Italia - Repubblica - Socializzazione

 

In morte di un boia

Nulla pietas

Paolo Signorelli

 

Il commento di Giorgio Vitali

 

Questo articolo, che comprendiamo molto bene conoscendo la sequenza dei patimenti e delle persecuzioni, a volta del tutto gratuite, subìte dal prof. Signorelli, vittima di giochi a livello internazionale che solo ora (coincidendo forse con la morte di Cossiga?) vengono alla luce, richiede alcune aggiunte.
Intanto dobbiamo dichiarare che l'ex presidente Cossiga si è trovato ai vertici della politica italiana in seguito ad una particolare congiuntura che noi, a tutt'oggi, non sappiamo spiegare. Fatto è che, mentre è notorio che gli "Alleati" scelsero la Mafia Italo-amerikana per il controllo della Sicilia, alcune famiglie "notabili" della Sardegna furono "scelte" per un attento "controllo" della politica nazionale. Che in queste scelte entrasse a buon diritto la Massoneria è un dato normale, mentre resta da spiegare questa scelta "isolana" che a noi, per il momento, dice ben poco. leggendo comunque i cognomi di queste famiglie non può che stupire la costante presenza di persone, spesso imparentate fra loro, ai vertici dell'Italia post-bellica. Le famiglie sono: Berlinguer, Cossiga, Pintor, Segni, Siglienti. Seguendo passo passo gli atti di questi personaggi si capisce bene che l'Italia del dopoguerra è stata avviluppata in una RETE alquanto stretta, costituita da DINASTIE che si sono sovrapposte ad altre o hanno camminato a fianco di esse. Solo di riflesso potremmo citare i casi di certi direttori di giornali che hanno sempre camminato a fianco della "proprietà" (?) tipo Mieli, Levi, Ugo Stille ed altri, troppi.
Dobbiamo quindi arguire che un personaggio come Cossiga si sia trovato dentro un crogiolo dal quale, volente o nolente, non poteva uscire. ed il crogiolo era caldo. Molto caldo. Ne consegue, come capita sempre a questo mondo, che le cose procedono in una certa direzione e se si vuole ottenere dei risultati occorre sacrificare molti altri. Come capita nelle guerre. In tutte le guerre. Che l'Italia, grazie alla sua posizione geografica nel centro del Centro del Mondo, il Mediterraneo, abbia dovuto costituire terreno di battaglie spesso molto cruente ce lo ha dimostrato Andreotti quando ad una asserzione che lo accusava di avere permesso tante morti (ci riferiamo alla Strategia della Tensione, ideata e coniata in ambito inglese) aveva risposto che, al contrario, lui ed i suoi collaboratori erano riusciti a scongiurare una "guerra totale" nel nostro territorio, sul tipo di quella a quel tempo scoppiata nel Libano, come era stato programmato da teste pensanti del calibro di un Kissinger. Ci troviamo pertanto in un gioco molto complesso, con scenari che potrebbero riaprirsi quanto prima.
A sostegno delle tesi da noi sempre sostenute in questi ultimi 50 anni, è uscito proprio di recente, per i tipi dell' editore "Chiarelettere", un testo che tutti dovrebbero leggere (almeno quelli che "sanno" leggere e che si piccano di conoscere di politica). Il libro si intitola: "Intrigo internazionale. Perchè la guerra in Italia. Le verità che non si sono mai potute dire", di Giovanni Fasanella e Rosario Priore. Da quanto in questo libro scritto e documentato, in linea con quanto da noi ipotizzato a suo tempo, le cose non sono andate come pensano in molti, essendo gli attori sul proscenio più di quanti si possa immaginare. Non ci sono solo USA, Israel e Russia, ma anche Francia ed Inghilterra, paesi che non hanno mai rinunciato alla loro politica di "potenza", che non è un vezzo, ma una necessità di tutte le Nazioni. Ecco perchè ci sembra, da una parte, che accuse e giustificazioni sul personaggio Cossiga siano del tutto spropositate, almeno fino a che il giudizio non sia avvalorato da valide, documentate e definitive letture, mentre dobbiamo invitare i nostri lettori a prendere in considerazione che in quello che fu il Mare Nostrum, oggi volteggiano oltre ai soliti noti, anche Cinesi, Indiani, Islamici, Iraniani, Brasiliani e quant'altro.
Buon conteggio.


Giorgio Vitali

 

Esternatore, picconatore, Zorro o soltanto Boia? Io non lo perdono e non piango cristianamente la sua morte. La mia religiosità, la mia morale, la mia estetica sono altre. E che ci si batti il petto crocifiggendo migliaia di persone in nome di una "laica" Ragion di Stato è a dir poco grottesco. Non gli perdono nulla e non ho nessuna pietà per Kossiga.
Costui ha nel tempo ricoperto le più alte cariche istituzionali «non potendo non sapere» quanto andava avvenendo della Colonia Italia.
Non gli perdono, in particolare, il comportamento tenuto nel tragico tap-in Ustica-Bologna quando è avvenuto che si commercializzasse il sangue delle vittime criminalizzando gli antagonisti. Ed invece erano loro -i rappresentanti delle istituzioni- lì a tramare, ad architettare, a depistare. Decidevano loro, nella scontata logica del made in USA, come provocare, prevenire, reprimere e … liquidare. Utilizzando le tecniche del rapimento ("i rapendi"), della liberazione degli ostaggi, dell’incastro dell’avversario politico. Grazie alle coperture della CIA ed alla disponibilità di magistrati prevaricati quali i Sica, gli Occorsio, i De Matteo. Come documentai sul numero 4 di "Giustizia Giusta" del 2006 dopo le confessioni fatte a "Libero" il 14 luglio dello stesso anno dallo "statista" che nei costruiti anni di piombo ha ricoperto prima il ruolo di Ministro di Polizia e quindi quello di Presidente del Consiglio prima di diventare, per meriti di "servizio", Presidente della Repubblica.
Rimanendo alla strage di Bologna -che mi vide catturato, imputato e sequestrato per dieci anni sotto art. 90- non posso non considerare Boia Francesco Kossiga che il 4 agosto 1980 -al tempo Presidente del Consiglio- dichiarò in Parlamento che l’attentato alla stazione era un attentato "fascista", sostenendo che «Non da oggi si è delineata la tecnica terroristica di timbro (…) il terrorismo nero ricorre essenzialmente al delitto di strage perché è la strage che provoca paura, allarme, reazioni emotive e impulsive». Fu quello il mandato dato alla magistratura bolognese di rastrellare il 28 agosto decine di militanti.
E poi con ipocrisia pretesca se ne usci disinvoltamente fuori il 15 marzo del 1991 davanti al Comitato per i Servizi di Sicurezza sostenendo di essersi sbagliato a definire "fascista" la strage del 2 agosto.
Nella stessa sede l’esternatore presentò le sue "scuse" ad alcuni inutili esponenti del MSI (quelli della doppia pena di morte!) per aver addebitato alla "destra" la strage. «Il giudizio da me espresso allora fu il frutto di errate informazioni conseguenza di una subcultura. Informazioni che mi furono fornite dai Servizi segreti e dagli organi di polizia … La subcultura e l’intossicazione erano agganciate a forti lobbies politico-finanziarie».
Non esternatore ma Boia. Il 18 marzo 1991 feci sapere attraverso le agenzie di stampa di non accettare le "scuse" di Kossiga ritenendole «patetiche, ridicole, dolciastre e volgari». «Le 85 vittime di un ignobile massacro (cui si aggiungono le altre vittime -a cominciare da Giorgio Vale e da Pierluigi Pagliai- dell’azione inquisitoria mirata alla ricerca di colpevoli di comodo in base alla logica della fazione, detta anche Ragione di Stato) esigono che sia fatta giustizia».
«In aula -io aggiunsi- dichiarai che Ustica chiama Bologna. L’ipotesi di una strage per coprire un massacro ha una sua precisa valenza che non potrà non fornire la spiegazione politica delle stragi che hanno insanguinato la Colonia Italia».
Francesco Kossiga ha impudicamente taciuto e nessun magistrato -nonostante più volte i difensori dei "fascisti" condannati per editto di "lapide" ne abbiano chiesto l’audizione- ha voluto ascoltarlo.
Nessuno a livello e di intelligence e politico ha mai voluto ipotizzare l’esistenza di una pista israeliana e per Ustica e per Bologna. Eppure esistono elementi, quanto meno logici, che potrebbero vedere il coinvolgimento dei servizi israeliani. Eppure l’unico attentato degli anni ’70 di cui si è accertata la responsabilità è stato messo a punto dal Mossad che fece esplodere nel cielo di Marghera l’Argo 16 per ritorsione contro la politica filo araba tenuta dal Governo italiano. Eppure il giudice Mastelloni ha proprio in questi giorni dichiarato che esiste un unico filo stragista riferibile agli Israeliani. Ma con la viltà del magistrato lo fa trenta anni dopo…
Restano il sudario delle vittime del Boia e il silenzio degli innocenti.
 

Paolo Signorelli 

 

da         

Sulla scomparsa di Cossiga
di G. R.


Da un generale stucchevole elogio del defunto ex presidente Cossiga (forse solo Nando Dalla Chiesa sul Fatto ne ha dato un giudizio negativo netto) sembrano blandamente dissociarsi questi due grandi veterani del giornale di De Benedetti. Essi preferiscono, infatti, tratteggiare il personaggio -che entrambi dicono di aver conosciuto da vicino- più sull'aspetto della sua instabilità psicologica -citando addirittura Pirandello, il quale di queste cose ne intendeva, e tanto- piuttosto che il politico influente, uno dei maggiori protagonisti della storia del paese degli ultimi 50 anni.
Buon per loro che così hanno evitato di tratteggiarne i comportamenti più perniciosi, i quali hanno costituito, ahi noi, tra i peggiori passaggi della nostra vita pubblica.
Cossiga, infatti, fu sostanzialmente uomo degli americani. Lo fu, nei suoi atteggiamenti palesi, compresa la vicenda Moro, ma lo fu ancor di più nei suoi -solo in parte rivelati- comportamenti oscuri. Quando, protagonista di Gladio, favorì i servizi deviati in tutte le loro sporche trame che hanno insanguinato l'Italia nel periodo della sua ascesa politica.
Non a caso il suo furore iconoclasta affiorò proprio nel momento in cui fu costretto da Andreotti -altro mestatore (ma più scaltro)- ad ammettere il suo ruolo nelle vicende che vedevano Gladio co-protagonista occulto di tanti misteri nostrani.
L'impeachment che ne seguì -richiesto dal PCI di Berlinguer- fu gestito sicuramente nell'ombra da una parte dei giovani rampanti del partito di sinistra -e dove D'Alema ebbe sicuramente un ruolo primario- che portò al compromesso delle dimissioni dell'allora capo dello Stato, facendogli salvare la faccia ed impedendo a tanti di quei misteri di venire a galla.
Tanto ci sarebbe da chiarire in proposito ma i comportamenti successivi di questi due personaggi, compreso l'appoggio di Cossiga al governo D'Alema dopo la caduta di Prodi, dicono già tanto su che piega avevano preso le scelte di allora. L'intervento dell'Italia, con quel governo dell'ex comunista, a favore della guerra degli USA nel Kosovo, non farebbero dubitare della totale conversione del leader dei DS nel campo degli amici stretti degli americani (cosa questa confermata da Luttwak a Ballarò), proprio come lo era sempre stato Cossiga, appunto.
Un giornalismo serio è di questo che si dovrebbe occupare, ne ricaverebbe senz'altro vantaggio la verità che, in questo momento delicato di svolta, ha bisogno di affiorare in modo da far prendere una volta per tutte una direzione rigeneratrice di cui non possiamo più fare a meno, dopo tanto buio.
Altro che lodi e "sincero" rimpianto per politici che hanno fatto la storia d'Italia! Di questa Italia, poi, frutto di quella storia!