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I diari di Teodorani e la morte del Duce

 

Maurizio Barozzi  (18 aprile 2015) 

 

 

Il bravo ricercatore storico Luciano Garibaldi ha pubblicato un articolo nel sito "Il Sussidiario.net", ripreso anche dalla rivista Il Borghese N. 2 febbraio 2015.

Con questo articolo "La Morte del Duce, La verità si fa strada" Garibaldi ha riportato varie conferme alla sua "pista inglese", da lui individuata alcuni decenni addietro, esposta poi nel suo libro "La pista inglese" Ed. Ars 2002, e di cui trova alcune conferme nei diari di Vanni Teodorani del 1945/'46 ora pubblicati integralmente dai figli (Editrice Stilgraf Cesena).

Qui non entriamo nel merito della tesi di Garibaldi sulla "pista inglese", sulla quale ipotesi sostanzialmente concordiamo, tranne nel presupposto che Churchill voleva assolutamente sopprimere Mussolini per certe intese che si erano avute, tra britannici e la Rsi, tra il 1944 e il 1945 al fine di capovolgere il fronte bellico, e portare gli inglesi contro i Sovietici insieme con tedeschi e italiani.

A nostro avviso non era questa la paura di Churchill, il suo vero terrore era che venissero fuori, da parte di Mussolini, le intese intercorse al momento della nostra entrata in guerra. una entrata in guerra richiesta esplicitamente da Churchill, con la promessa di un imminente tavolo della pace, ma in realtà un vero inganno, in quanto a Churchill premeva solo, per motivi interni e di strategia bellica, di ampliare il conflitto, in attesa di un non ancora imminente intervento americano (inequivocabile quanto detto da Mussolini a Claretta Petacci il 22 marzo 1945, in una intercettazione telefonica:

«... lui non può capire la situazione ((si sta parlando di Pavolini, N.d.R.), non può collaborare. Perciò io devo rispettare il suo punto di vista di parte. Lui non conosce gli avvenimenti accaduti pochi giorni prima della nostra entrata in guerra. Non ne ho parlato con nessuno. E Churchill ancora meno. Bisognerà raccontare una buona volta questa storia. Chi dovrebbe parlarne oggi? In tutto la conoscono cinque persone).

Se fossero venute fuori queste intese, evidenti anche nello "strano" e inefficace apporto militare nei primi mesi di guerra, si sarebbe prodotto uno sconquasso a livello internazionale: Churchill avrebbe perduto la faccia, l'Italia viceversa non poteva più essere imputata di aver fatto la guerra, e tutta la propaganda di guerra Alleata avrebbe rischiato di essere sconvolta. Un guaio serio che costrinse il britannico a fare carte false per recuperare le documentazioni in proposito, ma questa è un'altra storia (Cfr. "Carteggio segreto Mussolini - Churchill," Fabio Andriola, SugarCo 1997).

Viceversa gli incontri segreti con emissari britannici, a cui a quanto sembra , ad un paio vi aveva anche partecipato Mussolini, pur imbarazzanti, non potevano avere alcun effetto internazionale dirompente per gli inglesi. Questo perché tra diplomazie segrete, anche durante i conflitti, questi incontri sono all'ordine del giorno, ma soprattutto non si era verificato alcun ribaltamento di fronte, e quindi si poteva fare solo un processo alle intenzioni. Ma Churchill si sarebbe anche difeso agevolmente, sostenendo che quegli incontri o proposte di accordi, inattuati, erano solo frutto di correnti inglesi anti comuniste, ma non rispecchiavano la volontà del governo, tanto è vero che non hanno avuto alcun seguito.

Del resto, con buona pace dei sognatori di un anticomunismo velleitario, non potevano assolutamente concretizzarsi, perchè gli inglesi erano, sia pur storcendo il naso, interni alle strategie di Jalta, compreso Churchill che in questo caso si può definire un "falso anticomunista". Le strategie di Jalta necessitavano assolutamente della occupazione di mezza Europa da parte dei sovietici, tanto che per permettere a questi ultimi, di arrivare ad occupare le zone loro assegnate dagli accordi anglo-russo-americani gli Alleati, per non precederli e occupare loro quelle zone, dovettero rallentare le loro operazioni belliche. Altro che capovolgimento di fronte!

A nostro avviso, anche in questo caso Churchill fece portare avanti dai suoi emissari questo equivoco, di fatto un altro inganno, finalizzato a prendere tempo e tenere buono Mussolini in vista dell'imminente crollo finale, dove il britannico aveva già previsto e messo in progetto l'uccisione del Duce e la razzia delle documentazioni.

Lo aveva capito anche Hitler, in buona parte informato da Mussolini della possibilità di una intesa con gli inglesi, che quelle discussioni per capovolgere il fronte erano solo proposte velleitarie e in quel momento impraticabili, e per questo negò a Mussolini di andare avanti nelle trattative.

Detto questo veniamo a Vanni Teodorani e al suo diario, premettendo che i diari non sono oro colato. I Diari sono la croce e delizia degli storici. Importanti per incrociare testimonianze e per avere precisi riferimenti storici, hanno però il difetto della quasi certa "alterazione", volontaria o non volontaria che sia, degli autori che sanno di scrivere qualcosa per cui un giorno saranno giudicati. Devesi quindi ragionevolmente presupporre che spesso non viene riportato tutto e che buona parte delle memorie è stata edulcorata. Per non parlare poi della non infrequente "riscrittura" di qualche periodo (noto l'esempio di Ciano che nell'estate del 1943, riscrisse alcune pagine del 1940).

Comunque sia, da questi quaderni di Teodorani traspare chiaramente come, di fatto, egli manovrò in funzione degli interessi americani che volevano catturare Mussolini (tra parentesi aggiungiamo noi, per ridurlo ad un pagliaccio da esibire nei processi prima di impiccarlo). Solo personaggi con mentalità e inclinazioni conservatrici, di destra, potevano supporre che gli americani volevano "salvare" il Duce.

Attenzione: gli americani in un primo memento e apparentemente si mossero con l'intento di catturare Mussolini e sottrarlo all'arresto da parte di partigiani o immediata eliminazione inglese, ma nelle ultime ore accadde qualcosa, ancora non ben documentabile, ma evidente nei fatti, per cui alle missioni americane venne dato ordine segretissimo di lasciar catturare Mussolini. Quindi, eventuali divergenze tra americani e inglesi circa la sorte del Duce furono solo transitorie e non decisive.

Proprio per questo "lento piede" Emilio Daddario a capo della missione USA più vicina alle località del comasco e l‘alto lago dove era Mussolini, finì per perdere tempo per requisire Graziani a Cernobbio e portarlo a Milano, quindi di fatto si tirò fuori da questa missione, firmando poi persino un lasciapassare al Colonnello Valerio alias Water Audisio per mandarlo a prendere il Duce oramai catturato.

E così rimasero anche spiazzati tutti gli agenti al servizio americano (in quelle caotiche ore, quegli ordini segreti di disinteressarsi della sorte del Duce non raggiunsero tutte le missioni o gli agenti americani).

In particolare a Como, dove non c'erano partigiani , ma solo circa 4000 fascisti armati evacuati dalle località del nord, arrivarono non a caso i famosi Salvatore Guastoni e Giovanni Dessy, quelli che poi ottennero in Como la resa, camuffata da tregua, da parte di Romualdi e altri scellerati capi fascisti.

Ed oggi sappiamo che tra l'OSS americano e alcuni capi fascisti intercorrevano rapporti già da tempo, visto che questi "fascisti" non vedevano l'ora di arrendersi agli Alleati magari per riciclarsi come anticomunisti (ed infatti alcuni di loro proseguirono la loro squallida, ma ben remunerata carriera, nelle fila del MSI, il partito filo-atlantico e filo-americano).

E così mentre Mussolini si stava allontanando disperatamente dalle zone dove stavano per arrivare le truppe Alleate, nella speranza di restare libero e poter trattare una tregua vantaggiosa in virtù delle sue documentazioni compromettenti (compromettenti per tutti, non solo per Churchill, ma anche per Roosevelt e Stalin, a proposito: come mai che gli storici non si sono chiesti che fine hanno fatto eventuali documentazioni su Roosevelt e Stalin, sparite allo stesso modo del carteggio Mussolini - Churchill?), tra i fascisti c'era chi voleva "consigliarlo", anzi manovrava per consegnarlo agli americani, nella demenziale supposizione, tipica di personaggi di destra, di ritenerli "buoni" e corretti.

Tra questi c'è proprio Vanni Teodorani, e lo dice chiaramente nel suo diario ove si legge che l'autore, a fine aprile '45, partecipò ad una missione con il fine di raggiungere Mussolini in fuga da Milano e consegnarlo all'OSS americano, d'intesa con i Servizi segreti del Regno del Sud, il SIM (i famosi Salvatore Guastoni e Giovanni Dessy).

Conosciamo bene questa "missione", nella quale guarda caso venne catturato e subito fucilato Franco Colombo (vero fascista irriducibile), mentre Teodorani e Romualdi non vennero toccati, e oggi sappiamo anche per bocca di Giovanni Dessy, uno dei due agenti, in funzione americana Como, che il suo scopo era solo quello di isolare Mussolini , che si trovava a Menaggio, circa 30 km. da Como, dai fascisti armati presenti in città e che bisognava far assolutamente arrendere (vedere la relazione scritta ai primi di maggio da Dessy per le autorità americane).

Compito assolto in pieno con la complicità dei comandanti fascisti. E sappiamo anche che Mussolini, informato all'ultimo momento a Menaggio, dallo stesso Pavolini di quanto stava maturando a Como, sconfessò i suoi seguaci e decise di proseguire nel suo progetto di allontanarsi e non farsi catturare vivo.

Ma intanto la strategia dell'OSS era riuscita in pieno, con la complicità dei comandanti fascisti e Mussolini, oramai isolato, verrà catturato a Dongo da un esiguo pugno di miseri partigiani male armati.

Questi sono i fatti indiscutibili di quelle ultime ore di aprile e dobbiamo dare atto al bravo ricercatore storico Franco Morini di Parma di aver visto giusto in quella situazione.

Se gli americani, all'ultimo si lavarono le mani e lasciarono catturare e quindi uccidere Mussolini, gli inglesi da tempo ovviamente operarono per forzarne una uccisione immediata. Già l'ufficiale Alleato di coordinamento tra Alleati e CLNAI, l'italo inglese, Max Salvatori, alla notizia della cattura di Mussolini consigliò il CLN di decidersi subito (si legga di ammazzarlo), perché il CLN avrebbe avuto autorità solo fino all'arrivo delle truppe Alleate.

Nota è poi la confidenza fatta da Leo Valiani, pezzo da 90 della resistenza e al tempo in servizio con il SOE britannico, che confidò allo storico Alessandro Mussolini, che nella uccisione di Mussolini "gli inglesi avevano scritto la musica e i comunisti l'avevano suonata".

Come accennavamo, l'eccellente ricercatore storico Franco Morini di Parma, in alcuni memorabili articoli pubblicati su Historica Nova, ha inquadrato perfettamente tutti i connubi e i tradimenti che si svolgevano dietro l'operato della famigerata "missione Nemo" a cui partecipavano partigiani, cappellani e anche uomini indegni della RSI, ed è interessante leggere quanto ha scritto su Vanni Teodorani. Lo riportiamo:

«Avevamo lasciato in sospeso la sorte del duo Romualdi-Teodorani, dopo averli visti rientrare indenni a Como nella serata del 27 aprile 1945 (dopo la già accennata missione per recuperare il Duce, N.d.A.) [vedesi F. Morini: "La Rsi è finita a Como e non a Dongo" - Historica Nuova n. 23 dell'aprile-giugno 2012). Indenni e non solo. A differenza di gran parte dei loro sottoposti -per non parlare dei gerarchi e non gerarchi della colonna Mussolini- i due esponenti fascisti erano anche inopinatamente liberi. A dar retta a Romualdi... "i politici del CLN non si curavano troppo dei loro arrestati e la confusione era tanta" per cui, dopo essersi procurati abiti civili sollecitamente forniti da un funzionario prefettizio di Como..."rimasto fedele a metà"(!) la mattina successiva del 28 aprile, Romualdi lasciava tranquillamente la prefettura di Como senza alcuna difficoltà, anzi..." al portone, i due partigiani di guardia (lo) salutarono scattando sull'attenti" (Cfr.: P. Romualdi "Fascismo repubblicano" pp. 195-196.).

Quanto a Teodorani, egli narra che, rientrato in prefettura insieme a Romualdi e al gruppo Dessy, fu posto " a disposizione sulla parola" (V.; Teodorani "La discordia fra inglesi e americani" in "Asso di Bastoni" del 7 novembre 1954, pag. 3) il che in linguaggio meno militaresco equivarrebbe alla consegna a se stessi in stato d'arresto.

Come dire fuori da qualsiasi controllo esterno giacché Teodorani pare avesse dato la propria parola d'onore che sarebbe rimasto a disposizione senza allontanarsi dalla prefettura; prassi eccezionalmente riservata ad alti gradi militari dal comprovato senso dell'onore. In ogni caso a "disposizione" o agli "arresti", parola data o meno, fatto sta che Teodorani si eclissò quella stessa serata del 27, cercando e trovando rifugio in un collegio nei pressi di Como gestito dai padri Somaschi che, fra l'altro, dal mattino precedente già ospitavano Vittorio Mussolini e un suo parente acquisito. Solitario ospite della prefettura rimaneva il solo Romualdi, anche perchè in pressante attesa di disfarsi della divisa per cercare di uscirne inosservato.

Trattasi di fortunosi destini dovuti a favorevoli congiunzioni astrali o che altro? Risponderemo francamente che valutando la condotta tenuta dal conte Giovanni (Vanni) Pozzo Teodorani Fabbri, non solo a Como ma anche prima e dopo (all'inizio degli anni '50, Teodorani era il principale trait d'union del Msi con monarchici, liberali, Gedda e Vaticano. Questi rapporti sono stati ampiamente svelati dall'ex gesuita ed ex direttore d'Istituto alla Pontificia Università Gregoriana, prof. Alighiero Tondi nel suo libro "Vaticano e neofascismo" Roma, 1952. Il Tondi trattò a suo tempo "per conto dei vertici vaticani, Papa compreso, l'organizzazione di un blocco reazionario in cui avrebbero dovuto confluire missini, monarchici, liberali e cattolici dei Comitati Civici e dell'Azione Cattolica presieduta allora da Gedda... Un movimento politico che avrebbe dovuto sostituire la DC e quindi De Gasperi con Gedda. All'interno di questa manovra politica Teodorani rappresentava il MSI e non solo, poichè vantava con Tondi d'essere egli basilare per l'eventuale adesione dei monarchici... "Gedda stia tranquillo, i monarchici dipendono da me" (ivi pag. 70). Dopo aver elogiato Gedda come nuovo "uomo della provvidenza" (id. pag. 45) Teodorani avrebbe addirittura esclamato: "È l'ora di Gedda, questa! Perchè non ne approfitta? Noi fascisti siamo tutti pronti a seguirlo in massa" (id. pag. 48).], è per noi arduo dissociarlo dal contenuto di un rapporto dei servizi segreti svizzeri del marzo 1945, in cui si riferiva che all'interno della stessa Segreteria del Duce..." sono molto attivi elementi che lavorano d'accordo con ambienti capitalistici, antifascisti militanti. ma di tendenza clericale o monarchica" (Rapporto della rete Nel. P. 4.527, riportato da M. Viganò in "La guerra fu vinta in Svizzera - Il servizio informazioni dell'esercito elvetico e la fine della Rsi" in "Italia Contemporanea" fasc. n. 199 - giugno 1995, pag. 331.).

E, infatti, Teodorani era a capo della Segreteria militare del Duce a Villa Orsoline (Teodorani avrebbe preferito ricoprire un incarico diplomatico a livello d'ambasciatore, carica che gli fu rifiutata e compensata con la nomina di addetto agli affari militari alla segreteria del Duce.) e da quella sua alta posizione coltivava, senza cercare di nasconderlo troppo, spuri contati diretti e indiretti, con ambienti monarchici del Sud e in particolare con quelle gerarchie militari badogliane che, in caso di vittoria dell'Asse, si augurava che venissero incorporate pari, pari, nel vittorioso esercito social-repubblicano [(...) "Le truppe regolari del Sud erano decisamente ostili al CLN. Tutte le volte che potevano disarmavano i comunisti e proteggevano i fascisti. Inoltre quando reparti regolari del Sud e del Nord s'incontravano (!) generalmente la fraternizzazione era immediata (?).

Tanto che io ripensavo spesso al nostro (?) progetto per l'assorbimento immediato (!) di tutte le Forze Armate del Sud dopo la vittoria" (V. Teodorani "Il piano americano sul Duce" in "Asso di Bastoni" n. 44 del 14 novembre 1954, pag. 3)].

Non è un caso che Teodorani non si sia affatto peritato d'occultare i suoi rapporti, anche precedenti , con l'agente "Nemo" cap. Dessy, chiamandolo addirittura in causa nel 1947 - seppure con la sola iniziale (Anche Romualdi nella sua opera citata, analogamente riferendosi a Dessy lo indica come..."il colonnello D. di non so bene quale corpo di liberazione" (pag. 184)] - quando l'ambiguo personaggio non era ancora entrato a far parte delle note vicissitudini comasche.

Comunque sia, questo rapporto dei servizi elvetici pare cucito addosso al cognato-conte e non sarebbe affatto temeraria l'ipotesi che quel documento sia scaturito a seguito dell'intrecciarsi dei rapporti Teodorani-Dessy. È infatti da tener presente che a partire dal 1944, il cap. Dessy svolse la sua attività per conto del SIM-Marina, presso l'ufficio svizzero dell'U.R.I. (Ufficio Rappresentanze Industriali) struttura di copertura a Berna del SIM, affatto sconosciuta agli occhiuti servizi svizzeri.

Prima ancora di aderire alla struttura "Nemo", Dessy aveva collaborato per conto del SIM al progetto di riunire in una sola grande formazione clandestina denominata V.A.I. (Volontari Armati Italiani) i militari variamente impegnati nella resistenza, allo scopo di costituire un'armata dichiaratamente monarchica in concorrenza, o in caso di necessità, in opposizione al CLNAI (Cfr. F. Parri: "Il movimento di liberazione in Italia e gli Alleati" in "Il Movimento di liberazione in Italia" fasc. n. 1 del luglio 1949).

Se il VAI non riuscì a concretarsi in tempo utile, questa prima intelaiatura servì in ogni caso da matrice alla formazione dell'A.I.L. (Armata Italiana di Liberazione) costituitasi nell'immediato dopoguerra con le stesse tendenze reazionarie del precedente organismo. Inoltre, l'AIL inglobava, insieme a varie formazioni partigiane anticomuniste e monarchiche, una discreta percentuale di ex combattenti della Rsi ("...altro (Movimento) anch'esso in rapporto con l'AIL (era) il Momisore, sigla astrusa che stava per Movimento militare sociale repubblicano. originato dal battaglione "Forlì" della Rsi, accreditato di circa duemila aderenti" (G. Parlato "Fascisti senza Mussolini" pag. 223).

Anche in quest'ultimo caso, Dessy fu attivamente presente nell'AIL utilizzando al meglio i suoi pregressi collegamenti con ex militari del Nord, del regio esercito e partigiani monarchici e cattolici. Partendo da tali premesse, appare abbastanza scontato che Teodorani si fosse trovato in perfetta sintonia con quel che, a suo vedere, Dessy rappresentava.

Pur rimanendo un dato di fatto che Teodorani abbia trafficato con Dessy, appare tuttavia plausibile, considerando il personaggio in questione, che egli non abbia ben valutato come i suoi ambigui rapporti potessero oggettivamente costituire defezione se non tradimento.

È d'altra parte evidente che il principale impegno di Teodorani era essenzialmente rivolto all'ambito famigliare e in particolare alla salvaguardia di zio Benito e di tutti gli altri membri o collaterali della famiglia Mussolini.

Non a caso fu proprio premendo su quel tasto che Dessy riuscì a gabbarlo, alimentando in lui l'illusione che il C.I.C. statunitense fosse propenso a salvare la vita del Duce. Indicativa a tal proposito la tagliente battuta di Anfuso il quale, alludendo al parente acquisito divenuto membro effettivo del "parlamentino familiare del Duce" lo aveva definito..."un falansterio di segretari nepoti che volevano salvare Mussolini e se stessi" (F. Anfuso "Da Palazzo Venezia al lago di Garda" pag. 411.).

Nonostante ciò che precede sarebbe da escludere, almeno a nostro parere, che il cognato-conte fosse consapevolmente organico alla rete "Nemo" di cui probabilmente ha ignorato perfino l'esistenza. Appare evidente, infatti, dalla precedente puntata (su Historica nova, N.d.R.), che le sue informazioni erano ferme al fatto che l'ufficio bernese di Dessy era collegato prima e sottoposto poi, al centro spionistico di Berna diretto da A. Dulles (Per disposizione alleata, il governo del Sud aveva sciolto il SIM a far luogo dal 16 novembre 1944, confluito contestualmente in un nuovo servizio di controspionaggio formato da italiani ma gestito dall'OSS per il tramite di agenti che si erano specializzai in affari italiani).

Il cap. Dessy è infatti entrato a far parte della rete "Nemo" solo alla fine del 1944 (Nell'elenco degli affiliati alla rete "Nemo" compilata dal cap. Elia, Dessy avrebbe cominciato a farvi parte dal 15 dicembre 1944 (Cfr. F. Gnecchi Ruscone cit. pag. 222)] ed è pertanto da ritenersi che, per quanto sapesse Teodorani, Dessy era sempre l'agente SIM collegato ai servizi statunitensi e non certo all'Intelligence Service britannico da cui in effetti dipendeva la "Nemo". Avesse saputo del coinvolgimento di Dessy nel S.I.S. britannico, quello stesso Teodorani che nell'aprile del 1951 sfidò a duello il vecchio Churchill per un "suo accenno poco simpatico nei confronti degli italiani", non l'avrebbe certo prescelto come unica e principale controparte per gli accordi di Como».

Chiudiamo queste brevi note sottolineando come tutte queste vicissitudini che vedono al centro ambienti monarchici, spie, agenti americani e prelati, ci fanno venire i brividi al pensiero che probabilmente Mussolini, già il pomeriggio del 25 aprile nella famosa riunione in Curia all'Arcivescovado di Milano, con il Cardinale Schuster, venne da questi pretacci ingannato e fattogli credere che percorrendo l'alto lago, sulla sponda occidentale, sarebbe stato raggiunto da emissari Alleati con cui trattare la tregua.

Ed invece finì imbottigliato in quella fettuccia di strada, la via Regina, isolato dai camerati armati, fatti sciogliere come neve al sole a Como grazie alla dabbenaggine, insipienza e in alcuni casi tradimento dei loro comandanti e venne catturato.

 

 Maurizio Barozzi     

 

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