Precisazioni a margine di un
articolo sull'Esercito della RSI
Quei "volontari"… di leva
Pietro Cappellari
Ho letto molto attentamente la "tardiva" testimonianza di Nello Camporesi,
Vicepresidente dell'Associazione Artiglieri di Aprilia, sulla sua esperienza tra
le fila dell'Esercito Nazionale Repubblicano, comparsa sul periodico "Il Caffè"
n. 188 (25 febbraio -10 marzo 2010).
Non posso non evidenziare come nell'articolo vi siano delle forzature che
rischiano di falsare la stessa testimonianza.
Infatti, che Camporesi denunci di essere stato "rapito" insieme ad altri tre
apriliani, nel 1944, mentre era nei pressi della Casa del Fascio di Aprilia,
costituisce una "licenza" che non inquadra bene il periodo storico.
Camporesi non fu precisamente "rapito", in quanto era un ragazzo soggetto agli
obblighi di leva e, in particolare, alla presentazione alle armi decretata dal
Governo della Repubblica Sociale Italiana nel novembre 1943.
Il fatto che non si fosse presentato al Distretto Militare -come molti altri
giovani- non lo esentava dai "rischi" che si incorrevano facendo questa scelta.
Coloro che non avevano risposto al bando Graziani erano considerati renitenti
alla leva in tempo di guerra, reato molto grave, punibile anche con la pena di
morte. Certamente, rare furono le esecuzioni, ma ciò non toglie che vi fossero
un reato e una punizione contemplati dai Codici militari in vigore.
Quindi, semplicemente, Camporesi -e gli altri tre apriliani- furono
"accompagnati" alle armi coattivamente, evitando sia il processo, sia la
conseguente sanzione.
Non si trattò di falsi "volontari" come si sostiene nell'articolo, ma
esclusivamente di giovani di leva avviati alle armi. Nessuno mai, durante la RSI,
li chiamò volontari e sempre fu chiara la loro provenienza dai bandi Graziani.
Certo, essendo facile la renitenza, come la diserzione, si può ipotizzare che
questi ragazzi una scelta la fecero pure, non mischiandosi a coloro che
-renitenti o disertori- vivevano sulle montagne. Ma questo è tutto un altro
discorso.
Si parla dell'addestramento in Germania, evidenziando le numerose perdite tra le
reclute. In realtà, le perdite -dati alla mano- non furono assolutamente
numerose, anzi, "irrisorie" se ci è permesso usare questo termine.
Dove, però, si giunge al ridicolo è quando si afferma che Mussolini visitò le
truppe in addestramento in Germania accompagnato dall'amante Claretta Petacci.
Cosa mai verificatasi e che sembra un "quadretto" che richiama più il modo
d'agire dei politici di oggi.
Sarebbe stato molto interessante cercare di comprendere il perché il Duce venne
accolto dalle reclute di leva con un entusiasmo fuori dal normale e,
soprattutto, cosa avvenne a Castelnuovo di Garfagnana dopo il rimpatrio del
Camporesi.
L'intervista, purtroppo, non ha aggiunto nulla alla storia conosciuta, anzi alle
"storielle" conosciute. Si è persa solamente un'occasione di ricostruire nei
dettagli un'importante -seppur personale- vicenda della storia della nostra
Italia.
Pietro Cappellari
Ricercatore Fondazione RSI - Istituto Storico
la Nota di Giorgio Vitali:
Questa rievocazione fa parte di quelle che con frase molto azzeccata
Rassinier definì, a suo tempo, le «Menzogne di Ulisse».
La tendenza a falsificare gli avvenimenti storici non solo dovuta ad
un interesse percepito dall'autore, ma lo stesso autore diventa un
veicolo del mito perchè se ne fa una propria personale ragione.
Altrimenti NON avremmo l'esibizione di miracoli attribuiti a questo
o quel profeta, più o meno santificato.
È una questione fondamentale a cui gli storici hanno fatto il callo.
Anzi, possiamo affermare che la professione di storico consiste
precisamente nel sapersi districare in questo guazzabuglio di
testimonianze. Il bello di tutta questa situazione consiste nella
presenza di una massiccia mole di testimonianze e di relazioni
ampiamente comprovate.
Va da sè che quanto qui scritto trova un maggiore riscontro nella
reducistica olocaustica per la quale oltre alle falsificazioni
dovute a rielaborazioni mentali dobbiamo annoverare interessi
economicamente e geopoliticamente rilevanti.
Giorgio Vitali |
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