgono quelli che non pensano»
Mario Tronti
«Se invece di guadagnare molto denaro per vivere, ci sforzassimo di
vivere con poco denaro?»
Jules Renard
«Se una Nazione si aspetta di essere ignorante e libera, prefigura
qualcosa che non è mai avvenuto né mai avverrà»
Thomas Jefferson
«I segni e i simboli governano il mondo. Non le parole né le leggi»
Confucio |
Come abbiamo cercato di esprimere in
precedenza, il problema di un "fronte unico" dovrebbe essere affrontato, almeno
in via teorica, con l'uso di strumenti di analisi adeguati.
Abbiamo in precedenza accennato all'importanza dello strumento da utilizzare per
tracciare una mappa del territorio su cui operare. Senza la mappa non si va da
alcuna parte, e men che meno si conclude qualcosa. Come sanno bene tutti coloro
che ciurlano nel manico.
NON possiamo ignorare che la società contemporanea nasce negli anni settanta,
quando si cominciò ad avere una forte diffusione dei calcolatori e della
matematica sperimentale. Il computer con la "simulazione" ha così favorito lo
sviluppo di una nuova procedura d'investigazione: l'avanguardistica teoria della
complessità, che introduce esplicitamente, nelle sue ricostruzioni matematiche,
il caso e l'aleatorietà rifiutando ogni sorta di determinismo, potrebbe, ad
esempio, esse considerata come un'estensione alla società e alla natura delle
categorie e dei criteri usati dai computer, a cominciare da quello di
"retroazione" o feedback.
Scriviamo questi concetti perché convinti che è l'interazione uomo-strumento
tecnico che costituisce l'evoluzione della società. Si tratta di un'interazione
che agisce secondo il meccanismo della retroazione, che costituisce anche lo
strumento attraverso il quale qualsiasi organismo vivente si autoregola per
sopravvivere. Fin dalla nascita dell'aratro, tanto per fare un esempio, l'uomo
che l'ha usato ha pensato sempre avendo fra i suoi pensieri il modo con cui
questo strumento dissoda la terra. Oggi, pertanto, la cultura ecologica del
nostro pianeta si basa sulla percezione cosciente che la natura vive attraverso
un sistema di costanti retroazioni. (L'eliminazione di un solo piccolo elemento
nella catena della vita comporta necessariamente una distorsione a volte
catastrofica, come, per fare un esempio, la progressiva scomparsa delle api o di
altre specie impollinatrici)
Non si tratta di qualcosa di estraneo alla politica, ma di essenziale. NON a
caso la prima facoltà di Ecologia fu aperta in Italia negli anni trenta, a
dimostrazione che in quel periodo era presente alla coscienza dei responsabili
della cultura italiana l'importanza della tutela della natura.
(Tra parentesi, proprio nella facoltà di Ecologia di Perugia si laureò Bertuzzi,
il primo ombudsman italiano, che riempì le cronache degli anni settanta con i
suoi interventi a favore dei cittadini italiani contro i soprusi e le
soperchierie da parte dei soliti tromboni, esempio di come l'ecologia
costituisce una modalità di pensiero e di sentimento).
A conferma di queste iniziali considerazioni di carattere politico, citiamo un
brano tratto dal libro: "La politica è un'altra cosa: questa" di Roberto Vacca,
Bompiani, 1995. Scrive Vacca nel capitolo "Privatizzare non è una panacea, il
caso Enel": «L'energia elettrica è carente in Italia per l'inefficacia dei Piani
Elettrici Nazionali, bloccati e castrati man mano che venivano approvati. Il
nucleare è stato fermato dopo il fuorviante referendum nucleare. La centrale
termoelettrica di Montalto, arrivata quasi al traguardo, è stata fermata per
ragioni speciose. Non si menziona nemmeno la necessità di dare ai piani
energetici dimensioni internazionali investendo in grandi imprese e mirando ad
assicurarci fonti di rifornimento differenziate e multiple».
Aggiungiamo, solo di sfuggita, che la questione primaria della disponibilità
energetica è passata finora in terz'ordine, e basterebbe pensare a quello che si
potrebbe fare disponendo di energia pressoché illimitata per capire che la
politica del terrore è funzionale agli interessi delle potenze che vogliono
l'Italia ai loro piedi. Bisogna far presente a chiunque che la politica del
terrore atomico è nata con l'uso della bomba. Tanto per fare un esempio molto
semplice, basta citare un libro molto chiaro nelle sue intenzioni, autrice
l'Associazione degli Scienziati Americani, titolo: "Il mondo unito o il caos",
edito da Migliaresi, Roma, nel 1946, con prefazione di Bohr e Compton . Si
tratta di un drammatico appello per il controllo internazionale del pericolo
atomico, scritto con la collaborazione di Einstein, Oppenheimer e molti altri.
Con un'appendice di Giorgi sull'opera di Fermi. Dovrebbe servire per far capire
che la politica del terrore serve solo per spaventare greggi di pecore. Ma non è
tutto, perché per comprendere che qualsiasi presa di posizione di ambienti
USACENTRICI in relazione a questioni energetiche è solo funzionale agli
interessi atlantici. Anche perché si tratta di comprendere che NON BASTA
l'omicidio mirato (Mattei, Gardini, Cagliari, Moro, De Mauro, etc.) ma serve
anche una vasta corrente di terrori diffusi da poter utilizzare al bisogno.
La SCIENZA non è neutrale, specie se entra di prepotenza negli equilibri
internazionali. Basterebbe un minimo d'intelligenza per comprendere quale
livello e baratro d'idiozia è aperto sotto i piedi degli italiani che, a fronte
di un attacco alla Libia di Gheddafi, nostro forziere energetico, votano
plebiscitariamente contro l'utilizzazione del nucleare. (resta a parte il
discorso sulle spese per l'acquisto di apparecchiature da fonti rinnovabili,
eolico e solare, che ci fornisce una quantità trascurabile di energia e che
siamo costretti ad acquistare all'estero NON avendo una nostra tecnologia
utilizzabile…) Senza parlare del fatto che la tendenza a trasportare all'estero
le fabbriche è dovuta anche all'incertezza dell'approvvigionamento energetico.
Vien quasi da pensare che l'elettricità residua sarà sufficiente appena per
tenere accesi i lumini dei cimiteri.
[Intervista di Daniel Tarozzi a Marco Cedolin (da Warology: Macroticonzer0
edizioni, 2011)
D. Che ruolo esercitano i Media nella costruzione della paura?
R. la paura è il maggiore collante che tiene in piedi una società schizofrenica
come quella contemporanea. I media hanno il ruolo di creare e alimentare questa
paura, coccolandola e facendo sì che all'interno di noi sia sempre presente in
dosi massicce.
D. Possiamo dire che la paura è un'arma?
R. Senza dubbio la paura è un'arma. Un'arma potentissima che permette di
modellare le nostre emozioni e le nostre reazioni, indirizzandole nella
direzione voluta. La paura del terrorismo ha portato i cittadini a invocare
l'utilizzo di telecamere e ogni sorta di diavolerie elettroniche attraverso le
quali l'individuo è deprivato della privacy e di qualsiasi ambizione d'intimità.
Ha portato i cittadini a giustificare guerre e massacri. La paura della
disoccupazione ha costretto i lavoratori ad accettare come inevitabile la
soppressione dei propri diritti, il dumping sociale e la precarizzazione del
mondo del lavoro, e l'elenco potrebbe continuare a lungo.]
L'importante intervista sopra citata ci induce ad insistere sull'argomento,
perché l'immagine dello scienziato neutrale e per di più… "buono" è quanto mai
funzionale agli interessi dell'egemonia atlantica.
C'è una dichiarazione che fa chiarezza su questo argomento, ed è di Massimo
Scaligero ("Lotta di classe e karma"). «È raro che l'aggruppato, ossia il membro
di un'anima di gruppo, quale che sia la sua corrente, venga persuaso dalla
logica reale, ossia dalla logica dei fatti, dalla ragione concreta, che è la
forma della ragione pura: egli muove dalla logica di una persuasione, che non
appartiene alo Spirito, ma al corpo». «Il nuovo Irrazionale è il pensiero
razionale rigorosamente analitico -nel nuovo sistema cinese come nell'americano
e nel russo- e tuttavia manovrato dagli istinti: esso, potendo rivestire
qualsiasi forma logica, diviene posizione mentale, sino a costituire il tessuto
della cultura. È una condizione generale alla cui manovra, al suo livello, è
sufficiente l'iniziativa di pochi. Questa iniziativa, in forza del livello, è
inevitabilmente subìta da coloro che quivi vorrebbero affermare altri valori:
dello Spirito e della Tradizione. Vengono anch'essi travolti».
Incalza Ugo Spirito ("Guerra Rivoluzionaria", Fondaz. Ugo Spirito, 1989):
«Questo estraniarsi della scienza dalla vita non ha potuto non incidere sullo
stesso abito mentale dello scienziato, che ha finito per esaltare la sua
apoliticità come il colmo dell'obiettività. Ne è venuta fuori una sorta di
positivismo economico e giuridico che è l'espressione più evidente della
passività della scienza e della sua funzione sempre più accessoria e
irrilevante. La preoccupazione dello scienziato è diventata quella di accogliere
nei vecchi schemi il nuovo contenuto della realtà, forzandolo come in un letto
di Procuste, con la convinzione dogmatica della riducibilità del nuovo al
vecchio. »…« ma il fatto è che gli economisti, più degli altri, vivono al centro
della società borghese, nella peculiare atmosfera adatta a coltivarne i
pregiudizi ideologici, e finiscono con l'essere, anche senza averne chiara
coscienza, i difensori più accaniti dei privilegi capitalistici. E' una
deformazione mentale ormai connaturata, che toglie ogni possibilità di
distinguere l'essere dal dover essere e fa scambiare la contraddizione della
situazione di fatto con la legge dialettica della realtà».
Concludiamo con un intervento del prof. Giuseppe Arcidiacono: «In questi ultimi
anni, in seguito alle nuove scoperte nel campo della cosmologia,
dell'astrofisica, e delle particelle elementari, si sta verificando un profondo
mutamento in seno alla scienza ed agli scienziati, sul valore e sui limiti della
conoscenza scientifica ed in conseguenza ci si è accorti della grande importanza
ed urgenza della necessità di costruire una nuova scienza a misura umana,
rispettosa della natura e dei suoi equilibri, e che non neghi più ogni valore ai
problemi filosofici».
CONSIDERAZIONE FINALE. Come abbiamo cercato di dimostrare, esiste un "ambiente
culturale" entro il quale un gruppo che voglia porsi come "alternativo" deve
necessariamente percepire se stesso. Questo gruppo diventa "comunità" nel
momento che persegue finalità comuni sapendo quel che vuole proporre e
realizzare. L'esempio del berlusconismo è chiaro. Nulla di spontaneo e tantomeno
di estemporaneo è evidenziabile nel fenomeno in esame, ivi compresa la
leadership del Berlusconi stesso.
Giorgio Vitali
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