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agosto 2011

 

Morte Mussolini:

i misteri del viaggio a Moltrasio

 

Bugie, misteri e mistificazioni tramandati dalla "vulgata" circa il misterioso viaggio notturno che portò Mussolini e la Petacci nella casa di Bonzanigo.

 

Maurizio Barozzi    

 

Nella inattendibile "vulgata", cioè la storica versione sulla morte di Mussolini, fra i tanti "misteri" o incongruenze vi è anche quella del viaggio con il quale Mussolini e la Petacci, la notte tra il 27 e il 28 aprile 1945 vennero portati in casa dei contadini De Maria a Bonzanigo.

Come noto Mussolini fu catturato in quel di Dongo venerdì 27 aprile 1945 all'incirca intorno alle 15,30 e dopo aver trascorso alcune ore nel Municipio, venne trasferito verso sera, per motivi di sicurezza, nella casermetta della Guardia di Finanza di Germasino, pochi Km. sui monti soprastanti.

Probabilmente questo trasferimento venne escogitato sul posto dal comando locale della 52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici", quella che aveva in mano il Duce e che era composto dal seguente trio:

- il Comandante a interim Pierluigi Bellini delle Stelle Pedro, un venticinquenne vanitoso senese di famiglia nobile, ex-ufficiale del regio esercito di tendenze non comuniste e legato a strutture cielleniste non comuniste;

- da Luigi Canali "Capitano Neri", di trentatre anni di Como, un comunista idealista e per questo atipico, sul cui capo pendeva una condanna a morte del comando Lombardo delle Brigate Garibaldi (in prevalenza comunista) per presunto tradimento. Un accusa non pienamente provata, che per il prestigio di cui godeva il Canali, era rimasta congelata, provocando però un certo isolamento e sospetti su questo partigiano già comandante della 52ª Brigata Garibaldi, riapparso a Dongo proprio in quella fatidica sera del 27 aprile, assieme alla partigiana Giuseppina Tuissi "Gianna", sua amante. Il Canali, posto sotto sospetto, aveva forse allacciato rapporti con i Servizi Alleati e forse si era anche messo agli ordini del colonnello Sardagna del CVL a Como. Comunque sia, arrivato a Dongo, il Neri venne subito ben accolto dai suoi ex-uomini e reintegrato nel comando della Brigata assegnandogli, per non disfare i gradi nel frattempo subentrati, l'atipico grado di Capo di Stato maggiore.

- ed infine vi era Michele Moretti "Pietro" un operaio comunista trentacinquenne di Como fedelissimo esecutore degli ordini del partito, che ricopriva la carica di commissario politico della Brigata.

Nel frattempo la notizia dell'arresto del Duce era arrivata a Milano al Comando generale del CVL (la struttura armata della resistenza) dove erano il generale Raffaele Cadorna comandante più che altro nominale e Luigi Longo, vice comandante e comandante delle Brigate Garibaldi.

Luigi Longo si diede subito da fare per progettare la soppressione sbrigativa di Mussolini finendo, a sera tarda, per conferire l'incarico di tradurre Mussolini a Milano, al "Colonnello Valerio" alias il ragionier Walter Audisio che però, in realtà, aveva il segreto ordine di fucilarlo sul posto.

Sulla decisione, sia pure espressa sotto metafora, di sopprimere Mussolini concordarono un po' tutti, anche se poi molti fecero il pesce in barile dicendo di non aver compreso bene quale genere di incarico era stato assegnato ad Audisio, oppure che era loro intenzione di consegnare Mussolini agli Alleati in ottemperanza agli accordi presi dal governo del Sud in sede armistiziale e successivamente sottoscritti dal CLNAI (il rappresentante del governo al Nord Italia).

In conseguenza di questa situazione alquanto ambigua e confusa, amplificata dal caos di quelle ore, ci fu probabilmente anche qualche componente, per così dire, ma incorrettamente, "moderata", che cercò di ideare progetti per requisire Mussolini e consegnarlo agli Alleati.

Tutti progetti che ovviamente abortirono in poche, anche in considerazione del fatto che Mussolini vivo ben presto non interessò più a nessuno.

Fu così che Audisio, accompagnato dal dirigente comunista Aldo Lampredi "Guido" e un plotone di una dozzina di partigiani più due loro comandanti, partirà per la sua missione di raggiungere Mussolini e gli altri prigionieri catturati a Dongo, intorno alle 6,30 del 28 aprile, ma nonostante la "vulgata" racconti una altra storia, venne scavalcato dagli avvenimenti e dagli imprevisti e non poté fucilare Mussolini perchè questi, mentre lui si trovava ancora in Prefettura a Como, era stato ucciso proditoriamente al mattino, nel cortile della casa di Bonzanigo dove era stato nascosto poche ore prima. Ma questa è un altra storia qui non considerata.

Torniamo quindi al 27 aprile (in realtà già il 28) quando a notte inoltrata (intorno all'una) Mussolini era stato prelevato da Germasino dal comandante Pier Bellini "Pedro", per essere trasportato e nascosto in altro luogo, fuori Dongo, evidentemente dietro precise disposizioni ricevute da Milano anche se, assurdamente, si volle far credere che questo trasbordo vene deciso tra lui, Luigi Canali e Michele Moretti. E difatti il Pier Bellini, sia pure per quel che può valere, tempo dopo confidò all'ex sindaco di Dongo, Giuseppe Rubini (piccato per aver "perso" la custodia del Duce) di aver avuto istruzioni da Milano, come del resto è logico che fosse dovendo mettere in atto un così delicato trasferimento in quelle pericolose ore.

Il bello è che a Mussolini venne unita anche Clara Petacci, dicesi riconosciuta a Dongo dal Pier Bellini, il quale ebbe poi a raccontare poco credibili storielle romanzate, circa il fatto che l'identità della donna gli era stata in qualche modo svelata da Mussolini stesso ansioso di mandargli i suoi saluti. In realtà anche la decisione di aggiungere a Mussolini una donna, esponendola a gravissimi rischi (a quel tempo le donne poco contavano nella vita sociale e politica, ma erano tenute in grande rispetto persino nella malavita), probabilmente in conseguenza di certi "segreti" di cui era depositaria e forse per condizionare il Duce, non poteva che essere frutto di decisioni superiori.

Molti dirigenti del CVL e del CLNAI raccontarono poi che a Milano neppure si sapeva che con Mussolini vi era una donna, ma altre testimonianze, come per esempio quelle relative a un fantomatico progetto di prelevare il Duce e portarlo nella villa sul Lago dell'industriale caseario Remo Cademartori, di cui tra poco parleremo, dicono invece chiaramente che quella notte "qualcuno" ben sapeva che oltre al Duce c'era da prelevare una donna (sembra che si mistificò la faccenda parlando di un importante "ferito" e la sua "infermiera").

Ma in ogni caso, chi aveva e cosa aveva deciso di fare con Mussolini?

Una versione storica (si fa per dire) sostiene che Mussolini doveva essere portato a Moltrasio dove lo avrebbe raccolto una barca mandata dal barone Giovanni Sardagna di Hohenstein (referente di Cadorna a Como) per conto del CLNAI-CVL che lo avrebbe portato a Villa Cademartori a Blevio (circa 4 Km. da Como). Questo piano, dicesi, era stato concordato con l'industriale caseario ingegner Remo Cademartori che qui aveva una villa con darsena sul Lago. Il Cademartori avrebbe poi incaricato un certo Alonso Caronti, comunista, a cui sembra non era stato detto che trattavasi di Mussolini, il quale avrebbe dovuto recarsi a Moltrasio reperendo la barca ed attendere l'arrivo di queste due "persone" con i partigiani accompagnatori.

Un altra versione, viceversa, afferma invece che Mussolini doveva essere condotto in una base segreta a Brunate (S. Maurizio, collina 1.000 mt. sopra Como). Sembra sottointeso, che questa base a Brunate era controllata da uomini del partito comunista, ma altri dicono invece che la base era sempre sotto il controllo del CVL. Alcuni sostengono che il rifugio era stato scelto dal Canali "Neri", proprio per consegnare poi Mussolini al CLNAI-CVL sempre in esecuzione di un piano che ne prevedeva una consegna agli Alleati, altri invece, ritengono che il "Neri", prospettò si questa base di Brunate, ma in accordo con il PCI, forse anche per riscattarsi agli occhi del partito.

Non ci sono elementi decisivi per scegliere una ipotesi invece che un altra, ma la presenza del fedelissimo comunista Michele Moretti nel gruppo dei "trasportatori" del Duce, ci induce a pensare che questi ben riteneva che Mussolini sarebbe finito in mani comuniste.

Il bello è che queste due versioni, quella della Barca e quella di Brunate (a meno che non si voglia intendere per Brunate una base sotto controllo di elementi del CVL che vogliono consegnare Mussolini agli Alleati), sostanzialmente antitetiche, nella letteratura resistenziale della "vulgata", spesso viaggiano insieme e si sovrappongono tra loro, ma resta evidente che mentre una consegna del Duce a villa Cademartori è un preludio ad una successiva consegna agli Alleati, quella di un trasbordo nella base di Brunate, nelle sue conseguenze, resta alquanto dubbia e indefinita.

Comunque sia Mussolini, riportato a Dongo (con la testa appositamente fasciata per non farlo riconoscere) era poi stato fatto ripartire, assieme alla Petacci nel frattempo aggregata, non si sa bene in che punto preciso tra Dongo o appena fuori, sembra intorno le 2,45.

Erano infatti tutti partiti dal cosiddetto "ponte della Ferriera" fuori Dongo su due macchine: in una, quella di testa, sembra una 1100, guidata da tale Edoardo Leoni con a fianco Giuseppe Frangi "Lino" da Villa Guardia, vi erano dietro il Canali "Neri", Moretti "Pietro" e la Petacci.

Nell'altra auto il comandante Pier Bellini "Pedro" si sedette dietro e, sempre dietro, c'era Mussolini a cui accanto si sedette la Giuseppina Tuissi "Gianna", mentre davanti, accanto all'autista Dante Mastalli (dirà alla moglie che Mussolini non parla, smentendo tutti i romanzati scambi di frasi a lui messi in bocca durante il viaggio) si mise "Sandrino-Menefrego" ovvero il giovane, Guglielmo Cantoni.

In ogni caso resta il dilemma: la comitiva si mosse da Dongo per andare a Moltrasio (40 Km. in direzione sud) in esecuzione del piano di Sardagna o di chi per lui, per consegnare Mussolini alla barca oppure, pur passando per Moltrasio, dovevano recarsi verso Como per salire poi alla collina di Brunate?

Anche qui una versione asserisce che a Moltrasio, dopo una breve sosta sul piazzale molo e visto che non era arrivata nessuna barca, ovvero dicesi anche che qualcuno aveva trasmesso sul posto l'informazione che questo progetto era annullato, la combriccola tornò indietro spaventata da luminarie e spari o fuochi di artificio che si intravedevano verso Como, forse segno di un possibile arrivo degli Alleati in città e quindi il pericolo di farsi sequestrare il prigioniero.

Un altra versione (di Moretti soprattutto), invece, sorvola sulla vicenda del trasferimento di Mussolini con la barca e, dopo aver anche essa asserito che a Moltrasio si sentirono spari e si intravidero luci verso Como afferma che, dopo una animosa discussione tra loro, decisero di annullare il viaggio a Brunate, ritenuto troppo pericoloso, e tornarono indietro.

In un caso e nell'altro si finì per andare nella casa di Bonzanigo, rifugio dicesi escogitato e proposto sul momento dal Canali (che era in stretti rapporti con i proprietari, i contadini De Maria) dove arrivarono, forse verso le 5.

Insomma quella piovosa notte si sarebbe fatto un tragitto, avanti (Dongo-Moltrasio) e indietro (Bonzanigo), le cui modalità, percorrenze e soprattutto vere finalità sono tutte da verificare.

Per far luce sulla vicenda abbiamo più che altro le giustificazioni rese dal Pier Bellini "Pedro" e dal Moretti "Pietro" (il Canali "Neri" e la sua amante Tuissi "Gianna", vennero assassinati poco tempo dopo) con l'aggiunta di vaghe e contraddittorie testimonianze da parte di Raffaele Cadorna e di Giovanni Sardagna (con vari altri comprimari del CVL e del CLNAI), oltre alle deduzioni di Urbano Lazzaro "Bill", un borioso e mezzo fanfarone ex finanziere vice commissario della 52ª Brigata (una specie di luogotenente del Pier Bellini con cui condivideva l'estraneità al PCI) che già a Dongo si era investito dei meriti dell'arresto del Duce, ma che poi non partecipò a quel viaggio notturno.

Abbiamo quindi una serie di testimonianze spesso modificate negli anni, contraddittorie tra di loro e inattendibili, non solo per il modo in cui sono state raccolte (di solito per esigenze di scoop editoriali o politiche), per il loro insieme tendenzioso e nebuloso, per l'abbondanza di mitomanie e smanie di protagonismo, per gli scopi ambigui presupposti dalla missione e per i romanzati presunti piani di "salvataggio" del Duce, puntualmente abortiti, e così via.

Una testimonianza che forse dimostrerebbe quantomeno gli intenti di un viaggio a Moltrasio, finalizzato ad un appuntamento con la famosa barca, è quella di Alonso Caronti e altri suoi compagni, che riferirono di questo progetto o di aver notato quella notte arrivare a Moltrasio una o due macchine dove in una c'era un uomo con la testa fasciata e qualcuno pare riconobbe il Moretti "Pietro" che ne era sceso, ma si riportano anche le stesse o altre testimonianze simili in modo difforme o addirittura divergente.

Il fatto è che, nel dopoguerra, dopo aver fornito certe "versioni edulcorate", tutti poi ci misero del loro nel confermarle, smentirle o arricchirle di particolari ed episodi spesso inventati di sana pianta, cosicché storici e ricercatori storici hanno avuto la ventura (e la fortuna) di pubblicare libri e articoli, ciascuno con la sua personale interpretazione e ipotesi, puntellata da questa o quella testimonianza, ma ovviamente mai dimostrate.

Circa il progetto di villa Cademartori e della barca, poi dicesi revocato, ispirato da Cadorna e organizzato da Sardagna, non è chiaro chi ne sia al corrente: un progetto, che di fatto, prevede una successiva consegna di Mussolini agli Alleati da parte del CLNAI-CVL.

Si dice che forse ne è a conoscenza solo il non comunista Pier Bellini "Pedro"¸ mentre gli altri due (Canali e Moretti) sanno che i prigionieri devono finire in una base segreta sopra Brunate.

Un altra versione dice invece che è proprio Brunate, progettata dal Canali, la meta di tutti (chi dice la Baita "Noè", chi la baita dell'artigiano tessile Felice Noseda, chi una dependance di Villa Baffa, ecc.), impossibile raccapezzarsi. Confusioni e difformità ben strane per una decisione di trasferimento che si volle far credere escogitata sul posto a Dongo dagli stessi Bellini, Canali e Moretti.

Comunque sia perché Bellini, Canali e Moretti si mossero, dicesi con la paura di farsi sequestrare il prigioniero dagli Alleati quando, in pratica, il piano di Sardagna non poteva che implicare proprio una consegna del Duce agli Alleati?

Nell'altro caso, invece, il trasferimento a Brunate non era altrettanto pericoloso dovendo comunque scendere il lago e raggiungere Como proprio verso le zone di un probabile arrivo degli Alleati?

Michele Moretti, furbescamente, sostenne che la decisione del trasferimento del Duce, venne presa a Dongo da lui, dal Bellini e dal Canali, sorvolando però sui progetti della barca di Moltrasio.

Devesi quindi ritenere, o che questi progetti di villa Cademartori sono tutta una invenzione postuma di ambienti non comunisti, o che ne era al corrente solo il Pier Bellini delle Stelle (ma non si capisce come poi il Bellini, arrivati sul posto, li farebbe "digerire" agli altri).

Il Moretti raccontò:

«Io nel frattempo... tornai a Dongo presso il Municipio (dopo la cattura di Mussolini si era assentato per qualche ora forse per recarsi al PCI a Como, n.d.r.). Trovai gli altri Pedro e Neri e con essi discutemmo di un nuovo spostamento di Mussolini poichè avevamo compreso che oramai il rifugio di Germasino era noto a molti e troppo a portata di mano. Fu appunto Neri che propose una baita lontana e perciò insospettabile. Si trovava però a S. Maurizio, sopra Brunate il colle che sovrasta la città di Como. A me veramente la scelta pareva piuttosto pericolosa. Avremmo dovuto percorrere tutta la sponda occidentale del lago, assai stretta e tortuosa, poi attraversare la città di Como e salire lungo la via per Brunate sino alla baita».

Specificò poi anche meglio altri particolari:

«La piazza di Moltrasio era deserta. Ci fermammo subito dopo (lui con la macchina che portava la Petacci, n.d.r.), così fece anche Pedro con la sua macchina (che portava Mussolini, n.d.r.). Scendemmo io e Neri dalla nostra vettura e Pedro dalla sua. Era buio. Mentre Pedro e Neri si dirigevano verso le case, subito avanti la piazza, per sapere qualcosa circa la situazione di Como io rimasi vicino la macchina ove si trovava Mussolini. Poco dopo Pedro e Neri riapparvero mi dissero dell'arrivo degli Alleati a Como (che tra l'altro non erano ancora arrivati in città, n.d.r.) e del significato di quegli spari: era il giubilo generale per festeggiare la fine della guerra in Italia».

E ancora, in polemica con Pedro, Moretti raccontò: «Nella notte del 27 quando stavamo portando l'ex duce a Brunate, di fronte alle luci che si vedevano brillare verso Como, all'altezza di Moltrasio mi sono impuntato perché ritornassimo indietro. Ricordo soltanto che il Neri e Pedro erano contrari e si è corso davvero il rischio di consegnare Mussolini agli alleati ...».

Come vedesi il Moretti non accenna ad un progetto che prevedeva la consegna di Mussolini ad una barca, anche se qualche versione cerca di aggiustare il tutto dicendo che forse il Moretti sapeva che la barca doveva solo servire per attraversare il Lago in sicurezza e quindi proseguire per Brunate aggirando in parte Como.

A parte il fatto che tutte queste storie, in un senso o nell'altro, sono artefatte e poco credibili e quindi anche il piano di consegnare Mussolini alla barca forse fa parte di qualche strana "manovra" diversiva, tipo spargere fumo negli occhi, si riscontra invece che in molte testimonianze (Sardagna, lo stesso Cadermatori, quell'Alonzo Caronti che doveva portare la barca, ecc.) qualcosa di vero pur c'era (oltretutto un racconto di Paola Cadermartori fa capire che il padre gli aveva detto che il CVL, oltre a Mussolini, doveva trasferire anche la Petacci). Quindi la presunta sosta a Moltrasio assume aspetti alquanto problematici.

Come stanno esattamente le cose forse non lo sapremo mai, ma si può forse presupporre che, in un primo momento, chi aveva deciso di aggiungere al Duce la Petacci, aveva intenti diversi da una sbrigativa eliminazione e quindi rientra nella logica delle cose un piano di requisizione del Duce per gestirlo in qualche modo.

Come accennato si dice che poi ci furono contrordini al progetto Sardagna della barca, contrordini che arrivarono a notte inoltrata direttamente a Moltrasio, ma è tutta una vicenda avvolta in un susseguirsi di eventi imperscrutabili e piena zeppa di racconti fantasiosi uno diverso dall'altro.

La tesi più sostenuta (si fa per dire) è che la barca che doveva prelevare i prigionieri a Moltrasio, non arriverebbe e quindi le due macchine con i celebri prigionieri, dopo una breve attesa, fecero marcia indietro. Si dice che in un bar o altro punto di ritrovo (stranamente ancora aperto fin dopo le 3 di notte) erano arrivati contrordini da Como (qualcuno sostiene che fu proprio Sardagna a darli per telefono).

Se consideriamo che gli inglesi in quelle ore si muovevano neppure troppo nascostamente per sbarazzarsi di Mussolini e che all'ultimo momento anche gli americani, apparentemente interessati a catturarlo vivo, ricevettero ordini segretissimi di lasciar gestire Mussolini ai partigiani, il cambio di ordini e di programma, sopravvenuto in alcuni dirigenti del CVL, sembrerebbe plausibile e quindi la componente comunista ebbe pienamente via libera verso l'eliminazione del Duce.

Si sostiene infine che a Moltrasio furono visti in lontananza razzi e luci verso Como e si presuppose che vi erano arrivati gli Alleati (alcune avanguardie vi arrivarono invece nella mattinata del 28 aprile) e quindi, dopo discussioni e incertezze, sia per la "versione Cademartori e della barca", che per quella della base di Brunate, i tre, Pedro, Neri e Pietro tornarono indietro dirigendosi verso Bonzanigo, motivando il cambiamento di programma con la volontà di non farsi sequestrare il prigioniero.

Intanto, che abbiano potuto vedere dai pressi di Moltrasio, fuochi d'artificio (avrebbero dovuto essere altissimi nel cielo) è alquanto difficile; per le stesse luci poi, la cosa lascia perplessi anche se si racconta, forse a proposito, di accensioni di luci cittadine o fuochi d'artificio per festeggiare gli eventi di quei momenti o per voci che giravano circa una arrivo degli americani.

Scrisse Urbano Lazzaro Bill:

«Carate dista più di 11 km. da Como, e Moltrasio 9. Il promontorio dov'è sita villa Este a Cernobbio da un lato, e la punta di Geno dall'altro lato del Lago, occultano totalmente la vista di Como a chi si trova a Carate o a Moltrasio. Chi di voi aveva l'orecchio tanto fino da percepire, tra il rombo del motore e la pioggia sferzante, spari, ripeto spari, non cannonate, a 11 o 9 km. di distanza? E chi di voi era munito di periscopio per riuscire a scorgere luci a Como? E chi accendeva fuochi sulla montagna durante il diluvio di quella notte?».

Ma soprattutto come credere che il nascondiglio di casa De Maria a Bonzanigo fu escogitato di punto in bianco, ritornando indietro, quando poi lasciati Mussolini e la Petacci in quella casa che il comandante Bellini "Pedro" neppure conosceva, questi non ha poi dettagliato di aver comunicato ai superiori l'improvviso cambiamento di programma e oltretutto, questo comandante non comunista, all'alba uscì di scena e sembrò non interessarsi più del Duce e del pericolo che i comunisti se lo potevano andare a prendere ?

Si ha la sensazione che l'attestare un cambiamento di programma improvviso (essersi diretti a Bonzanigo) e l'andirivieni da Moltrasio, con l'asserita paura che gli Alleati possano sequestrare il prigioniero, implichi la logica giustificazione per sostenere tutte queste "giravolte".

In realtà non è affatto certo che ci fu questo viaggio fino a Moltrasio.

Per esempio il generale Sardagna in un suo Diario, conosciuto dopo la sua morte, scrisse:

«28 aprile. Il piano è miseramente fallito (il suo piano per portare Mussolini a Villa Cademartori, n.d.r.). Per quel che ne so A. (Alonso Caronti, n.d.r.) riferisce che a Moltrasio non si è fatto vivo nessuno. Non capisco cosa possa essere successo, anzi ho mille dubbi e paure».

Una testimonianza che, come vedesi, conferma il piano villa Cademartori e della barca, ma non registra di aver saputo di un arrivo dei partigiani con i celebri prigionieri a Moltrasio.

Tecnicamente, Urbano Lazzaro "Bill", ha anche cercato di dimostrare con una certa logica e asserendo che lui era presente alle 2,45 al momento della partenza delle macchine da Dongo che, considerando le distanze chilometriche, strada stretta e accidentata e diluvio in atto che non consentivano folli velocità, nonchè le attese per i tanti posti di blocco di quella notte (oltre 15), più oltretutto una sosta sia pure non prolungata a Moltrasio, non era possibile un andirivieni tra Dongo, Moltrasio e poi indietro verso Bonzanigo, con arrivo per le 5.

Per concludere: nulla si è mai potuto appurare con certezza e si può sospettare la presenza di varie forze contrastanti in gioco e la necessità poi, da parte di un pò tutti di mascherare, con una cortina fumogena, quanto invece "qualcuno" aveva deciso di fare: uccisione sbrigativa di Mussolini, una decisione questa che prevaricò ogni intento di gestire la coppia Mussolini-Petacci per altri scopi.

In ogni caso, dovendo fare varie congetture per poi scegliere la più probabile, dobbiamo almeno partire da un presupposto dettato dalla logica e dal buon senso:

sicuramente la sera del 27 aprile '45 arrivarono a Dongo al Moretti e/o al Canali e/o al Bellini precise disposizioni su Mussolini. Che queste disposizioni vennero dal PCI (tramite Moretti che nel frattempo aveva fatto un salto a Como) è certo; se vennero anche, uguali o diverse, dal comando del CVL (Cadorna-Sardagna) al Canali e/o al Bellini è anche probabile.

E tutto questo senza dimenticare l'ambigua figura dell'avvocato Bruno Puccioni, di villa Camilla a Domaso, ex fascista con i piedi in più staffe e agganci con Sardagna, che da tempo appariva, in qualità di "consigliere", dietro le spalle dell'esiguo manipolo di partigiani della 52ª Brigata Garibaldi.

Che inoltre il capitano "Neri", in quelle ore giocò un ruolo decisivo e di comando, ma non si sa bene per conto di chi, è abbastanza evidente, ma in ogni caso il Moretti, vero referente comunista di certo non si sarebbe fatto "fregare" e quindi il PCI, in ogni modo aveva la situazione sotto controllo.

Comunque sia, infine, ed è quel che conta, questi ordini, volenti o nolenti, trovarono consenzienti prima, durante e dopo il viaggio, tutti e tre questi partigiani che pur avevano storie e riferimenti politico-militari diversi.

Ma quello che, soprattutto, fa saltare in buona parte tutti i racconti della "vulgata", è la testimonianza della signora Dorina Mazzola, al tempo residente a Bonzanigo in una casa a valle della casa dei De Maria dove furono nascosti il Duce e la Petacci. Ebbene la Mazzola racconta che intorno alla mezzanotte del 27 aprile, lei dalla sua finestra in oscurità vide arrivare per via del Riale, la mulattiera che salendo portava a casa dei De Maria, un gruppetto di partigiani armati tra cui una donna. Ebbene, a quell'ora, Mussolini era ancora a Germasino e la Petacci a Dongo!

Questo episodio, raccontato dalla Mazzola nel 1996, smentisce buona parte delle giustificazioni e motivazioni date per il misterioso viaggio notturno verso Moltrasio, con ritorno improvvisato e arrivo a Bonzanigo verso le 5, perchè risalta evidente che il rifugio casa di Bonzanigo non fu deciso all'improvviso e sul momento durante il viaggio.

Già dagli anni '80 per il giornalista storico Franco Bandini e per lo stesso Urbano Lazzaro, la comitiva andò diritta a Bonzanigo, e la presunta sosta a Moltrasio fu tutta una messa in scena.

Ma ancor più il ricercatore storico Alessandro Zanella, pochi anni prima la testimonianza della Mazzola, aveva ben intuito che in quella casa di Bonzanigo, qualcuno vi era già stato prima che ci furono portati i prigionieri. Quindi quel nascondiglio non era stato affatto deciso all'ultimo momento dal Canali durante il viaggio. A Dongo, ricostruì lo Zanella, verso mezzanotte era stata vista (da un veterinario di Dongo, il bergamasco Dario Giacobbo) la Giuseppina Tussi "Gianna", partire con una 1100. Si giustificò poi questo strano viaggio con la tesi che la "Gianna" veniva mandata a Milano per portare dei valori.

Una evidente balla, ritenne giustamente lo Zanella, perchè è assurdo presupporre che in quelle pericolose ore, una donna fosse stata incaricata di imbarcarsi in tal lungo viaggio. Anzi, se poi si volle giustificare quel viaggio con una bugia, è evidente che la donna aveva svolto ben altri compiti e si era recata molto più vicino, a Bonzanigo appunto, nella casa dei De Maria, ben conosciuti dal Canali, per sondare la possibilità di nascondervi il Duce e probabilmente per portarvi intanto del bagaglio della Petacci.

La Petacci, infatti, una volta informata che doveva andare con il Duce, aveva probabilmente chiesto di portare parte del suo bagaglio. Non per nulla, il giorno dopo, in quella casa di Bonzanigo, scapparono fuori molti oggetti, borsette, scarpe e vestiario della Petacci che è difficile credere che se lo fosse tutto portato dietro quando venne messa nelle macchine per andare con il Duce (Lazzaro "Bill" raccontò che la Petacci aveva seco un piccolo fagotto).

Anche la presenza nella comitiva notturna degli "accompagnatori" del Duce di due partigiani quali il Frangi "Lino" e il Cantoni "Sandrino", potrebbe indicare che per costoro era previsto un compito di guardiani a Bonzanigo, compito che a villa Cademartori o nella base di Brunate sarebbe stato superfluo.

In ogni caso, pur mettendo insieme tutti gli elementi e le testimonianze più attendibili, non è possibile stabilire con certezza cosa accadde quella notte, perchè necessità politiche e di parte oltre a smanie di protagonismo, hanno fatto rilasciare versioni di comodo, nel migliore dei casi parzialmente verosimili, ma non veritiere, che hanno ingarbugliato tutta la vicenda.

Anche qui comunque si può arrivare ad ipotizzare alcune situazioni sufficientemente e ragionevolmente possibili, pur dovendo, giocoforza, prendere in considerazione più di una possibilità.

Intanto può darsi per scontato che a sera del 27 aprile, a Dongo, arrivò da Milano al trio dei cosiddetti comandanti della 52ª Brigata Garibaldi anche l'ordine aggiungere e mettere al sicuro Mussolini con la Petacci. Bellini, Moretti e Canali, su indicazione di quest'ultimo, escogitarono casa dei De Maria ben nascosta in Bonzanigo a prescindere da quali potevano essere le future intenzioni verso la sorte del Duce.

La presenza della Petacci fa pensare che, almeno in un primo momento, le intenzioni su Mussolini non sono erano omicide. Ma la presenza del comunista Moretti, ci dice anche che il partito comunista è ben informato della situazione e la tiene sotto controllo.

Verso la mezzanotte la Tuissi "Gianna" venne così mandata a Bonzanigo per preavvertire i padroni di casa del probabile arrivo, nelle prossime ore,di due importanti persone e per portare parte dei bagagli della Petacci. La "Gianna" è probabile che celò al gruppetto dei partigiani che la scortarono, la notizia che, successivamente, quella casa sarebbe stata utilizzata per nascondervi Mussolini. Dopodichè la donna tornò indietro a Dongo dove, intorno alle due di notte, si ricongiunse con il Bellini, Moretti, Canali e le macchine che dovevano trasferire Mussolini.

Nel frattempo però potrebbero essere intervenuti dei cambiamenti al programma così prefissato, anche perchè da Milano interagirono forze e ordini eterogenei. Quindi è possibile che si concretizzò e poi magari vanificò il progetto di villa Cademartori e della barca, oppure l'indicazione di portare Mussolini in un base segreta a Brunate che offriva un miglior controllo della situazione.

È probabile, ma non certo, che fu ancora il Canali "Neri" ad indicare anche la base di Brunate.

L'ampia portata delle possibilità apre un ventaglio di combinazioni possibili.

Noi tendiamo a presupporre che i "viaggiatori" andarono diritti a Bonzanigo, dove potrebbero essere arrivati intorno alle ore 4 e dove vi lasciano i due prigionieri, sotto la provvisoria vigilanza di "Lino" e "Sandrino". Quindi tutte le storie di Moltrasio furono inventate a posteriori per nascondere o giustificare altre questioni, come divergenze, inadempienze, cambiamenti di programma e necessità di ricamare ed edulcorare una vicenda storica che finì nel modo cruento e indecente che conosciamo.

Tuttavia non possiamo escludere che invece a Moltrasio, per qualche motivo, legato al balletto di ordini e contrordini, ci andarono veramente anche perchè se non conosciamo la ragione vera per cui avrebbero dovuto inventarsi questo viaggio, resta difficile immaginare quale specifica necessità possano aver avuto, a posteriori, per attestarlo.

Fermo restando, infatti, che il nascondiglio a Bonzanigo in casa dei De Maria, fu ideato prima della partenza da Dongo, il trio dei comandanti che gestivano Mussolini potrebbero essere stati costretti a cambiare questo progetto al momento della partenza dirigendosi quindi a Moltrasio, un percorso del resto normale sia per l'ipotesi di villa Cademartori che per quella della base di Brunate, scelte che comunque sia, anche se vogliamo prenderle per buone, abortirono e/o vennero scartate.

In quei frangenti il capitano "Neri" sembra essere colui che dirige tutte le operazioni, mentre il Pier Bellini delle Stelle non si capisce bene cosa gli sia stato ordinato di fare, ma in ogni caso, per entrambi, non si può asserire con certezza quali ordini e progetti seguano.

Di certo però Michele Moretti "Pietro", dietro indicazioni del partito comunista, ha saldamente il controllo degli avvenimenti.

Quindi, in definitiva, tutte le congetture fatte dagli storici sulla possibilità che ognuno di questi comandanti aveva un suo piano segreto e personale lasciano il tempo che trovano, anche perchè poi essi operarono all'unisono.

In un caso o nell'altro (passaggio e sosta a Moltrasio o meno) è quindi abbastanza evidente l'esistenza di un altra situazione in atto ovvero subentrata in quelle ore e cioè che a Milano si è oramai concretizzata la necessità, che sta bene a tutti, americani compresi, che Mussolini venga sbrigativamente eliminato, quindi ogni piano, cosiddetto di "salvataggio" e magari di sfruttamento della presenza della Petacci, viene abbandonato e fatto rientrare.

Di conseguenza, per questo motivo o per altri imprevisti del momento, seppur si era variato il progetto iniziale di portare Mussolini nella casa di Bonzanigo, il trio dei comandanti della 52ª Brigata Garibaldi in viaggio, magari dopo qualche discussione al suo interno, trova l'unanimità e decide di tornare su questo progetto iniziale, il cui tragitto per arrivarci, non dovendo passare vicino Como, è certamente più sicuro.

Considerando la "deviazione", possiamo ipotizzare che a Bonzanigo vi arrivano, probabilmente verso le 5.

Sappiamo che poi Moretti e il Canali tornarono subito a Como dove, tra poco dopo le 6 o le 7 vanno in federazione comunista a mettere al corrente i "compagni" degli ultimi avvenimenti. Ovvio che viene immediatamente informato il partito a Milano, tanto che lo stesso Aldo Lampredi ebbe a scrivere in una sua sia pure ambigua Relazione, che ai due venne detto in federazione che occorreva sentire Milano e attendere ordini.

Il Pier Bellini "Pedro" invece non si sa bene cosa faccia e dove vada, ma comunque pur con un "buco" di un paio di misteriose d'ore, arriverà a Dongo intorno alle 8, dove incontra Urbano Lazzaro dal quale riprende il comando della Brigata che gli aveva lasciato per la notte. Da quel momento il Pier Bellini risulterà in tutt'altre faccende affaccendato e sembra disinteressarsi della situazione di Mussolini. È evidente che nel frattempo ha avuto ordini di defilarsi da quella incombenza, perchè altri vi avrebbero provveduto.

Si noti bene che, a quel momento del primo mattino, la ubicazione di Mussolini era nota ai comunisti (Moretti "Pietro"), al non comunista Pier Bellini delle Stelle "Pedro", a quelli che potremmo anche definire "cani sciolti" cioè il Canali "Neri" e la Tuissi "Gianna", ai due autisti del viaggio notturno nel frattempo sdoganati, e forse agli uomini di Martin "Bisa" Caserotti, il famoso comandante "Roma" che agiva nella Tremezzina ai cui uomini difficilmente era sfuggito a notte alta l'andirivieni tra Azzano e Bonzanigo, se addirittura non furono forse anche coinvolti nella faccenda.

Ergo, considerando le forze in gioco e le diversità di schieramento politico, nessuno poteva fidarsi degli altri e chi voleva sbarazzarsi del Duce, a scanso di colpi di mano e sorprese doveva sbrigarsi o comunque mandare qualcuno a controllare la situazione.

È quello che fece il partito comunista, il quale nonostante la missione di Audisio, inviò segretamente verso le nove di mattina qualcuno a Bonzanigo per controllare e prendere in mano la situazione. È infatti ovvio che non potendo fare pieno affidamento sulla missione di Audisio, visto che recarsi in Prefettura a Como dove, per necessità politiche aveva anche il laborioso incarico di convincere e coinvolgere, nell'ordine ricevuto, tutte le componenti del CLN locale e successivamente anche quelle di Dongo con il comando della 52ª Brigata Garibaldi, a farsi consegnare i prigionieri.

Il gruppetto di comunisti spediti da Milano o meglio reperiti sul posto a Como, tra cui era sicuramente presente Michele Moretti, noto ai due guardiani lasciati in casa De Maria, come sappiamo (testimonianza Dorina Mazzola e confidenza di Savina Santi la vedova di Guglielmo Cantoni "Sandrino"), arrivò in quella maledetta casa verso le 9 e subito ci fu l'imprevisto di una colluttazione in stanza con il Duce e il suo ferimento al fianco e quindi la decisione di ammazzarlo poco dopo nel cortile della casa, senza aspettare, come forse avevano progettato, che Audisio, nel frattempo ancora in Prefettura a Como, arrivi a Dongo e sia in grado di fucilare regolarmente Mussolini assieme a tutti gli altri esponenti della RSI ivi detenuti.

Comunque sia tutta la storia di quel viaggio notturno verso Moltrasio e ritorno, con le sue vere motivazione, non è andata di certo come è stato raccontato.

 

Maurizio Barozzi