Missione impossibile: riformare la Costituzione d'Italia
Guglielmo Maria Lolli-Ghetti -
Giorgio Vitali
Mentre l’intera popolazione italiana sta prendendo drammaticamente atto proprio
in questi mesi del progressivo distacco della Classe Politica, nell’insieme di
Classe Dirigente, dalla realtà della Nazione, la percezione diffusa della CRISI
del Sistema Italia si fa sempre più drammatica a causa della consapevolezza di
una sostanziale impotenza nel prendere in mano la situazione da parte di
cittadini responsabili e preoccupati per il futuro del nostro paese.
È vero: la realtà sovranazionale e geopolitica è complessa ed i limiti imposti
dall’esterno ai comportamenti dei governi nazionali sono sempre più restrittivi,
ma è stata una costante di tutto il XX secolo l’interferenza di normative
internazionali nella vita interna di tutti gli Stati del mondo. Tuttavia,
proprio perché il nostro paese è dissonante con la realtà che ci circonda, cioè
tutti gli altri paesi membri dell’UE, tanto da meritarsi interventi punitivi da
parte degli Organi Centrali dell’Unione, per inadempienze di vario genere spesso
impensabili, e sempre d’alta gravità, noi pensiamo che un serio tentativo
riformista accompagnato da un sostanziale ricambio della dirigenza politica può
essere proponibile. Oggi finalmente alcuni intellettuali si sono accorti che di
fronte alla straordinaria instabilità geopolitica corrisponde da noi una
mortifera paralisi sociale.
Spesso, in momenti inattesi, e a dispetto dello sconforto e della rassegnazione,
anche una piccola scintilla può provocare quell’ondata d’entusiasmo e d’euforia
che rende possibile la trasformazione. Specie in un paese come il nostro nel
quale le modificazioni della società civile hanno, fin dal Medioevo, sempre
precorso i tempi che solo in un secondo periodo altre Nazioni hanno
sistematizzato ideologicamente e politicamente. In questo momento, in
particolare, la società civile ha subito delle modificazioni che la Classe
Dirigente Politica non può interpretare perché il sistema di selezione di coloro
che dovrebbero gestire il potere interpretando queste modificazioni, continua ad
esporre alla ribalta personaggi privi anche per deformazione ideologica della
cultura necessaria per afferrare il significato del cambiamento.
La riforma costituzionale potrebbe essere un’arma nelle mani dei cittadini, a
patto che questi la facciano propria, come hanno dimostrato le rivoluzioni
americane e quella francese. Se lasciano questa possibilità alla classe
dirigente il destino è segnato. Perché è una costante di tutte le classi
dirigenti fare in modo di perpetuare se stesse. Questa situazione in Italia è
già molto evidente negli apparati sociali ed in quelli politici, dove vige il
familismo più offensivo e contro il quale anche i cittadini più attivi e le
associazioni nulla hanno potuto. Si pensi al settore politico dove il seggio
parlamentare o la carica locale di prestigio o la cattedra universitaria sono
ceduti al famigliare di turno. Abbiamo così una "casta" di 180.000 eletti
mantenuti dal popolo e 200.000 funzionari e dirigenti pubblici. Per quanto
riguarda le Università il sistema d’inamovibilità familiare garantisce il potere
clientelare e baronale a persone del tutto impreparate e per questo arroganti,
mentre i nostri migliori cervelli accademici sono costretti ad espatriare., una
prima manifestazione di questo problema consiste nei 15.000 medici citati in
giudizio ogni anno. Va peraltro rilevato che fin dal primo ottocento uno
scienziato inglese, William Whewell aveva elaborato una visione epistemologica
che noi condividiamo secondo la quale lo stimolo all’evoluzione del progresso
scientifico è fornito sia da teorie corrette che da ipotesi sbagliate.
L’importante è raggiungere, aggiungiamo noi, una massa critica capace di
elaborare il maggior numero di congetture possibili. La conclusione è che in una
recente ricerca dedicata al lavoro, ben l’80% dei giovani ha risposto che per
ottenere il lavoro è necessaria la raccomandazione il ché significa, in soldoni,
la morte di un’intera società con i giovani rassegnati in partenza ad una vita
di sottomissione verso persone che disprezzano e di compromessi, anche perché di
questi giovani solo il 3% ha stima degli uomini politici. Ma attenzione a non
cadere in errore: tutto ciò costituisce un sistema di potere che la classe
dirigente utilizza coscientemente per rimanere a galla. Si tratta del sistema di
potere più infame, perché si basa sull’immobilismo sociale in una realtà
mondiale che invece si muove a grande velocità creando problemi sempre più
complessi. Basti pensare a quello dell’approvvigionamento energetico o a quello
dell’invasione dal sud.
Le Costituzioni
Secondo Edmund Burke le Costituzioni non si creano nei salotti illuministici ma
sono il risultato della storia, delle guerre, delle circostanze. In poche
parole, della vita dei popoli e delle comunità. È quindi chiaro che ogni popolo
costruisce le impalcature della vita civile secondo specifiche inclinazioni.
In altri tempi ed in altri paesi le costituzioni hanno saputo interpretare le
trasformazioni e sono state esse stesse il veicolo del cambiamento. Il popolo
italiano nell’insieme è sempre stato refrattario alle costituzioni, come
dimostrato anche nelle consultazioni più recenti nonché nella recentissima
raccolta delle firme per il referendum di riforma istituzionale che è avvenuta
nella più totale assenza d’entusiasmo e si è conclusa positivamente per i
promotori soltanto grazie alla pressione delle organizzazioni di partito ed al
residuo di patriottismo partitocratico (definizione coniata da Croce!). La
Francia, senza dubbio il paese che ha conosciuto il più gran numero di
costituzioni dal 1789 ad oggi ne ha conosciute quindici. In media una ogni
dodici anni! Ma anche la Spagna, di recente e senza grandi strepiti, ha dato
vita ad una nuova costituzione democratica attraverso un lento ed indolore
scivolamento dal regime franchista alla monarchia democratica.
In Italia l’idea di costituzione è stata importata dalle armate di Napoleone il
quale, nella tradizione dei grandi italiani della Storia, ha lasciato un
imprinting giuridico al quale tutt’oggi sono costretti ad attenersi gli Stati
moderni perché il sistema dei diritti dettagliatamente enunciati dalle normative
napoleoniche è intrinsecamente ed inscindibilmente collegato e quindi anche
aspetti giuridici particolari nati dai problemi sollevati dal progresso
tecnologico ed espressi ad esempio nelle tematiche esposte dalla Bioetica,
trovano riscontro nel lascito imperiale, che ripristina l'autorità dello Stato
in diretto collegamento col diritto romano. Attraverso i principi fondamentali
del diritto napoleonico, avviene la trasposizione dell’uomo nel Cittadino ed il
Cittadino nello Stato. Ma questo passaggio può avvenire solo attraverso l’
etica, che diventa un’etica civile, come già nel settecento aveva intuito Kant.
Viene in questo modo elaborata un’etica civile, sottratta al condizionamento
clericale; i comportamenti ed i rapporti reciproci non sono più giudicati alla
sola luce dei dettami religiosi, e proprio questa visione "classica" della
socialità costituirà il presupposto dell’ideologia della rivoluzione nazionale
elaborata da Mazzini, che pone l’accento sui "doveri dell’uomo".
La storia d’Italia dell’ottocento può essere vista anche come una sequenza di
tentativi costituzionali. Abbiamo così nel 1802 la ratifica da parte di
Napoleone stesso della costituzione della Repubblica Italiana, la proclamazione
della costituzione spagnola e siciliana del 1812 (ratificata in Spagna nel 1820)
ad Avellino nel 1820, giurata solennemente da Fernando I a Napoli il 13 luglio
1820 ed imitato da Carlo Alberto a Torino il 15 marzo 1821.Il 4 marzo 1848 è
emanato lo Statuto Albertino, il 14 dello stesso mese Pio IX concede la
costituzione nello Stato pontificio, il 9 febbraio 1849 è proclamata,
dall’Assemblea costituente, la Repubblica Romana e la relativa costituzione è
votata, dopo eroica resistenza che ha visto la morte del fior fiore della
gioventù nazionale, il 1 luglio, mentre i soldati francesi stanno espugnando
possesso della città. Dopo queste manifestazioni di creatività e libertà
politica, pagate sempre con il sangue, il moto risorgimentale è egemonizzato dal
Regno di Sardegna e lo Statuto Albertino non subirà eccessive modificazioni
nonostante l’istituzione di commissioni di studio succedutesi lungo il
novecento, fino alla fine del secondo conflitto mondiale anche perché le due
costituzioni alternative preparate per la Repubblica Sociale Italiana dai
costituzionalisti Biggini e Rolandi Ricci non saranno poste ai voti nel
difficile periodo 1943-45. Il 22 dicembre 1947 l’Assemblea Costituente approva
il testo della costituzione repubblicana con 453 voti favorevoli e 62 contrari
dopo 170 sedute di discussione. Il 27 dicembre essa è firmata dal capo
provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, che assumerà il titolo di presidente
della Repubblica, da Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea e dal capo del
governo, Alcide De Gasperi. Il 28 dello stesso mese, come per sancire la fine di
un’epoca, muore l’ex re d’Italia, Vittorio Emanuele III nel suo esilio in
Egitto. Si conclude così una lunga storia attraverso la realizzazione, sia pure
in parte, del sogno dei primi martiri della rivoluzione italiana, elaborato nel
1840 dagli eroici e sfortunati baroni Attilio ed Emilio Bandiera: < Italia
indipendente, libera, unita, democraticamente costituita in repubblica e con
Roma capitale>. Una marcia drammaticamente lenta, costellata da tanti atti
d’eroismo, durata centosette anni che ci dimostra la pigrizia con cui la
maggioranza della popolazione italica assorbe l’innovazione, ma anche la
determinazione che ha sempre animato le minoranze attive ed anticipatrici, fin
dai tempi dei Comuni, delle Repubbliche marinare e degli Stati rinascimentali.
La Corte Costituzionale, però, nasce solo nel 1956, dieci anni dopo, ed il 23
aprile dello stesso anno tiene la sua prima seduta avviando il processo di
revisione, a tutt’oggi ancora in corso, della precedente legislazione; nel 1957
nasce Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, che dovrebbe
rappresentare il punto d’incontro degli interessi economici e del lavoro, una
fotocopia della precedente Assemblea Corporativa, ma che non ha mai funzionato,
almeno fino ad oggi; nel 1958 si costituisce Il Consiglio Superiore della
Magistratura, l’organo d’autogoverno dei giudici. Quanto a rapidità d’attuazione
dei principi elaborati nella Costituente, non c’è male!
Incostituzionalità della Costituzione
Volendo agire contro la costituzione vigente, si potrebbero trovare molte
ragioni per farla dichiarare, possibilmente dalla Corte Costituzionale,
"ufficialmente incostituzionale". Oltre alla ben nota, per le polemiche che ha
sollevato nel tempo e fino ad oggi, questione dei brogli legati al referendum
istituzionale, al fatto che, un’altissima fetta dei concittadini non ebbe la
possibilità di votare a causa delle contingenze post belliche, ed
all’indubbiamente illegittimo Decreto Legge Luogotenenziale 25 giugno 1944, n.151,
concernente l’elezione di un’assemblea per la nuova costituzione dello Stato,
basato sull’articolo 18 della Legge 19 gennaio 1939 n. 129, all’epoca ancora
vigente, che vietava di provvedere con Decreto Reale per i disegni di legge di
carattere costituzionale. Non scriviamo queste cose per spirito polemico ma,
tenendo conto della farraginosità, puntigliosità ed inutile bizantinismo delle
sentenze cui siamo purtroppo abituati, l’argomento non sarebbe di second’ordine
nel caso in cui le solite forze di "resistenza passiva" interferissero contro
tentativi di modernizzazione (e di moralizzazione) della nostra società.
Qui è necessario ricordare il monito d’Aristotele secondo il quale la politica
non può essere delegata. L’uomo, al di fuori della politica, è un non-uomo. Non
può essere un cittadino vero. Pertanto, per risalire dallo stato di decadenza
contemporanea ad una nuova forma di convivenza civile attraverso una riforma
costituzionale, dall’immobilismo patologico all’azione riformatrice, possiamo
assumere la storia delle costituzioni preunitarie come storia della costituzione
della nazione italiana.
La crisi attuale
Secondo Bobbio, nel tentativo di giustificare storicamente una crisi in
prevalenza morale, vale a dire coinvolgente l’intera società nazionale,
l’inapplicabilità della prima Costituzione di questa repubblica risiederebbe nel
compromesso prammatico tra le diverse forze politiche ormai in concorrenza tra
loro. Questa scusante può trovare la sua giustificazione nel fatto che le forze
politiche che discussero e crearono alla Costituzione erano espressione
d’ideologie antitetiche ed antagoniste, e nella sostanza delegarono al
parlamento tutte le modalità d’applicazione, compresa la scelta del tipo di
governo e della modalità elettorale, che, infatti, è stata modificata più di una
volta, ma sempre nel senso di consolidamento delle forze politiche e della
certezza di rielezione degli uomini che le rappresentavano. Ne è stata la
naturale conseguenza una sostanziale inapplicabilità della costituzione nei suoi
articoli essenziali. Anzi, le poche leggi varate per l’attuazione degli articoli
costituzionali sono state nella sostanza inapplicate com’è visibilmente accaduto
per Servizio Sanitario Nazionale, votato nel 1978 con la legge istitutiva, la
833. Di questa mancata applicazione stiamo subendo a tutt’ oggi le conseguenze.,
come può essere facilmente costatato dalla tralasciata attuazione del trinomio:
prevenzione, cura, riabilitazione, di cui ad oggi ci si è premurati di attuare
solo la cura perché più remunerativa per l’intero sistema. In particolare, è un
punto cardine della Costituzione vigente l’affermazione che titolare della
sovranità è il popolo, e quindi che è il cittadino, in quanto tale, ad essere
sovrano. La realtà italiana ci dice invece che il cittadino italiano non è mai
stato aiutato ad esercitare questa sovranità, mentre il potere reale è sempre
stato saldamente in poche mani e le sporadiche manifestazioni spesso cruente di
ribellione si è dimostrato essere state tenute sotto un oculato controllo e
gestite con abile strategia come naturali valvole di sfogo.
Gettare uno sguardo ai dati relativi alla corruzione-concussione e soppesare
l’indice di percezione della corruzione elaborato da Transparency International
che peraltro pubblica solo dati certificati, significa rendersi conto che in
Italia dal 2001, data che segna la fine di " mani pulite", la situazione non è
di certo migliorata, ma è peggiorata.
Anche i sei indicatori della Banca Mondiale ci condannano. E, fatto ancor più
grave, dal 1998 questi dati si sono ulteriormente deteriorati.
Il primo indicatore misura il grado di libertà civili e diritti politici e
l’effettiva influenza della popolazione nell’elezione dei dirigenti politici;
misura, inoltre, il livello d’indipendenza del sistema mediatico da pressioni
politiche.
Il secondo misura la probabilità che il governo in carica sia destituito
attraverso mezzi incostituzionali o violenti.
Il terzo misura la qualità dei servizi pubblici, la credibilità del governo
riguardo alle misure da realizzare, la qualità dell’apparato burocratico e
l’indipendenza dei funzionari pubblici dalle pressioni politiche.
Il quarto misura quanto le politiche implementate siano market-friendly.
Il quinto misura la fiducia dei cittadini nella capacità delle amministrazioni
pubbliche di applicare le leggi dello Stato.
Il sesto infine misura la capacità del sistema politico, legale, e giudiziario
di prevenire e combattere fenomeni di corruzione.
Quest’elenco, richiamando l’attenzione sulla serie di problemi che coinvolgono
qualsiasi società civile, è più che sufficiente per far capire a ciascun
lettore, sulla sola base delle proprie conoscenze di fatti di cronaca, quanto
sia pesante il declino del nostro paese. Tuttavia il quadro non è ancora
completo, se si pensa che una delle truffe più pesanti nei confronti dei
cittadini consiste nel varare leggi di garanzia ben sapendo che non saranno mai
applicate. Ad esempio, e proprio riguardo allo scandalo degli incendi che hanno
di recente devastato il nostro paese (le aree incendiate quest’estate sono il
doppio di quelle del 2006), esiste una legge che vieta di costruire nelle zone
bruciate, ma i comuni interessati non hanno mai istituito il registro di queste
zone e da parte governativa nulla finora si è fatto per incentivare
l’applicazione di questa norma ormai già molto vecchia. La scusante sottintesa
di questa criminale trascuratezza è il rischio di apparire un’autorità cieca e
repressiva. La legge in questione è la ben articolata legge 1 marzo 1975, n. 47:
Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi, peraltro depenalizzata
con la nota legge sulla depenalizzazione del 1981, evidentemente elaborata
nell’interesse dell’abusivismo edilizio, molto forte presso il potere politico.
Affermavamo che gli italiani sono refrattari al voto referendario, ma ne hanno
ragione. Da una parte, infatti, per gli avvenimenti importanti non sono
interpellati, com’è accaduto per i referendum che in altri paesi del continente
hanno bocciato la proposta di costituzione dell’Unione o per quello relativo
all’accettazione della moneta comune, per la quale si è apertamente commessa una
truffa di dimensioni colossali fissando un cambio lira/euro non solo falso ma
esclusivamente a danno degli italiani, mentre dall’altra si sono disattesi con
espedienti di vario genere i risultati dei referendum quando questi avrebbero
danneggiato il Sistema, com’è accaduto coi referendum che abolivano alcuni
ministeri o ridimensionavano il potere dei sindacati di Regime o dei magistrati.
Del tutto offensivo poi il metodo utilizzato dal parlamento per le riforme del
sistema elettorale. Tanto offensivo da assegnare a questi aborti istituzionali
nomi appropriati, come Mattarellum o, peggio, Porcellum, come chiamato dal suo
onesto inventore: Calderoli.
Per riassumere la vita politica del nostro paese, per chi non lo sapesse, si è
dipanata fra questi avvenimenti: 50 crisi di governo in 50 anni, che vuol dire
quattro anni e mezzo senza un governo nella pienezza dei poteri.
46 partiti rappresentati in parlamento, fra cui "Associazione Labour", "Dignità
parlamentare", "At6 - Lega d’azione meridionale" e tanti altri. 50.000 leggi,
delle quali almeno 37.000 in vigore, fra le quali molte mai attuate, di
recepimento di direttive europee, contro le 10.000 della Francia e le 9.000
della Germania. Una situazione del tutto contraria ai principi dettati da
Mazzini, impropriamente considerato uno dei "padri" di questa repubblica,
secondo il quale il "buongoverno" deve basarsi su poche leggi ma severamente
applicate.
Per quanto riguarda la Costituzione, l’argomento di nostro interesse, tratta di
ben 687 progetti di revisione costituzionale fino al 1993, quando cominciò il
balletto delle Bicamerali. Risultato: sette progetti approvati, 680 riforme e
tre Bicamerali fallite.
Cosa cambiare?
Due sono gli aspetti salienti della questione: gli articoli ancora significativi
ma che non sono stati attuati o lo sono stati solo in parte e male. Un esempio
per tutti, l’articolo 81, fortemente voluto da Einaudi, secondo cui: " Con la
legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e
nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i
mezzi per farvi fronte". Gli articoli da cambiare definitivamente perché
obsoleti.
È evidente che su tutto l’impianto della costituzione dovrebbe essere impostato,
prima ancora della discussione politica, una riflessione interdisciplinare nella
quale si dovrebbero confrontare per un congruo lasso di tempo, scienziati
(storici, antropologi, biologi, ambientalisti, urbanisti, sociologi, giuristi,
etc.), ma anche filosofi e teologi, per l’elaborazione e identificazione di
percorsi argomentativi e processi culturali idonei alla creazione di un quadro
complessivo dentro il quale l’elaborazione di una nuova costituzione si presenti
con elementi di modernità ma anche d’intima coerenza.
Ma ciò detto, resta pur sempre l’urgenza di reperire un punto di partenza per
affrontare alcuni problemi che si presentano come "emergenza", ed è superfluo
aggiungere che per affrontare tali problemi occorrono di sicuro volontà, energia
e soprattutto un senso nuovo di responsabilità sociale; di conseguenza occorre
una mobilitazione civile non facile in un’epoca di diffusa sfiducia e
disaffezione, anzi, di diffusa rivalsa da parte dei cittadini nei confronti del
potere politico. Si calcola, tanto per fare una valutazione economica di
quest’aspetto, che il fisco perda ogni anno 270 miliardi e forse più d’euro
d’entrate tributarie, che non possono essere spiegate citando il solo egoismo
individualistico proprio dei nostri concittadini. E di ragioni per tale
comportamento se ne trovano a josa se si pensa all’impatto su ogni cittadino
della presenza ossessiva di 574.215 auto blu, quando erano 198.596 solo tre anni
fa, col suo apparato d’autisti, meccanici, garages, depositi, assicuratori e
quant’altro, (tutte spese superflue), che dimostra chiaramente una concezione
asiatica (ma di un’Asia preislamica) del potere, ma accompagnata
sistematicamente al tradizionale "pianto" per un’eterna mancanza di soldi. Senza
contare che ci troviamo ancora immersi nella vecchia regola, che risale ai
primordi della storia, consistente nel’ aumentare il gettito con ipertassazione
che provoca sempre più spese per il semplice meccanismo che è scatenato secondo
il quale le burocrazie e le clientele parassitarie esigono più fondi e li
ottengono proprio perché sono vicine al potere reale. La reazione all’andazzo,
che è giunto proprio in questi mesi all’esibizione mediatica degli aspetti più
degeneri della corruzione, che apparentemente risulta economicamente vincente,
non può che basarsi sulla capacità di rilanciare "idee forti" capaci di
suscitare una "Rivolta ideale" già auspicata da Alfredo Oriani. La proposta non
dovrebbe considerata anacronistica se un recente sondaggio Eurisko c’informa che
l’84% degli italiani intervistati è in attesa dell’ "uomo forte" in grado di
innervare una democrazia ormai decrepita.
Fondata sul lavoro?
Il primo articolo della costituzione stabilisce, giustamente, che la nostra
repubblica è fondata sul lavoro. Questo "fondamento" è dovuto non solo alla
provenienza culturale dei costituenti, ma da una realtà politica e sociale
precedente che si è sempre basata sulla valorizzazione del lavoro perché
manifestazione prioritaria dell’umano agire. Tant’è vero che a tutt’oggi, la
maggioranza degli italiani lavora o aspira ad un lavoro. Tuttavia, il potere
d’imposizione, contro la reale configurazione sociale, oggi non risiede più nei
creatori di ricchezza reale, i lavoratori ai diversi livelli della produzione,
ma alle forze della finanza nazionale ed internazionale le quali, manipolando i
prodotti finanziari, quindi del tutto parassitari, hanno in mano potenzialità
economiche tali da corrompere e di soggiogare la casta politica, che ignora le
concrete esigenze del lavoro e sforna leggi contro i creatori di ricchezza
reale. È evidente che si tratta di un’organizzazione del potere del tutto
antistorica e che va al più presto corretta, anche perché le delittuose
incongruenze di questa situazione sono sotto gli occhi di chiunque. Di recente,
un’associazione di consumatori ha diramato la notizia che la crisi finanziaria
innescata negli USA e basata sulla bolla dei mutui edilizi costerà ad ogni
famiglia italiana la cifra di 260 euro. Alcuni esempi non guastano: gli
infortuni sul lavoro, che ci danno quattro morti il giorno ed un’infinità di
feriti e lesionati in circa un milione d’incidenti, con oltre 25.000 patologie
legate all’attività produttiva, non avvengono per caso come sembrano pensare le
cosiddette Autorità che in ogni infausta ricorrenza lanciano anatemi, ma sono
dovuti alla mancata applicazione delle normative sulla sicurezza emanate
dall’Unione Europea e dal nostro paese recepite. La non applicazione è
strettamente legata alla mancata sorveglianza da parte degli Enti pubblici
preposti, (si dice sempre che mancano gli organici), ed alla propensione della
magistratura ad archiviare quanto potrebbe danneggiare attività fiorenti come,
ad esempio, quelle sempre ai limiti della legalità delle imprese edilizie. Ci si
chiede ormai troppo spesso la ragione per cui a fronte di una pletora di
dipendenti pubblici per lo più parassitari, gli organici degli enti di controllo
siano sempre carenti e sotto al numero minimo. La politica italiana ignora
l’evoluzione culturale che ha caratterizzato il mondo del lavoro. Anzi cerca di
arrestarla e la combatte. Coinvolgendo pesantemente anche la scuola. Pertanto,
ci troviamo a dover considerare i due aspetti sostanzialmente uniti ed il
deficit dell’una si riverbera di necessità sull’altro. È indubbio che il
presente è caratterizzato da superamento delle vecchie forme di lavoro manuale,
sulle quali era stata costruita l’ideologia comunista. Tuttavia, una classe
politica dotata di basso livello culturale non riesce a percepire il cambiamento
e penalizza, ad esempio, le professioni intellettuali, tanto svolte liberamente
quanto in veste di dipendenti pubblici o privati (Quadri). Secondo un principio
egualitaristico ottocentesco, lungi dal pretendere ed organizzare la competenza
responsabile dei possessori del patrimonio intellettuale della nazione
(lavoratori della conoscenza), se ne svilisce il ruolo e la funzione attraverso
l’imposizione di normative nella formulazione delle quali è facile intravedere
le forme più rudimentali degli interessi bancari... Siamo arrivati al punto che
alcuni periodici stanno gettando l’allarme sul rischio analfabetismo degli
italiani. Secondo la prof. Vittoria Gallina, di Roma Tre, ricercatrice
dell’Istituto nazionale per la valutazione del Sistema Educativo (Invalsi),
reduce da un’indagine dell’OCSE, gran parte della nostra popolazione è priva
delle competenze funzionali indispensabili per la vita d’ogni giorno, come
leggere una tabella d’orari, completare un formulario, fare calcoli elementari.
Ciò significa che, nell’epoca nella quale una larga fetta di popolazione
dovrebbe saper utilizzare il computer ed Internet, una buona maggioranza di
italiani non è in condizione di leggere l’orario dei treni. Secondo la UNLA
(Unione nazionale per la lotta all’analfabetismo), 1,3 milioni di romani (su tre
milioni) sono a rischio alfabetico, vale a dire privi degli strumenti minimi per
orientarsi in una società evoluta, ciò significa che per anni non hanno letto né
un giornale né un libro, fino a perdere la capacità di comprendere un testo
scritto (analfabetismo di ritorno). Ai test dell’OCSE sui quindicenni
scolarizzati gli studenti italiani si sono piazzati al 20mo posto su 27 nelle
prove di lettura e comprensione e nei test di matematica. Su quest’indotta e
sostanziale incapacità d’elaborazione sul piano concettuale, si è innestata
anche uno vero e proprio tsunami prodotto dall’urto dei gerghi tecnici
(soprattutto inglesi), parole usate ma non comprese nel loro significato, i
Media, la pubblicità, la telematica, la politica, la burocrazia, il mondo
digitale, come ha analizzato Giuseppe Antonelli: l’italiano nella società della
comunicazione, il Mulino, 2007. Ma l’ignoranza del singolo non riguarda soltanto
lui, perché questi buchi neri costituiscono tanti intoppi nella vita civile di
tutti i giorni, com’è facilmente comprensibile. Ci troviamo a viaggiare in una
strada "alla romana"; cioè piena di buche che causano ritardi alla circolazione
ed incidenti anche molto gravi. La faccenda è gravissima, le responsabilità
della casta politica enormi, se si pensa che l’italiano medio ha una
potenzialità intellettiva e creatrice che tutto il mondo ci invidia, ma per
essere competitivi a livello internazionale occorre far partire l’inventività da
una base culturale già molto alta, come sostiene da qualche tempo Roberto Vacca,
altrimenti il genio deve passare buona parte del suo tempo per apprendere da
solo ciò che gli altri apprendono a scuola. Buona parte dell’attività lavorativa
si svolge nelle società occidentali in conformità a specifiche competenze, che
dovrebbero arricchirsi d’anno in anno, visti i progressi delle scienze e delle
tecnologie, mentre i lavori manuali sono sempre di più riservati a manodopera
proveniente dal terzo mondo. Si pensi che ogni dieci anni in campo biologico e
medico le conoscenze si rivoluzionano a 360 gradi. Tuttavia, la preoccupazione
sull’effettiva preparazione di chi opera ai diversi livelli della vita sociale,
non sfiora i responsabili politici. L’Italia è il paese più arretrato nel mondo
occidentale per quanto riguarda l’organizzazione dell’aggiornamento; anzi, le
nostre Regioni sono state pesantemente penalizzate dall’Unione Europea per aver
chiesto finanziamenti di corsi mai organizzati, mentre quasi tutti i corsi
universitari sono stati riorganizzati "al ribasso", con la riduzione delle ore
di lezione al numero minimo indispensabile. Ne consegue che stiamo assistendo ad
un proliferare di corsi universitari per la creazione di figure professionali
tecniche, dotate di una bassa infarinatura di nozioni, sicuramente più
deficitarie di quelle che a suo tempo impartivano gli Istituti tecnici, con la
conseguenza di degradare il ruolo che è sempre appartenuto alle Università:
quello di formare classi dirigenti capaci di prevedere, organizzare,
programmare, costruire. Pertanto, la nuova centralità del lavoro deve sorgere da
una nuova concezione della creatività intellettuale e partire dalla riforma del
sistema scolastico.
La Ricerca, che è alla base del progresso in tutti i paesi del mondo, in Italia
langue. I ricercatori a tempo pieno sono circa 70.000. La percentuale è ferma al
2,8% contro la media europea del 5,4%, statunitense del 9%, giapponese10,1%.
Così, secondo Gianantonio Stella, ("Corsera", 17 maggio 2007), il danno prodotto
in Campania dai rifiuti vale 1.825 milioni d’euro. Soldi che avrebbero potuto
imboccare strade diverse, assieme ai 250 milioni d’euro previsti per far gestire
ai francesi i nostri rifiuti radioattivi come scrive il prof. Luciano Caglioti
chimico della Sapienza ma che, secondo una logica veterocapitalistica, hanno
preso la via della camorra. Pertanto, paghiamo paesi a noi equivalenti
culturalmente ed economicamente per importare energia elettrica che sapremmo
produrre autonomamente, per gestire rifiuti che sapremmo smaltire, per costruire
infrastrutture che realizziamo in tutto il mondo. Analogamente, è proprio dai
paesi nordici che ci viene un insegnamento importante. Svezia e Finlandia hanno
investito nelle tecnologie dell’informazione e della formazione, ottenendo tassi
di crescita della produttività del lavoro superiori a quelli americani, senza
ridurre la spesa pubblica né le tasse, rendendo produttivi economicamente e
socialmente gli investimenti per il benessere dei cittadini. A conclusione di
quest’excursus è d’uopo riportare la notizia citata da una recente inchiesta
dell’Espresso., secondo la quale Maria Rita Gismondo, superata in un concorso
universitario a Palermo da un concorrente senza titoli, ha vinto il ricorso al
TAR, ma dopo ben sette anni aspetta ancora la cattedra. Inutile rilevare che, in
questo caso, la vittoria attraverso la Giustizia costituisce solo un fatto
formale, perché il giudizio della magistratura non ha scalfito per nulla la
sostanza del potere baronale universitario, dimostrando l’asservimento della
cosiddetta Giustizia agli interessi di particolari settori della vita associata,
che sono quelli maggiormente interessati al mantenimento di una situazione di
sottosviluppo. Se la giustizia non è in condizione di tutelare il debole nei
confronti dei più forti, soprattutto se privi d’alcuna legittimazione nelle loro
manifestazioni di prepotenza, la giustizia perde la ragione d’esistere e permane
una casta che trova la propria ragion d’essere nell’interesse economico.
Infatti, i magistrati avranno a gennaio 2008 un aumento retributivo dell’4%, ma
una nuova legge in via d’approvazione allinea tutti gli stipendi a quelli dei
giudici amministrativi, ai quali è riconosciuta un’anzianità di 8 (otto) anni in
più dei magistrati ordinari di pari grado, il ché costituisce un aumento del 12%
circa. Ma poiché la retribuzione dei magistrati è agganciata a quella dei
deputati e dei senatori, tale aumento dovrà ricadere anche sui nostri "eletti" i
quali, poverini, versano in cattive acque. Questi aumenti vanno naturalmente ad
agganciarsi agli aumenti retributivi degli ultimi anni i quali, pressoché unici,
sono stati la ragione del tanto decantato aumento del pil nazionale. Se
consideriamo, come dovremmo tutti, il lavoro sotto un aspetto proporzionato e
solidaristico, tutti i comportamenti su accennati devono essere visti solo come
una distorsione della vita associata, nocivi agli interessi collettivi e quindi
doverosamente estirpati. E quanto finora scritto ci riporta all’ultimo capitolo
di questa breve carrellata.
Esiste in Italia una Giustizia?
Dopo quanto finora elencato, resta un solo aspetto da aggiungere per documentare
il livello d’assenza della giustizia nel nostro paese. La lungaggine dei tempi
processuali. Si tratta di un vero e proprio blocco dell’attività giudiziaria,
per lo più a scapito dei più deboli che non possono sostenere le spese di
un’attesa a volte decennale che, troppo spesso, se il colpevole è un "potente",
si esaurisce con la prescrizione; non a caso infatti una nuova recente legge ne
ha ulteriormente accorciato i tempi. Queste manifestazioni di sostanziale
ingiustizia sono anche manifestazioni di malafede e viltà perché nascondono
dietro ad una apparente casualità, un preciso intento persecutorio.
Di recente i Media hanno dato risalto ad alcuni aspetti di questa situazione,
senza peraltro evidenziarne le forme di profonda illegalità, che qui riportiamo.
Nove milioni di processi pendenti, destinati ad aumentare perché, come noto, la
carenza della giustizia induce il criminale potenziale a reiterare il reato,
oltre a demotivare le forze dell’ordine. Basti pensare che i dipendenti di
Malpensa filmati a rubare nel deposito bagagli e visti dai telespettatori
italiani sono stati tutti riassunti per disposizione della magistratura. Inutile
sottolineare che questo comportamento costituisce truffa perché la maggioranza
degli italiani continua a ritenere che i ladri, che tanto male hanno arrecato,
qualora ce ne fosse bisogno, anche all’immagine del nostro paese, soggiornino
meritatamente in carcere. Sono due milioni e mezzo i reati denunciati ogni anno.
Se lo Stato dovesse risarcire per l’irragionevole durata tutte le cause in
sospeso, il ministero della giustizia dovrebbe portare i libri contabili in
tribunale: solo per quelli iscritti nelle sezioni stralcio, dunque ancora
indennizzabili, si dovrebbe sborsare, sostiene l’Associazione nazionale forense,
non meno di 441 milioni di euro. Dunque, lo Stato italiano sottrae, per la sua
colpevole inefficienza, ben più di questa cifra a tutti i cittadini, che
dovrebbero in qualche modo essere risarciti. Trent'anni per risolvere
contenziosi immobiliari, venti per un’eredità. Risultiamo i primi tra i 25 stati
membri dell’UE per condanne della Corte Europea. Dal 2000 al 2006 ben 1.648
condanne, tutte o quasi comminate per l’eccessiva durata dei processi. I quali
arrivano alla prescrizione in quantità pari ad un quarto della totalità. La
situazione è giunta ad un punto tale che nella sola Roma le istanze d’indennizzo
in base alla Legge Pinto, presentate in Corte d’Appello per l’eccessiva
lunghezza dei processi sono state, nel 2004: 4.456 e nel 2005: 6.416, andando
così ad intasare ulteriormente l’attività giudiziaria. Se a questa panoramica
aggiungiamo che la tecnologia avanzata non ha avuto ancora accesso nei palazzi
di Giustizia, non c’è informatizzazione se non a pelle di leopardo e si viaggia
ancora con milioni di pagine di carta, come scrive Vittorio Feltri nella
prefazione dell’ottimo libro curato da Davide Giacalone: La Malagiustizia, il
quadro si fa più completo. Ciò significa che una causa , che è costata alla
collettività svariati milioni in inchieste, udienze, impegno delle forze
dell’ordine (polizia, carabinieri, guardia di finanza, vigili urbani, guardie
forestali), finiscono nel nulla, facilitato, e probabilmente voluto,
dall’avvicendarsi dei membri del collegio giudicante, a causa del quale il
procedimento ricomincia logicamente di nuovo.
Confartigianato ha recentemente calcolato quanto viene a pesare sui bilanci
delle aziende la lentezza nelle cause, cui si aggiungono le perdite del sistema
economico derivanti dai fallimenti. Si tratta di una perdita di quattro anni, 10
mesi e cinque giorni tra primo e secondo grado di giudizio. Per una procedura
fallimentare l’attesa arriva in media ad otto anni, sette mesi e 10 giorni.
Complessivamente i fallimenti provocano al sistema economico una perdita di
10.780 milioni di euro, pari allo 0,76% del PIL. Confartigianato ha infine
costatato che, a dispetto delle promesse politiche, i tempi processuali non sono
variati nel tempo: 873 giorni nel 2006 contro gli 876 dell’anno precedente. Ma,
come precedentemente accennato, il danno maggiore provocato da questa situazione
lo subiscono i più deboli, economicamente e culturalmente, i lavoratori
dipendenti, ingiustamente licenziati, le persone truffate da enti come banche o
finanziarie, costretti ad attendere senza retribuzione una sentenza che potrebbe
essere "condizionata" da pressioni di vario genere. Specie se la controparte è
particolarmente potente. Ma l’Italia è in testa anche nell’elenco delle
procedure d’infrazione per un’applicazione non corretta delle direttive UE. Si
tratta dei seguenti settori: Ambiente, Fisco, Norme doganali, Energia e
Trasporti. Un primato invidiabile, che coinvolge tutti gli organi di controllo,
magistratura compresa. Ma se queste sono le conseguenze più diffuse di una
situazione di stallo che coinvolge tutta la popolazione, anche i grandi processi
per eventi drammatici e spesso catastrofici costituiscono un esempio di
malagiustizia sistematica tesa più a trovare compromessi utili al potere
economico-politico che a garantire giustizia al semplice cittadino. Dal Vajont,
a Seveso, a Bologna, a piazza Fontana, a Marghera, ad Ustica, il depistaggio
giudiziario prima ancora di quello messo in atto dai Servizi cosiddetti
"deviati" è un esempio di perfezione certosina per eludere i fondamentali doveri
di uno "Stato di Diritto."
Tutto ciò premesso, ci permettiamo di proporre alcune
Modeste proposte di riforma costituzionali
1. Lavoro. Il lavoro umano deve avere la priorità assoluta. L’impostazione
costituzionale del 1946 deve essere confermata, anche in relazione al progresso
tecnologico. Pertanto, la gestione del lavoro deve essere impostata sullo
sfruttamento della macchina e non dell’uomo. Attualmente, al contrario, si cerca
di sfruttare l’uomo per salvare la funzionalità della macchina. Ciò riguarda
anche l’attuazione della normativa europea sulla sicurezza in ambito lavorativo
che impone l’obbligo del datore di lavoro di rinnovare sistematicamente gli
impianti e le attrezzature utilizzati per garantire la sicurezza dei lavoratori.
La riduzione dell’orario lavorativo a sei ore giornaliere, assieme al
prolungamento dell’orario di lavoro anche fino a 24 ore, come già ora in molti
paesi, dato che la vita cittadina si è spontaneamente allungata fino a notte,
dovrebbe garantire un ampliamento delle assunzioni per negozi, uffici,
fabbriche. Per quanto riguarda le recenti invenzioni quali il lavoro precario
saltuario ed altre forme di sfruttamento delle competenze e del tempo umano,
(tenendo ben presente che le competenze professionali sono state acquisite in
precedenza dal lavoratore ed a proprie spese), costatando che la retribuzione ha
perso negli ultimi tempi il 50% del valore reale mentre i costi fissi come gli
affitti o i mutui e le spese per i servizi sono aumentati a velocità
esponenziale, con evidente danno per l’unità e l’integrità delle famiglie,
qualsiasi iniziativa per alleviare il peso dei nuclei familiari deve essere
valutata, contro l’ideologia liberista corrente, come strumento utile per la
coesione sociale.
2. Giustizia. La Giustizia, nella situazione precedentemente descritta
costituisce solo un baluardo a difesa del potere pseudolegittimo o illegittimo
che sia. Serve soltanto per disperdere e frammentare la richiesta di giustizia
che sale dalla popolazione. A tal proposito è bene ricordare che non è la carità
che tiene insieme le società umane, ma la giustizia. Se non c’è risposta alla
sete di giustizia che sale dalla società, la carità è sempre un debole
palliativo che può funzionare soltanto su un substrato di giustizia. Altrimenti
la carità diventa elemosina provocando risentimento e sete di vendetta. A
maggior ragione se si prende in considerazione l’abuso della custodia cautelare,
che ci è imputata dall’UE come violazione dell’articolo tre della CEDU in cui si
proibisce l’uso della tortura e dei trattamenti disumani o degradanti. La
questione è ancora più grave se si considera che la custodia viene utilizzata
come una minaccia permanente nei confronti delle persone oneste, le quali sono
giustamente terrorizzate alla sola idea di dover soggiornare, innocenti, per un
tempo indefinito nelle patrie galere nell’attesa che sia istruito il processo,
mentre per il delinquente abituale, nella peggiore delle ipotesi, questo periodo
costituisce parte della pena. Nel nostro paese poi, la permanenza in prigione
costituisce uno stupido pregiudizio difficile da estirpare. La riforma della
Giustizia pertanto deve prevedere una serie d’articoli inseriti nella
costituzione che confermano la certezza della pena in un quadro effettivamente
garantista delle esigenze fondamentali d’ogni uomo, e non solo del delinquente,
come propugnava Mazzini. Aumento del numero dei magistrati e degli uffici in
funzione delle moltiplicate esigenze della società postindustriale ed in
relazione alla media europea, informatizzazione accelerata di tutta la struttura
e collegamento fra gli uffici giudiziari e le periferiche delle molte polizie
esistenti nel nostro paese. Inasprimento delle pene per molti reati, al fine di
affrontare le emergenze criminali che si presentano drammaticamente con
l’apertura delle frontiere, come il rapimento dei bambini a fini di trapianto,
traffico di schiavi, delitti efferati e quant’altro. Va abolita la distinzione,
del tutto formale, fra colpevole principale e coloro che risultano a vario
titolo correi. In caso d’omicidio, occorre limitare l’uso di formule tendenti a
ridurre la responsabilità penale del delinquente. La vita umana ha un valore in
sé che deve essere sempre tutelato attraverso la deterrenza delle pene. Il
permissivismo ha definitivamente mostrato i propri limiti. Deve essere prevista
la libertà di scegliere personalmente la propria difesa, tanto in sede civile e
penale, senza dover necessariamente ricorrere ad un avvocato. Non ci stupisce
pertanto il fatto che le recenti leggi sulle cosiddette "liberalizzazioni" siano
state concepite per colpire la professionalità degli avvocati, ma non per
facilitare la libertà di scelta del cittadino il quale, se in possesso di
adeguata cultura è anche capace di leggere un codice. La certezza della pena
deve riguardare tutti coloro che soggiornano nel nostro paese. Un
extracomunitario si trova ancora in Italia dopo aver reiterato per 16 volte lo
stesso reato. Di recente una giovane zingara è stata arrestata 100 volte e
rimessa sempre in libertà. Si tratta di comportamenti socialmente assurdi ed
incivili. I casi di persone che, in possesso di patente dopo gravi precedenti
incidenti, investono ed uccidono altre persone, spesso bambini o giovinetti, non
devono più ripetersi. A tal proposito deve essere reso attivo tramite norme
d’applicazione rigorose, il responso delle urne che al referendum sulla
responsabilità dei magistrati diede la maggioranza assoluta ai sì.
L’irresponsabilità del magistrato, l’abbiamo troppe volte costatato, induce le
persone di poco carattere ad inclinare verso comportamenti di megalomania
paranoide., con la perdita del senso delle proporzioni, favorita anche da un
diffuso atteggiamento servile qual è facilmente percepibile nelle aule
giudiziarie. Di recente, un magistrato che aveva rimesso in libertà un
incendiario preso con le mani nel sacco perché non aveva ancora appiccato il
fuoco, è stato ricondotto a miti ragioni dalla giusta reazione popolare. A tal
proposito occorre istituire una nuova Magistratura che tuteli il cittadino nei
confronti dell’amministrazione giudiziaria e della classe politica. In questo
caso potremmo risalire alla tradizione latina attraverso l’istituzione di un "
Difensore civico" o meglio " Tribuno del Popolo", svincolato dalla logica dei
poteri forti. Lo straniero che commette un reato deve essere rinviato nel
proprio paese sotto custodia cautelare, dopo il pagamento dei danni e mai più
riammesso in Italia. Il minore, (dai 14 anni), dopo una sola reiterazione di
reato va inviato ad un istituto di rieducazione ed il genitore deve essere
responsabilizzato nel pagamento del danno. Il genitore può allontanare da casa
il figlio che ha raggiunto la maggiore età, se esiste una situazione di "disagio
familiare". La prostituzione deve essere messa definitivamente sotto controllo
attraverso modalità coerenti con le altre legislazioni europee. Si tratta di
pratiche che riconducono automaticamente a comportamenti criminali. Va da sé,
nell’attesa di una legislazione comunitaria, che le prostitute extracomunitarie
vanno rimpatriate appena arrestate, in altre parole appena immesse sul
"mercato". Un altro aspetto che riguarda la Giustizia è costituito dal problema
degli espianti d’organo da vivente. Più che un problema sanitario si tratta di
un problema giudiziario. A tutt’oggi in Italia non è ancora in funzione un
sistema informativo in ottemperanza al principio del " consenso informato".
Nessun italiano è stato messo in condizione di conoscere in cosa consiste un
trapianto d’organo, mentre è in vigore il principio del "silenzio-assenso"
assolutamente illegale se non criminale perché si tratta di un istituto previsto
solamente per gli enti pubblici. A questo proposito occorre aggiungere che
l’istituto del consenso informato, in applicazione dei princìpi contenuti
nell’articolo 32 della presente costituzione, è stato finora bypassato con
espedienti di vario genere. La nuova costituzione deve prevedere che l’assenso a
qualsiasi intervento di carattere sanitario deve essere richiesto sulla base
dell’effettiva capacità di comprensione delle persone interessate, che possono
chiedere la tutela di un avvocato di fiducia ma soprattutto delle Associazioni
di consumatori che abbiano al loro interno persone specificatamente competenti.
3. Sanità. L’applicazione dell’articolo 32 della vigente costituzione è
assolutamente carente, mentre i responsabili che si alternano alla guida del
ministero continuano ad elargire con malizia promesse mai realizzate. Il
principio fondamentale dell’uguaglianza di tutti i cittadini si deve esplicare
attraverso il diritto di accesso alle cure in tempo reale attraverso il sistema
informatico in tutto il territorio nazionale. I quattro cardini fondamentali di
un sistema di salute sono: informazione, perché il cittadino deve essere tenuto
informato delle prestazioni e della loro qualità in tutto il territorio
nazionale; prevenzione, finora mai programmata ed applicata, se si escludono le
vaccinazioni, sull’opportunità delle quali i dubbi non mancano; cura, che va
impostata su protocolli basati sulla congruità ed efficacia; riabilitazione,
nella quale il nostro paese è ancora terribilmente carente rispetto all’UE. Le
inadempienze in tema di sanità, che è gestita con i contributi diretti dei
cittadini, ci portano all’argomento
4. Tasse. Ci deve essere la reciprocità assoluta fra cittadino e Stato in
materia fiscale. Il cittadino ha il diritto di rivalersi sullo Stato nei tempi e
nei modi previsti dalle norme da stabilire. Va snellito il sistema tributario
che oggi è gravato da un’infinità di voci che servono soltanto a generare
confusione. Occorre ritornare alla tassazione medievale con le decime. Le tasse
all’acquisto di beni e servizi non dovrebbero tutte superare il 10%, facilmente
conteggiabile. Se lo Stato è carente o insolvente esso deve restituire le tasse
pagate per quella specifica funzione. In tal senso il decisore è l’ufficio del
"Tribuno del Popolo". Se ci deve essere concorrenza fra amministrazione pubblica
ed attività private questa si deve basare su tre punti di forza: Controlli
amministrativi, Autorities che agiscano nell’interesse dei cittadini, Codici
deontologici per tutte le professioni intellettuali, soprattutto quelle di nuova
costituzione, che devono essere regolamentate autonomamente attraverso Ordini o
Associazioni, enti ausiliari dello Stato sotto stretto controllo delle autorità
ministeriali competenti, cioè Sanità, Interni, Finanze, Giustizia. Le Pensioni
non possono essere tassate, come avviene in Germania. Lo Stato non può lucrare
anche dalle pensioni, che costituiscono risparmio sulla retribuzione. Tassare le
pensioni significa attuare un’ingiusta discriminazione a vantaggio dei ricchi i
quali possono fare a meno della pensione, al contrario, le pensioni devono
essere agganciate all’evoluzione degli stipendi, perché derivano dagli stipendi
e devono seguire lo stesso principio d’adeguamento al costo della vita. Deve
essere anche ripristinato il meccanismo della contingenza. Poiché i beni
energetici, gas, elettricità, petrolio per usi domestici, costituiscono una
necessità sociale collettiva che travalica l’aspetto privatistico, questi devono
essere considerati alla stregua di una tassazione e non possono essere
contabilizzati per presunzione, con evidente vantaggio economico delle società
che si servono di quest’espediente per lucrare sugli interessi composti.
E’obbligatoria la costruzione d’impianti per l’ottenimento d’energia utilizzando
fonti rinnovabili, indipendentemente dalla resa economica degli impianti stessi,
come mareostati per l’ottenimento dell’energia dalle onde marine, endotermici,
per l’utilizzo delle forze sotterranee da vulcani ed altro. Sempre per garantire
l’autosufficienza ambientale ed alimentare, ogni amministrazione locale deve
provvedere costantemente al rimboschimento, anche attuando precise regole di
rapporto fra essenze e neonatalità umana ed animale. Ogni Regione dovrebbe
provvedere alla creazione d’impianti d’acquacultura in ogni bacino idrico
utilizzabile. La proprietà della propria abitazione è un diritto e non può
essere tassata con imposte tipo ICI. La tassazione per i servizi cittadini deve
essere pagata solo da coloro che li utilizzano in proporzione ai tempi
d’utilizzo. Una tassa di questo tipo è quella sui rifiuti urbani, di provenienza
europea, non a caso inattuata in Italia, perché il nostro Sistema non è capace
di mettere in pratica il facile meccanismo su cui si basa questa legge. Le
costruzioni devono essere tutte a norma per i seguenti rischi: sismico,
inondazione, antincendio, elettromagnetico. Devono essere costruite con
autorimesse ed invasi igienizzati per la raccolta dell’acqua piovana. Devono
essere tutte alimentate con cellule solari a diversa e perfettibile tecnologia.
Gli ammortizzatori sociali sono un ulteriore strumento di speculazione, perciò
vanno tenuti strettamente sotto controllo. Le Aziende che ricorrono agli
ammortizzatori devono consegnare il numero d’azioni pari all’importo della cifra
richiesta. Nel caso in cui il valore delle azioni non sia sufficiente gli
azionisti devono fornire anche personalmente forme alternative di garanzia sotto
forma d’ipoteche o pegni. Ogni società per azioni potrà essere acquistata o
controllata soltanto dopo l’avvenuta acquisizione, da parte dell’acquirente, del
51% del pacchetto azionario. È obbligatoria l’assicurazione, possibilmente
mediante enti assicurativi pubblici, contro i rischio di danni al patrimonio
artistico, immobiliare, storico, culturale, sia pubblico sia privato.
5. Difesa. Ogni cittadino ha l’obbligo di essere difeso contro aggressioni
esterne, ma poiché gli obblighi civici sono reciproci, ogni cittadino ha
l’obbligo di concorrere alla difesa della collettività. Quest’obbligo non si può
assolvere col solo pagamento d’eventuali contributi come accadeva negli
staterelli italiani antecedenti l’unificazione, perché non è concepibile l’idea
d’utilizzo di mercenari come sembra essere l’orientamento attuale d’alcuni
paesi. Se un paese non è in condizione di combattere per la propria difesa (ed
indipendenza) non è nemmeno degno di esercitarla. Pertanto chiunque, a qualsiasi
età, si rifiuta di intervenire in difesa della propria terra perde
automaticamente la cittadinanza.
6. Elezioni. L’unica forma d’espressione piena della volontà popolare è
costituita dal sistema proporzionale puro, usato peraltro nelle elezioni
europee. Inutile elencarne le evidenti ragioni. Vanno combattute tutte le forme
di mistificazione del voto al fine di mantenimento di posizioni predominanti
mascherate d’ingegneria elettorale periodica. Al cittadino che è inquisito per
evasione fiscale deve essere inibito il diritto di voto. Va evitata ogni forma
di democrazia virtuale, perché suscettibile di truffe. I deputati ed i senatori
eletti sono vincolati al voto ricevuto. Qualora non intendano proseguire nel
sostegno del movimento politico col quale sono stati eletti devono dimettersi,
perché il parlamento non è a loro disposizione. Lo Stato va concepito non
soltanto come un organismo giuridico, politico ed amministrativo, ma anche come
organismo etico. Il cittadino deve essere informato dei cambiamenti più
importanti promossi dalla pubblica amministrazione o dal parlamento e pertanto
deve ricevere un’informazione completa, stampata in caratteri leggibili ed in
Braille. Poiché i quotidiani di partito usufruiscono di copiosi contributi con
la scusa della libertà d’opinione, anche la stampa periodica di carattere
culturale e politico se d’iniziativa documentatamente privata deve poter
usufruire, come minimo, di sgravi fiscali per la stampa e dell’eliminazione
delle spese postali.
7. Istruzione. Per uscire da questa fase di stallo, dovuta anche all’immissione
nella scuola d’insegnanti provenienti dalla fase storica della cosiddetta
"contestazione", occorre ripartire da zero nell’organizzazione dell’istruzione
pubblica, col presupposto che detta istruzione è una condizione imprescindibile
della vita associata. Se fino al primo quarto dell’ultimo secolo l’analfabetismo
era tollerabile, perché l’economia in prevalenza agricola si avvaleva di
conoscenze tramandate da secoli, oggi queste conoscenze sono state oscurate
dalla società consumistica e dall’industria alimentare, mentre siamo costretti
ad assistere ad un analfabetismo di ritorno che rende i giovani incapaci di
affrontare i molteplici aspetti di questa società, sempre più complessa. Occorre
garantire la permanenza nella scuola dell’obbligo fino al compimento dell’età
prevista dalle normative che si riterrà di emettere, ma nella previsione della
frequentazione di corsi d’aggiornamento obbligatori non limitati alle sole
professioni intellettuali. Di questi corsi dovranno farsi carico gli Istituti
d’istruzione pubblici e privati nonché le Università in rapporto al territorio
di competenza. Lo Stato deve garantire la difesa della lingua nazionale contro
barbarismi e linguaggio "globish". In un paese come il nostro popolato da
analfabeti come precedentemente dimostrato, la coesione sociale consiste nella
comprensibilità del linguaggio, mentre sappiamo dalla storia che la
discriminazione sociale, la sovrapposizione di gruppi egemonizzanti su altri è
stata sempre legata all’utilizzazione di linguaggi diversi. A tal proposito è
utile il ripristino dell’insegnamento pieno dell’analisi logica e del latino,
che deve essere favorito fin dai primi livelli della scuola media. Nella scuola
pubblica d’ogni ordine e grado deve essere favorito l’apprendimento o almeno la
conoscenza dell’artigianato artistico e della musica, considerata da chiunque
elemento primario dell’apprendimento. Deve essere ripristinato il Diapason
Verdiano. Deve essere favorito nell’insegnamento delle materie non letterarie il
possessore di titolo di studio coerente. Un laureato in Scienze Biologiche per
l’insegnamento di questa materia, un laureato in Chimica per la chimica e così
via. La scuola non può essere teatro di lotte fra le professioni per "sistemare"
chi non è in possesso di conoscenze adeguate. Di fronte a particolari esigenze
lo Stato può avvalersi anche di persone senza titolo di studio, che abbiano
raggiunto la maggiore età ed abbiano un curriculum di studi adeguato pur senza
aver raggiunto il titolo. In tal caso lo Stato può contribuire economicamente al
raggiungimento del titolo, e ciò in contrasto a quanto avviene attualmente.
Vengono, infatti, concessi diplomi di laurea a pagamento a persone che hanno
svolto una particolare attività senza aver percorso l’iter di studi necessari
per acquisire una mentalità idonea al ruolo.
8. Maggiore età ed obblighi inerenti. Noi sappiamo che la riduzione della
maggiore età ai diciotto anni è stata voluta per ragioni elettorali e
nell’interesse dei costruttori di veicoli. Ma la maggiore età costituisce anche
assunzione piena di responsabilità. Al raggiungimento della maggiore età legale,
il giovane deve decidere responsabilmente del proprio futuro e deve essere
totalmente responsabilizzato anche nei confronti della famiglia d’appartenenza.
Se nel secolo passato ed in quello precedente la società contadina faceva
maritare i giovani attorno a quell’età per ragioni ed esigenze comprensibili ed
il matrimonio era stabile anche perché la residenza era fissa, guerre ed
emigrazioni a parte, dal primo dicembre 1970, con l’istituzione del divorzio, i
rapporti civili all’interno del matrimonio si sono pubblicizzati ed il
matrimonio è considerato a tutti gli effetti come un contratto, mentre i divorzi
sono aumentati in progressione geometrica. Pertanto, a tutela dei nuovi nati, è
necessario perfezionare l’istituto con un " contratto prematrimoniale" nel quale
siano inseriti i beni posseduti da entrambi i contraenti. Questo semplice
accorgimento dovrebbe servire per eliminare lunghe, deprimenti e dispendiose
pratiche giudiziarie.
9. Signoraggio monetario. Lo Stato non può assegnare a privati i proventi del
signoraggio e della stampa della moneta. Come verificato dalla ricerca
scientifica del prof. Giacinto Auriti, la proprietà della moneta cartacea spetta
al popolo. Il valore del signoraggio della banca d’Italia e degli interessi
caricati sulla moneta cartacea in circolazione costituisce il valore complessivo
del Debito Pubblico. La banca d’Italia va pertanto messa alle dipendenze del
Ministero del Tesoro. La crisi finanziaria in corso può essere affrontata con
titoli quinque-decennali garantiti dall’oro della banca d’Italia, oppure
attraverso l’emissione di euroequivalenti in "moneta sovrana dello Stato
italiano" garantita dal credito pubblico e protetta dagli attacchi speculativi.
Secondo Ezra Pound, l’emissione di denaro onesto è un servizio, e se lo Stato
assolve tale servizio ha diritto ad una giusta ricompensa, che però differisce
da quasi tutte le forme note di tassazione…d’altro lato, una nazione la cui
misura di scambio è alla mercé di forze esterne alla nazione stessa è una
nazione in pericolo, è una nazione senza sovranità nazionale. È una nazione di
stupidi incompetenti che la portano alla rovina. Il problema dell’equa
distribuzione dei redditi ed equa distribuzione fiscale non si risolve
certamente con misure tampone prese estemporaneamente da governi provvisori che
non possono disporre nemmeno della possibilità di controllare la circolazione
della carta moneta che tutti i cittadini per le loro attività sono costretti ad
utilizzare. Il problema del supercapitalismo finanziario internazionale, causa
prima d’operazioni truffaldine che si diffondono sempre e comunque, attraverso
l’intermediazione delle banche nella vita intima delle popolazioni perché i
correntisti bancari oggi costituiscono la maggioranza della popolazione (le
nuove disposizioni di legge impongono ai liberi professionisti di aprire un
altro conto bancario!), si risolve soltanto mettendo sotto il controllo dello
Stato i meccanismi dell’economia.
10. Titoli nobiliari e relativi predicati. L’articolo 14 delle norme transitorie
e finali della vecchia costituzione stabilisce che i titoli nobiliari non sono
riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono
come parte del nome. La legge regola la soppressione della Consulta araldica. Si
tratta di una forma inutile e retorica di giacobinismo, anche perché molti
titoli nobiliari post Marcia su Roma furono assegnati dalla monarchia per
autentici atti di valore compiuti durante la terribile prima guerra mondiale. In
ogni caso questa norma va soppressa perché il titolo nobiliare documentato che
può essere vecchio di millenni, rappresenta un indubbio valore storico e
culturale che deve essere valorizzato, anche perché alternativamente s’impongono
pseudotitolati da intrattenimento televisivo.
11. Contro la burocrazia ed i burosauri. Il giornalista Luigi Furini ha
recentemente dato alle stampe per Garzanti un libro di successo che s’intitola:
"Volevo solo vendere la pizza". In esso l’autore descrive le disavventure
burocratiche nelle quali incorre chi, nel nostro paese, ha qualche iniziativa
produttiva. Nella classifica della Banca Mondiale, infatti, dedicata ai paesi
che facilitano l’attività imprenditoriale, l’Italia è all’82° posto, dopo il
Kazakistan, la Serbia, la Giordania e la Colombia. La nuova Costituzione, nel
confermare tutte le norme italiane ed europee per la tutela della cittadinanza e
della salute, deve contemporaneamente prevedere norme tassative contro
l’«accanimento burocratico», perché la funzionalità di un sistema complesso è
strettamente legata alla attuazione di tutte le norme utili. È proprio quando
non funzionano i controlli e la giustizia non viene applicata che si scatenano
le piccole potenzialità vessatorie di una burocrazia costantemente frustrata.
Guglielmo Maria Lolli-Ghetti - Giorgio
Vitali
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