Il tradizionalismo
cattolico ed il risorgimento nazionale italiano
Giorgio
Vitali
A commento della presentazione da parte di Mieli
del libro in precedenza da noi pubblicata, troviamo necessario intervenire con
alcune doverose precisazioni.
La prima riguarda l'accanimento, a questo punto del tutto formalistico, contro
la vicenda risorgimentale. Quest'accanimento ci dimostra che è ancora presente,
nel mondo ipercattolico italiano, una pulsione di tipo guelfo, che rischia di
riportarci indietro di qualche secolo. Definiamo a ragione "guelfo"
quell'atteggiamento culturale e politico che punta all'instaurazione (e non
"restaurazione") di un Regno d'Italia affidato al Papa. Il cosiddetto "papa Re".
Ricordiamo, a tal proposito, che fino agli anni sessanta la gioventù cattolica
(Azione cattolica, Scout cattolici, altre Associazioni) cantava una canzone
"ufficiale", diretta al Papa, che terminava con questa strofa: «Siamo arditi
della fede, siamo araldi della croce, al tuo cenno alla tua voce, un esercito
all'altar!».
Ricordiamo inoltre che, a ridosso dell'8 settembre, con lo sfascio generale
provocato dalla palese defezione di Casa Savoia e dei suoi generali, una
delegazione d'intellettuali cattolici guidati da Edgardo Sulis offrì a Pio XII
lo scettro del Regno d'Italia. Il papa, intelligentemente, rifiutò, ma il gesto
resta nella storia nazionale per il suo indubbio simbolismo. E tuttavia fu
proprio Mussolini che in quei giorni, nei suoi appunti poi pubblicati, aveva
previsto un'Italia governata da elementi legati al papato. E ne prevedeva,
facile profezia! anche le connotazioni di carattere sociale e ideologico: una
forte burocrazia statale, un mantenimento degli Enti di proprietà statale, che
sono poi quelli che hanno salvato l'Italia nei decenni susseguenti e fino alle
privatizzazioni di rapina messe in atto dalla "sinistra azionista e liberale"
(leggi: massonica), gestione paternalistica e clientelare della politica
spicciola, (prerogativa dello Stato Pontificio per secoli). Aggiungiamo di
sfuggita che l'istanza guelfa non ha mai abbandonato la linea politica che detta
i rapporti fra Stato Italiano e Stato del vaticano anche oggi. Per chiarire
meglio: come i tanti pretendenti al trono dei vari paesi, che continuano a
"pretendere" anche in condizioni di palese disgrazia, per pura formalità. Anche
queste con i loro limiti giacché, da quanto ci dicono le cronache, una
manifestazione ufficiale al Pantheon del 17 marzo ha visto gomito a gomito
Vittorio Emanuele Quarto, il "martellatore dell'Isola di Cavallo", la di lui
consorte ed il figliolo, fine dicitore e pubblico ballerino anch'egli con
consorte, ma in assenza del pretendente autenticato, il duca Amedeo d'Aosta, e
l'attuale presidente di questa Repubblica, Giorgio Napolitano. (Dei quali, detto
fra noi, non si sa bene chi sia il vero erede della dinastia).
Falsità delle ragioni del dissenso verso il Risorgimento.
Il tradizionalismo cattolico non ha alcuna giustificazione nella denuncia del
Risorgimento, anche perché denunciare gli aspetti crudeli di quell'autentica
guerra di conquista, perché tale fu vissuta da chi vi partecipò, e parliamo
della conquista soprattutto del Sud, non porta ad alcuna conclusione.
Possiamo aggiungere che la violenza fine a se stessa, l'espropriazione delle
terre, la miseria indotta, che si veniva a sovrapporre a quella precedente, che
hanno provocato la grande emigrazione di fine secolo, sono diretta conseguenza
di quelle forme di repressione sociale e umana, ed hanno comportato un ulteriore
forte arresto della modernizzazione del paese, ma il processo unificatore in se
stesso era una necessità storica, derivando non da aspirazioni arbitrarie di
qualcuno, ma dal progresso tecnologico (ferrovie, industrie) e dalle esigenze
della borghesia italiana che, sia pure in ritardo rispetto ad altri paesi,
sentiva il peso di balzelli di vario genere, tra cui quelli doganali, dovendo
agire in un paese diviso in una diecina di Stati. Per questo, accusare il Regno
del Piemonte di aver perpetrato distruzioni e massacri per delegittimare il
processo di unificazione nazionale è una grande forma d'ingenuità. Sarebbe come
se si accusasse l'attuale governo USA per il massacro di cinque milioni di
nativi pellerossa pensando di favorirne la disgregazione, che sicuramente
avverrà, ma per altre ragioni. Noi, oggi, di fatto accusiamo gli USA tanto per
il massacro dei Nativi quanto per tutti gli altri provocati dal loro
imperialismo globalizzatore e fondamentalista, nell'intento di mostrare che
tutti i messaggi relativi alla libertà, democrazia, benessere che porterebbero
le truppe stelle e strisce nel mondo sono pure menzogne atte a convincere gli
eterni imbecilli.
Ed è proprio questo il punto nodale della questione, perché è proprio vero
quello che ha dichiarato di recente il papa, a proposito del processo
risorgimentale, accreditando ai pensatori cattolici (quasi tutti ecclesiastici)
non solo l'elaborazione dottrinaria di una cultura unitaria, ma anche la
partecipazione attiva e diretta anche alle congiure e ai moti. (Tazzoli e
Grazioli ne sono un esempio… anche di doppia appartenenza cristiano-massonica,
come Don Giovanni Verità, che salvò Garibaldi nel 1849, facendogli valicare
l'Appennino tosco-romagnolo).
Che fu la Chiesa a preparare ed a propiziare il Risorgimento è ormai una verità
accettata ed accertata.
Diamo per scontati pensatori di altissimo livello internazionale come il Rosmini,
il Balbo, non ecclesiastico ma ideologicamente neoguelfo, e il Gioberti che però
fu contestato per l'eccesso di guelfismo. Scrive, infatti, Egidio Reale: «Se il
sistema politico e il programma di rigenerazione italiana concepito e
preconizzato dal Gioberti trovavano larghe e fervide adesioni in Italia, essi
suscitavano anche riserve, critiche, opposizioni. A molti quel suo primato
papale ed italiano sembrava inconsistente e quasi un'ironia, nelle condizioni
nelle quali la penisola era ridotta. L'esaltazione del Papato e della Chiesa e
il confidare ad essi il risorgimento della patria, spiaceva a coloro, anche fra
i moderati, la cui mentalità era formata sulla tradizione ghibellina e sulle
dottrine prevalenti nel Settecento, e che restavano critici acerbi degli errori,
delle pretese, delle usurpazioni del Papato e suoi fieri e decisi avversari, o
che più da vicino conoscevano l'ostilità del governo pontificio contro ogni
riforma e ogni forma di libertà e di civile progresso».
E tuttavia fu proprio il Papato che decise di rompere gli indugi.
Le menti più acute della Chiesa si resero conto che l'esperienza della
Rivoluzione Francese, che già aveva avuto sinistre ripercussioni proprio nella
Chiesa, avrebbe potuto ripetersi grazie alla crisi economica dovuta alla bassa
produzione agricola di quegli anni. Fu così che ci si decise ad aprire i giochi.
Con l'occasione della morte di Gregorio XVI, fu istituito un Conclave che si
svolse in poco tempo e, sfruttando l'assenza, forse predisposta, del cardinale
austriaco Gaysruck che agiva per conto dell'Impero, fu eletto papa Mastai
Ferretti ("cittadino Mastai, bevi un bicchiere"di carducciana memoria) che
nominò segretario di Stato Pasquale Gizzi, di note simpatie liberali.
Primo atto indicativo fu la convocazione d'incontri per la costituzione di una
lega Doganale Italiana, pensata dal card. Antonelli, tesoriere dello Stato
Pontificio, alla luce della formazione in Germania dello Zollverein, (unione
doganale) il 1 gennaio 1834. Come facile dimostrare quindi, gli aspetti
politici, nella realtà dei fatti, sono sempre conseguenza di quelli concreti,
della vita concreta dei popoli, in particolare economici. Il processo
risorgimentale, infatti, pur essendo stato preparato dalla presenza ancora
incombente di Napoleone, che per primo, da buon italiano, aveva pensato l'Italia
unita, poi dagli intellettuali di area cattolica, si cominciò a tracciare in
conseguenza della Lega Doganale, voluta dalla Chiesa. Ma fu proprio
l'occupazione di Ferrara da parte dell'esercito austriaco il 15 agosto 1847 che
trasformò gli accordi economici in accordi politici. Di qui la prima guerra
d'indipendenza. Il seguito è conosciuto. Dalla defezione di Pio IX nacque la
sconfitta della prima guerra d'indipendenza e relativa delusione degli italiani.
La conseguenza immediata fu la Repubblica Romana del 1849, il crollo
dell'affidabilità della Chiesa, l'eroismo nella difesa di Roma contro la Francia
traditrice della tradizione giacobina, la mobilitazione della cultura
internazionale a favore della Repubblica, e la nascita del mito internazionale
della lotta per la libertà italiana e dell'eroismo dei repubblicani italiani. È
qui che nasce, inoltre, il patriottismo nazionalista e idealista italiano basato
sugli scritti di Mazzini.
Tuttavia, il ritiro del papato aveva creato un vuoto di carattere
socioculturale, questo vuoto fu riempito dalla Massoneria, che ingaggiò una
lotta contro il papato in uno scontro in precedenza inesistente. Ma questo è un
discorso a parte anche se a tutt'oggi sono presenti rivendicazioni o
lamentazioni per le esclusioni più recenti, che però interferisco relativamente
poco nel discorso generale. Troppo lunga sarebbe la trattazione del ruolo della
massoneria nell'Italia post- risorgimentale, fino a questo lugubre dopoguerra).
In conclusione, possiamo dire che la costruzione dell'Italia risorgimentale
nasce dalla fusione di tre principi conduttori: l'idealismo mazziniano, che
vedeva nella nazione una comunità di credenti, il liberalismo cavourriano, che
vedeva nella nazione una comunità di persone libere (borghesia), il socialismo
che, contrariamente alle altre nazioni europee già costituite, subentrava
nell'atto stesso della nascita dell'Italia unita, e per il quale la nazione era
la classe. Lo scontro e l'incontro di queste tre forze avrebbero costituito la
storia di questi 150 anni d'Italia. All'origine però c'è stato un atto della
Chiesa.
Nota finale: inutile ricordare che anche l'Unione Europea è stata creata da
approcci iniziali basati su accordi di tipo doganale. Gli autori sono stati
uomini politici europei di prestigio e di area cattolica. Coincidenza
significativa.
Nota a parte: leggendo il libro "L'Altra Europa", scritto da Paolo Rumor, nipote
di Mariano Rumor, che fu un notabile democristiano e capo del governo, assieme a
Loris Bagnara e Giorgio Galli, si apprende che anche dietro a queste operazioni
apparentemente "cattoliche" si muovevano personalità in qualche modo legate ad
organizzazioni iniziatiche di vario colore e provenienza.
Giorgio Vitali
(22 marzo 2011)
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