Italia - Repubblica - Socializzazione

 

 9 marzo 2012

 

Note aggiunte all'articolo di Franco Morini

Giorgio Vitali    

 

L'eccezionale importanza dell'articolo dedicato a "socialismo e socializzazione", pubblicato su "Rinascita" del 3 marzo 2012 e riportato sul sito della FNCRSI, articolo peraltro ampiamente documentato e perfettamente comprensibile, impone a chiunque si interessa della STORIA del XX secolo e dei suoi risvolti nel XXI secolo, una lettura dettagliata. Anche perché i moltissimi ch si arrovellano sul problema dell'assassinio di Mussolini trovano in queste poche righe, che peraltro riflettono una lettura di opere storiche tanto dettagliate quanto attendibili, una risposta adeguata.
Veniamo pertanto ai punti essenziali dell'articolo.


PRIMO PUNTO: contatti con elementi socialisti della cosiddetta Resistenza
Questi contatti furono tenuti in prevalenza da Carlo Silvestri che, nel dopoguerra, ne scriverà diffusamente. I suoi libri più importanti furono pubblicati da Longanesi verso la fine degli anni quaranta. Che Mussolini intendesse lasciare l'eredità della RSI al Partito Socialista, come unico partito capace di realizzare qualcosa di sociale nel dopoguerra, è ipotesi del tutto plausibile. D'altronde un personaggio come il Duce non poteva non preoccuparsi del futuro delle disposizioni normative che aveva elaborato nel mezzo secolo di attività politica e giornalistica. Mussolini peraltro sapeva quanto fosse difficile l'instaurazione di un sistema socialistico nel nostro paese, dominato come era sempre stato tanto dalla Monarchia sabauda, ideologicamente legata al "liberalismo piemontese" di stampo massonico, quanto dallo Stato Pontificio, alleato a quello massonico nello scongiurare l'avvento di un sistema politico che avrebbe sicuramente esautorato il potere clericale. (Nei fatti abbiamo visto come il mellifluo Schuster avesse predisposto un tranello, tipicamente clericale, per incastrare Mussolini). Il quale, però, fu costretto a giocare le sue ultime carte disponibili, perché: buona parte dei socialisti con cui avrebbe potuto trattare (Nenni, ad esempio) non erano al Nord, mentre altri, come Bruno Buozzi, erano stati "preventivamente" fatti fuori proprio per i suoi vecchi legami col Duce. Non dimentichiamo inoltre che altri socialisti che, per onestà intellettuale e per sicura fede socialista, quindi disponibili ad accettare l'eredità della RSI, come i conterranei di Mussolini: Torquato Nanni e Leandro Arpinati, erano stati uccisi anch'essi "preventivamente" il 22 aprile 1945, (mentre il Duce stava trattando la sua "eredità politica"), solo sei giorni prima dell'altro romagnolo di Romagna: Nicola Bombacci. (vedi: Mazzuca-Foglietta: "Sangue Romagnolo", Minerva Edizioni, ago 2011).
Restavano pertanto al Nord, con esclusione di Silvestri e di Bonfantini, socialisti legati al cosiddetto CLN con i quali non era il caso di trattare. Uno di questi, Pertini, era persona del tutto "incerta" per i suoi strani trascorsi, confermati dall'elezione alla presidenza di questa repubblica. (La bassa credibilità del personaggio emerge anche, oltre che da scandali legati alla sua presidenza della Camera dei Deputati, anche dalle dichiarazioni del tutto prive di senso, relative alla sua partecipazione all'incontro in Arcivescovado). Su questi argomenti sono utili anche i libri di Enrico Landolfi, che ha trattato proprio delle iniziative "socialiste" durante i 600 giorni mussoliniani.

SECONDO PUNTO: ruolo di "Bandiera Rossa"
Il ruolo svolto da questo Movimento politico, molto ben tratteggiato, anche se succintamente da Morini, è essenziale per capire i veri retroscena della cosiddetta guerra in Italy. Sullo scenario dello scontro fra inglesi ed amerikani, ambedue portatori di ideologie "liberiste", ma sostanzialmente NEMICI per quanto riguarda il controllo geopolitico dello Stivale, si muove anche la lotta feroce che vede contrapposto il PCI togliattiano al movimento di "Bandiera Rossa". Alcuni aspetti di questa lotta sono descritti nell'articolo, ma una vasta documentazione è reperibile tra le opere dello storico piemontese Roberto Gremmo, che ha scritto un libro sui partigiani di B.R. in relazione soprattutto all'attentato di Via Rasella. Il Gremmo è anche direttore di una pregevole rivista storica: "Storia ribelle", che esce in due numeri annuali, nella quale egli descrive le sue accurate ricerche sull'argomento citato.
Di nostro aggiungiamo che uno dei responsabili dell'attentato è Giorgio Amendola, esponente della destra del PCI, figlio della sorella di Bela Kuhn, il quale nei suoi diari ci da informazioni per lo meno "sconcertanti" sul fatto che "oltretevere" si sapesse qualcosa relativo all'attentato da effettuarsi. Le conseguenze sono in parte note, con la morte alle Fosse Ardeatine di una maggioranza di appartenenti a B.R. fra cui Aladino Govoni, figlio del noto poeta, degli esponenti delle forze armate badogliane e… poco o nulla fra gli esponenti togliattiani presenti a Regina Coeli.
Le conseguenza furono poi pagate, entro la fine del 1944, dal questore Pietro Caruso e dal direttore di Regina Coeli, Donato Carretta, linciato al Palazzaccio senza interveto di Polizia o Carabinieri, quantunque testimone dell'accusa al processo Caruso. (Il filmato del processo e della fucilazione del Caruso, a nostro avviso del tutto innocente ma testimone scomodo, è facilmente reperibile su "Youtube").
La spiegazione del comportamento del partito togliattiano (interessi amendoliani a parte) può a nostro avviso trovarsi nella necessità di assecondare le truppe anglo-americane, secondo le direttive di Stalin che in quei mesi stava ricevendo dagli Atlantici ingenti rifornimenti per il suo sforzo definitivo sul fronte tedesco. Tuttavia, l'impronta "liberal" di quelle scelte rimarrà indelebilmente nel DNA di quel partito che nel dopoguerra, dopo le stragi di fine aprile nell'interesse esclusivo degli Alleati (come dimostra la recente guerra alla Libia), servirà come "spauracchio" onde far sembrare autentiche le scelte "atlantiste" dei governi di Centro.
Per finire negli ultimi anni con l'asservimento totale. Infatti, Massimo D'Alema ha firmato le prime leggi sul lavoro interinale, l'inizio del precariato e della disoccupazione giovanile. Ha dichiarato guerra alla Serbia, che nulla ci aveva fatto, ed ha favorito la svendita alla speculazione internazionale dei beni del popolo italiano preventivamente privatizzati. Per non parlare dell'attuale presidente di questa repubblica, noto esponente amendoliano, del quale non sappiamo quale definizione poter dare.

TERZO PUNTO: ipocrisia del sindacato comunista e degli esponenti DC ex corporativisti
L'ipocrisia dei partiti del cosiddetto CLN, sindacati compresi, emerge inconfondibile dalle poche pagine di Morini, alle quali rinviamo il lettore che così potrà capire con quale pasta umana sono fatti gli "antifascisti".

QUARTO PUNTO: spiegazione del comportamento di Mussolini

Anche in questo caso le poche righe dell'articolo sono utili per i tanti che, studiando gli ultimi giorni del Duce, non sanno capacitarsi circa alcune incongruenza del suo comportamento. Fermo restando che restiamo della nostra idea circa l'assurdità di quella colonna di macchine, interminabile ed inutile; di quella resa a pochi cosiddetti "partigiani", in tutto cinque o sei, e nel pieno di una regione ancora in mano alla forze armate della RSI alle quali, proprio in quella parte del Piemonte, si erano accodati anche i francesi della Milice, nonché reparti tedeschi in armi (ad eccezione di coloro che, per conto di Wolff, avrebbero dovuto tradire Mussolini), il capo della RSI si comporta in maniera del tutto coerente. Appena saputo dello sfondamento del fronte, Egli scende a Milano e prende alloggio alla Prefettura. La situazione è ferma. Milano è in attesa ma nessuno si muove, anche perché da una parte gli "insorti" non ci sono e non sanno nemmeno che saranno definiti tali dopo qualche decennio, e le FFAA della RSI, della Milice, e le truppe tedesche, ancorché in trattative di resa, non tollerano punture di zanzare.
Mussolini pertanto ha tutto il tempo, una settimana, per relazionarsi con i suoi, e trattare con gli altri, tra cui, ovviamente, gli elementi del Partito Socialista. (Oltre a tutto quello che non conosciamo…ancora…). È solo dopo la constatazione che con il CLN non c'è nulla da fare, per il semplice motivo che questo "organismo" esiste solo come nome (come riconoscerà onestamente il gen. Cadorna, uomo onesto anche se inconcludente uomo di facciata) che Mussolini sceglie un'altra strada evidentemente fra quelle in precedenza ipotizzate.
E qui non possiamo escludere che cada nel tranello del mellifluo Schuster e del viscido Bicchierai.
 

Giorgio Vitali    
 

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