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pubblicato il 31/05/2013 da
Possiamo riconoscere in Franca Rame una certa dignità nella difesa delle donne e nel suo femminismo In morte di Franca Rame
Maurizio Barozzi (31 maggio 2013)
Alla morte di Franca Rame leggiamo e ascoltiamo, un po' dappertutto, rimpianti ed elogi da parte di gente di sinistra e sghignazzi e invettive da parte di gente di destra. Esternazioni spesso demenziali che non ci appartengono, ma che ancora una volta dimostrano come sia difficile in Italia superare certe divisioni che al tempo vennero in buona parte artificiosamente create e alimentate da farabutti intenti a far scannare, sulle ali degli opposti estremismi (comunismo-anticomunismo, fascismo-antifascismo}, decine e decine di ragazzi. Divisioni che fecero morti, incarcerati o altro, esclusivamente per gli interessi di carrieristi della politica e apparati del Sistema che da queste divisioni traevano voti e governabilità. E per Sistema si intende, principalmente l'inquadramento Atlantico del nostro paese, origine e causa di ogni male. Franca Rame, come il suo inseparabile Dario Fo, non appartengono alla nostra visione della vita e del mondo (come del resto però non vi appartengono le destre} e neppure condividono con noi memorie storico-politiche. Dario Fo è stato militare in RSI, ma questo non vuoi dire nulla, poi in qualche modo, sia lui che Franca Rame si sono riconosciuti nell'area, diciamo social-comunista, ma anche questo non esclude che possiamo esprimere un parere e un doveroso omaggio, seppur anche critico, a chi ha militato su altre sponde. In piena serenità di coscienza possiamo quindi apprezzare il senso di solidarietà che questi due personaggi hanno avuto verso il loro mondo, quello cosiddetto dei "compagni". Possiamo anche riconoscere in Franca Rame una certa dignità nella difesa delle donne e nel suo femminismo e negli ultimi tempi, Dario Fo ha apertamente condiviso la denuncia delle false flag e dei falsi attentati terroristici dell'11 settembre. Molti personaggi noti, di successo, cosiddetti "arrivati", si sono ben guardati dal fare altrettanto. Certamente la loro è stata una appartenenza ed una militanza di parte e come tale spesso faziosa, siamo sempre là: chissà quando sarà possibile superare certe artificiose barricate a cui in apertura accennavamo. Di conseguenza per loro e altri come loro: il buono, il rispettabile, il degno di considerazione, era tutto da una parte, essendo 'l'altra parte" la quintessenza del male. Atteggiamenti manichei, forse ottusi, ma anche in questo è difficile dare un giudizio oggettivo visto che il cosiddetto "neofascismo", ovvero quella che per loro era "il male dell'altra parte", in realtà era una contraffazione del fascismo, immondizia generata dalla pratica decennale, spacciatisi per "neofascismo", al servizio del Sistema, dei Servizi e dei più turpi interessi di bottega, tutti figli dell'Atlantismo e delle strategie Stay Behind. Non a caso i fascisti della Federazione Nazionale Combattenti della RSI, e stiamo parlando di ex-combattenti del fascismo repubblicano, erano usi sostenere il seguente paradosso: se per "fascismo" si intende quello espresso dal MSI e da certi gruppi pseudo "neofascisti", allora non ci si poteva che definirsi "antifascisti". Per Franca Rame, oltretutto, ne facevano testo i delinquenti che l'avevano sequestrata e violentata o le cronache dei mascalzoni del Circeo. Se però avesse esteso quella sensibilità che pur la contraddistingueva, anche per dare uno sguardo più approfondito ed obiettivo verso la militanza dell'"altra parte", si sarebbe resa conto che, lestofanti a parte, molti di quei giovani che venivano anche sprangati, incarcerati, e spregiati dall'immaginario collettivo antifascista creato dai mass media, erano anche loro vittime di quel sistema degli opposti estremismi, usati e strumentalizzati da veri delinquenti della politica, ma anche molti di loro avevano la stessa dignità che lei conferiva unicamente ai "compagni" della sua parte ai quali spesso portava la sua solidarietà andandoli a trovare in galera. Nel 2006 le proposero ed alla fine accettò di farsi eleggere al Senato, nella lista della IDV di Di Pietro, che riteneva, beata lei: «Uno che aveva fatto pulizia». Disse anche cose giuste, come quando chiese che qualcuno dicesse a Berlusconi che i comunisti oramai non c'erano più. L'entrata al Senato però non torna certo a vanto di Franca Rame, visto che quel tempio di perdizione e corruzione, soprattutto morale, la costrinse a vari contorsionismi, incoerenze ed altro, come per esempio quelle di votare a favore dell'ampliamento della super base americana di Vicenza o per la missione -di guerra specifichiamo noi- italiana in Afghanistan (ma se ci saranno morti mi dimetterò disse, chissà quanto ingenuamente} e tutto questo dopo aver partecipato ad una marcia proprio contro la base americana di Vicenza. Alla fin fine, in quella esperienza parlamentare l'unica cosa buona che fece fu qualche esternazione, come per esempio sul famigerato "debito pubblico": «Chissà perché lo chiamano pubblico... noi cittadini non c'entriamo nulla con quei denari sprecati e buttati», ebbe a dire. E soprattutto quella di soffiare il posto alla Commissione bilancio ad Azeglio Ciampi, oltre a qualche non disprezzabile interrogazione parlamentare, rimasta ovviamente senza risposta. Finì poi, e meno male, per dimettersi da senatrice. Dario Fo e Franca Rame dunque, dopo essersi cimentati nei teatri e anche in TV, dove però i loro atteggiamenti poco politicamente corretti non erano tollerati, divennero autori e attori di teatro, drammaturghi, commediografi di un teatro che voleva anche esprimere un forte impegno sociale e politico. Qui gli si spalancò il successo, come in un certo senso accadde anche per Giorgio Gaber, nell'ambito dell'area della sinistra, sia quella al "caviale", che quella antagonista. Come attori, in particolare Dario Fo, appartenevano al genere dei "guitti" e in tale ambito, a me personalmente, è sempre piaciuto. A differenza di certi politici, guitti nati, imbonitori e malfattori che, viceversa mi fanno schifo. Devo dire che non tutti gli spettacoli di Dario Fo e Franca Rame mi hanno soddisfatto, ma molti certamente li ho apprezzati, compreso "Morte accidentale di un anarchico" e relativa messa in ridicolo della polizia dell'epoca, delle sue bugie, delle sue prepotenze, anche se il testo si adeguò alla retorica del tempo focalizzando un capro espiatorio, a tutti comodo, nel commissario Luigi Calabresi. Tuttavia, forse mi sbaglierò, ma non posso non rilevare che la pluriennale attività del teatro di Fo, espressa principalmente contro la Chiesa cattolica, è alquanto sospetta. Noi possiamo condividere gli attacchi e il sarcasmo contro il Vaticano e la Chiesa, le loro mal vessazioni, ci mancherebbe altro, anzi noi ne avremmo da dire anche molto di più e di peggio, ma si ha l'impressione che questa insistenza pluriennale, tornava utile -non so se Fo se ne rendesse conto- al progetto massonico di ridimensionamento della Chiesa nell'interesse di mire egemoni mondialiste e globalizzanti. Non si dimentichi che certi, chiamiamoli "sogni", di dominio planetario, non solo comprendono, in prospettiva, la realizzazione di un melting pot di società multietniche, ma comprendono anche la minimizzazione di tutte le specificità etniche e culturali e delle religioni da ridurre in folclore locale endemico relegato alle vane aree geografiche del pianeta. Se a questo aggiungiamo che, stranamente, il teatro di Dario Fo non ha mai messo in piedi uno spettacolo a favore e in sostegno del popolo palestinese straziato e massacrato da oltre sessanta anni a questa parte, i dubbi aumentano. Come mai, ci si chiede, due autori usi a difendere i deboli, i maltrattati, su questo problema, forse il massimo dello strazio e del genocidio contemporaneo, non si sono pienamente impegnati? E questi nostri sospetti, generati dai due opposti atteggiamenti -accanimento verso la Chiesa e indifferenza verso il problema palestinese- sono ancor più accentuati dalla concessione del premio Nobel a Dario Fo, se andiamo a considerare "chi" e "perché", ha sempre gestito questi premi nobel. Un'ultima osservazione. Tanti anni addietro, durante la strategia della tensione, Franca Rame fu sequestrata percossa e violentata da estremisti gravitanti in torbidi ambienti di destra. Anni dopo sono emerse indiscrezioni che chiamavano in causa, quali ispiratori, alcuni ufficiali della divisione dei Carabinieri Pastrengo di Milano. E certi falsi "camerati" si sa come erano intimi a Commissariati, Carabinieri e Servizi. Quel gesto dimostrò tutto lo squallore a cui era giunto il destrismo italiano, ma non solo. Ebbene, i fascisti ex combattenti della Federazione Nazionale Combattenti RSI, su questo episodio, presero posizione ed ecco quanto scrissero sul loro "Foglio di Orientamenti" N. 3/2000. E noi, in loro ci rispecchiamo: «Dal momento che fu opera di prezzolati delinquenti manovrati da elementi indegni dell'Arma dei Carabinieri, è assurdo l'aver attribuito a "stupratori fascisti" il belluino episodio di cui fu vittima la signora Franca Rame. Con lo stupro, l'uomo, travolge il mondo spirituale dell'esercizio consapevole della libertà, della volontà, e dell'intelligenza, e regredisce a livello di belva. Esso deve ancora trovare nella coscienza etica collettiva e nel CP. sanzioni morali e penali analoghe a quelle previste per l'omicidio».
Maurizio Barozzi
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