Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Himmler, nazionalsocialismo e geopolitica euro-atlantica

 

Franco Morini  

 

la Nota di Maurizio Barozzi

 

L'eccellente articolo, sotto riportato, del ricercatore storico Franco Morini che sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista "Historica Nuova", completa un quadro storico, molto importante, su cui già da tempo si discute: i rapporti di Himmler con gli Occidentali e le conseguenze di quella linea geopolitica Euro-Atlantica che prevalse nel nazionalsocialismo.

L'articolo, infatti, nonostante il ristretto ambito di una ricostruzione storica datogli dell'autore, conferma anche, sia pure indirettamente, che all'interno del nazionalsocialismo agì, fin dalle origini, una linea strategica ed ideologica i cui fini geopolitici erano, sostanzialmente, di natura Euro-Atlantica. L'esatto contrario degli interessi nazionali italiani e della linea, sostanzialmente Euro-Asiatica di Mussolini. Divergenze queste che spiegano benissimo l'operato ondivago di Mussolini e la sua scelta, purtroppo risultata deleteria, di una "guerra parallela" non con la Germania, ma a fianco della Germania.

Questo perchè la linea geopolitica Euro-Atlantica del nazionalsocialismo, aveva come presupposto fondamentale l'accordo, anche su presupposti razziali con i "cugini di razza" della Gran Bretagna. Un accordo su scala planetaria che non avrebbe potuto non essere contro gli interessi italiani nel mediterraneo, nei Balcani e in Africa, diametralmente opposti a quelli inglesi.

È questo della linea Euro-Atlantica un filone geopolitico, con implicazioni ideologiche e financo esoteriche, che affonda le sue radici in ambienti "esoterici" e anglofili che pullulavano ad Alessandria d'Egitto, là da dove proveniva R. Hess, ma non solo lui.

Questa linea Euro-Atlantica della Germania, anche negli aspetti militari, ebbe una grave responsabilità nel disastro bellico della guerra (salvataggio degli inglesi a Dunkerque, mancata lotta ai britannici a tutto campo nel medioriente e in India, impossibilità di una ricomposizione della guerra con i Sovietici, ecc.), e, in particolare in Italia, sappiamo benissimo come il tradimento del generale Wolff, non fu episodico, ma nasceva da tutto un precedente operato "filo occidentale" di Himmler (sembra che costui già nel 1944 aveva anche proposto agli alleati un colpo di stato per sbarazzarsi di Hitler e arrivare a un compromesso bellico.

Non si può escludere, ma tutto lo lascia sospettare che, in realtà, Himmler non si suicidò affatto, ma venne semplicemente eliminato dagli inglesi a cui si era consegnato, affinché non potesse parlare.

Ma attenzione: l'operato di Himmler, pone anche seri dubbi su tutta la versione Olocaustica, quella che lo ritiene responsabile di un programmato ed eseguito piano di sterminio ebraico. Come è possibile, infatti, a meno che Himmler non fosse totalmente scemo o ingenuo che egli, tra l'altro da anni in contatto con ambienti "occidentali" e persino con ambienti ebraici con i quali si concordarono molti aspetti di reciproco interesse tra sionismo e nazismo (ad esempio la proibizione dei matrimoni misti, l'espulsione degli ebrei dall'Europa, ecc.) ritenne possibile un accomodamento con gli Alleati, proprio lui che la propaganda di guerra additava come "sterminazionista"?

Se Himmler, tentò quegli approcci con gli anglo americani è evidente che, non solo poteva contare su vecchi canali di comune percorrenza, ma sapeva anche bene che le accuse a suo carico erano più che altro "propaganda di guerra".

Non si rese però conto Himmler che la guerra aveva anche finalità che andavano oltre certe esigenze nazionali (mondialismo), che la strategia mondialista che era dietro gli Alleati, aveva come obiettivo primario la distruzione e l'occupazione dell'Europa e solo secondariamente quella del nazismo (tanto è vero che non venne mai dato spazio alle correnti della resistenza tedesca anti nazista) e che la già nascente propaganda sull'Olocausto era un elemento ricattatorio importante per il futuro del sionismo, ecc. e quindi rimase letteralmente fregato.

In ogni caso la linea Euro-Atlantica del nazionalsocialismo, quella che comunque prese il sopravvento in Germania, è dimostrata anche dalla facilità e quasi "spontaneità, di come tantissimi generali, ufficiali e membri a tutti i livelli del precedente Reich, a guerra finita vennero arruolati nei sevizi segreti occidentali. Vi era in effetti, invisibile, ma palpabile, una certa "continuità ideale" e non solo.

Un "clima" propizio, all'intruppamento con le Intelligence Occidentali, con la scusa della lotta al comunismo e del contenimento dei Sovietici (che invece le segrete strategie che erano alla base di Jalta, consideravano indispensabili per il controllo dell'Europa) analogo a quello che in Italia già aveva portato il 26 aprile 1945 alla resa dei fascisti a Como, dove prevalse l'operato dei vari Romualdi, Teodorani, ecc.

Oggi sappiamo che molti sedicenti "fascisti" della RSI, la cui ultima loro speranza era quella di essere "recuperati" dagli anglo americani per un utilizzo anticomunista, spesso erano già collusi con l'OSS prima ancora che la guerra finita.

E non a caso ritroviamo poi, a guerra finita, tutti questi esponenti, impegnati a spostare a destra e su posizioni filo atlantiche i reduci del fascismo repubblicano.

Un continuità quindi che ci farà ritrovare tanti destristi, pseudo neo fascisti, nelle strutture stay behind, nelle cellule di Gladio, per finire nella strategia della tensione.

Sempre e comunque al servizio della bandiera a stelle e strisce se non a quella con la stella di David.

Sarebbe ora che si facesse luce su queste faccende, in particolare nell'ambito di un certo "ambiente" che per tanti anni ha dovuto sorbirsi libri e fogliacci della Destra, tutti ispirati dai servizi segreti occidentali e dalla linea filo atlantica.

Quanti libri, opuscoli e lavori pseudo storici ci siamo dovuti sorbire, tra gli anni '60 e i '70, dove si esaltavano soprattutto le battaglie e gli scontri con i Sovietici in nome di un comune (ma comune a chi?) anticomunismo.

Ma non solo materiale destrista pseudo storico, ma ideologico, visto anche come venne "piegata" la visione Tradizionale della vita e del mondo per renderla funzionale a questo "filo occidentalismo", sempre in nome di un pretestuoso ed inesistente "mondo libero" quale "male minore" che finiva per affiancare le Destre a quelle strategie stay behind, ai Golpe militari, ai famigerati Berretti Verdi che prendevano legnate dal popolo Vietnamita, all'OAS e quant'altro, ovvero a situazioni che avevano la loro origine in ambito CIA e NATO, e persino a considerare Israele come un ultimo baluardo dell'uomo bianco (sic!) in Africa e nel Medioriente.

Tutti lavori del destrismo nostrano, infarciti di anti-comunismo viscerale, e di un neppure troppo mascherato filo atlantismo che hanno finito per traviare una intera generazione e a nascondere i veri aspetti geopolitici della Seconda guerra mondiale.

Ma c'è di più. Discutendo con un valido e preparato osservatore storico, in merito a certi aspetti "speculari" che si possono riscontrare nei rispettivi presupposti ideali di dominio e supremazia razziale, tra nazionalsocialismo e sionismo, questi mi faceva notare quanto segue, che si può approvare parola per parola e fa quadrare i conti:

1. Hitler/ Mein Kampf = Bibbia

Il Nazional Socialismo -a differenza del Fascismo di Mussolini (che -nella sua rivoluzione- aveva chiaramente anteposto l'azione al pensiero, il fatto alla teoria, il pensiero pensante al pensiero pensato e che prima di ideare, elaborare e redigere la sua "Dottrina", aveva fondato i Fasci di Combattimento, aveva realizzato la Marcia su Roma, preso il potere, lanciato ed attuato la riforma della Scuola e la riforma dello Stato)- prese per buono il medesimo 'schema' (io sono il capo; tu, il vice-capo; lui, il sotto-vice-capo, ecc.) che era stato tracciato dallo Zarathustra delle Gâthâ e successivamente ripreso e volgarizzato dall'ideologia politico-religiosa giudeo-cristiano-musulmana. Come è facile poterlo verificare, il suo principale leader (Adolf Hitler), per mettere in cantiere la sua 'rivoluzione' (ufficialmente antitetica a quel genere di 'pensiero'), si adattò a seguire -magari senza volerlo o senza saperlo, e quasi sicuramente, senza nemmeno accorgersene- il medesimo 'schema' che, prima di lui, avevano già praticato i diversi e variegati ideatori/redattori/editori del TaNaKh, i Paolo di Tarso, gli Evangelisti, i Mani, i Muhammad/Maometto, ecc.; oppure, i vari intellettuali dell'epoca dei "Lumi", i teorizzatori della 'Rivoluzione americana' e della 'Rivoluzione francese'; o ancora, gli Adamo Smith, i Karl Marx, i Lenin, ecc.

Come questi ultimi, infatti, anche Adolf Hitler (sicuramente in buona fede!), per 'riflesso condizionato', ideò e compose dapprima -con la collaborazione di Rudolf Hess e del gesuita Bernhard Stämpfle- il suo "testo sacro" (i due tomi del Mein kampf o 'La mia battaglia', pubblicati rispettivamente, nel 1925 e 1929); lo presentò come se fosse il compendio della "verità" assoluta ed indiscutibile; iniziò a propagandare le idee che vi erano contenute ed a fare dei proseliti; e dopo che ebbe ottenuto -democraticamente- la maggioranza dei consensi elettorali, si installò al potere e tentò, con tutti i mezzi a sua disposizione, di forzare la realtà ad adattarsi alle 'teorie' che egli stesso aveva enunciato e fissato nella sua "Bibbia". Ironia della Storia: anche se Hitler avesse vinto la Seconda Guerra mondiale, avrebbe vinto lo 'schema' ideologico, politico e pratico che fino ad allora era stato propagandato e voluto dai suoi più acerrimi nemici!

2. Julius Streicher (Leggi razziali nazional-socialiste) e Leggi razziali della Bibbia (libro di Esdra o Ezra). Nel 1945-46, al processo dei "criminali di guerra" a Norimberga, nel corso dell'interrogatorio al "teorico" della razza, Julius Streicher, la questione viene sollevata:

DOMANDA: «Nel 1935 al Congresso del Partito di Norimberga sono state promulgate le "leggi razziali". Al momento della preparazione di questo progetto di legge, siete stato interpellato e avete partecipato in qualche modo all'elaborazione di queste leggi?».

L'accusato Streicher risponde: «Sì io credo di avervi partecipato nel senso che da anni scrivevo che bisognava impedire in futuro ogni contaminazione del sangue tedesco con il sangue ebraico. Ho scritto degli articoli su questo argomento e ho sempre ripetuto che avremmo dovuto prendere a modello la razza ebraica o il popolo ebraico. Nei miei articoli ho sempre sostenuto che gli ebrei dovevano essere considerati come un modello per le altre razze, perché essi obbediscono a una legge razziale, la legge di Mosè, che dice: "Se andate in un paese straniero, non dovete prendere una donna straniera"; ciò, signori, è d'importanza fondamentale per giudicare le leggi di Norimberga. Sono queste leggi ebraiche che sono state prese a modello. Quando, secoli più tardi il legislatore ebreo, Esdra constatò che, nonostante ciò, molti ebrei avevano sposato delle donne non ebree, quelle unioni furono spezzate. Questa fu l'origine dell'ebraismo che, grazie alle sue leggi razziali, è sopravvissuto nei secoli, mentre tutte le altre razze e tutte le altre civiltà sono state annientate».

Fonte: Tribunale Militare Internazionale di Norimberga, 14 novembre 1945 - 10 ottobre 1946: dibattito del 26 aprile 1946, Trial of the Major War Criminals, Washington, 1946-1949, XII, doc. 321.

3. Hitler, dopo essersi tardivamente accorto dell'irrazionale e gratuita "cantonata" che aveva preso in precedenza, dichiarerà: «Parliamo di razza giudaica per comodità di linguaggio, poiché non c'è, a dire il vero, e dal punto di vista della genetica, una razza giudaica. (…) Antropologicamente, i Giudei non riuniscono i caratteri che farebbero di loro una razza unica»

("Le testament politique de Hitler", notes recueillies par Martin Bormann, Quartier Général du Führer, 13 Février 1945, Librairie Arthème Fayard, Paris, 1959, pag. 84 e 85).

Maurizio Barozzi

 

Il 20 aprile 1945, compleanno del Fuhrer, ancora non si era esaurita l'ultima cerimonia nel bunker della Cancelleria, quando Himmler quatto, quatto si defilava per raggiungere il sobborgo berlinese di Hartzward dove l'attendeva un eccentrico ospite: il rappresentante del Congresso mondiale ebraico svedese, Nobert Masur. Mediatore dell'incontro il fisioterapista personale di Himmler, dottor Felix Kersten che aveva scortato personalmente Masur dalla Svezia fino alla periferia di Berlino grazie a uno speciale salvacondotto rilasciato da Himmler.

L'inconsueto abboccamento fruttò la liberazione anticipata di 7 mila internate francesi ebree e non [1] del campo di Ravensbruck, subito avviate in Svezia a mezzo di camion procurati dal conte Bernadotte [2] nonché alla liberazione di tutti gli ebrei che erano ancora concentrati in Norvegia. Far di più non era possibile a causa della ipercritica situazione dei mezzi di trasporto allora disponibili. Nel corso del colloquio, Himmler si era fra l'altro così espresso: «La guerra all'Est è stata straordinariamente dura. Noi non l'abbiamo voluta, ma gli enormi preparativi dei sovietici ci hanno costretto a farla. Questa guerra implacabile ci ha obbligato ad agire con la stessa ferocia dei russi. Se gli ebrei hanno dovuto soffrire per la guerra nell'Unione Sovietica, non è soltanto colpa dei tedeschi» [3].

Masur si limitò a replicare circa il pesante trattamento subito dagli internati ebrei senza però far cenno a presunte gasazioni di cui già si parlava lamentandosi, piuttosto, della cremazione subita da suoi correligionari deceduti nei lager, data la nota importanza riservata dalla tradizione giudaica alla piena integrità dei corpi defunti. Himmler replicò che i forni crematori erano serviti al solo scopo di bruciare i cadaveri delle vittime di malattie altamente infettive e quindi per inderogabili esigenze igienico-sanitarie [4].

Alla facile obiezione che tale apertura umanitaria fosse dovuta all'impegno di Himmler di procurarsi calcolate benemerenze in vista dell'ormai imminente sconfitta militare, ostano ineludibili precedenti a conferma, invece, degli ambigui rapporti da sempre intercorsi tra nazionalsocialismo e sionismo a cominciare proprio dal braccio operativo della cosi detta "soluzione finale", Adolf Eichmann.

Allorché Simon Wiesenthal sentì pronunciare per la prima volta il nome di Eichmann, fu seriamente preoccupato che ci si riferisse ad un ebreo nato in Palestina. Questo perché il suo informatore, tale capitano Choter-Ischal della Brigata ebraica, dopo avergli nominato Eichmann aveva aggiunto: «Sarà meglio che controlli quel nome, purtroppo viene dal nostro Paese. È nato in Palestina». [5]

In realtà Eichmann era così palesemente "ariano" da essere nato a Solingen, patria del più rinomato acciaio tedesco. L'equivoco nasceva dal fatto che lo stesso Eichmann, specie nei suoi rapporti con gli esponenti ebraici, amava farsi passare per un nativo della Palestina facilitato in ciò dal fatto d'aver appreso l'yddish e l'ebraico, idiomi che parlava correntemente e, del resto, il suo ufficio pullulava di personale collaborazionista ebraico. Non meraviglia pertanto che nel corso del processo a Gerusalemme, Eichmann abbia più volte ribadito la sua sostanziale adesione alla causa sionista anche per certe affinità, in tema di razzismo biologico, fra sionismo e nazionalsocialismo.

Particolare questo confermato dallo stesso Wiesenthal secondo il quale… per qualche tempo in famiglia credettero che Adolf fosse un 'sionista', perché parlava spesso della possibilità di una immigrazione ebraica su larga scala dalla Germania alla Palestina [6].

Obiettivo mai venuto meno e anzi ripetutamente confermato da Eichmann nel memoriale steso in detenzione a Gerusalemme e pubblicato successivamente in Italia dal settimanale "Epoca".

Il memoriale tratta in particolare dei rapporti di Eichmann con l'ex vicepresidente del movimento sionista ungherese, dottor Rudolph Kastner, che vi appare così tratteggiato:

«Questo dottor Kastner era un giovane uomo della mia età, gelido avvocato e fanatico sionista. Assicurò che avrebbe convinto gli ebrei a non opporsi alla deportazione e persino mantenere il buon ardine nei campi di raccolta, purché io chiudessi un occhio e lasciassi emigrare clandestinamente in Palestina qualche migliaio di giovani ebrei. Quindici o ventimila ebrei -a conti fatti non potevano essere di più- non erano un prezzo troppo alto per me, visto che in cambio avevo assicurato un buon ordine nei campi (…) Io credo che Kastner avrebbe sacrificato mille, centomila individui del suo sangue pur di realizzare la sua meta politica. Non gli importava degli ebrei anziani o di quelli che si erano assimilati. Ma con incredibile ostinazione cercava di salvare il sangue ebraico biologicamente valido, cioè il materiale umano capace di riproduzione e di duro lavoro. 'Si tenga pure gli altri' mi diceva, 'ma lasci questo gruppo'. E poiché Kastner ci rendeva un gran servigio aiutandoci a tenere quieti i campi di deportazione, io lasciavo che i gruppi da lui prescelti scampassero. Dopo tutto cosa m'importava di questi gruppetti di qualche migliaio di ebrei (...) Gli uomini di Becher [7] sorvegliavano un gruppo particolare di 700 ebrei che Kastner aveva scelto da un elenco. Erano quasi tutti giovani pur essendoci fra gli altri tutta la famiglia Kastner. A me non importava che Kastner si portasse via i suoi parenti: poteva tirarseli dietro dove voleva. Quasi tutta l'emigrazione clandestina era organizzata in questo modo: un gruppo speciale di ebrei veniva preso in consegna e portato in un luogo indicato da Kastner e dai suoi uomini; lì venivano custoditi dalle SS, perché nessuno facesse loro male. Quindi le associazioni politiche ebraiche organizzavano il trasporto fuori dal paese [nel caso in questione si trattava dell'Ungheria - N.d.R.]. Io ordinavo alla polizia di frontiera che lasciasse passare questi convogli. In genere viaggiavano nottetempo. Era il 'gentleman's agreement' fra me e Kastner». [8]

Ma l'accordo più eclatante nato dai rapporti fra Eichmann e Kastner riguardava l'ipotesi di uno scambio tra un gran numero di ebrei, ungheresi e non, con un certo numero di autocarri. In sostanza si trattava di scambiare cento ebrei per un camion. A tal proposito Kastner si era detto certo di potere ottenere tramite l'Agenzia Ebraica, fino a 10 mila autocarri in cambio di un milione di ebrei da trasferire in Palestina. Entusiasmato da tale prospettiva, Eichmann si recò due volte a Berlino per ottenere il necessario benestare da Himmler.

Scrive Eichmann in proposito: «Non ricordo se Himmler abbia definito personalmente i termini dello scambio o se abbia lasciato a me la questione. Ma ripensandoci, mi pare che Himmler abbia autorizzato l'offerta 'per un numero ragguardevole' e che io abbia fissato il numero di diecimila contro un milione. Questo perché io ero un idealista e volevo fare il meglio possibile per il mio Reich».

Dunque ogni singolo ebreo fu valutato dall'affarista Eichmann, la centesima parte circa del valore di un camion, come dire, insomma, sì e no il costo di un biglietto turistico popolare per un pari tipo di viaggio in tempo di pace. Tutto ciò farebbe presumere che sia Himmler che Eichmann, più ancora che ai camion, pur indispensabili al trasporto, mirassero a portare con tale operazione grosse frizioni nelle retrovie nemiche con particolare riferimento al Medio Oriente. Il patto cominciò a prendere forma nel maggio del '44 con l'attivarsi, ai fini dei necessari contatti preliminari, dell'esponente sionista ungherese, Joel Brand, al quale fu fornita l'autorizzazione e tutti i documenti necessari per potersi recare in Palestina via Vienna-Istambul. Ricorda Eichmann con una certa costernazione che, giunto in Siria, Brand venne arrestato dagli inglesi, interrogato e quindi incarcerato al Cairo anche perché, secondo Eichmann «... i dirigenti ebraici non vollero accettare la nostra proposta». I fatti apparirebbero tuttavia leggermente più controversi. Stando a Raul Hilberg, una volta giunto a Istambul, Brand contattò il locale rappresentante dell'Agenzia ebraica, Moshe Shertok. e ambedue, anziché recarsi in Palestina come programmato, andarono a Londra sotto la vigile scorta di Weizmann il quale «… presentò le proposte al ministero degli esteri britannico insieme alla richiesta di bombardamento [di Auschwitz - N.d.R.]. Aveva compiuto il suo dovere, ma gli inglesi respinsero le richiesta. Non si fece neppure un tentativo simulato di trattare con i nazisti e gli ebrei non furono salvati». [9]

La conclusione dell'intera vicenda venne così sintetizzata da Eichmann: «… Io aspettavo che Brand tornasse per dirmi 'la questione è risolta. Cinque, diecimila autocarri sono già in marcia. Mi dia mezzo milione, un milione di ebrei. Lei mi ha promesso che se fossi tornato con un risposta positiva, avrebbe inviato centomila ebrei come "deposito" in un Paese neutrale'. In questo caso avremmo senz'altro spedito gli ebrei. Se la trattativa fosse andata in porto, io penso che sarei riuscito a organizzare il primo imbarco di ventimila ebrei verso la Palestina, via Romania, o anche verso la Spagna, via Francia. Ogni eventuale ritardo sarebbe stato imputabile a loro, non a noi. Ma la verità è che non c'era luogo sulla terra disposto ad accogliere gli ebrei, nemmeno questo milione». [10]

Si capisce a questo punto perché il governo israeliano abbia permesso che il memoriale Eichmann -sempre sottoposto al suo stretto controllo e supervisione- potesse circolare in Europa e nel mondo: perché conteneva implicite accuse a tutto il mondo, nuove accuse che andavano a sommarsi a quelle generalmente riservate ai soli Stati europei. In ogni caso, con la sortita dei camion in cambio di ebrei, i sionisti si erano assicurati comunque una importante carta da giocare ai loro scopi: se 'l'affare' fosse andato in porto gli ebrei avrebbero invaso con il loro numero vasti territori della Palestina. In caso contrario, imputabile gli alleati, si sarebbe pur sempre determinata una solida ipoteca ricattatoria comunque spendibile nelle future trattative concernenti l'assetto finale della Palestina.

Se esaurito il processo, Eichmann venne subito impiccato, Kastner lo precedette in modo non meno cruento e pretestuoso. Nell'autoproclamato Stato sionista, a Kastner vennero offerte importanti cariche amministrative all'industria e commercio, alte cariche che ricoprì fino a quando un reduce dai lager, Malkiel Grinwald, lo accusò pubblicamente di combutta con il 'nemico' nazista. Kastner tentò di difendersi intentando causa per diffamazione ma il tribunale, pur condannando Grinwald ad una pena peraltro simbolica, riportò in sentenza che Kastner aveva effettivamente "venduto l'anima a Satana". Il 3 settembre 1957, Kastner fu assassinato dal fuoco concentrico di tre killers, prontamente indicati come ex appartenenti alla "banda Stern".

Nel gennaio 1958 la suprema Corte modificò il primo verdetto aggravando la pena per Grinwald e dichiarando infondata l'accusa a Kastner di collaborazionismo con i nazisti. L'ulteriore sentenza confermava di fatto anche sotto il profilo legale, che Kastner nei suoi rapporti con Eichmann non rappresentava solo se stesso, ma era stato regolarmente delegato ad agire, come agì, dai massimi esponenti dell'organizzazione sionista.

Ed è pure del tutto improbabile che gli assassini di Kastner appartenessero all'organizzazione Lehi-Stern considerando che il capo della Stern, Itzak Shamir (per ben due volte premier del governo israeliano) come riportato dallo storico israeliano, M. Bar Zohar: «… nel 1941 commise un crimine imperdonabile dal punto di vista morale: propose un'alleanza con Hitler, con la Germania nazista contro la Gran Bretagna». [11]

In effetti, concludeva Bar Zohar: «… ciò che rischiava di essere scoperto era che Kastner non aveva agito da solo, ma aveva l'appoggio degli altri dirigenti sionisti che sedevano al governo al momento del processo. Il solo modo per evitare che Kastner parlasse e che scoppiasse lo scandalo era che sparisse. Egli infatti morì opportunamente». [12]

A conferma delle sostanziali convergenze finalistiche fra nazisti e sionisti, ci sarebbe anche la nota del 13 aprile 1935 inviata da Bulow-Schwante al ministro degli Interni, Frick, dove si faceva presente che «… non c'è alcuna ragione di ostacolare con misure amministrative l'attività sionista in Germania, poiché il sionismo non è in contraddizione con il programma del nazionalsocialismo, il cui obiettivo [pienamente condiviso dai sionisti] è quello di allontanare progressivamente gli ebrei dalla Germania». [13]

Si spiega così il fatto, altrimenti incomprensibile, che l'organizzazione sionista tedesca usufruì di una inalterata esistenza legale in Germania fino all'approssimarsi del conflitto e così pure l'organo ufficiale del sionismo, liberamente diffuso nel Reich, Judaische Rundschau.

Se infine volessimo scandagliare le radici del volutamente ignorato rapporto sinergico instauratosi fin dall'inizio tra sionismo e nazismo, c'è sempre la lettera inviata nel 1943 dal suo esilio statunitense dall'ex Cancelliere tedesco Heinrich Bruening a Churchill con la quale si portava a conoscenza del premier inglese che «… dall'ottobre del 1928 i due più generosi e costanti finanziatori del partito nazista furono i direttori generali di due delle più importanti banche di Berlino, entrambi di fede ebraica, uno di loro essendo pure il capo del sionismo in Germania». [14]

Nulla d'irrazionale considerando che per la realizzazione del progetto sionista era del tutto fondamentale spingere all'emigrazione in Palestina, nel breve giro di pochi decenni, milioni di colonizzatori ebraici in modo da poter soverchiare col numero l'ostilità dei nativi specie in vista della fondazione di quel "Grande Israele" che nel sogno sionista avrebbe dovuto spaziare dall'Eufrate al Nilo così com'è graficamente rappresentato nello stesso vessillo nazionale israeliano. [15]

Oltre al numero, però, l'organizzazione sionista puntava in primis ad inglobare nel futuro Stato il top dell'èlite scientifica, commerciale e finanziaria prevalentemente rappresentata dal ramo ebraico-europeo degli askenaziti che erano per lo più presenti, per quanto concerne il nostro continente, nell'Europa centrorientale. Il nazionalsocialismo con le sue accentuate componenti xenofobe e antigiudaiche, era giusto quello che occorreva ai circoli sionisti per incentivare gli ebrei tedeschi prima e quelli centroeuropei dopo, ad una forzata emigrazione altrimenti inattuabile specie poi in tempi stretti. Se un fenomeno politico come storicamente è stato quello nazionalsocialista non fosse spontaneamente germogliato, solo per le mire sioniste qualcuno avrebbe dovuto inventarlo esattamente per quel che poi è stato.

A questo deve aver pensato Cèline nello scrivere: «Quando i Francesi formeranno una lega antisemita, il Presidente, il segretario e il tesoriere saranno ebrei» [16]

 

Franco Morini

 

Note

 [1] Le stesse ex internate vennero poi conteggiate quali presunte gassate. Così almeno V. Morelli in "I deportati italiani nei campi di sterminio" «… nelle poche settimane che precedettero l'arrivo dei russi (30 aprile 1945) si ritiene che siano state gassate oltre 7 mila donne» ( ivi pag. 64).

 [2] F. Bernadotte "La fine", 1946, pag. 99. Nel 1948 lo stesso Bernadotte sarà poi assassinato da terroristi sionisti che si opponevano al suo piano d'incaricato ONU circa la spartizione della Palestina.

 [3] D. Paccino " Il filo semita Himmler" in "Scena Illustrata" n. 7 del luglio 1951, pag. 21.

 [4] Ib Id.

 [5] S. Wiesenthal " Gli assassini sono tra noi", 1967, pag. 100.

 [6] Id. pp. 114-115.

 [7] Già stretto collaboratore di Eichmann, lo standertenfuerer Kurt Becher fu prosciolto a Norimberga grazie a speciale "raccomandazione" del Kastner, espressa a nome della Agenzia ebraica e del congresso ebraico mondiale (Cfr. G. Garaudy "I miti fondatori della politica israeliana" pag. 55).

 [8] Eichmann si confessa - 2° parte, in "Epoca" n. 543 del 26 febbraio 1961, pag. 35.

 [9] R. Hilberg "Carnefici, vittime e spettatori" 1994, pp. 238-39..

 [10] Eichmann si confessa - Cento ebrei per un camion in "Epoca" cit. pag. 36

 [11] M. Bar Zohar Ben Gurion. "Le prophète armè", Paris 1966, pag. 99.

 [12] Ibidem.

 [13] R. Garaudy cit. pag. 51.

 [14] Documento riportato da D. Irving in "La guerra di Hitler" pag. 35.

 [15] È del tutto infondata la ricorrente vulgata secondo la quale gli ebrei avrebbero supinamente accettato la spartizione della Palestina aderendo alla risoluzione dell'ONU e solo gli Arabi si sarebbero, invece, opposti. Nel XXIII° Congresso Sionistico tenutosi il 9 dicembre 1946 a Basilea, i delegati votarono in maggioranza la mozione che auspicava che tutta la Palestina si costituisse in Stato ebraico. Lo stesso presidente dell'Organizzazione Sionista Mondiale, Chaim Weizmann, ritenuto troppo duttile nei confronti dell'ONU e Inghilterra, non venne riconfermato nella carica che rimase apparentemente vacante per non umiliare l'ex Presidente. La carica venne tuttavia occupata di fatto da Ben Gurion elevato a Presidente-ombra dell'Esecutivo sionista in veste di primos inter pares di tale organismo.

 [16] L. F. Cèline "Bagatelle per un massacro", 1938, pag. 174.

     

  Condividi