Reality
Giorgio Vitali
«I teorici contemporanei della
"democrazia" pluralista, Dahl, Dahrendorf, Sartori, ed in parte lo
stesso Bobbio, hanno da tempo abbandonato il paradigma di quella che
cinquanta anni fa Joseph Schumpeter ha chiamato "dottrina classica
della democrazia". Essi sostengono che entro società differenziate e
complesse un regime democratico non può identificarsi con forme di
autogoverno o di partecipazione popolare. E pensano che le
istituzioni della rappresentanza politica possano riferirsi al più
come una vaga metafora all'idea della volontà popolare, una volontà
che le procedure elettorali delegherebbero alle assemblee elettive e
che queste poi s'impegnerebbero ad eseguire responsabilmente. Ciò
che oggi si può realisticamente chiedere come condizione procedurale
della democrazia, essi sostengono, è soltanto che nell'arena
politica ci sia una pluralità di èlites in concorrenza tra loro per
la conquista della leadership e che queste èlites si affidino, per
la designazione del vincitore, al verdetto espresso dal popolo,
attraverso libere elezioni».
Simone Camillo Marchino, "La Pubblicità politica in TV",
Boopen ed. 2007
«I partiti sono organismi costituiti in maniera tale da uccidere
nelle anime il senso della Verità e della Giustizia»
Simone Weil |
Il Reality Show è uno SPETTACOLO, basato sul falso realismo. Infatti, (è una
vecchia TECNICA, la usa anche Beppe Grillo), se qualcuno fa qualche commento in
negativo su quanto viene detto o fatto durante tali trasmissioni, gli viene
risposto che si tratta di uno spettacolo, di una rappresentazione.
Il Reality fa parte della cosiddetta «TV spazzatura», quella TV inventata da un
noto personaggio dello spettacolo statunitense, che era contemporaneamente anche
un killer della CIA. Costui ha scritto anche la sua biografia sulla quale hanno
fatto un film di successo.
Esempio classico di Reality è la frequentata "Isola dei famosi". Attraverso
questa rappresentazione, lo spettatore televisivo vede alcuni personaggi
apparentemente abbandonati su di un'isola deserta e selvaggia, stile Robinson
Crusoe, e non percepisce che nella stessa isola c'è un pullulare di operatori
muniti di telecamere e quant'altro, di cameramen intenti a registrare ogni atto,
ogni gesto, ogni parola, oserei dire ogni pensiero ( se ne avessero!) degli
"abbandonati".
L' attenzione spasmodica riversata sui personaggi in primo piano, così come nel
Cinema vero e proprio, o nella Soap (ma in questo caso la finzione è
sottintesa), sostituisce la presa di coscienza della mistificazione intrinseca.
Scrive ancora Simone Camillo Marchino nell'opera citata: «L'intelligenza che ci
deriva dallo studio della pubblicità contribuisce a farci capire quanto le masse
non siano guidate da una razionalità obiettiva, ma come spinte in modo
sonnambulico da una dialettica di bisogni erranti e di forze cieche».
Dietro a questa prima linea di operatori, agisce il "sistema" di ogni spettacolo
televisivo.
Costumisti, truccatori, scenografi, manicures, pedicures, massaggiatori-ici,
parrucchieri, etc.
Poi, dietro alla seconda linea, c'è la regìa che vigila sui filmati raccolti ed
in contemporanea sceglie quelli che ritiene più interessanti (dal punto di vista
dello spettacolo ma anche da quello dei finanziatori del programma).
Dietro a questa regìa di prima linea c'è la regìa di tutto lo spettacolo, che
comporta anche la trasmissione vera e propria con il pubblico che applaude, la
presentatrice che dialoga con gli esiliati, la votazione sulla votazione, la
pubblicità interposta.
Ma non è tutto. Anzi, è qui che si comincia.
Infatti, dietro ad ogni "naufrago" c'è una società di «comunicazione»
interessata a lanciare l'individuo che a lei si è affidato, pagando anche forti
cointeressenze (ovviamente solo in caso di successo). Al quale successo il
comunicatore pensa per intero, ed alla fine il personaggio non deve far altro
che "ubbidire!" Alla società di comunicazione e di immagine è strettamente
collegato il sistema del "Gossip": una catena ininterrotta di pubblicazioni
cartacee, le più vendute in assoluto in Italia, ed alle quali si affidano
fiduciose tutte le società editrici, che guadagnano cifre iperboliche dalla
vendita nelle edicole, utili per compensare le perdite della stampa di libri che
dovrebbero far pensare e che non sono nè comprati nè tantomeno letti.
Una delle fonti maggiori di ricavo per questi periodici non è la pubblicità
convenzionale (prodotti di vario genere), ma le inserzioni delle aziende di
comunicazione, che inventano storie per tenere desta l'attenzione del pubblico
sui loro clienti. Le foto attuali, cioè la paparazzate, sono quasi sempre false.
I favolosi anni sessanta, quelli della "Dolce Vita", della Via Veneto
immortalata da Fellini e dai rotocalchi d'allora, coi pugni (finti)
somministrati dai vari accompagnatori di "dive", per lo più nobilastri
spiantati, sono irrimediabilmente finiti. A quei tempi c'era ancora qualcosa di
genuino. Non c'era ancora il marketing della chirurgia estetica che omologa
tutti i fantasmi dello spettacolo. Oggi un'eventuale foto di uno "scandalo"
sessuale fra personaggi dell'establishment spettacolare è sicuramente falsa. A
maggior ragione se apparentemente scattata di notte, col favore del buio, da
dietro la classica siepe. Questo, signori, è il Reality.
La politica nel "reality"
Lo stesso sistema è pienamente in funzione anche per i cosiddetti "uomini
politici". Meglio se inventati di sana pianta, per meriti vari. Infatti,
chiunque desidera far carriera in politica deve necessariamente affidarsi ad una
Company di comunicazione, che ne cura l'immagine. Cioè si cura di tutto e forse
qualcosa di più, cioè anche di "occultare" la propria presenza dietro le quinte.
[Come l'imposizione di trovarsi in certi luoghi, assieme a certe persone,
vestirsi con un certo stile, pettinarsi (farsi i capelli finti, tingerli,
togliersi le rughe), avere certi tic, dire certe frasi, recitare in un certo
modo durante le conferenze o le interviste, ma soprattutto imparare a memoria i
discorsi che deve tenere, in modo da apparire spontaneo e genuino.]
Questo è il "sistema" nella società di comunicazione, ed a queste sequenza di
concatenazioni credono le "Masse".
In verità, in questo muro [che blocca un'autentica comunicazione fra leader e
popolo che costoro dovrebbero rappresentare] si va aprendo qualche falla. Ad
esempio, comincia a circolare il nome di coloro che scrivono i discorsi che i
loro protetti devono recitare, perchè molto spesso questi ultimi non sanno
proprio cosa dire (e spesso cosa pensare). Tuttavia, lo spettatore/massa (che
vale come elemento politicamente utile in quanto, appunto, "massificato") non è
in condizione di percepire queste sottigliezze. Ed in TV noi vediamo per lo più
una faccia da ebete che oltretutto dice frasi smozzicate perchè tagliate "anche"
dalla regìa, secondo le intenzioni dei direttori dei TG stessi.
Sfasamento consumista del reality politico
Accade un altro fatto piuttosto grave. Le "Companies" di comunicazione nascono e
si strutturano prevalentemente con un fine: vendere prodotti finiti. Ideare
parole e slogan per la pubblicità.
I pubblicitari, senza entrare molto nel dettaglio, preparano messaggi ed
immagini per stimolare l'acquisto di prodotti di largo consumo. Pertanto, i
pubblicitari prestati alla politica non possono andare ideologicamente oltre la
loro cultura. Il messaggio che elaborano e fanno acriticamente recitare al
guitto di turno è SEMPRE concepito per accalappiare i "gonzi". Viene profusa a
piene mani una retorica stantia e bolsa, valida al più per i discorsi di un
Felice Cavallotti, notissimo e simpatico retore, morto a Roma nel 1898. Forse
ancor più moderno di un Veltroni, proprio perchè in questo mondo non c'è più
spazio per i vecchi istrioni d'un tempo, che almeno improvvisavano. L'uso della
menzogna è strumentale a tal fine. Non esiste messaggio che non contenga
menzogne. La copertura irrazionale serve proprio per negare l'evidenza. Ad
esempio, la dichiarazione che alla manifestazione di Veltroni ci fossero due
milioni e mezzo di persone è palesemente miracolistica. Nega l'evidenza.
Basterebbe paragonare lo spazio nel quale è avvenuta con la Piazza San Pietro.
Ne consegue che, nel momento in cui il pubblicitario, abituato ad abbagliare le
sue vittime per far loro acquistare un nuovo paio di pannoloni passa
all'argomento politico, utilizza di necessità concetti retorici di bassa lega,
cioè vecchi ammuffiti. Che si attagliano, confermandole, alle idee correnti di
una classe politica incapace di concepire la società post-moderna e le sue
implicazioni. Ad esempio, un Veltroni ritiene di essere à la page sol perchè
s'interessa di cinema. Tecnica comunicazionale ormai superata. Come sanno bene i
"maestri" hollywoodiani.
Di conseguenza la comunicazione che si stabilisce tra gli pseudo leaders ed il
loro pubblico veicola concetti politici retrogradi. Questa è la ragione vera del
ristagno della società italiana, incapace di affrontare le sfide del futuro ma
soprattutto della sua decadenza civile e morale. Che può essere superata
soltanto da una rivoluzione redentrice.
Giorgio Vitali
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