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Chiudiamola con le illusioni, invece, se vogliamo fare politica

 

Giorgio Vitali



Mi riferisco all’articolo di Franco Pesce “1945 - la mattanza”, sui «crimini contro i vinti», con il quale viene trasmesso l’ennesimo appello alla “pacificazione” fra italiani.
Condivido molte considerazioni (meno la conclusione finale, ovviamente) espresse da Franco Pesce, soprattutto per quanto concerne il ruolo di «tanti intellettuali» sempre pronti a esprimere ossequio al “principe” di turno, consuetudine più volte denunciata da altri uomini di penna, come un Montanelli, il quale, ovviamente, escludeva se stesso dal novero. Ma questo è un male comune a tutti i popoli.
Gli appelli ancora ricorrenti all’unificazione degli italiani, a mio modesto avvisto, sono fonte di illusioni, superficialità, adattamenti, accomodamenti, autoassoluzioni. La pacificazione fra italiani è un nonsenso, come dimostra la nostra lunghissima storia, e come hanno dimostrato i non molti tentativi concretamente espletati fino ad oggi e che hanno visto come attori soltanto alcuni ex combattenti repubblichini ed esponenti delle forze armate del Regno di Brindisi. Iniziative finite sempre con alcune strette di mano di fronte ad una fotocamera ed a lato di un cippo marmoreo, (come scenario edificante), fra alcuni decrepiti signori. Gli italiani non sono stati mai pacificati fra di loro, come dimostra il campanilismo calcistico, erede di conflitti intercomunali, tanto che un presidente della Repubblica è andato alla partita del Livorno che ritornava in serie A, ed a mio avviso ha fatto bene. (Occorrerebbe però leggere i commenti sul “Vernacoliere”, atto che mi propongo di compiere).
L’unico periodo di coesione fra italiani è durato tre anni: dal 1936 al 1939, periodo molto ristretto di consenso di massa al Regime Fascista, conseguenza diretta della conquista dell’Impero etiopico (e vendetta della sconfitta di Dogali ed Adua), e della vittoria in Spagna, che provocò anche la famosa lettera di adesione del Partito Comunista redatta da Togliatti. Quando si vince si ottiene sempre il consenso, mentre quando si perde… «Se indietreggio, uccidetemi» come dichiarava Mussolini senza falsa retorica perché così è sempre andato il mondo. Se mi riferisco alla mia sola esperienza, ricordo che i meridionali continuano a detestare Garibaldi (e fanno bene, parola di garibaldino), che parlando di Napoleone con alcuni democristiani, questi si ricordavano soltanto dei tesori asportati dai francesi al papato. Io stesso non ho alcuna intenzione di dimenticare la mia esperienza bellica comprese le conclusioni che ne ho tratto, suffragate peraltro da cospicue letture.
Va comunque ricordato che le premesse per la criminalizzazione dei “vinti” si devono ricercare proprio in Italia, con inizio da quella famosa battaglia del 28 0ttobre 312 d.c. presso Ponte Milvio che, essendo stata vinta da Costantino grazie all’intervento divino, di fatto sancisce la dannazione dei perdenti. Da quel momento è stato sempre lecito esecrare i perdenti e l’attualità non fa eccezione. L’unica eccezione viene fatta dalla Storia, che salva sempre soltanto coloro che ne sono degni. Anche dopo la caduta di Napoleone, tanto per fare un esempio, i révenants si sono permessi certe “liberalità” che nulla hanno a che invidiare con le “radiose” giornate seguenti il 25 aprile 1945, ma oggi tutti, e confermo tutti ricordano napoleone ed ignorano chi fossero i “révenants”, (che corrispondono ai nostri “resistenti”). Noi stiamo con la Storia, che è più seria di certi fondamentalismi religiosi. Retaggi ideologici che condizionano troppo spesso l’attività intellettuale di molte persone.
Un esempio recente è costituito da un libro di Marcello Veneziani, uomo peraltro molto attento alla variazione degli “umori” e delle tendenze nazionali, il quale ha voluto cimentarsi sull’argomento con un libro dal sapore dolciastro “I Vinti”. Poiché il sottoscritto non si considera un vinto, anche perché non sono stato (almeno finora) vinto da nessuno, sorvoliamo. Ed arriviamo rapidamente alla conclusione. È ancora da dimostrare che la cosiddetta resistenza italiana sia stata vincitrice. L’insignificanza del fenomeno è sancita da una letteratura storica internazionale sempre più consistente. La retorica non basta più a riempire i vuoti. E la sfacciataggine e la brutalità del potere post-resistenziale è sotto gli occhi di tutti. Solo in questi giorni, incuranti delle esigenze nazionali, i partiti politici si sono assegnati un ulteriore vitalizio per le spese elettorali pari ad 1 Euro per voto ottenuto e per ogni anno da qui alla fine della legislatura. (Un’ottima ragione per accentuare la campagna per la scheda bianca o, meglio, nulla!) E tutto ciò contro la sentenza teoricamente ineludibile di un referendum con il quale il POPOLO ITALIANO si è pronunciato contro il finanziamento pubblico dei partiti.
La retorica non basta più a coprire le menzogne. Per l’attuale presidente della Repubblica, eletto all’unanimità perché uomo della finanza internazionale, hanno dovuto inventare un passato resistenziale trasformando una semplice fuga, come quella praticata dopo l’otto settembre da milioni di italiani lasciati a se stessi da un governo di militari felloni, in una eroica azione militare. Dopo un libro di profonda analisi storica come quello sulla “Morte della Patria” c’è chi si è inventato la tesi che proprio con l’otto settembre, uno degli atti più ignobili della storia del mondo, sia rinata la patria degli italiani. Chi la vuole, quindi, si tenga questa patria. A me non dice nulla. E non ho nulla da dire o fare per trovarmi d’ accordo con questi signori.
Anche perché, come emerge dagli studi più recenti sulla reale conclusione del secondo conflitto mondiale, molti furono gli accordi fra i belligeranti sulle spalle dei “resistenti”. Non entro nel merito, che verrà trattato in un mio prossimo articolo dedicato appunto all’otto settembre, anche perché mi sono trovato sempre contro i fautori di quegli accordi ed a favore dei tanti che, non avendo aderito a quelle alleanze, iniziate in Vaticano nel 1943, hanno pagato con la vita durante le radiose giornate, a cominciare da Mussolini, Pavolini ed altri del governo RSI. Resta comunque il fatto che i resistenti non possono nemmeno vantare una vittoria che li legittimerebbe ad un vassallaggio atlantico con un minimo di dignità.

 

Giorgio Vitali