un articolo da leggere
Riflessioni sul neofascismo
Maurizio
Barozzi (10
gennaio 2013)
In Facebook, ma non
solo, sta gironzolando questo articolo di una certa Anna Lami che,
dicesi, ha frequentato ambienti della destra o presunta tale (Forza
Nuova). Questo articolo è pubblicato da un sedicente Movimento
Popolare di Liberazione, che non conosco e la Lemmi esprime una
spietata critica al presunto neofascismo e ai gruppi di destra,
errata in partenza, ma non del tutto fuori luogo o sballata.
Il fatto è che questa
articolista, da come accenna alle analisi sul capitalismo, ha tutta
l'aria di essere approdata, dalla destra dove ha deambulato, al
marxismo.
La sua critica quindi
parte da aspetti materialistici e marxisti e in questo senso,
considerando quanto il marxismo e il comunismo siano fuori dalla
portata umana e oramai del tutto sconfessati, i suoi paragoni sono
"minati" in partenza.
Molto interessante
invece le contraddizioni che la Lami riscontra rispetto a certe
problematiche e parole d'ordine che questi movimenti di destra
cavalcano da tempo: dall'antimperialismo, al sostegno ai
palestinesi, alla avversione agli USA, alla società multietnica,
ecc.
La Lami, infatti,
partendo però dai suoi presupposti marxisti, riscontra profonde
contraddizioni che in buona parte derivano dalla concezione
antiegualitaria, gerarchica e razzista che aleggia in questa area
nel momento in cui dai vecchi slogan a favore del Sudafrica, di
Pinochet, dell'OAS, ecc. si è oggi passati a simpatizzare con la
Libia, l'Irak, i palestinesi, ecc.
In effetti la vecchia
propaganda del destrismo, mutuata da una visione tradizionalista,
cattolica o evoliana della storia, era quello che era, ma oltretutto
vi erano anche aspetti infami, perchè certe posizioni scaturivano da
collusioni con l'Occidente.
Ma anche il retaggio
missista non è indifferente, perchè molti gruppi di Destra, sociale,
ideale, nazionale o come volete chiamarli, sono gli epigoni di quel
balordo partito antinazionale e conservatore che fu il MSI.
Un minimo di chiarezza sarebbe necessario.
Sollecitato a farlo,
nonostante che quelle della Lami, mi è giustamente stato fatto
notare, trattasi di argomentazioni pseudo marxiane trite e ritrite,
ho ritento di intercalare l'articolo della Lami con alcune mie
semplici osservazioni, en passant poste in
colore
blu. |
venerdì 4 gennaio 2013
http://sollevazione.blogspot.it/2013/01/riflessioni-sul-neofascismo-italiano.html#more
Riflessioni sul
neofascismo italiano
Anna Lami
«Tagliate le teste ai vostri nemici,
non per avere nemici senza teste,
solo per scoprire quanto esse siano vuote» |
Le considerazioni che seguono
derivano da un bilancio della mia personale esperienza nella variegata area
dell'estrema destra italiana, dove ho iniziato a militare da giovanissima fino a
diventare, all'età di 20 anni, dirigente di Forza Nuova.
Diedi le mie dimissioni da tale organizzazione dopo un percorso che mi aveva
condotto da una parte a comprendere il grave errore politico compiuto in
adolescenza e la sostanziale estraneità delle posizioni rivoluzionarie a tali
ambienti, dall'altro lato l'impossibilità di agire all'interno di tale struttura
per cambiarne programmi ed obiettivi.
Questo breve scritto si rivolge innanzitutto ai molti giovanissimi che si
avvicinano al neofascismo mossi da sincere aspirazioni di ribellione,
nell'ottica di offrire loro qualche strumento di riflessione e magari
ripensamento. Mi auguro, inoltre, che queste riflessioni possano offrire quale
spunto utile per approfondire la conoscenza dell'area neofascista tra chi è
attivamente impegnato a contrastare la diffusione delle organizzazioni di
estrema destra nel tessuto sociale.
Le realtà italiane che si rifanno direttamente ad ideali fascisti sono
molteplici; ancor più numerosi sono i gruppi politici che pur non rivendicando
apertamente l'eredità del ventennio, vi si riferiscono nelle pratiche e nelle
battaglie politiche. Solo per citare quelle più rilevanti sia per numero di
militanti che per diffusione sul territorio nazionale, troviamo Forza Nuova,
Casa Pound e La Destra.
Ripercorrerne l'excursus storico-politico sarebbe superfluo, abbondando a
proposito le conoscenze. Maggiormente interessante è sottolineare che tutti i
gruppi neofascisti, oltre alle tematiche più caratterizzanti come il rifiuto
della società multirazziale e dell'immigrazione, nella propaganda si richiamano
ad ideali di giustizia sociale, anticapitalismo, antimperialismo e spesso
rifiutano la collocazione a destra dello scacchiere politico definendosi «oltre
la destra e la sinistra», "trasversali", oppure «estremo centro alto» (come si
autoprofessa CP).
Alcuni settori minoritari arrivano addirittura a qualificarsi come
nazionalbolscevichi o nazimaoisti, senza uscire però dall'impianto teorico,
pratico e simbolico del neofascismo di cui sono parte integrante.
Diventa quindi importante smascherare le tematiche pseudo rivoluzionarie agitate
strumentalmente da questi ambienti, perché è proprio su di esse che fanno leva
per intercettare settori di ribellismo giovanile e cercare di inserirsi nel
malcontento sociale.
Su questa "presentazione" della Lami occorre fare subito una premessa.
Intanto non entriamo nel merito delle considerazioni espresse verso i gruppi da
lei citati, starà semmai a quei gruppi rispondere, se vorranno.
Noi che non siamo partecipi e neppure vicini a nessun gruppo o movimento
possiamo intanto affermare che il termine "neofascista" è quantomeno improprio.
La recente storia ci insegna che l'etichetta di "neofascismo" è stata affibbiata
al MSI e ad alcuni movimenti di destra, deambulanti in Italia dal dopoguerra in
avanti che, a nostro avviso, di fascismo non avevano nulla, se non un generico
riferirsi a simboli e bandiere e ad alcuni principi di "autorità", "ordine",
"gerarchia", "corporativismo", "nazionalismo", ecc., del tutto slegati tra loro
ed in buona parte tagliando fuori, per non andare in contraddizione con la loro
collocazione a "destra", quel fascismo repubblicano e socialista della RSI. Ma
oltretutto la destra, pseudo "neofascista" del dopoguerra, ha praticato una
politica adeguata alla difesa dell'Occidente, ergo dell'Atlantismo, che non solo
l'ha squalificata come gli ascari della NATO, ma ha anche perseguito posizioni
politiche che andavano sempre contro gli interessi geopolitici del nostro paese
(in particolare in campo internazionale circa verso eventuali spinte nazionali
autonome, e nei delicati settori energetici, dove il filo atlantismo ha indotto
le destre, a tradire gli interessi nazionali facendo il gioco di quelli dei
nostri colonizzatori).
Sull'anticapitalismo
Il fondamentale motivo di incompatibilità tra una corretta concezione
anticapitalista e quella di derivazione neofascista risiede nell'analisi dei
rapporti economici. La dottrina economica fascista, infatti, non mira in alcun
modo a sovvertire i rapporti di classe esistenti nel contesto capitalista,
quanto piuttosto a ricomporre i contrasti e le tensioni sociali che da questi
rapporti derivano, in un presunto superamento idilliaco del conflitto
capitale-lavoro «nel supremo interesse della nazione» (corporativismo). La lotta
di classe (dal basso) è considerata sovversiva perché implica la divisione in
seno alla nazione ed al popolo.
Il neofascismo del dopoguerra non ha apportato dal canto suo nessuna innovazione
sostanziale nell'ambito della lettura dei rapporti economici, limitandosi al
massimo a denunciare l'eccessiva acquiescenza delle politiche del ventennio nei
confronti della grande borghesia industriale, agraria e latifondista rivelatasi
poi "traditrice" di Mussolini e della patria. Basti pensare che negli ultimi 60
anni la pubblicistica neofascista non ha prodotto alcuna analisi rigorosa e
documentata sugli effetti reali delle politiche economiche del regime e sulle
condizioni dei salariati nel sistema corporativo mussoliniano.
Rispetto alla realtà odierna l'area neofascista ignora, in gran parte, la
struttura e le dinamiche del capitalismo e ne offre una definizione confusa.
Spesso "capitalismo" è utilizzato come sinonimo di "mondialismo". Secondo il
pensiero prevalente nell'ambiente, infatti, il capitalismo si concretizzerebbe
nel dominio mondiale di una cricca di usurai dell'alta finanza sui popoli del
mondo.
Si tratta di una visione con forti venature complottiste in cui ci si limita
alla denuncia della speculazione finanziaria e del ruolo delle banche senza
assolutamente chiamare in causa i rapporti di produzione.
Non a caso, in quest'area politica trovano moltissimo spazio le teorie
signoraggiste che riconducono tutte le problematiche socio-economiche, compresa
la crisi capitalista attuale, ad un problema di emissione monetaria da parte di
banche centrali in mano privata (controllate, per taluni, dal complotto tra
ebrei, massoni e finanzieri apolidi).
Il presunto anticapitalismo neofascista non ha alcun fondamento scientifico e
non è altro che un aggiornamento (approssimativo) delle tematiche contro le
plutocrazie giudaico-massoniche di mussoliniana memoria.
Questa critica della Lami dimostra in tutta evidenza due cose: primo, che la
suddetta è approdata ad una visione marxista dell'economia; secondo, che non ha
capito nulla circa le forze e le situazioni che hanno determinato la realtà
economico sociale dei nostri tempi. È il "dramma" ideologico dei gruppi
marxisti, laddove la loro visione economica, con presunzioni di scientismo
(termine assurdo e che non significa nulla) non li ha mai portati a considerare
la vera complessità delle forze economiche e l'evoluzione che si è verificata in
questo campo con la scomparsa o meglio il ridimensionamento della figura del
capitalista imprenditore (quello che i "compagni" rappresentano con la faccia di
maiale, il sigaro in bocca, la tuba e la marsina) sostituito nella proprietà dal
capitale anonimo finanziario, una figura di "capitalismo finanziario" ben
peggiore del pur rapace e ingordo capitalista vecchia maniera che, almeno, era
legato alla impresa da lui creata mentre, per l'Alta finanza, l'Azienda e i
lavoratori sono solo dei numeri, delle Azioni, con tutte le conseguenze sociali
del caso.
Se la Lami permette, il fascismo ha realizzato l'unica forma di socialismo e di
giustizia sociale possibile sulla terra, ovvero connaturata alla natura umana:
un socialismo da realizzarsi nella nazione ed inoltre una giustizia sociale
(corporativismo e socializzazione) che risolva le ingiustizie sociali, ponga su
un piano di parità le componenti che concorrono all'Impresa, pur preservando
l'iniziativa privata perchè la natura umana dimostra che gli uomini si muovono,
creano e agiscono anche dietro certi stimoli, certe ambizioni che non possono
del tutto essere sostituite dallo Stato, senza annientare le iniziative e lo
sviluppo economica, in pratica finendo per «socializzare la miseria», come
dimostrato da tutti gli Stati in cui si è sperimentato il comunismo o meglio il
capitalismo di Stato.
Detto questo, è preoccupante e assurdo che la Lami liquidi poi le analisi e le
teorie sul mondialismo, laddove c'è tutta una dimostrazione storica che attesta
come certe grandi Consorterie sono da secoli preposte a realizzare una specie di
Repubblica Universale, una globalizzazione totale in tutti i settori
dell'umanità per imporre al genere umano un Nuovo Ordine Mondiale foriero di uno
sfruttamento e di una schiavitù inimmaginabile.
A questi perversi fini, che sfuggono alle analisi marxiste, tutte tese a
considerare tutto al più le multinazionali, concorrono almeno tre forze di
natura cosmopolita: la Massoneria Universale come aspirazione dei suoi ideali
massonici; l'Alta finanza, come pianificazione di tutto il pianeta stretto in
una tela di ragno che consenta all'Alta finanza di perpetuare il suo sistema di
usura e di proprietà di tutti i beni della terra; ed infine l'ebraismo
internazionale, almeno nelle sue componenti che vagheggiano un dominio di
Israele su tutta l'umanità così come promesso da Dio alla "razza eletta". Questo
non è complottismo e neppure antisemitismo: è una realtà che sta sotto i nostri
occhi e che giorno per giorno si va perfidamente affermando nel pianeta.
È molto più "complottismo", anzi complottismo demenziale, la vetero visione
marxista circa il "capitalismo monopolista" che mira all'imperialismo, ecc.
Per quanto riguarda il "Signoraggio" e il sistema di usura bancaria, stesso
discorso: è veramente incredibile che certi personaggi, come la stessa Lami, che
si vantano di avere una visione scientifica dell'economia, non capiscano e non
avvertano neppure lontanamente tutto quel processo storico a partire dalla
creazione della Banca d'Inghilterra nella seconda metà del 1600, fino ad oggi,
che ha portato al signoraggio monetario e fino a quel perverso sistema bancario,
perfezionato agli inizi del secondo decennio del 1900 con il varo del Federal
Reserve System in America poi mutuato o imposto a tutte le nazioni.
Come non comprendere che certi Istituti e Organismi mondialisti, per esempio il
CFR sono, da quasi un secolo, preposti ad elaborare strategie di dominio
mondiale, a selezionare e preparare uomini e personalità deputate a recitare in
tutto il mondo politiche trans e over nazionali tese a erodere e limitare la
sovranità degli Stati; come certi Istituti quali il FMI e la Banca Mondiale sono
delle potentissime armi in mano all'Alta finanza e che consentono di imporre
agli Stati, prestiti a usura in cambio del controllo delle loro economie e degli
sviluppi sociali, in modo da stringere questi paesi in un sistema di usura
bancaria e di perdita di ogni sovranità nazionale, dal quale non gli sarà più
possibile sottrarsi. La truffa del debito pubblico, con le nazioni costrette a
devolvere ogni loro ricchezza, ogni loro disponibilità finanziaria al pagamento
di questi debiti, imponendo ai cittadini tasse inaudite e impensabili e
riducendo progressivamente a zero ogni residuo di stato sociale, ogni spesa per
la normale vita del popolo come pensioni, scuola, sanità, infrastrutture, ecc.,
tutte queste obbligazioni, la Lami da dove crede che nascano se non da questo
perverso sistema di "usura bancaria"?
Come può definire tutto questo andazzo che è sotto gli occhi di tutti:
"complottismo"?
Giusta invece la critica che la Lami adombra verso gruppi e movimenti di destra
che hanno improvvisamente scoperto questi temi: "mondialismo" e "signoraggio", e
spesso li portano avanti con retorica, fanno confusione e soprattutto mostrano
di non avere le idee chiare in proposito.
Le considerazioni, le tesi e le teorie su questi temi, a partire da Ezra Pound
per arrivare a Giacinto Auriti, non sono pane per tutti e non sono enunciabili
con pressapochismo.
Sull'antimperialismo
I neofascisti tutti si definiscono antimperialisti e si dichiarano a favore
dell'autodeterminazione dei popoli. Eppure, cosa c'è di più contraddittorio tra
il richiamarsi più o meno apertamente alle esperienze totalitarie ed autoritarie
del '900 e l'autodeterminazione dei popoli?
Sia la politica nazionalsocialista che quella fascista erano palesemente
imperialiste, incentrate su una visione dei rapporti internazionali che verteva
sull'idea di una continua lotta per la supremazia tra le nazioni, dal sapore
darwiniano.
Per giustificare l'espansionismo ed il colonialismo fascista si pretende di
contrapporre una visione "imperialista" statunitense ad una "imperiale" fondata
sulla "volontà di potenza" e sulla presunta superiorità della civiltà "romana e
cristiana". Quest'ultima avrebbe svolto una funzione educatrice nei confronti
dei popoli di colore incapaci di evolvere socialmente e politicamente senza la
provvidenziale guida europea. Tant'è che in più occasioni Forza Nuova ha difeso
il colonialismo italiano in Africa, e non ha fatto mistero di auspicarne una
riedizione aggiornata.
Vera rimostranza alla base dell'antimperialismo neofascista è infatti il
ridimensionamento del ruolo italiano ed europeo nello scacchiere geopolitico
mondiale a seguito della sconfitta bellica: si rimprovera infatti alla nostra
classe dirigente il perenne atteggiamento di "servilismo" nei confronti degli
USA. L'antimperialismo neofascista non è che una reazione alla sconfitta storica
subita dalle potenze dell'Asse nella seconda guerra mondiale ed alla perdita di
centralità degli stati europei. È rivolto prevalentemente nei confronti degli
Stati Uniti d'America (pertanto più che antimperialismo sarebbe maggiormente
corretto definirlo antiamericanismo) in quanto incarnerebbero il nemico che più
di tutti ha contribuito alla sconfitta dell'Europa nazi-fascista, la "vera"
Europa.
Dopo il crollo del muro di Berlino, e la perdita della funzione di argine
antisovietico, gli USA sono diventati per l'estrema destra il simbolo di tutti i
mali contemporanei: il paese multirazziale per eccellenza, politicamente guidato
da lobbies di massoni ed ebrei che, occupando posizioni chiave
dell'amministrazione americana, ne dirigono la politica.
Di conseguenza il neofascista condanna le guerre in Iraq, Afghanistan e Libia
soprattutto perché funzionali agli interessi economici e geopolitici degli USA
e/o di altre potenze occidentali mentre l'Italia in tali conflitti rivestirebbe
un ruolo subordinato non ricavandone che poche briciole. Inoltre il
filo-militarismo tipico degli estremisti di destra li porta comunque a
solidarizzare e rendere onore ogniqualvolta un soldato italiano perde la vita o
viene ferito in una missione all'estero. Emblematica in tal senso la campagna di
Casa Pound e della Destra di Storace a sostegno dei due marò italiani che hanno
sparato ed ucciso un pescatore indiano lo scorso anno. Anziché chiedersi come
mai i soldati italiani stessero difendendo gli interessi di una compagnia
economica privata, anziché interrogarsi sull'opportunità di punire chi ha ucciso
immotivatamente un pescatore inoffensivo, hanno invocato la libertà per i marò
giudicando inaccettabile non l'assassinio di un uomo inerme ma il fatto che il
governo italiano non si sarebbe fatto rispettare dall'India, imponendo
l'estradizione dei militari.
Insomma sono "antimperialisti" solo con gli imperialismi stranieri. Ad esempio,
lo scorso anno Casa Pound ha dato perfetta prova di cosa intenda per
antimperialismo. Come sappiamo, la Francia ha ricoperto un ruolo di primo piano
nella guerra alla Libia: ebbene la reazione di Casa Pound è stata quella di
protestare mandando gommoni al Trocadero a Parigi perché «vi siete presi
Galbani, Gucci, Bulgari, Bnl, Parmalat, Alitalia» ed ora «l'ENI perderà il
monopolio del petrolio libico in favore di Total». In questo caso il problema
non è l'imperialismo economico in sé, quanto se siano o meno "italiani" o meno i
gruppi capitalistici che lo praticano. Quindi lo pseudo-antimperialismo
neofascista è semplicemente figlio di aspirazioni nazionaliste frustrate.
Qui premettiamo subito che non entriamo nel merito di certe accuse elevate dalla
Lami ad alcuni gruppi da lei definiti, bontà sua, "neofascisti". Semplicemente
non ci interessano.
Noi intendiamo invece fornire una precisazione ideologica rispetto al fascismo,
non al "neofascismo" che, come abbiamo accennato, per noi non ha nulla a che
vedere con il fascismo.
Il "neofascismo" destrista in effetti, dopo la per lui "dolorosa" perdita
dell'URSS collassata con tutto il comunismo (un "nemico" quanto mai utile per
giustificare certe "collusioni") è passato dalla esaltazione dell'Occidente
cristiano, del "mondo libero" quale male minore rispetto al comunismo, quindi
dal parteggiare per tutti quei governi fantoccio degli USA, come Pinochet, il
Vietnam del Sud, ecc., ad una generica e mal espressa simpatia per gli Stati
attualmente aggrediti dagli americani. finendo per incappare in evidenti
contraddizioni.
Un malcelato "nazionalismo", oltretutto fuori luogo perchè stiamo parlando di
una "Patria" che non esiste in quanto non solo espressione di una repubblica
democratica antifascista nata da una presunta Resistenza, ma di una nazione a
totale servizio degli Atlantici, ai quali è subordinata sul piano economico,
finanziario e militare. Senza contare l'omologazione culturale della nostra
società all'Occidente, un occidente americanista, consumista che, sia
prendendolo nella sua accezione borghese e liberista oppure nei suoi aspetti
progressisti e neoradicali, rappresenta l'antitesi piena del nostro mondo.
Con questa premessa possiamo dire che le contraddizioni rilevate dalla Lami non
sono tutte fuori luogo, come infatti ha dimostrato il demenziale sostegno,
nazionalista, a prescindere, dato dalle destre ai due Marò autori di un crimine
in India.
Il fatto è però che tra noi fascisti e la Lami non può esserci dialogo perchè
partiamo da due diverse concezioni dell'uomo, della vita e del mondo.
La Lami evidentemente si rifà ad una concezione egualitaria e materialista
dell'uomo e della storia, mentre noi invece neghiamo totalmente ogni forma di
egualitarismo. Inoltre come la Storia ci dimostra, l'uomo tende al dominio, a
quello che la Lami chiama "imperialismo". Sia un clan, una città Stato, una
nazione o che altro, quella è la tendenza della razza umana. Non ha senso stare
ha disquisire se questo aspetto della del genere umano e della Storia sia bello
o brutto, giusto o ingiusto.
È così e basta. Nella realtà non esistono popoli "buoni" o "cattivi", e neppure
in senso assoluto si possono fare distinzioni tra "aggrediti buoni" e
"aggressori cattivi", perchè i cosiddetti "buoni" e "aggrediti" di oggi, in
mutati rapporti di forza, in diverse condizioni storiche, possono benissimo
diventare i "cattivi" di domani.
La natura umana è un archetipo immutabile che non lo cambiamo nè noi, nè le
utopie della Lami. Queste considerazioni ci portano pertanto a stabilire il
nostro posto, la nostra partigianeria: il simile con il simile. Noi stiamo per
Roma e contro Cartagine, non perchè i romani erano "buoni" e i cartaginesi
"cattivi", ma perchè Roma rappresentava la "nostra civiltà" e Cartagine invece
ne rappresentava l'antitesi.
Ergo siamo contro gli USA-Israel, non perchè sono i "cattivi", anche se sappiamo
benissimo che costoro compiono costantemente, giorno dopo giorno, gesta
criminali, ma questo per noi costituisce un incentivo a combatterli, non il
motivo principale per cui li avversiamo. Siamo contro l'imperialismo americano e
israeliano perchè, non solo rappresenta la colonizzazione dell'Europa, ma perchè
costituisce un mondo e una civiltà a noi antitetica, irriducibilmente avversa,
quella che per noi è il vero "nemico dell'uomo. La civiltà di cui Roma era
portatrice, con il suo Diritto, ecc., di un dominio che nulla ha a che vedere
con il dominio mercantilista e colonialista anglo americano è anche un altro
aspetto che ci teniamo a evidenziare.
Quindi noi ci teniamo il nostro "imperialismo" e il nostro "antimperialismo" e
la Lami si tenga il suo "antimperialismo", puntualmente smentito dalla Storia,
laddove certi popoli, a cui le sinistre in passato hanno dato il loro sostegno e
la loro solidarietà, si sono poi dimostrati per quello che erano: nè più nè meno
che "imperialisti" come tutti gli altri.
Non guasta, comunque, precisare che mentre i "neofascisti" destristi, fino a
ieri sostenevano demenzialmente tutte quelle nazioni che erano in contrasto con
l'URSS, quindi simpatizzavano con Israele definito "ultimo baluardo dell'uomo
bianco in medio oriente" ed erano contro gli arabi perchè, dicevano, erano
"amici dei sovietici", ed oggi invece, manifestano magari un certo
antimperialismo antiamericano, giustamente considerato dalla Lami "sospetto",
noi fascisti invece siamo sempre stati dalla parte dei Vietcong, di Guevara, dei
popoli arabi, del popolo palestinese, perchè erano nemici dei nostri nemici e
colonizzatori (gli USA-Israel) ovvero di quel mondo occidentale che abbiamo
definito "il vero nemico dell'uomo".
Le osservazioni sui "neofascisti" di destra quindi non ci riguardano.
Destra-Sinistra ovvero
gerarchia-eguaglianza
Come accennato all'inizio di questo scritto la maggioranza dei gruppi
neofascisti rifiuta la collocazione a "destra" dello scacchiere politico.
Eppure, tutti i pensatori a cui si rifanno (da Nietzsche ad Evola, dalla
Konservative Revolution ad Adriano Romualdi), sono ispirati, sia pur in forme
differenti, al principio di fondo dell'inegualitarismo gerarchico. Non a caso
sono tutti feroci critici della rivoluzione francese. Prima della rivoluzione
francese, infatti, la rappresentazione della realtà politica secondo metafore
spaziali non usava la dimensione laterale orizzontale destra-sinistra, ma quella
verticale alto-basso. Al vertice stava il re, poi il clero, l'aristocrazia
guerriera, ed infine il popolo. È la sinistra che durante la rivoluzione
francese ha fatto ruotare l'asse della raffigurazione originaria della
dimensione politica da verticale a orizzontale, laddove all'orizzontalità si
associava un programma ideologico contro il privilegio e la gerarchia. La
destra, che ha subìto questo cambio di paradigma simbolico, non si riconosce in
questa rappresentazione e preferisce continuare a ricorrere alla concezione
verticale, onde il rifiuto di molti settori della destra più radicale di
riconoscersi nella dicotomia destra-sinistra.
Eppure proprio la chiave interpretativa simbolica di
sinistra-orizzontalità-eguaglianza contro destra-verticalità-gerarchia, consente
di inquadrare bene un'altra discriminante teorica fondamentale che separa
irriducibilmente le forze d'estrema destra da quelle autenticamente
rivoluzionarie.
Certamente sia la concezione egualitaria che quella gerarchica possono tradursi
in svariati programmi ideologici concreti. L'eguaglianza da realizzare può
essere quella davanti alla legge, quella politica, quella economica. Così come
la gerarchia può essere fondata sul censo, sulla razza, sulla forza. Ad ogni
modo eguaglianza significa riconoscimento di uno o più aspetti essenziali
relativamente ai quali gli individui, indipendentemente da tutte le altre
diversità, hanno pari dignità e diritto ad eguale trattamento, mentre gerarchia
significa l'individuazione di una specifica superiorità di alcuni che, al di là
di possibili aspetti comuni con gli altri individui, richiede un trattamento
differenziato.
Ebbene, nella concezione ideologica della destra radicale le differenze tra gli
esseri umani (di etnia, di sesso, di capacità) comportano il conferimento di uno
status complessivo al gruppo di individui portatori della differenza, status che
definisce poi il posto appropriato nella gerarchia sociale. Dunque l'inegualitarismo
non assume solo una funzione descrittiva, ma prescrittiva, nel senso che le
differenze nel genere umano non sono solo empiricamente evidenti (bianchi-neri,
uomo-donna), ma prescrivono un ordine strutturato dal superiore all'inferiore.
Le ideologie che stanno a fondamento della destra neofascista (tradizionalismo,
superomismo reazionario, razzismo, comunitarismo organicista) sono, quindi,
radicalmente estranee, dal punto di vista della visione antropologica, ad ogni
forma di egualitarismo.
Ed ecco, dunque, l'esaltazione della razza, della stirpe, dei vincoli di "sangue
e suolo", di tutto le possibili forme di unità sociale rette da vincoli di
solidarietà naturali e non da interessi materiali. Quindi il rifiuto della
dimensione economica come fattore determinante nella struttura sociale e della
democrazia che livellerebbe ingiustamente gli esseri umani privilegiando la
quantità rispetto alla qualità.
Non a caso i movimenti fascisti si sono sempre opposti alle classi dirigenti
liberali, perché non sono "vere" élite, autentiche aristocrazie (del sangue o
dello spirito), provviste del potere carismatico del comando, perché la loro
essenza è solo economica, "mercantile", quindi priva di valore intrinseco.
Anche qui è necessaria una premessa: la visione della vita e del mondo della
Lami è diametralmente opposta alla nostra. Noi ci rifacciamo ad una certa
concezione dell'uomo che non solo ne distingue caratteristiche, funzioni e
attitudini, ma ne identifica anche determinati valori, a partire da quelli dello
spirito. Attenendoci a questo non possiamo che auspicare un tipo di società
affatto diverso da quello che invece vorrebbe la Lami.
La fonti alle quali ci siamo abbeverati sono quelle della sapienza antica, della
Tradizione, ma sono anche le normali osservazioni della vita dell'uomo e della
donna.
E ritorniamo anche qui alla differenziazione e ineguaglianza degli esseri umani.
Noi abbiamo dei buoni motivi per avversare la società multietnica e peggio
ancora il meticciato, quindi le nostre posizioni sono irriducibilmente
contrarie, per principio, a quelle della Lami. Punto.
Ma noi non siamo dei reazionari, come poteva in un certo senso essere definito
Evola ed altri autori tradizionalisti. Noi riteniamo che il fascismo (da Evola
in parte criticato nel suo libro "Il fascismo visto dalla Destra"), che
l'esperienza e i contenuti politici e sociali della Repubblica Sociale Italiana,
(a cui Evola, non aderì), sono fenomeni, sono un ciclo storico dei nostri tempi.
Sostanzialmente il fascismo è una possibile attuazione di quegli stessi principi
Tradizionali in un epoca, da alcuni definita "il secolo delle masse", per la
quale non sono più riproponibili realizzazioni oramai fuori dai tempi e dalla
storia. Evola era rimasto alle caste e a Metternich, il fascismo con il suo
stato nazional-popolare, la sua visione istituzionale corporativa, la sua
Repubblica che sconfessava e rivedeva le nomine dall'alto del ventennio, pur
senza sconfinare nei falsi principi democratici, il suo stato sociale, la sua
socializzazione, rappresentano ancora oggi, una avanguardia di idee, di pensiero
e di soluzioni concrete, giuste e realizzabili per i nostri tempi.
Il fascismo aveva superato queste distinzioni egheliane destra-sinistra, ed anzi
noi oggi possiamo tranquillamente affermare che in Italia, la destra, comunque
la si voglia intendere o edulcorare, non ha più diritto di cittadinanza politica
avendo, dal dopoguerra ad oggi tradito gli interessi nazionali in barba a quella
"Patria" di cui si riempiva la bocca.
Per quanto riguarda certe aristocrazie tanto care ad Evola, fermo restando
valido il principio di una scala di gerarchie che da quelle dello spirito
passano a quelle del carattere, ai valori dell'eroismo, ecc,, per proseguire con
le specificazioni tecniche, ecc., siamo ben consci che oggi tutto quel mondo è
irrimediabilmente finito, anzi si è consumato in una sua putrefazione
esistenziale laddove vediamo a cosa è ridotta l'"aristocrazia" nera cara ai
cattolici o quella dei nobili, dei regnanti, principi e contesse, tutti finiti a
trastullarsi nelle stazioni termali, nei casinò o negli scandali da rotocalco.
Braccio armato della reazione
I fascisti si proclamano come terza via rispetto alle ipotesi comuniste e "liberal-capitaliste".
«Né fronte rosso, né reazione!» è uno dei loro slogan preferiti. In realtà della
reazione sono sempre stati il braccio armato.
Precisiamo, noi siamo «una terza via» e chi è stato il braccio armato della
reazione è il neofascismo destrista con il quale non abbiamo nulla in comune, se
poi consideriamo i gruppi armati di sinistra, non possiamo non rilevare che,
volenti o nolenti, hanno fatto il gioco di forze oscure che stanno dietro il
dominio dell'Occidente.
In tutta Europa i movimenti
fascisti nascono come reazione della piccola borghesia al "pericolo rosso". Nel
1919 la fondazione dei "Fasci italiani di combattimento" con un programma
intriso di forti venature progressiste e richiami socialisteggianti, ebbe
scarsissima eco.
Fu solo dopo la svolta reazionaria del 1920 con l'abbandono di tutte le
posizioni politicamente invise alla borghesia conservatrice (la pregiudiziale
antimonarchica, il voto per le donne, le posizioni anticlericali, le
rivendicazioni sociali più avanzate) e le prime azioni squadristiche contro le
organizzazioni proletarie che i fascisti iniziarono ad essere finanziati da
agrari ed industriali preoccupati dalla agitazioni operaie del "biennio rosso",
ed ingrossarono le loro fila fino a contare migliaia di militanti (mentre tanti
militanti della prima ora abbandonavano il movimento ormai compromesso con i
settori più retrivi delle classi dominanti).
La storia della nascita e genesi del fascismo non può essere relegata ad alcuni
momenti episodici, ignorando un compendio di idealità e impulsi rivoluzionari
che vi erano dietro, e quella del ventennio, oltretutto, dovrebbe pur sempre
tenere conto della necessità di costruire una Nazione non compiuta dal
risorgimento e di ricostruire una società uscita dissestata dalla Grande guerra.
Senza il fascismo l'Italia sarebbe rimasta un paese arretrato come certi paesi
balcanici. Certo il prezzo da pagare fu quello di una politica conservatrice di
cui beneficiarono soprattutto certe classi agiate come gli agrari e gli
industriali ai quali venne garantita la "pace" sociale.
Ma anche in questo periodo il fascismo, oltre al varo di grandi opere
infrastrutturali per il popolo che non hanno uguali nel mondo per qualità e
quantità con cui vennero realizzate, riuscì a introdurre in Italia un certo
numero di Leggi sociali di grande avanguardia. Non si può certo paragonare il
ventennio fascista alla Spagna capitalista e clericale di Franco e neppure agli
orrori e ai sacrifici che le famigerate Nep di staliniana memoria imposero ai
russi. Ma, in ogni caso, oggi il fascismo dobbiamo prenderlo nella sua
evoluzione storica, nel pieno compimento ideologico, politico e sociale che si è
manifestato con la RSI. La Lami osserva che nel 1921 molti militanti
abbandonarono il movimento fascista perchè compromesso con i settori retrivi
delle classi dominanti, ma non riscontra che nella RSI, nonostante il pericolo
personale che questo comportava, ci furono idealisti, socialisti e persino ex
socialcomunisti che si avvicinarono al fascismo, e questo avrà pur un
significato.
Dopo la seconda guerra mondiale,
gli eredi del ventennio si schierarono attivamente nel campo occidentale per
contrastare l'«avanzata della barbarie sovietica». Non a caso il MSI votò sempre
a favore della NATO dal 1949 (anno di adesione dell'Italia all'Alleanza
Atlantica) al 1991 (anno della partecipazione italiana alla prima guerra di
aggressione all'Iraq di Saddam Hussein).
Quanto ai settori extraparlamentari, a parole più rivoluzionari della casa madre
missina, in politica internazionale si distinsero per l'esaltazione del
colonialismo francese in Indocina ed Algeria (l'OAS divenne un vero e proprio
mito per i neofascisti di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale), per il sostegno
a tutti i regimi dittatoriali da Franco a Pinochet passando per i colonnelli
greci, fino all'arruolamento di vari militanti (tra cui noti esponenti dei NAR
come Alessandro Alibrandi) nella Falange "Kataeb" in Libano a fianco
dell'esercito israeliano.
In Italia è nota, e in taluni casi persino apertamente rivendicata, la
partecipazione di questi ambienti ai fatti più oscuri della strategia della
tensione dalle stragi ai tentativi di colpi di stato. In tale contesto è utile
smascherare le fantasiose ricostruzioni storiche che vedrebbero i gruppi
neofascisti in prima fila nella contestazione giovanile del 1968: basti pensare
che se è vero che alcuni militanti di Avanguardia Nazionale e del Fuan-Caravella
parteciparono agli scontri di Valle Giulia del 1 marzo 1968, quelle stesse
persone nel 1970 erano attivamente impegnate nell'organizzare il fallito golpe
Borghese: questo la dice lunga sulle reali motivazioni che avevano nella
partecipazione (comunque assolutamente marginale) alla rivolta sessantottina.
Quanto al principale ideologo "nero" di quel periodo, Franco Giorgio Freda,
tutt'ora punto di riferimento teorico imprescindibile con le sue Edizioni di Ar,
se da un lato, nel 1969, scriveva un testo come "la Disintegrazione del Sistema"
in cui auspicava l'alleanza con le formazioni rivoluzionarie di sinistra e
dichiarava il proprio apprezzamento per il presidente Mao, dall'altro
collaborava con il SID ricoprendo indubbiamente un ruolo di primo piano nella
strage di Piazza Fontana il 12 dicembre dello stesso anno.
Su queste considerazioni di Anna Lami, in linea di massima, possiamo concordare,
puntualizzando però che quel fenomeno che si verificò nella seconda metà degli
anni '60 e che molto superficialmente venne definito "nazimaoista" aveva invece
in sè una forte carica spontanea, di ricerca e di uscir fuori dai vecchi e
superati schemi politici. Ci furono molte qualità e punti di partenza ideali e
politici che avrebbero potuto dare frutti interessanti se non fossero stati
affossati dal sistema, sia da "destra", attraverso personaggi, azioni e gruppi
equivoci, e sia da sinistra con il solito nauseante antifascismo a prescindere.
Per il resto le considerazioni della Lami non fanno una piega ed è per questo
che abbiamo specificato che il "neofascismo destrista", truppe cammellate della
reazione occidentale, non ha nulla a che vedere con il fascismo.
E quanto andiamo qui dicendo non lo diciamo a cose fatte, ma lo dicevamo già
negli anni '60 e '70 come dimostrato dall'archivio del sito della Federazione
Nazionale Combattenti della RSI (fncrsi.alterivista.org).
Non a caso noi oggi, concordiamo anche con molte delle denuncie e delle
considerazioni espresse da Vincenzo Vinciguerra un soldato politico che ha
vissuto e conosciuto da vicino il "neofascismo destrista" e ne ha denunciate
tutte le trame, le collusione e le infamità, e per far questo ha pagato il
prezzo di tombarsi vivo nelle carceri di stato, rifiutando ogni permesso e
concessione o sconto di pena, proprio perchè le sue denuncie non apparissero
quelle di un dissociato o di un pentito.
Piuttosto la Lami si guardi anche dentro la sua nuova casa da "compagna", perchè
non ci sembra proprio che il cosiddetto "terrorismo di sinistra" sia stato un
fulgido esempio di "rivoluzione". O vogliamo parlare, tanto per citare alcuni
casi, del famoso Superclan e della scuola Hyperion di Parigi, di Lotta continua
e le sue collusioni con la CIA dell'assassinio di Calabresi mascherato come una
vendetta per Pinelli, di Aldo Moro, e tanti altri episodi che dire oscuri è
poco?
Crediamo convenga stendere un velo di pietoso silenzio dopo aver osservato che
sia in un campo che nell'altro ci sono stati tanti ingenui e generosi ragazzi
che credevano di agire per la "causa", non importa quale, quando invece erano
manovrati da farabutti collusi con certe Intelligence.
Gli anni di piombo che hanno portato a scannarsi una intera generazione, destra
e sinistra, causando la morte o l'invalidità di tanti ragazzi, per non contare
gli anni di galera comminati, sono una sporca pagina di storia su cui prima o
poi bisognerà fare piena luce. Giovani di destra e di sinistra sono stati fatti
scannare ed hanno perso la vita, per gli interessi del sistema, dove gruppi e
personaggi manovrati dai servizi hanno alimentato la spirale di un assurdo
comunismo -anticomunismo, fascismo- antifascismo, il tutto in una
contrapposizione violenta quasi da "stadio".
In questo senso non possiamo non rilevare che la Lami persegue su questa strada
manicheista foriera solo di altre assurde contrapposizioni.
Immigrazione e razzismo
Con il crollo dei socialismi reali, l'avvento della globalizzazione e il
fenomeno delle migrazioni di massa i movimenti neofascisti rispolverano le
vecchie teorie razziste e si propongono come baluardo a difesa "dell'identità
nazionale" minacciata dall'"invasione" migratoria. Per i neofascisti, infatti,
l'identità nazionale non appartiene alla sfera culturale, soggetta ai mutamenti
della storia, ma è considerata come un dato originario, eterno ed immutabile,
radicato nell'eredità di sangue e nella dimensione razziale, in una prospettiva
completamente a-storica. In quest'ottica ovviamente qualunque mutamento della
composizione etnica dei popoli è considerato degenerativo. Come se tutti i
popoli attualmente esistenti non fossero il prodotto di una catena infinita di
"contaminazioni" etniche e culturali sedimentatesi nei secoli. Questa concezione
razzista ha come ovvia conseguenza l'avversione per l'immigrato visto come, più
o meno inconsapevole, veicolo di "imbastardimento" razziale. Dunque, nei fatti,
i neofascisti scaricano tutto il peso della problematica migratoria sulle
principali vittime del fenomeno: gli immigrati stessi. Senza assolutamente
concentrarsi sulle cause economiche che costringono milioni di esseri umani ad
abbandonare i loro paesi d'origine. Certo, qualche volta, nella pubblicistica
dell'estrema destra si ammette che gli immigrati sono sfruttati, eppure anziché
solidarizzare con loro quando si ribellano allo sfruttamento (come i braccianti
africani di Rosarno nel gennaio 2010), si invoca l'ulteriore repressione nei
loro confronti totalmente funzionale alle classi dominanti. Non a caso in
Grecia, nel pieno di una crisi che ha completamente devastato il tessuto sociale
di quel paese, i neonazisti di Alba Dorata (più volte presenti in Italia negli
anni scorsi ad iniziative di Forza Nuova) sono attivamente impegnati in continue
brutali aggressioni ai migranti più diseredati.
Noi che pur avversiamo la società multietnica nei suoi aspetti ideologici,
sociali e pratici e la riteniamo devastante per le società civili, non siamo
imbecilli da non vedere anche gli aspetti economici di questa forzatura
migratoria. Sappiamo bene come i primi a richiedere e sfruttare la presenza di
immigrati da utilizzare a basso costo e con intenso sfruttamento, sono stati
settori del capitalismo privato. Ma tutto questo è secondario e comunque, ancora
una volta, con la Lami non può esserci dialogo visto che partiamo da due opposte
concezioni della vita e del mondo.
I rapporti con la destra
istituzionale
Infine, se i militanti più ingenui davvero credono di essere alternativi
rispetto alle destre borghesi, i loro dirigenti nella destra "sistemica" hanno
abitualmente visto una sponda. Non è praticamente mai successo che
un'organizzazione neofascista rifiutasse l'alleanza politica o il sostegno (più
o meno palese) della destra istituzionale: le esperienze della giunta comunale
di Alemanno a Roma e della presidenza Storace alla regione Lazio sono quanto mai
significative al proposito. Dalle assunzioni di vari "camerati" nei settori
della pubblica amministrazione o nelle municipalizzate ai cospicui finanziamenti
e patrocini alle iniziative "culturali" dei circoli neofascisti.
Per ciò che concerne le competizioni elettorali, dalle amministrative passando
per le regionali e le politiche, appena ne hanno avuto l'occasione i dirigenti
di La Destra, Forza Nuova, Casa Pound hanno cercato un posticino al sole
inserendo loro uomini nelle liste di questo o quel partito "moderato" o, dove
possibile, entrando direttamente nella coalizione di centrodestra con la propria
organizzazione.
Il "correre da soli" non è stato quasi mai una scelta volontaria ma un
ripiegamento obbligato, quando, per ragioni di opportunità elettorale, i settori
della destra "sistemica" non hanno voluto allearsi pubblicamente con gli
"impresentabili" neofascisti. Anche la recente scelta di Casa Pound di
presentare liste autonome alle prossime elezioni, dopo che per anni ha candidato
suoi esponenti in An e poi nel Pdl, va letta nell'ottica di un deterioramento
dei rapporti tra CP e Polverini e Alemanno dopo che questi, in seguito alle
azioni squadristiche più eclatanti (aggressione all'esponente del PD Marchionne,
assassinio di tre senegalesi a Firenze da parte di Gianluca Casseri, raid ai
Magazzini Popolari a Casalbertone, ecc.), avevano dovuto prenderne le distanze.
Insomma pare evidente che le organizzazioni neofasciste siano "alternative al
sistema" e "dure e pure" solo quando non possono fare altrimenti.
In linea di massima ed a esclusione di certi episodi di violenza citati alla
fine dalla Lami con faziosa e superficiale partigianeria, siamo qui d'accordo
con lei, ed è per questo che, pur consci che sia un atteggiamento sterile,
personalmente, abbiamo sempre preferito l'astensione nelle competizioni
elettorali. Facciamo però osservare che quanto viene qui riscontrato sulle
destre, vale anche per le sinistre, laddove i cosiddetti Centri Sociali ci
appaiono più che altro come un "brodo di coltura" attraverso il quale il Sistema
con i suoi Servizi onnipresenti, può disporre all'occorrenza di masse di manovra
sempre utili, mentre gli epigoni del vecchio PCI si veda cosa sono diventati:
negli anni di governo, nel quale si sono alternati ai governi di centro destra
di Berlusconi, non sono stati altro che l'espressione di una borghesia liberal,
condizionata in qualche modo dall'Alta finanza e legata mani e piedi al
sionismo.
Maurizio
Barozzi
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