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      http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=17023      (28/9/2012)

 

Un "paese" senza più spina dorsale

 

Maurizio Barozzi       

 

Argentina: un popolo ridotto alla miseria dalla finanza internazionale ha saputo riconquistare il proprio futuro

 

Perplessi e impotenti assistiamo a come nel nostro paese in quasi ogni strada sorgono in continuazione nuove lussuose banche con 4 o 6 porte d'entrata, super computerizzate e super blindate, sebbene letteralmente prive di clienti, tanto da creare inquietanti interrogativi sulla loro vera funzione, mentre al contempo i mercati rionali, alle ore di chiusura, si stanno sempre più riempiendo di pensionati e poveri disgraziati che vanno a raccattare gli scarti, riproducendo il triste fenomeno del dopoguerra. Inutile accennare alla chiusura di innumerevoli imprese, al precariato del lavoro oramai norma acquisita e imposta a chi necessita una paga e alla estinzione di un minimo di stato sociale, dove pensioni e sanità sono oramai un ricordo lontano.
Poco tempo addietro abbiamo visto un meraviglioso documentario girato nel 2004: "Diario del Saccheggio - Memoria del Desaqueo" del regista argentino Fernando Ezequiel Solanas che con un articolo, su queste pagine, del 19 luglio scorso, ne riportammo sommariamente i contenuti.
Vi si descriveva il saccheggio e la distruzione sociale dell'Argentina ad opera dell'Alta Finanza internazionale, multinazionali e affaristi senza scrupoli che dietro l'egida del FMI e della Banca Mondiale imponevano direttive e prestiti da usura scavalcando ogni sovranità nazionale.
Si era arrivati così al punto che il famigerato "debito pubblico", di fatto imposto alla Nazione, complici politici ed economisti corrotti, strangolava il paese fino al decesso economico e sociale. I politici, camerieri dei banchieri, imponevano provvedimenti lacrime e sangue per sostenere un bilancio dello Stato devastato dallo strozzinaggio bancario. Il risultato fu che non restarono più risorse per le pensioni, la sanità, le opere pubbliche. Interi villaggi morivano di stenti e malattie solo perchè nessuno provvedeva più a costruire fogne e impianti idrici.
Tutto il popolo venne ridotto alla fame e la disoccupazione e il lavoro nero raggiunsero livelli da terzo mondo. Le Industrie chiusero ad una ad una, l'artigianato fu disintegrato e il paese si avviava ad un sottosviluppo irreversibile, determinando una minoranza di ricchi e una stragrande maggioranza di poveri. Mafie e criminalità imperversavano. I mass media, tutti di proprietà dei banksters, distoglievano l'attenzione popolare con le loro realtà virtuali e la società dello spettacolo.
Una classe politica infame imponeva al paese di procedere alle famigerate "liberalizzazioni", con le quali banche e multinazionali fecero incetta di ogni patrimonio pubblico, alienato sottocosto con la scusa che funzionava male o era improduttivo. Tutte balle, che consentivano a Wall Street e alla City di Londra una vera e propria rapina su larga scala.
Il sistema vitale di ogni nazione, quello dell'energia (in Argentina molto sviluppato per la presenza del petrolio), dei trasporti, delle trasmissioni, aeronautico, idrico, ecc., finiva tutto in mani private, accaparrato da banksters e multinazionali, i quali ne fecero carne di porco, procedendo a licenziamenti, esuberi, niente investimenti, niente strutture dove non c'è possibilità di profitto immediato. E per il popolo le bollette, cominciavano ovviamente ad aumentare a dismisura.
In quel documentario il regista descrisse, passo dopo passo, le infamie e il tradimento dei partiti politici, farabutti che eletti al governo, si vendettero mani e piedi all'Alta Finanza e ovviamente agli americani, tanto che la politica argentina veniva praticamente dettata a Washington. Emblematico il caso di Carlos Menem, falso peronista che tradì i suoi elettori.
Precisa, spietata la denuncia del regista che documentava tutte le furbizie, le leggi e le delibere che consentirono di procedere, in quattro e quattr'otto, alle liberalizzazioni.
Viene infine descritta la trasformazione dei partiti politici e del relativo sistema elettorale, con i partiti che perdono ogni riferimento sociale e ideologico e diventano semplicemente dei centri di potere, di accaparramento, tutti venduti a interessi stranieri o ai banksters.
Destra, Sinistra, Centro, divennero indistinti strumenti elettorali, corrotti e finanziati da chi li usava per occupare i centri di potere nelle Istituzioni.
E i dirigenti sindacali, eredi in Argentina di una antico patrimonio ideale e sociale avevano svenduto tutto, tradito i lavoratori, ed erano oramai capaci solo di presentarsi a folcloristici comizi da operetta dove si scambiano tra loro baci e abbracci vomitevoli (ci vengono in mente i moderni 1° maggio a piazza S. Giovanni a Roma vissuti al suono di concerti profumatamente pagati).
Insomma: tutto quanto sta accadendo in Grecia, In Spagna, da noi!
Così scrivemmo a luglio e la sostanza del nostro discorso, come tutti possono constatare, è sempre più attuale.
Ma in Argentina, grazie a Dio, accadde il miracolo, il popolo ridotto letteralmente sul lastrico, iniziò una serie di manifestazioni che ben presto degenerarono in scontri, ma alla fine la rivolta fu talmente estesa e in qualche modo tra la classe politica uscì pur fuori qualcuno che prese in mano la situazione e riscattò la nazione.
In un tempo moderatamente breve l'Argentina, sottratta dalle mani degli usurai internazionali prese a rinascere, a riappropriarsi con le nazionalizzazioni del mal tolto E a riconquistare una sua dignità.
Questo osservavamo in quel magnifico documentario e spontaneo ci viene il paragone, con una situazione analoga qui da noi, anche se il livello di impoverimento generale ancora non ha raggiunto gli stessi livelli dell'Argentina e della Grecia. Ma siamo sulla buona strada.
Qui in Italia però tutto langue: gli stadi e i salotti televisivi sono pieni di beoti che si azzuffano per le partite di calcio, la gente si rimbambisce con le telenovele, i quiz, gli spettacoli demenziali proposti 24 ore su 24 dalle televisioni, e gli unici scontri, le uniche proteste che si generano nel paese e puntualmente finiscono nel vuoto, dopo una manifestazione a piazza Montecitorio, o sono represse a suon di manganellate, sono quelle dei gruppi di lavoratori interessati coinvolti nella chiusura delle loro fabbriche.
Per il resto, tranne qualche sporadica protesta di natura corporativa o settoriale, tutto langue in una accettazione passiva di uno stato di cose a dir poco sconcertante.
Titolava in questi giorni "Rinascita" che in Spagna si cerca di scendere in piazza contro i banksters e si chiamano gli altri paesi, divorati dall'usura: Grecia Italia e Portogallo soprattutto a fare altrettanto. Ma in Italia questi appelli cadono nel vuoto.
Anzi, conoscendo i nostri polli e il diffuso e stretto controllo dei Servizi nella nostra società, dovremmo addirittura temere se qualche movimento politico, specialmente se di destra o qualche centro sociale, si facesse promotore di proteste di piazza, visto che non c'è tanto da fidarsi.
Giorni addietro si è tenuta a Roma una magnifica manifestazione in sostegno della Siria di Assad aggredita da mercenari assassini scatenati dagli USA-Israel. Una bella manifestazione a piazza Montecitorio a cui ha fatto poi seguito una serie di dibatti e conferenze. Ma al di là di un certo numero di nostri connazionali che ci sono andati, non si può certo dire che la piazza era gremita di migliaia di persone.
E allora ci chiediamo: dove sono gli italiani? Eppure dovrebbero ben sapere che siamo tutti seduti su una polveriera, che la nostra penisola è stata riempita di basi militari, di arsenali atomici e quindi esposta a gravissimi rischi per tutto il popolo. Che oltretutto armi atomiche tattiche passano dal nostro paese. Dovrebbero sapere che Iran e Siria in questo momento sono sotto pressione e se vengono in qualche modo distrutte, nulla potrà più fermare i criminali atlantici e i vampiri dell'usura internazionale che puntano al controllo di tutto il pianeta.
Ma dove sono gli amanti della pace, i difensori della nostra indipendenza?
Dovremmo quindi rassegnarci alla impossibilità manifesta di poter ripetere quanto accadde in Argentina, di non poter scrollarci di dosso una classe politica di destra, di centro e di sinistra letteralmente succube dei banksters?
E perchè? Eppure se in Argentina vi erano profonde tradizioni sindacali, di natura peronista, che alla fin fine hanno reagito e hanno spazzato via la classe corrotta dei sindacati e di conseguenza quella politica, tutta venduta ai banksters, anche da noi in fatto di tradizioni sindacali non si scherza, anzi, possiamo contare su tutta una legislatura, formatasi sotto il fascismo, a tutela del popolo e impregnata del senso dello Stato, e lo stesso sindacato di massa della CGIL, sebbene condizionato dagli interessi politici del PCI, nel dopoguerra e almeno fino ai primi anni '60 aveva espresso lotte e rivendicazioni di grande respiro in sostegno ai lavoratori e ai contadini.
Dove è finito tutto questo? Dove è finito quel mondo operaio e giovanile che nella seconda metà degli anni '60 scese nelle piazze, inventò ogni genere di sciopero: da quelli a scacchiera a quelli a gatto selvaggio, che alla fine imposero al governo il varo della famosa Legge 300 o Statuto dei Lavoratori?
E le grandi masse giovanili che negli anni '70 mostravano una grande capacità di organizzarsi e manifestare? Lasciamo stare che erano imbevute di marxismo, leninismo, ecc., non ci interessano qui le ideologie politiche, ci interessa constatare come quella spontaneità di scendere in piazza, quella solidarietà tra "compagni", è oggi letteralmente sparita. Non esiste più.
Ma diamine: come niente scendevano in piazza migliaia di persone a manifestare contro la lontana guerra del Vietnam e oggi, nessuno fiata che le nostre FF.AA. vanno a fare guerre in nome e per conto degli interessi atlantici!
Della destra neofascista, che meglio sarebbe definire, neo-antifascista, non vale neppure parlarne: venne impiegata per mezzo secolo, da farabutti e Servizi, unicamente per praticare un anticomunismo viscerale e retoriche manifestazioni di un nazionalismo da quattro soldi, tanto più ipocrita in quanto proprio quella destra, dal Msi ai gruppuscoli extra, era la prima a tradire, sempre e comunque, gli interessi italiani in ogni campo, da quello internazionale, soprattutto, al settore energetico a quello sociale, strumentalizzata com'era dagli apparati atlantici.
E allora ci chiediamo, cosa possa mai essere accaduto nel nostro paese dove è stata letteralmente sradicata ogni energia di lotta popolare, ogni forma di mutualità e solidarietà umana e sono invece proliferati fenomeni di cinico individualismo?
Vediamo persone che pur si vantano di essere di sinistra, ma la loro collocazione mentale e ideale la ritrovano sulle pagine di La Repubblica il giornale dell'Alta Finanza, mascherata da "liberal", per antonomasia, filo sionista e oltretutto vetrina di prodotti di lusso e di alto consumismo che un "proletario" dovrebbe quanto meno disdegnare; oppure vediamo lo squallido fenomeno del sorgere di ogni più gretto particolarismo ed egoismo, che ha portato alla nascita del movimento leghista.
Si prenda poi la classe politica, in generale, esempio vivente di scandali reiterati e continuati e possiamo dire anche impuniti, visto che poi tutto finisce a tarallucci e vino ed ora è anche invalsa la consuetudine di sostituire alla sacrosanta galera gli arresti domiciliari o un mesetto di ritiro in monastero.
È oramai evidente che coloro che si imbarcano in qualsivoglia attività politica, i futuri candidati che entrano nei partiti, lo fanno unicamente con lo scopo, oramai neppure più nascosto, di migliorare la loro condizione sociale, di dare un "aiutino" alla loro professione. I più scarsi o sfortunati devono accontentarsi di qualche raccomandazioncella, mentre i più furbi e farabutti, proseguono nella scalata alla politica e i fortunati che arrivano in qualche stanza dei bottoni, arraffano tutto quello che è possibile arraffare, visto che tra l'altro proprio questo era lo scopo primario della loro scelta di fare politica, della loro "vocazione".
Siamo alla fine di ogni dignità umana, di ogni pur minimo senso dell'etica, del senso dello Stato, tutto è ricondotto al guadagno al business. È la classica società americana, la way of life americana, quel consumismo, quell'individualismo senza freni e senza scrupoli che porta la gente a chiudersi in sè stessa, a fregarsene del prossimo a pensare solo a come fare soldi. Quando accadono fatti eclatanti che fanno scendere in piazza questo tipo umano, si assiste sempre a forme di violenza vandalica senza capo nè coda e si finisce per dare l'assalto ai negozi di moda e di alta tecnologia per arraffare quei prodotti che sono oggetto del desiderio di persone che hanno perso ogni senso della vita.
Tra le altre cose, possiamo individuare nella distruzione della nostra gioventù, l'elemento primo di questo disastro. Ogni rivoluzione, ogni insurrezione, per ragioni anagrafiche ed esistenziali, non può che contare, in massima parte su la gioventù. Ma la nostra gioventù, a partire dagli anni '70, venne investita dal consumo delle droghe, venne inebetita nelle discoteche e negli stadi, e quindi, anno dopo anno, divenne preda del consumismo più sfrenato, finalizzato ad "apparire", non ad "essere". Bambini che fin dalle elementari piangono a casa perchè il compagno di classe ha le scarpe della Nike e loro no, giovanotti che si deturpano il corpo con anelli e tatuaggi, ragazze con tatuaggi e piercing, dove il problema esistenziale per tutti loro è quello di trovare i soldi per comprasi l'ultima consolle per i videogiochi, o l'ultimo modello di Ipod, di farsi le lampade ai centri benessere e di aspettare il sabato sera per lo sballo in discoteca.
Aggiungeteci il lavaggio del cervello fatto dalle nostre televisioni con i loro spettacoli demenziali e il discorso è quasi completo.
Questo hanno portato, con la loro invasione del 1945, gli anglo americani: vizio, droga e corruzione e democrazia per i furbi e questi sono i risultati di oggi.
Povera Italia, altro che «don't cry for me Argentina»!

 

Maurizio Barozzi         

 

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