Italia - Repubblica - Socializzazione

 

 

da      

(18 luglio 2012)

 

La deriva neofascista e la fine di un inganno

MSI: la maschera e il volto

 

Giuseppe Biamonte       

 

Constato con sommo piacere che, dalla tribuna di "Rinascita", la mia critica al defunto partito missista ("Rinascita" n. 135, p. 15) ha solleticato il dibattito anche tra gli estimatori e gli orfani del destrismo nazionale. La nota del direttore Gaudenzi, che accompagna il pezzo "Appunti sulle critiche al neofascismo" a firma Nazzareno Mollicone ("Rinascita" n. 139, p. 15), già di per se esaustiva, chiuderebbe qui il confronto se non lasciasse tuttavia insoddisfatta la curiosità dell'autore sulle mie personali "esperienze politiche". Quella del Mollicone è un'appassionata arringa a favore del MSI contro la mia impietosa denuncia (che l'autore definisce, con malcelata stizza, «ennesima velenosa polemica») della politica antinazionale e antisociale del partito in questione, delle ambiguità e del doppiogiochismo dei suoi storici fondatori (mi riferivo in particolare al trio Romualdi-Michelini-Almirante), convinti fautori del più vergognoso American way of life and thinking in chiave demo-liberista e anticomunista, dietro la maschera dell'equivoco "social fascista" (per decenza e carità di Patria mi astengo dal commentare le gesta degli attuali discepoli e epigoni -dai crociati sionisti in Campidoglio ai pellegrini con kippah a Gerusalemme- degni successori dei "padri nobili" missisti nel caravanserraglio politico contemporaneo).

L'autore, stigmatizzando (probabilmente scandalizzato) la mia definizione di quel partito «reazionario, conservatore, filo-atlantico, massonico e filo-sionista», si chiede se il sottoscritto «abbia mai svolto attività politica o si limiti ad esporre giudizi storici». Ebbene volendo soddisfare la curiosità del Mollicone riguardo al mio "curriculum" politico dico subito che non mi iscrissi mai al MSI (provvidenziale lungimiranza!) e, da studente sedicenne, mossi i miei primi passi nell'agone politico come iscritto e militante dell'allora "Giovane Italia", l'associazione giovanile parallela a quel partito che negli anni '60 faceva attività politica e proselitismo nelle scuole medie. La sua finta autonomia dal MSI costituiva per lo stesso un bacino d'attrazione giovanile sicuramente maggiore rispetto a quello delle sezioni missiste di quartiere, dove all'aria asfittica e nostalgica che si respirava all'interno faceva spesso da pendant una mentalità tipicamente "questurina" e forcaiola di molti parrucconi segretari di sezione. Presto fu chiarissimo a tanti giovani insofferenti e recalcitranti, cresciuti nel mito del volontarismo delle Waffen SS europee e in quello della socializzazione, all'ombra di Evola, Pound, Brasillach, Céline, Oriani, Nietzsche, etc., etc. e persino Guevara (del "Che" conservo ancora gelosamente il testo, ed. pocket Feltrinelli 1967, "La guerra di guerriglia", che molti missisti imbecilli di quel tempo, ma sono certo che qualcuno degli ex ancora oggi lo pensa, consideravano un libro «comunista e sovversivo») che vi era un fossato incolmabile tra le teorie rivoluzionarie sciorinate intra moenia, cioè nel chiuso delle sezioni e nelle manifestazioni pubbliche nei cinema e teatri (puntualmente accompagnate da coreografie, rituali e simbologie d'antan) e la pratica indecente e reazionaria delle scelte politiche, economiche, sociali e militari, sia a livello nazionale che internazionale, a supporto di quelle atlantiche, sioniste e confindustriali, che i responsabili missisti facevano in Parlamento, in un furbesco gioco delle parti all'interno del sistema partitocratico antifascista modellato sullo schema di Jalta, di cui il MSI ne era parte integrante.

Parafrasando il celebre detto del grande De Curtis, «Ogni limite ha una pazienza», per il sottoscritto furono tre i limiti che superarono il confine della decenza:

1) l'assalto all'Università del 28 febbraio 1968 alla facoltà di Giurisprudenza da parte dei giannizzeri militanti nei partiti di sistema (PCI, DC, PLI, MSI), le cosiddette "forze sane" invocate dal nuovo rettore dell'ateneo, Pietro Agostino d'Avack, che farà successivamente entrare la Polizia all'Università, dopo il fallimento del suo primo appello alle mosche cocchiere della partitocrazia. Potere Studentesco (nuova denominazione di Primula Goliardica) non solo rioccupa Giurisprudenza, ma il giorno 28 riesce a respingere l'attacco a Scienze Politiche messo in atto dai medesimi servi del sistema che avevano inutilmente tentato di cacciare il movimento studentesco (quello autentico, ante Capanna & C. per intenderci, che si approprierà di tale denominazione solo in un momento successivo, a giochi fatti);

2) gli accadimenti di Valle Giulia del 1 marzo '68, stigmatizzati (e ti pareva!) come atti eversivi da "Il Secolo d'Italia", schierato come da copione a difesa del regime partitocratico;

3) il famigerato e vergognoso assalto del 16 marzo dei mazzieri missisti guidati dalla triade Almirante-Caradonna-Cerullo contro la facoltà di Lettere, occupata dai "rossi".

Insomma da Valle Giulia in poi, che aveva visto la saldatura di tutte le componenti studentesche al di fuori dei vecchi schemi destra-sinistra e che già due anni prima aveva avuto le sue avanguardie in "Primula goliardica" e "Lotta di Popolo" -dunque una minaccia reale per i vecchi equilibri di potere della partitocrazia imperante- si ricrearono le condizioni per un rilancio degli opposti estremismi, dove PCI e MSI riesumarono, in maniera virulenta, per i loro equilibri di potere la famigerata strategia delle sterili e antistoriche contrapposizioni ideologiche, tutte felicemente incanalate nell'alveo della logica dei blocchi USA-URSS. Ancora una volta MSI, alla destra del sistema, e PCI, la sua ala sinistra, rispolverarono la contrapposizione nostalgica fascismo-antifascismo con il solo scopo di restaurare lo status quo. Il resto è storia tristemente nota: da qui partì infatti la lunga e sanguinosa stagione del terrorismo di destra e di sinistra, funzionale alle manipolazioni e alle stragi di Stato in cui fu gettata l'Italia, priva di qualsiasi sovranità politica, dalle mene dei burattinai atlantici e degli strateghi d'Oltrecortina. I fatti odierni dimostrano l'evolversi di quelle strategie rivolte alla costruzione di un governo mondialista sotto l'egida atlantico-sionista. Rimaneva, nonostante la demonizzazione e l'inizio delle persecuzioni poliziesche, la speranza e l'attivismo nelle mobilitazioni e nelle manifestazioni dei movimenti alternativi e antagonisti, in primis "Lotta di Popolo", ma anche di quell'area degli ex combattenti della RSI che non si fece irretire dalle sirene del destrismo neofascista, restando fedele ai principi politici e sociali del Fascismo repubblicano e di sinistra: la Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana.

Sì, fu proprio qui che approdai dopo qualche tempo, passati oramai gli anni delle illusioni e delle scelte errate, fu qui che incontrai galantuomini come Bruno Ripanti e Gaspare Fantauzzi, due ex-combattenti le cui principali virtù, a mio giudizio, erano la granitica coerenza politica e la cristallina onestà intellettuale. Dagli approfondimenti storici alle analisi geopolitiche, dall'attività di propaganda al volantinaggio, alla stampa dei comunicati e delle pubblicazioni della Federazione (http://fncrsi.altervista.org/), il nucleo giovanile era attivamente in prima linea su due fronti, dovendo infatti talvolta contrastare i "sinistri", che dalle barricate comuni erano tornati scodinzolanti all'ovile comunista del PCI e dei suoi satelliti extraparlamentari (e il più delle volte infiltrati dai "servizi"), sia gli immarcescibili imbecilli di destra, mentalmente alienati nel loro psicotico anticomunismo (naturalmente tali menti acute ci consideravano fiancheggiatori dei comunisti).

E mentre i militanti missisti manifestavano nelle piazze a sostegno di governi golpisti, sotto l'egida USA e NATO, al grido di «Ankara, Atene, adesso Roma viene», affiancando tali slogan demenziali alla frase fatta per i soliti gonzi «Europa, Fascismo, Rivoluzione», noi della FNCRSI, dalla sede di via Fontana prima e via Villari dopo, partivamo a volantinare, soprattutto nelle zone off limits, contro la NATO, per l'abolizione del Concordato, a sostegno del popolo vietnamita e palestinese o contro le ingerenze vaticane. Loro si esaltavano alla vista dei berretti verdi americani o inneggiavano a Israele considerata «ultima roccaforte dell'uomo bianco in Palestina!». Durante i ludi cartacei elettorali, noi ci impegnavamo per l'astensione dalle urne o per la scheda bianca, mentre le cosche missiste si accapigliavano, senza esclusione di colpi, per la conquista degli ambiti posti nelle liste. Successivamente appoggeranno i criminali di Pinochet in Cile, esponendo nelle sezioni addirittura la bandiera cilena dei macellai golpisti, e quelli di Videla in Argentina.

Altro che «due livelli» nel MSI, «l'ufficiale, politico-parlamentare e un altro meno evidente» che, secondo il Mollicone, «si opponeva al primo!».

«Ma mi faccia il piacere», avrebbe chiosato ancora Totò. I padri padroni del MSI che hanno definitivamente sputtanato il Fascismo storico, grazie a loro equiparato nell'immaginario collettivo al male assoluto, non ammettevano deroghe. E infatti l'esodo in massa dal partito destrista, nel corso degli anni, degli elementi migliori e pensanti e la definitiva e sacrosanta deriva del neofascismo, fino agli attuali spregevoli rottami, hanno inverato la nostra analisi e le nostre tesi.

Un frequente luogo comune del destrismo missista, che qui è puntualmente riproposto anche dal Mollicone, sarebbe stata l'ineluttabilità della scelta anticomunista per le mattanze subite dai fascisti per mano comunista. Un'indiscutibile cruda realtà che, se valida per il contingente, divenne però la sola "trincea ideale" del neofascismo nel dopoguerra, che accettò di schierarsi con il nemico principale: l'occidente americanizzato, corresponsabile allo stesso modo di quelle stragi, il cui lavoro sporco fu, in tantissime occasioni, delegato proprio dagli americani alle formazioni partigiane comuniste. Ma il MSI fece le sue scelte politiche: a fianco della NATO e dell'America, mai contro la restaurazione del sistema liberal-liberista che surrettiziamente iniziò la conquista della colonia Italia fino all'epilogo odierno.

Infine, «Chi sarebbero i puri? Gli pseudo storici del 2012?», chiede provocatoriamente il medesimo Mollicone. A parte la definizione di "storico" o pseudo tale che non mi appartiene affatto, qui la purezza o l'ortodossia c'entrano come i cavoli a merenda. Infatti il problema è meramente politico e riguarda il vero volto dell'universo missista, l'ex partito di magliari, monarchici, massoni, bottegai, generali e contesse, squisitamente antifascista e operante contro gli stessi interessi nazionali, che, per lucro, per cecità politica, per interessi personali (ogni riferimento alle redditizie poltrone per parenti e affini -figli, mogli, mariti, amanti, nipoti, amici e amiche del giaguaro- tutti bellamente piazzati negli enti locali, in parlamento e/o nei consigli d'amministrazione di enti pubblici e privati, non è casuale ma deliberatamente voluto), si sono appropriati di un bagaglio ideale e sociale che non gli apparteneva, sfruttandolo meschinamente e ingannando intere generazioni di giovani idealisti in perfetta buona fede, spingendoli, nel perverso gioco delle parti, finanche allo scontro fisico contro un nemico immaginario, molto spesso purtroppo sino ad effusionem sanguinis.  

Il re è finalmente nudo. Gettata la maschera e caduta persino la foglia di fico che ne ricopriva le vergogne, resta chiaramente evidente il vero volto di oltre sessanta anni di equivoci e d'inganni.

 

Giuseppe Biamonte       

       

  Condividi