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Comunicato Gendarmi dell'Impero
Manipolo d'Avanguardia Bergamo (4/12/2013)
«Uomini delle Forze armate di Stato che difendono interessi privati». Questa affermazione può, in sintesi, descrivere i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Costoro, però, non sono gli unici: si tratta di decine e decine di uomini delle FF.AA. -militari N.A.T.O. con cittadinanza italiana- che prestano un servizio privato atto a sorvegliare navi che battono, per comodità, bandiera italiana ma che trasportano guadagno per le multinazionali, spesso, del Crimine organizzato. Mesi or sono gli indignati italiani e naturalizzati come Magda Cristiano Allam hanno solidarizzato con i due apolidi in mimetica; hanno collaborato, chi consapevolmente e chi no, a lastricare -e quindi a seppellire- la Verità, per preparare il loro rientro in Italia con una cerimonia istituzionale: «I due sottufficiali del Reggimento San Marco sono stati accolti all'aeroporto di Ciampino dal Capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio Luigi Binelli, dal ministro degli Esteri Giulio Terzi, e della Difesa Giampaolo Di Paola» si leggeva, giusto un anno fa, su uno dei maggiori quotidiani nazionali. Tra i sostenitori dell'innocenza dei due marò, non poteva mancare l'ex Ministro Ignazio La Russa che, sin da subito, ha strumentalizzato il caso e ha dato il via libera per il loro accesso al Parlamento attraverso il suo partito Fratelli d'Italia - Centrodestra nazionale": «Sono pronto a lasciare i migliori posti in lista ai due marò, che devono rientrare e restare in Italia, per svolgere un ruolo in parlamento». Una difesa tenace, indecorosa, borghese e tipicamente 'evoliana' per due, molto presunti, assassini. I mesi trascorrono e il "caso Marò" subisce i suoi alti e bassi: durante le elezioni politiche sono "utilizzati" per fini elettorali, l'India scinde il contratto per i 12 elicotteri AgustaWestland, Latorre e Girone non rientrano in India dopo il voto, i giornali nazionali parlano di pena di morte un giorno sì e un giorno no, il nuovo ministro degli Esteri dubita dell'innocenza dei marò "accendendo", in maniera teatrale, l'ira del suo predecessore ... e fino al giorno della sentenza, sarà un continuo chiasso atto a stordire la cosiddetta opinione pubblica italiota e patriottarda.
Nessuna indignazione s'è levata per il declino della sovranità nazionale. Quando accadde l'irreparabile, chi decise il rientro nel porto di Kochi? Il governo italiano? No. Ad ordinare al comandante della nave, Umberto Vitelli, quando già si trovava in acque internazionali, di tornare a Kochi in India è stato l'armatore Luigi D'Amato: «Fate come dicono loro -le autorità indiane, N.d.R.-, tornate a Kochi». Una decisione "privata" che avrà conseguenze diplomatiche internazionali di grande rilievo. Nel baccano popolare si è riusciti a seppellire alla bell'e meglio, nel più completo disinteresse, due lavoratori indiani, colpevoli di svolgere il loro umile lavoro vicino alla tratta delle petroliere europee. Che triste destino per loro! Uccisi, una prima volta, perché scambiati per pirati. Uccisi, una seconda, perché appartenenti alla classe proletaria indiana. Mentre le due salme si decompongono tra i flash dei cronisti, non cessa lo "scodinzolar" di bandiere italiane intorno all'incontrastata padrona dei cieli, del mare e della terra: la North Atlantic Treaty Organization ma, l'usurpato Tricolore, questa volta non basterà per levare il fango dall'anima sudicia dei corrotti. . Manipolo d'Avanguardia Bergamo
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