da
http://www.barbadillo.it/28930-ucraina-de-benoist-guerra-fredda-putin-errori-nazionalisti/
Intervista a
De Benoist *
Ucraina
«La guerra fredda non è mai finita. Putin
e gli errori dei nazionalisti»
Nicolas Gauthier
(25 settembre 2014)
A credere alle notizie
ucraine, siamo tornati ai "bei vecchi tempi" della Guerra Fredda, epoca
in cui tutto era semplice: "buoni" da un lato, "cattivi" dall'altro. La
storia si ripete?
La storia non si ripete mai, ma ci sono delle costanti storiche. La
tensione tra la potenza della Terra, rappresentata dal continente
eurasiatico, e la potenza del mare, rappresentata dagli Stati Uniti, è
una. Si torna alla Guerra Fredda? Direi piuttosto che non è mai finita.
Prova ne è che la NATO, che avrebbe dovuto scomparire insieme con il
Patto di Varsavia, si è invece trasformata in una macchina da guerra
americanocentrica a vocazione globale. Dalla caduta del muro di Berlino,
non ha mai cessato di impiantarsi all'Est, in flagrante violazione delle
assicurazioni fornite a Gorbaciov al momento della riunificazione
tedesca. La crisi ucraina s'inscrive in questo contesto. Si tratta, per
gli americani, di essere presenti sino alle frontiere della Russia - che
ovviamente quest'ultima non può accettare. Immaginate gli Stati Uniti
che accettano l'installazione di basi russe in Messico?
La novità è che l'Europa non
ha nemmeno la scusa della "minaccia sovietica" per giustificare il
proprio atlantismo. Il modo con cui l'opinione pubblica è
sistematicamente male informata a proposito dell'Ucraina attesta lo
stato di servilismo nel quale l'Unione europea è caduta. Il governo
uscito dal colpo di stato di piazza Maidan invia i suoi bombardieri e i
suoi blindati a sparare sui "separatisti" di lingua russa, la guerra
civile ha già fatto 2.500 morti, e anche quelli che ieri accusavano
Bashar Assad di "massacrare il proprio popolo" applaudono (o non se ne
curano affatto).
Quanto ai nazionalisti ucraini, i cui obiettivi non erano disprezzabili,
i loro errori di analisi li ha resi al centro della farsa. Impegnandosi
armi in pugno contro i loro compatrioti, non hanno ottenuto la partenza
di un oligarca filo-russo che per scambiarlo con un oligarca ancora più
corrotto, un re del cioccolato agli ordini di Washington e dell'Unione
europea, che conta sugli occidentali per salvare dalla bancarotta una
Ucraina ormai ricaduta a livello di un paese del Terzo mondo. Vale a
dire che sono caduti dalla padella nella brace.
La verità è che non c'è soluzione militare alla crisi ucraina. E questa
crisi è gravissima. Se Kiev non accetta d'instaurare un sistema federale
che permetta a ogni componente del Paese, a cominciare dal Donbass, di
beneficiare della sua autonomia, la guerra civile si estenderà e
l'Ucraina si spezzerà in due, se non tre. La Russia non potrà allora
restare meno che mai inerte. O, come ha detto qui (sul sito Boulevard
Voltaire, ndr) Dominique Jamet, un confronto armato fra Cremlino e
Ucraina divenuta membro della NATO rischia di degenerare in III Guerra
Mondiale. Gli USA non possono non esserne coscienti. Bisogna pensare
allora che questo è ciò che cercano?
Vladimir Putin ha
recentemente spiegato che la grande colpa dell'Occidente è stata quella
di aver obbligato l'Ucraina a scegliere tra Oriente e Occidente, quando
la naturale vocazione di questo Paese era piuttosto di stabilire un
"ponte" tra i due poli. Parole di buon senso?
Certo, ma ci sono molti altri confini che possono servire da "ponte" (si
sarebbe potuto dire la stessa cosa a proposito dell'Alsazia-Lorena, che
non ha impedito lo scoppio della Prima guerra mondiale). Nel 1823, gli
Stati Uniti hanno adottato la dottrina Monroe, che vieta qualsiasi
intervento straniero nella loro area di influenza. La tragedia
dell'Europa è che non ha alcuna dottrina Monroe. Quindi è
sostanzialmente complementare alla Russia, s'infeuda ogni giorno un po'
di più a Washington. Dimenticata l'"Europa europea", non c'è ormai che
una coppia euro-americana, senza alcuna visione strategica dei propri
interessi, e quindi la leadership di Washington costituisce il minimo
comune denominatore. Non facendosi più visibilmente illusioni circa gli
europei, Putin, da parte sua, si volge verso la Cina e i Paesi Brics
(acronimo usato in Economia internazionale per indicare Brasile, Russia,
India, Cina). Chissà che, nelle prossime settimane, l'India, il
Pakistan, l'Iran e la Mongolia vogliano diventare membri a pieno titolo
della Organizzazione di cooperazione di Shangai, che già riunisce
Russia, Cina, Tagikistan, Uzbekistan e Kirghizistan, ossia più di tre
miliardi di abitanti?
A dispetto della
propaganda mediatica, Putin conserva in Francia un innegabile capitale
di simpatia, sia a destra che a sinistra. Siete tra coloro che vedono in
lui un "salvatore", di cui si dovrebbe seguire l'esempio?
Non più di quanto io sono di quelli che lo giudicano con formule che non
riflettono che la loro ignoranza ("nuovo zar", "ex agente del Kgb",
"dittatore rosso-bruno", ecc.), non sono un putinolatra. Certamente
Vladimir Putin non ha che delle qualità. La sua politica interna, i suoi
metodi di governo, possono certamente essere criticati. C'è anche, in
lui, una sorta di indecisione che gli impedisce una chiara scelta tra i
diversi clan che lo consigliano. Ma è altrettanto chiaro che è un
grande, se non un grandissimo capo di Stato – uno dei pochi che esistono
oggi. Forte di un tasso di popolarità che oggi supera il 90 per cento,
ha rimesso la Russia in pista, e aspira a rendergli il rango che merita.
Egli vuole che la Russia sia fedele alla sua storia e pensa che il suo
popolo merita un destino. È già enorme. Il semplice fatto che gli Stati
Uniti vedano in lui l'ostacolo numero uno all'instaurazione del nuovo
ordine mondiale che vogliono imporre giustifica che il supporto è
meritato. Perché ciò contro cui lui si dirige minaccia anche noi. Qui e
ora
Nicolas Gauthier
* Intervista di Nicolas
Gauthier per Boulevard Voltaire [traduzione di Manlio Triggiani]