La destra ha un futuro?
Roberto Sestito
Ogni tanto, sul "Giornale" di Vittorio Feltri,
quotidiano notoriamente di destra, leggo articoli di intellettuali di destra,
come Gianfranco De Turris, Marcello Veneziani ed altri, autori che in passato ho
incontrato in giornali, associazioni o formazioni chiaramente di destra, vicini
alla Giovane Italia, ad Ordine Nuovo, ecc. ecc..
Sono articoli belli, scritti bene, ma che riflettono il profondo vuoto culturale
ed intellettuale del mondo di destra, il quale, chiusa la stagione post-bellica
della nostalgia, si è trovato a dover fare i conti con una realtà politica,
sociale e culturale radicalmente cambiata.
Si tratta in fondo dello stesso vuoto che avvertimmo in quegli anni, leggendo i
libri di Julius Evola, René Guenon e di tutti i cosiddetti "tradizionalisti"
italiani e stranieri.
Se la maggior parte dei giovani di destra di allora concordava con i filosofi di
destra sul terreno della critica e sulle analisi della «crisi del mondo
moderno», pochi riuscivano a scrollarsi di dosso il nichilismo nicciano che
assorbivano da questa cultura triste e decadente e che chiudeva loro gli occhi
sulle trasformazioni in atto nel mondo moderno.
Tipico è il caso di quella destra che esaltava i "berretti verdi" americani
contro i viet-cong che lottavano in una guerra di liberazione e la cui morale e
filosofia sorregge ancor oggi l'azione criminale americana in Iraq ed in
Afganistan condivisa ed appoggiata da un ministro di destra come Ignazio La
Russa e da un ministro liberale come Franco Frattini.
Altri esempi di trasmigrazione dalla cultura di destra si sono avuti in
direzione del conservatorismo cattolico che oltre a soddisfare le ansie
ultramondiste dei giovani di destra ed a garantire loro la salvezza dell'anima
li ha traghettati sulla comoda sponda del Sacro Romano Impero Germanico con non
tanto nascosta soddisfazione dei fautori di un'Europa delle banche forte e
germanizzata.
Premesso tutto ciò, la mia attenzione è caduta su un articolo di Ernesto Galli
della Loggia apparso domenica 12 dicembre sul "Corriere della Sera" e intitolato
"Il futuro della destra".
Galli della Loggia scrive che la destra è in crisi perché è in crisi il
berlusconismo ed in buona parte ha ragione ed ha ragione perché secondo me
Berlusconi ha 99 torti ed 1 merito: l'unico merito che ha e per il quale
vorrebbero farlo fuori è quello di aver dato una svolta geopolitica ed
euroasiatica all'Italia. Svolta che probabilmente non tutti dentro il suo
governo condividono, come il Frattini, per esempio, che secondo me gli rema
contro quando ogni volta giura e ribadisce la sottomissione dell'Italia agli
USA. A dire il vero Berlusconi non ha scoperto l'acqua calda: ha solo ribadito
un ruolo millenario che la storia e la geografia assegnano all'Italia e che
nessuno schiavetto può pensare di cambiare o alterare.
Della Loggia è anche preoccupato del futuro della destra e conclude il suo
articolo in questi termini:
«L'esito ineluttabilmente centrista-proporzionalistico del fallimento di
Berlusconi potrebbe essere contrastato, mi pare, solo da un'iniziativa che
partisse dall'interno del PDL. Con l'obiettivo per l'appunto di guardare e di
andare oltre Berlusconi. Un'iniziativa capace di immaginare una destra
conservatrice su certi temi ma liberale su altri, anticorporativa, non bigotta
ma radicata nell'ethos giudaico-cristiano, antigiustizialista ma fermissima
nella legalità, plurale, e magari capace di accorpare con spregiudicatezza anche
forze e tradizioni politiche come i radicali o spezzoni del mondo ecologista,
oggi apparentemente incongrue ma, io credo solo apparentemente (si ricordi la
definizione di Pannella data da Montanelli come «uno dei nostri»). Un'iniziativa
che almeno oggi come oggi, però, fa a pugni con la quiete cimiteriale che regna
nel PDL, con il sorprendente mutismo che distingue tutti i suoi esponenti. Se le
cose continueranno così, l'autocancellazione politica del Popolo della libertà
condurrà inevitabilmente, come dicevo sopra, alla vittoria del progetto
centrista neo-democristiano sulle rovine del berlusconismo. Una vittoria
neo-democristiana: ma questa volta senza neppure quella grande cosa che
dopotutto fu la DC».
Questa marmellata politica che prevede (o auspica?) l'intellettuale del Corsera
è già pronta e si trova nella cucina di Gianfranco Fini dove abili cuochi, quasi
tutti di scuola neo-con e neo-lib con la pipa in bocca e in forbito accento
britannico, discutono e lavorano.
Se questa è la fine a cui è destinata la destra italiana, ben gli sta. D'altra
parte anche Fini proviene dal Movimento Sociale e dalla Giovane Italia, in cui
la cultura e le letture di destra erano quelle da me citate poco sopra.
Il Corsera pensa (o auspica?) un ritorno massiccio della balena bianca
attraverso la quale riprenderebbero a governare, non tanto dietro le quinte,
Santa Madre Chiesa e soci in affari. Ahime! I tempi sono cambiati e ritengo
molto improbabile, con tutti i casini che la chiesa ha combinato in questi
ultimi anni e dai quali sarà difficile districarsi,che la Grande Madre riesca a
salvare la patria. Rimarrebbero in officina i soci in affari con la pipa in
bocca e dal marcato accento…
Staremo a vedere. Una cosa è certa: in Italia una terza possibilità è sempre
esistita ed in altri momenti storici si è sempre imposta. Ed è sempre stata
un'opzione che ha anticipato i tempi, ha fatto la storia, ha creato e
modernizzato attraverso quei caratteri mediante i quali il popolo italiano ha
mostrato al mondo la sua giovinezza, la sua creatività e la sua genialità.
Roberto Sestito
la NOTA di Giorgio
Vitali
Questa analisi, peraltro
interessante, necessita di molte interferenze.
cerchiamo di esporne alcune:
1) La critica agli scrittori di destra tipo Veneziani, è pertinente
mA fino ad un certo punto. Veneziani è un intellettuale che scrive
per il "suo" presunto pubblico. Potrebbe scrivere diversamente. La
differenza fra Veneziani e Montanelli, tanto per fare un esempio
"sensibile", consiste in questo: che Montanelli scriveva per un
pubblico esistente, che lui stesso aveva contribuito a plasmare fin
dai tempi della campagna d'Africa. Veneziani, che è stato coinvolto
in molte operazioni andate a "buca" non per l'inabilità del
direttore (lui!) ma perchè CHI FINANZIAVA si rendeva conto che Lui
stava andando troppo avanti, e ritirava i finanziamenti. Oggi
Veneziani "gioca" e fa bene.
2) Il berlusconismo è una creazione originale di Berlusconi, il
quale ha utilizzato a scopo politico un effetto sociale di rilevante
importanza... la diffusione capillare della televisione e dei
messaggi che essa può inviare. NESSUN altro in Italia è stato in
condizione di CAPIRE la portata del fenomeno. Teste di CAZZO come
Bersani e Fini, per non dire Celtroni, Vasini, e Crudelli, SONO
stati bruciati sul tempo e nel tempo, assieme Cazzffino, proprio
dalla potenza del mezzo che NON sanno sfruttare. Bersani poi, con
quella sua faccia da eterno depresso, NON potrà mai ottenere nulla.
(Qualcuno pensa forse che il sorriso costante di Berlusca sia
casuale??)
Conclusione: il potere televisivo NON è stato ancora esorcizzato.
Le forze contrarie NON esistono.
G.V. |
|