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Il Movimento Sociale Italiano all'epoca di Giorgio Almirante
 

Giorgio Vitali

 

Trattando sia pur sommariamente d'avvenimenti ormai storicamente inquadrati, ciò che maggiormente deve interessare chi vuole intervenire in un dibattito è costituito dalle premesse metodologiche.
Occorre stabilire il metodo d'analisi ed il criterio di selezione delle informazioni.
Per quanto mi riguarda, non interessandomi specificatamente dell'argomento dal punto di vista storico, il metodo non può che essere memorialistico, mentre il criterio di selezione delle informazioni è quello a me più vicino e congeniale: l'interesse nazionale.
A quanto scritto aggiungasi un dato molto importante, finora lasciato sotto silenzio, che ha colpito alcuni storici che di recente si sono avvicinati all'argomento. Si tratta dell'interesse per il Fascismo. Quest'interesse si dimostrò nell'immediato dopoguerra e per lunghi decenni attraverso una pubblicistica spesso molto polemica, che ha continuato, imperterrita, il dibattito giornalistico, specchio delle molte posizioni (forse sarebbe meglio definirle «anime») del fascismo, divenute anche «fazioni» durante la RSI. Il numero veramente imponente di questi «fogli», spesso quotidiani, contrasta con il "mito" della persecuzione ideologica. Se persecuzione ci fu, stragi del maggio 45 a parte, si trattò di operazioni contro le singole persone e non contro le idee. Specifico meglio: vista in retrospettiva, ed avendo vissuto quegli eventi, appare strano, a prima vista, che fosse stata lasciata ai fascisti una così piena libertà di dibattere le loro idee. Nel caso, posseggo ancora una vasta documentazione in merito, con intere annate di periodici come "Asso di Bastoni", "Lotta politica", "Rivolta Ideale", "Il Nazionale", "Il Merlo Giallo". Tanto per citarne alcuni.
Posseggo anche l'intera collezione di "Cronaca Italiana", rivista settimanale sulla quale scrissero tanti giovani che avrebbero poi costituito l'ossatura culturale di quell'area, nonché tutti i numeri di "Secolo XX" di Giorgio Pisanò del quale molto importante, a mio modesto parere, la battaglia del 1964 per la «Seconda Repubblica», in alternativa alla proposta pacciardiana, perché a tutt'oggi, per una sorta d'indolenza tutt'italiana ed a distanza di mezzo secolo, il problema della riforma dello Stato non riesce a trovare uno sbocco consistente. In questo panorama non può mancare "Il Pensiero Nazionale", di Stanis Ruinas, che rappresentava l'ala sinistra del fascismo repubblicano e che partecipava a buon diritto al dibattito interno, assieme a "Qui Italia", d'uguale formato ma di angolazioni opposte. Escludo da questo elenco "Il Borghese", che conquistò in breve tempo un largo consenso negli ambienti borghesi, ma che, proprio per l'impostazione ideologica di matrice "longanesiana" non può essere ascritto nella pubblicistica postfascista.
A quanto scritto va aggiunto che anche dopo la famigerata "Legge Scelba", che peraltro puniva solo l'«apologia» e la «ricostituzione», il bisogno imperioso di dibattere, contrastare, interrogare, chiedersi il perché di tanti errori, rivendicare l'eroismo dei moltissimi combattenti sacrificati apparentemente invano, inducevano molti scrittori a contestare con veemenza le tesi avversarie. Non si possono passare sotto silenzio anche i molti libri di storia bellica, di diaristica, autobiografie, pubblicati da editori di grosso calibro come Garzanti, Mondadori, Longanesi, Cappelli, Casini, che vendevano migliaia di copie, anche se ufficialmente ignorate. Gli editori Tosi e Tiber pubblicarono l'opera dello storico Attilio Tamaro, ("Vent'anni di storia" e "Due anni di storia") che resta a tutt'oggi insuperata come fonte d'informazioni e di analisi politica degli eventi assieme all'altrettanto fondamentale "La Guerra Italiana. Retroscena della disfatta", di Emilio Canevari. L'editore C.E.N. pubblicò e diffuse capillarmente molti libri fra cui il noto "Le idee che mossero il mondo" di Pino Rauti. Un caso eclatante di chiusura culturale è stato dimostrato di recente dagli scritti di Pansa sulle stragi perpetrate contro i fascisti nell'immediato dopoguerra. La risposta dell'opinione pubblica è stata d'unanime sorpresa, mentre noi sappiamo che le opere di Pisanò, dalle quali il Pansa ha preso una buona parte delle sue informazioni, avevano venduto moltissimo continuando a vendere tuttora. Sorvolo sulla miriade di piccoli editori specializzati, i quali però contribuirono e continuano a contribuire con la loro diffusione alla costruzione di una storia alternativa a quella cosiddetta ufficiale.

La politica del MSI durante la gestione Almirante
Non si potrebbe comprendere appieno l'evoluzione della linea politica del Movimento Sociale senza conoscere il dibattito di sottofondo che accompagnava ogni presa di posizione di quel partito a livello nazionale e parlamentare, e pertanto lascio la parola a chi intende svilupparne estesamente l'analisi. Non prima però di aver ricordato che anche su quella storia esistono opere molto informate fra le quali occorre ricordare i libri di Marco Tarchi, e la rivista "Nuova Storia Contemporanea" diretta da Francesco Perfetti. Importanti anche gli scritti di Giuseppe Parlato, al fine di comprendere la formazione identitaria della destra italiana nel dopoguerra. Perché, e qui non c'è alcun dubbio, se la fine del post-fascismo è stata la "Destra", una destra che propende verso il Partito Popolare Europeo, una ragione sicuramente esiste. Sicuramente il blocco ideologico politico che non si è esercitato nei confronti del post-fascismo preso nel suo insieme si è invece esercitato pesantemente per tutte le manifestazioni di sinistra nazionale. E ciò vuoi per l'assenza di una vera e propria forza numerica, vuoi perché quello spazio voleva essere coperto dal Partito comunista togliattiano e poi berlingueriano.

La politica del MSI nell'ottica nazionalista
Intanto dobbiamo affermare che lo sfondo dell'interesse nazionale è ancora alla base delle decisioni politiche della maggioranza delle popolazioni. E ciò non vale solo per noi italiani, che siamo giunti all'unità solo di recente, ma anche per tutti gli altri popoli europei (senza ignorare che i popoli balcanici hanno raggiunto l'indipendenza nazionale solo di recente, in conseguenza di terribili guerre interne (impropriamente "civili") per accorparsi quasi subito all'Unione Europea. Talché, proprio di fronte alla crisi identitaria di quest'ultima, si ritorna a parlare di Europa delle Patrie di memoria Thiriardiana e gollista. Il nazionalismo, come scrisse Mussolini all'inizio del novecento, è la forza che agirà ancora a lungo sulla terra, come dimostrano anche le guerre di liberazione dei popoli contro la colonizzazione USA/Israel e contro le loro propaggini: le Multinazionali della Globalizzazione.
Retrospettivamente, quindi, a parte rivendicazioni di facciata di stampo ipernazionalista, non sembra che il MSI di Almirante si sia distinto per una lotta contro i potentati internazionalistici. Non sappiamo però, e questa è l'opera di "disvelamento" che ci aspettiamo dagli storici del futuro, quanto certe prese di posizioni missiste contro personaggi come Mattei o Moro non fossero invece funzionali all'azione che queste persone svolgevano nell'interesse del nostro Paese. Ad esempio, e tanto per fare un riferimento specifico, quanto ha inciso il famoso convegno all'Angelicum del 26 maggio 1960 dal titolo: "La liberazione dal socialcomunismo", col patrocinio del presidente emerito della repubblica Luigi Einaudi, l'adesione di Maria Romana De Gasperi, con le relazioni di Oscar Luigi Scalfaro, Giuseppe Palladino, Randolfo Pacciardi, Enzo Giacchero, Mario Tedeschi, capace di provocare la reazione a catena da "il Mondo", "l'Espresso", "la Voce repubblicana", "il Popolo", allora in mano ai fanfaniani, assieme al famoso congresso di Genova, ed il «movimento di piazza» conseguente, per la fine dell'esperimento Tambroni, meno estemporaneo di quanto non si pensi, fino allo sviluppo di quel sessantotto che vide il MSI inesorabilmente su posizioni di «spauracchio fascista» in difesa dell'ordine dei "benpensanti".

Ineludibile interesse per il fascismo
L'enorme diffusione di testi sul fascismo, gli uomini del fascismo e Mussolini, se perdura fino ad oggi (di recente il "Corsera" ha ricominciato la distribuzione di DVD dedicati alla Storia del fascismo, mentre programmi televisivi ripropongono sempre, con sfumature e titoli diversi, lo stesso tema e volumi agiografici a prezzi incredibilmente alti fanno la fortuna di editori spesso improvvisati) significa che l'interesse popolare, e non solo italiano, sancisce l'importanza storica del fenomeno fascista ed il timore dell'antifascismo, ormai ridotto al ruolo di ruota di scorta di un sistema capitalistico che non riesce a trovare soluzione agli enormi problemi che gli USA vanno sollevando nel mondo intero. Non diversamente dopo Waterloo l'opinione pubblica francese e mondiale si comportava nei confronti del pur esecrato (a causa delle innumerevoli giovani vite bruciate) Napoleone. Tuttavia, e confermando le relative proporzioni, le epopee non sono dimenticate dai popoli, che alla fine, messi in disparte i révenants ed i vigliacchi, apprezzano sempre la lotta ed il coraggio, anche se non confortati dalla Vittoria alata. Il mito eroico è alla base della nostra civiltà.

Chi ha lottato per l'indipendenza nazionale
Facendo una rapida carrellata nella storia più recente, e sfrondando il terreno da documenti sostanzialmente irrilevanti o approntati a bellaposta, appare chiaro che i veri eredi del fascismo repubblicano sono stati coloro che si sono battuti, quasi sempre pagando con la vita, per l'indipendenza nazionale che coincide con l'indipendenza energetica, contro il giogo dei cosiddetti vincitori dell'ultimo conflitto. La politica energetica è l'occasione per dare una risposta positiva alla domanda di giustizia proveniente dalla povera gente, dare concretezza e sviluppo dal basso, che mette al primo posto il problema del Mezzogiorno. Fra questi ricordiamo Enrico Mattei, la cui costruzione fondamentale, l'ENI, unita alla formazione in tempi brevissimi di un nucleo d'ingegneri nucleari che hanno realizzato la costruzione di centrali atomiche, oltre alla valorizzazione delle risorse presenti in tutte le regioni del paese, ha permesso all'Italia l'ingresso al G7. (vedi: "Enrico Mattei: Il coraggio e la storia". A cura di Claudio Moffa. Master Enrico Mattei in Oriente, dicembre 2007, prolusione di Giulio Andreotti). Tale costruzione, non a caso è stata messa in liquidazione dal susseguirsi di "governi" dichiaratamente antifascisti e votati alle "privatizzazioni", fra i quali Giuliano Amato e Carlo A. Ciampi (premiato con la nomina a presidente della repubblica) e Romano Prodi, governicchio bocciato clamorosamente, col suo contorno di partitini pseudo comunisti, dal popolo che ha cominciato a capire.
I documenti che appaiono con inusitata frequenza in questi anni ci confermano che anche la morte di Aldo Moro è stata provocata dalla lotta da questi sviluppata con lentezza ma con inesausta coerenza, per l'indipendenza nazionale. Lo stesso devesi dire per Bettino Craxi, colpito con una precongegnata operazione falsamente moralista per il suo impegno più che decennale a favore della politica filo araba del nostro Paese.
E ci limitiamo a questi tre nomi maggiormente significativi di una politica apparentemente diversa di quella che in realtà si è sviluppata sul nostro territorio. Anche, indubbiamente, su pressioni della Santa Sede. Ed è per questa ragione che ci preoccupiamo a causa dell'alleanza di recente stabilizzata dall'attuale Papa con il governo Bush, cui ha dato il massimo risalto il recente viaggio negli USA.
In conclusione, questo breve excursus dovrebbe servire per sottolineare che la politica del MSI non può essere presa in considerazione se non nell'ottica dell'indipendenza nazionale e pertanto si chiarisce nei rapporti che questo partito ha saputo intrattenere con coloro che per questo fine hanno saputo lottare pagando spesso con la vita il loro tentativo.

Giorgio Vitali