Il Sarkoberlusconismo e
l'impotenza dell'opposizione
Giorgio Vitali
«Se il presente
e l'avvenire nascono dal passato e sono segnati dal passato, resta
tuttavia una parte di caso»
Jacques Le Goff |
A parziale complemento di quanto scritto nel
precedente articolo, relativo alla realtà "noosferica" nella quale stiamo
vivendo, è necessario chiarire di che si tratta quando si scrive di realtà
sociale (socio-economica). Tutto quello che appare come descrizione della realtà
è, al contrario, una descrizione figurata di un mondo mentale, passata
oltretutto per il filtro della mediazione politica, della falsificazione storica
e degli interessi economico-religiosi sempre presenti nel nostro paese.
Non a caso, Vilfredo Pareto, studioso al quale si dovrebbe fare riferimento,
scriveva, sia pure nei limiti del suo positivismo economico torinese «… La
credenza non ha nulla a che fare con la scienza; ciascuno di noi può avere le
opinioni che più gli aggradano, ma esse non possono divenire parte della scienza
che quando si possa sostenerle almeno con un principio di dimostrazione. Così,
per esempio, vi sono taluni che credono al progresso indefinito della razza
umana. È un'opinione da discutersi, ma che è ben lungi dall'essere dimostrata,
ed alla quale non si può, in tale condizione di cose, subordinare tutta la
scienza sociale. Sarebbe lo stesso che voler edificare sulle nubi».
Al Pareto fa subito eco il Popper con la sua interpretazione del progresso
scientifico come espressione di "pseudo scoperte" dominate dall'ideologia di chi
le compie. Ne esiste peraltro un'applicazione anche nel settore della
diagnostica medica, con gli scritti dei noti epistemologi Bandini ed Antiseri,
che dimostrano chiaramente come buona parte delle decisioni cliniche sono
provocate dalla formazione ideologica di chi le formula.
Esponiamo questi concetti perché, trattandosi di politica, e non volendoci
mischiare nella bassa lotta di potere che caratterizza l'Italia d'oggi, la quale
peraltro maschera situazioni geopolitiche molto calde culminate, almeno in
questi giorni, con la morte di alcuni nostri militari in Afghanistan, sarebbe
doveroso affrontare l'argomento avendo cognizione non diciamo dell'intera
complessità del quadro, ma almeno di alcuni dei suoi elementi essenziali.
Molto lucidamente, Gaetano Salvemini scriveva nel "Dizionario delle idee": «La
differenza non è fra paesi governati da minoranze e paesi governati da
maggioranze. La differenza è fra minoranze chiuse e minoranze aperte, fra
minoranze rigide e minoranze fluide, e in ultima analisi fra minoranze inette e
minoranze capaci di farsi valere».
Ci sembra che questa definizione sia molto sottile ed in ogni caso rappresenti
la differenza sostanziale fra l'inconsistenza della cosiddetta sinistra ed il
"partito" al governo in Italia.
È evidente che quest'ultimo partito è un conglomerato molto complesso nel quale
convivono molte componenti culturali e sociali che illustreremo in seguito e che
è capace di intercettare gli interessi di un numero crescente di cittadini,
indipendentemente dalla loro condizione sociale.
Il fatto che la realtà italiana, ma che possiamo tranquillamente allargare
all'intera Europa, sia del tutto nuova rispetto alle vecchie categorie
analitiche, ci illustra pienamente il fallimento della sinistra. Della nuova
sinistra nata dalla crisi del centrosinistra di fanfaniana e sturziana memoria,
e mai più risollevata. Gli ultimi epigoni del catto-comunismo, di cui
Franceschini è, pare, espressione, si beccano la definitiva condanna con la
definizione di «pulce con la tosse» loro affibbiata da Bassolino. A nostro
parere, il partito dell'opposizione al PDL che, secondo Francesco Perfetti, ["La
repubblica (anti)fascista. Falsi miti, mostri sacri, cattivi maestri". Le
Lettere, pp.350] costituisce il primo Partito Liberale di Massa, è
un'accozzaglia d'intenzioni senza sbocco, ed una delle cause fondamentali della
stasi culturale nella quale si dibatte il nostro paese. Di fronte a questa
situazione non è possibile neppure far valere una qualsiasi componente analitica
di carattere classista. Infatti, anche in questo caso, l'arretratezza culturale
dell'ambiente post-comunista passato dal marxismo intransigente al liberalismo
passivamente subìto come accettazione del fallimento del Bolscevismo (vedi
parabola di D'Alema) non lascia alcuna speranza al futuro del nostro paese
attanagliato, speriamo solo per il momento, fra un sistema culturalmente
egemone, il sarkoberlusconismo, ed una alternativa che non sa a che santo
rivolgersi per potersi garantire un minimo di legittimazione, tanto da doversi
applicare a critiche di bassissimo moralismo in un momento in cui, proprio
questo moralismo è irriso dai componenti stessi della cultura di sinistra,
dimenticando tutti gli altri aspetti su cui potenzialmente far leva per
scardinare il sistema internazionale americanocentrico.
In realtà è proprio la filiazione culturale del Partito Democratico pensato da
Veltroni, (non a caso presentato come Democratic Party), dalla cultura
squisitamente amerikana degli anni sessanta-settanta, con decisa esclusione di
tutte quelle avanguardie statunitensi (Kerouak in testa) che avrebbero potuto
intaccare il potere dell'establishment economico-finanziario, a rendere
inefficace qualsiasi opposizione alla pervasività del Partito Neoliberista di
Massa basato sulla comunicazione televisiva e multimediale.
Non scriveremmo queste riflessioni se non le avessimo anticipate qualche
decennio fa nei bollettini della nostra Federazione, denunciando la falsità
intrinseca del concetto di Sinistra così com'era contrabbandato dalla sinistra
italiana egemonizzata allora dal PCI, peraltro circonfuso di intellettuali
pret-à-porter, tanto quanto svuotato oggi dalle teste d'uovo, delle quali le più
pensanti sono già passate da tempo, armi e bagagli, al servizio di Berlusconi,
tanto in parlamento quanto sui Media di sua proprietà. A tal proposito ci
teniamo a sottolineare che, contrariamente a quanto pensano gli oppositori a
tempo pieno ed i difensori della "libertà di stampa" che si automobilitano in
difesa di qualcosa d'indifendibile (Internet permette oggi una diffusibilità di
messaggi impensabile in passato. Si tratta di vedere che tipo e che calibro di
messaggi si riesce a far circolare…) il potere di Berlusconi non consiste nel
controllo dei Media, falso scopo, ma nella capacità di diffondere un Verbo che
soddisfa nell'inconscio le esigenze delle Masse europee.
Intermezzo: Digressione storica
L'incidenza della cultura nella storia nazionale dell'ultimo secolo è
brillantemente descritta in un recente libro di Roberto Vivarelli, storico
dell'Italia contemporanea, noto al grande pubblico per una sua autobiografia
("La fine di una stagione, memorie 1943-45", Il Mulino) con la quale prendeva in
contropiede i manipolati del mito resistenziale, assidui alle sue conferenze,
che avevano sempre visto in lui un esponente tra i più esperti di tale mito.
Egli, invece, fratello di quel Vivarelli che ha realizzato un noto documentario
sulla X Mas, era stato un giovane fascista che aveva combattuto in Padania con
le Fiamme Bianche.
In questa recente opera, ("Fascismo e storia d'Italia", Il Mulino) il Vivarelli
elenca le "responsabilità" della cultura italiana e la sua vocazione
nazionalistica e retorica. Gli orientamenti ed i riferimenti ideologici della
cultura italiana a partire dall'Unità della Nazione, sono dall'autore riassunti
in alcuni nomi. Carattere fortemente retorico (Mazzini), il peso della
tradizione classica e rinascimentale (Carducci), le aspirazioni e le ambizioni
di grandezza nazionale, portate in superficie dall'impresa libica, il ruolo
giocato dal tema del Risorgimento incompiuto (Gentile), il carattere nazionale e
non liberale del nostro processo d'unificazione (Volpe), l'eccesso di
patriottismo (la Grande Guerra e la Religione della Patria), IL MINORITARISMO
DELLA CULTURA LIBERALE, IL RUOLO MILITANTE DELL'INTELLETTUALE, (pronto a servire
un interesse politico di parte).
Secondo Roberto Vivarelli, il consenso al Fascismo deriva da questa serie
d'elementi che costituiscono il supporto ideologico-culturale di un'intera
epoca.
A quest'analisi noi siamo del tutto concordi, perché non vediamo per quale
ragione si dovrebbero negare tutte queste componenti nella nascita e nello
sviluppo del fascismo. Anzi. Di fronte ad un fraseggiare che denuncia forme di
senilità molto accentuate quale l'espressione di Croce che definì il fascismo
come qualcosa di estraneo alla vita della nazione italiana, siamo convinti che
queste componenti giustifichino in pieno la concezione del fascismo come
processo di completamento dell'unità nazionale. Né vediamo le ragioni per le
quali queste componenti costituirebbero elementi negativi o di disturbo. Diciamo
piuttosto che l'Italia del Novecento, pur nel suo processo di modernizzazione
propiziato dal fascismo, si è trovata a sviluppare un tipo di cultura non in
linea con gli sviluppi del pensiero occidentale americanocentrico, costruito a
sua volta dalla diaspora intellettuale ebraica mitteleuropea (psicoanalisi,
sociopsicologia, economicismo liberista, esistenzialismo, scientismo, scuola di
Francoforte e quant'altro), che erroneamente è considerata come causa del suo
arresto evolutivo. In realtà, è proprio questa cultura, sicuramente improntata
ad una visione nettamente umanistica del mondo, che sta ritornando
prepotentemente alla ribalta come conseguenza del declino di quella cultura che,
a seguito della sconfitta militare e col tacito consenso della Chiesa, si era
cercato di imporre agli italiani (edizioni Einaudi e Feltrinelli).
Né riusciamo a vedere per quali ragioni una nazione nata di recente avrebbe
dovuto rinunciare alla retorica nazionalista, tenendo conto che si trattava di
una fondamentale necessità di coinvolgimento di masse per lo più analfabete,
fino a poco prima lasciate a se stesse sotto il diretto controllo della Chiesa
(al Nord-Est) e della Mafia (al Sud), tant'è che gli USA, dovendo perpetuare
questo controllo, furono costretti a rivolgersi alla stessa Mafia, anche con lo
scopo di contrastare qualsiasi tentativo serio d'affermazione dell'unità
nazionale. Che in quest'operazione gli statunitensi siano stati coadiuvati anche
da forze neofasciste (Vedasi: Casarrubea-Cereghino: "Lupara Nera", Bompiani,
2009) è un capitolo a parte che analizzeremo in altra sede, perché si tratta di
elementi fondamentali per l'interpretazione di quest'eterno dopoguerra, che vede
parte dei neofascisti impegnati a fondo in una lotta interna alle forze
atlantiche, ma a favore degli americani contro gli inglesi, eterni nemici. Come
abbiamo finora più volte affermato, l'indipendenza del nostro paese non può
essere riacquistata che attraverso il recupero di quegli scrittori, pensatori,
artisti, che ebbero grande spazio nel primo sessantennio del secolo trascorso.
Per fare alcuni nomi: Gentile, Marinetti, Papini, Soffici, Berto Ricci, Maccari,
Volpe, Pirandello, Malaparte, Cantimori. Questi e tanti altri rappresentano la
specificità del nostro paese, e se una forza politica qualsiasi intende
sganciarsi dalla globalizzazione e dalla sua cultura livellante non può che
recuperare tutto quanto è stato tentato per modernizzare un retaggio
multisecolare che è specifico d'italianità e che i globalizzatori non possono né
possedere né interpretare. Possiamo anche aggiungere che è la cultura
globalizzata contemporanea che appare, secondo la lucida interpretazione d'Ivan
Illich, ed a causa dell'assenza di un ancoraggio alla specificità di una
concreta Nazione, votata al rovesciamento sistematico delle prospettive e degli
obiettivi ripromessi, tradendo tutte le aspettative in una sorta d'eterogenesi
dei fini.
Sarkoberlusconismo ed impotenza dell'Opposizione
Superata la doverosa introduzione, occorre entrare nel vivo del problema che
dovrebbe interessare coloro che intendono sviluppare un discorso autenticamente
politico, che non può prescindere dalla visione del mondo e dalla psicologia
collettiva che rappresentano una società.
Ernst Junger, sul suo classico "Giardini e strade", edito nell'agosto 1943 da
Bompiani, espone una considerazione fondamentale. Egli scrive: «… noi stessi ci
costruiamo il nostro mondo, e ciò che vi esperiamo non dipende dal caso… Le cose
sono attratte e selezionate dalla nostra condizione: il mondo è tale e quale al
nostro modo di essere». È chiaro pertanto che il sistema mediatico che pervade
la società contemporanea, anche grazie alla tecnologia che proprio sulla
comunicazione ha maggiormente investito in ricerca, non si limita ad informare
l'opinione pubblica, ma la "forma". Il mondo virtuale non è più un mondo
parallelo a quello reale, perché è quest'ultimo ad essere diventato
insignificante rispetto al primo: la "fiction" non imita più la realtà, perché è
la realtà che è diventata fiction, come ci ricorda Massimo Fini in un suo
romanzo uscito di recente ["Il Dio Thoth, Marsilio]. È ulteriormente palese che
in questa situazione non si può più parlare di informazione di parte, perché è
la stessa informazione formativa e distorsiva che non permette più la percezione
della "parte" che l'ha commissionata. Così, in un mondo del tutto virtuale è
evidente che la parte va scomparendo, come dimostra la pseudo opposizione
politica, di pseudosinistra, che si mescola giornalmente in una sceneggiata
onnicomprensiva, fino all'applauso appassionato di un quarto d'ora a Gianfranco
Fini che ha parlato alla festa genovese del PD (Democratic Party), a Genova,
città che diede l'avvio all'esperimento Tambroni!
Stanti queste premesse risulta scontato che il sarkoberlusconismo non è solo una
tecnica di potere attraverso la comunicazione, ma un'ideologia che incontra il
gusto o meglio i reconditi desideri o aspirazioni della massa contemporanea. La
definizione più semplice è la seguente: « unisce in modo sincretico i valori del
management aziendale, dello sport e dell'etica cattolica.» Non ci sembra che
occorrano altre spiegazioni, ma qualora ce ne fosse bisogno, ricordiamo che è il
management stesso che si avvale dei sistemi del marketing e della comunicazione
commerciale, con i suoi elementi di falsificazione promozionale, per cui il
management è la gestione sapiente degli uomini in relazione alle vendite, ed
alla promozione del "prodotto" industriale.
In questo mondo, nel quale la virtualità è l'elemento portante, difficilmente il
lancio di un prodotto, sia esso un'automobile, un dentifricio o una gomma da
masticare, può fare a meno dell'orpello televisivo, che pervasivamente raggiunge
le case di tutti i cittadini. Il prodotto non esiste se non è reclamizzato in
televisione col contorno del caso.
Intendiamoci: non è che in passato le cose fossero diverse, e forse la
percettività di un'informazione dogmatica, autoritaria, autoreferente ed
impositiva era molto più paralizzante, mentre è indubbiamente più rilassante
subire l'impatto di una comunicazione abbellita e luccicante standosene
comodamente seduti a casa che dover subire una predica con minacce di fuochi
eterni sul sagrato di una chiesa, magari sotto la pioggia battente.
Questo mondo ideologico non è stato inventato da Berlusconi o da Sarkozy, ma è
il portato evolutivo della società della comunicazione e dell'immagine, che si
basa anche sul molto tempo libero dal lavoro, conseguenza diretta del progresso
tecnologico.. Essi hanno saputo interpretarla al meglio ed oggi la gestiscono.
Beninteso sempre per conto dei poteri reali che agiscono indisturbati dietro le
quinte.
Questa è la ragione per la quale l'opposizione del Centrosinistra, rappresentata
dal PD (Democratic Party) voluta dalle "teste d'uovo" veltroniane costituisce un
falso evidente. Contro l'ideologia SB nulla possono le chiacchiere a vuoto degli
esponenti del post-cattocomunismo..Le loro esternazioni mediatiche sono
manifestazioni di un motore che gira a vuoto e non riesce ad ingranare una
marcia qualsiasi. Alcuni esempi sono necessari. Il primo e più importante è la
farsa costituita dalle "primarie". Questa campagna mediatica è consistita per lo
più nell'affissione di manifesti di propaganda dei candidati alla segreteria di
un partito la cui esistenza è ancora in bilico. Si tratta con tutta evidenza di
una campagna preventiva per le prossime elezioni politiche perché queste
primarie non comunicano altro se non la voglia di mostrarsi come i veri ed
autentici amerikani d'Italia. Manca solo la facciona di Alberto Sordi. Ovvio che
tale propaganda interessi una fetta minima della popolazione nazionale che da
qualche tempo ha mangiato la foglia e si disinteressa con disprezzo degli slogan
con i quali l'opposizione ritiene di attrarre l'attenzione. Alcuni autogol sono
esemplari: Ignazio Marino, esponente di minoranza, ha diffuso un manifesto con
il quale ricorda di essere un chirurgo. Ma questo ricordo richiama anche il suo
licenziamento da parte dell'Ente statunitense per rimborsi spese gonfiati.
Classico baroncello italiano. Tipico il caso del post-cattocomunista
Franceschini, che volendosi accreditare come erede del CLNAI non lesina omaggi
formali ai martiri della resistenza. La stucchevole e retorica iniziativa genera
però noia, fastidio e stizza in una pseudosinistra che ha da qualche tempo
"dimenticato" e "superato" quei valori in nome del consumismo. Al contrario del
neofascismo contemporaneo che, pur sgangherato, ignorante, spesso manipolato ed
improvvisatore, vive «nel e del culto dei martiri della RSI».
Pur non volendolo, siamo costretti a dilungarci su questi aspetti perché chi
intende fare una politica concreta non può prescindere dai vissuti delle persone
cui si rivolge, cioè dai loro modi di pensare, di essere, di esistere.
Se a questo quadro esistenziale aggiungiamo l'analisi post-analitica,
perfettamente legittima in quanto non esaustiva ma utile per la "comprensione",
emerge la dicotomia tra le due funzioni della comunicazione multimediale: la
diffusione liberatoriamente interattiva delle informazioni e la nuova dimensione
del dominio, della frammentazione e del controllo generalizzato dei soggetti.
Emerge anche che l'Io, in quanto costituito dal e nel linguaggio, non è
individuo, atomo, ma: "Io multiplo", multiple self. «L'idea che la persona
individuale -ha osservato John Elster- possa essere considerata, o sia
effettivamente, un insieme di "io" sottindividuali relativamente autonomi ha una
lunga storia»
Pertanto, l'utilizzo della multimedialità per un uso di "distrazione", come
scrive Alain De Benoist, non è nuovo, però va affrontato da chi intende fare una
politica di ricostruzione.
L'esempio storico della Chiesa, che per millenni ha preteso il monopolio della
spettacolarità, è calzante. La Chiesa, mentre predicava la contrizione, la
continenza, la povertà ed il pentimento, non si peritava di esibire
sfacciatamente una rutilante ricchezza ed un fasto orientale, e perseguitava con
ferocia i movimenti cristiani pauperisti. La stessa Chiesa, come scrive Giuseppe
Rensi, ha giocato un ruolo ambiguo con il dogmatismo razionalista aristotelico,
sul quale gioca ancora la sua carta politica, e contro il quale, ben quattro
secoli orsono, si è mosso Galileo col suo richiamo ai fatti contro la pura
ragione ed il semplice raziocinamento, e con la sua affermazione che negli studi
umani non c'è né verità né falsità.
Michel Maffesoli ha di recente notato che: «si osserva con regolarità che in
seguito alla saturazione di un insieme di valori razionalisti o classici risorge
un altro insieme di valori che mettono l'accento sul sensualismo o sul Barocco».
Gilbert Durand ha utilizzato una propria nozione di "bacino semantico" che
permette di comprendere le confluenze che creano lo «Spirito del Tempo», la
denominazione per mezzo della quale quest'ultimo giunge ad imporsi, la sua
istituzionalizzazione ed il suo esaurimento finale. Da questo tipo d'analisi
emerge l'importanza, per un uomo politico che sia capace di agire dentro la
società, assecondandola per quanto basta ad ottenere il consenso, di affrontare
anche gli aspetti che l'establishment culturale giudica frivoli: il body
building, la creazione stilistica, diverse forme di pubblicità, le uniformi del
vestiario, la cura del corpo, la moltiplicazione delle riviste riguardanti la
salute, la moda, l'abitazione ed il cibo, lo sviluppo delle medicine parallele e
dei culti sincretici, la New Age e quant'altro. Si tratta di forme di essere e
di convivere che non concernono più solo gruppi emarginati o bohéniens, ma in un
modo o nell'altro, grazie anche ad Internet e Facebook, coinvolgono l'insieme
sociale nazionale e globalizzato.
Conclusione
Nel dicembre 1943, il direttore generale della "Légion Francaise", un movimento
che ebbe vita effimera a sostegno della Repubblica detta "di Vichy", della quale
il nome vero era "Stato Francese", si poneva il problema della modernizzazione
della propaganda politica e scriveva: «La propaganda necessita di lunghi e
pazienti studi, cui nessun talento d'improvvisazione può supplire. E non c'è
infatti peggior nemico della propaganda di colui che crede di conoscerla e non
ne possiede che nozioni frammentarie. Ora, la propaganda è il primo dei nostri
strumenti rivoluzionari». Che quindi il buon uso della comunicazione costituisca
un elemento essenziale dell'azione rivoluzionaria siamo tutti d'accordo. Il
problema è costituito dal come e dal perché. Infatti, è del tutto evidente che
l'ideologia di fondo nella quale vive la società è difficilmente modificabile,
così come non era modificabile una società che andava a vedere Giordano Bruno
che bruciava per aver detto e scritto cose che noi oggi sappiamo essere vere. E
tuttavia, è utile prendere atto che questa forma di società, basata
sull'intrattenimento multimediale, è stata codificata così come ci racconta
Alain de Benoist: «Nel 1995 cinquecento uomini politici e dirigenti economici di
primo piano si erano riuniti a San Francisco sotto l'egida della Fondazione
Gorbaciov [se qualcuno ha dei dubbi sul ruolo di Gorbaciov… (nota nostra)] per
confrontare le loro opinioni sul mondo futuro. La maggior parte di loro si trovò
d'accordo nell'affermare che le società occidentali stavano diventando
ingestibili e che bisognava trovare un modo per mantenere, con nuove procedure,
la loro soggezione al dominio del Capitale. La soluzione adottata fu quella
proposta da Zbigniew Brzezinski con il nome di "tittytainment"; Con questo
termine scherzoso s'intendeva "… un cocktail di divertimento abbrutente e di
alimentazione sufficiente che consenta di mantenere di buon umore la popolazione
frustrata del Pianeta!"». Il fatto che la degradazione dei costumi sia tale da
determinare una campagna politica contro Berlusconi basata esclusivamente sui
comportamenti sessuali di costui, a fronte di una sempre più vasta messe di
documenti che illustrano con dovizia di particolari le strette interconnessioni
fra Mafia ed altre organizzazioni criminali, clientelismo, Massoneria coperta e
scoperta, Magistratura d'assalto e di difesa, giornalismo clientelare, ed il
tutto semplicemente perché Berlusconi ha avviato una politica estera di accordi
con Putin e con Gheddafi, dovrebbe far riflettere tutti coloro che studiano
l'Italia post-bellica. Giorgio Bocca che di certe cose se ne intende, ha scritto
di recente: «Accanto ad ogni chiesa in Sicilia c'è una cosca mafiosa ed una
caserma dei carabinieri».
E tuttavia…Come nella conclusione del felliniano "La dolce vita", il risveglio
del personaggio centrale coincide con la visione di una fanciulla, pulita anche
se non ingenua, la prospettiva di una reazione non sembra lontana. Come ci
riferisce Giacomo Marramao, «Assistiamo così ovunque al ritorno della comunità,
della piccola patria. Ritorno che assume sembianze diverse nelle due metà
dell'Occidente: vecchio e nuovo Continente. Nell'Europa del dopo-muro questo
ritorno trova la sua concretizzazione nell'irrompere dell'etnopolitica, mentre
nel Nord America si manifesta nella proliferazione di "politiche della
differenza" (il cui braccio secolare è rappresentato dal politically correct)».
Ci piace concludere quest'intervento con una frase scritta da Egidio Sterpa,
personaggio politico conosciuto e deceduto di recente, che in un articolo del
1952 così scriveva: «Non s'illudano di suscitare qui, da noi, una specie di
"spirito of '76" con l'invio di vestiti usati e di dollari destinati a
trasformarsi in manifesti di propaganda. Il motore di questo secolo, se ha da
essere proprio un motore, sarà un'altra volta europeo. Altrimenti ci saranno
anche gli americani a subirne le conseguenze» [dal libro: "Gli ultimi italiani",
La Sfida edizioni, 1954, presentazione di Alberto Giovannini..
Giorgio Vitali
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