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"Una cometa su Perugia"

Ottorino Gurrieri
Associazione uno dicembre 1943

  

Il 9 giugno 1940, un giorno prima della dichiarazione di guerra, viene arrestata a Palermo, dai nostri servizi segreti, una cittadina ungherese, tale Marion Keller, ballerina, che confessa la sua missione di informatrice per conto degli anglo-francesi.
Processata a Roma da una Corte Marziale Italiana, viene condannata a 25 anni di reclusione e inviata a Perugia a espiare la pena, nell'unico carcere femminile allora esistente in Italia.
Subito dopo l'8 settembre 1943, la provincia di Perugia è terra di conquista da parte delle bande partigiane soprattutto slave e il Prefetto della RSI Armando Rocchi deve affrontare dei seri problemi di ordine pubblico in tutta la provincia.
A questo punto, entra in scena Marion Keller che chiede di rendersi utile per la causa della RSI e le viene quindi affidata la sua prima missione, dalla quale non farà mai più ritorno.

    

Marion Keller

Perché noi…

Perché la memoria storica di Marion Keller ci appartiene.

Il lettore viene preso per mano dall'autore del racconto -un antico antifascista d'epoca- e condotto, passo dopo passo, fino al punto in cui Marion sacrifica la propria vita consapevole della sua scelta finale. Infatti, nel marzo 1944 -dopo circa quattro anni di carcere trascorsi nella prigione femminile di Perugia- accetta di collaborare con le autorità della R.S.I. a soli tre mesi dalla "liberazione" di Perugia da parte delle truppe anglo-americane. Un'occasione per lasciare il carcere e magari anche decorata dagli stessi alleati.

Il Prefetto di Perugia, Armando Rocchi, affida la sua prima missione alla Keller inviandola nella zona di Gubbio-Pietralunga con il compito di riferire la situazione delle bande partigiane, numerose in quella zona, che avevano creato un serio problema di ordine pubblico alle autorità militari italo-tedesche. Purtroppo la nostra informatrice viene scoperta dai partigiani locali e passata per le armi.

Marion Keller paga con la vita la sua scelta di civiltà.

Perché noi …

Ci appartiene e merita di essere collocata, la sua figura, tra tutte quelle Ausiliarie delle FF.AA. della RSI che hanno offerto la propria vita per una nuova Europa.

 

L'autore Ottorino Gurrieri, noto intellettuale perugino antifascista, ne ha tracciato, di Marion Keller, un profilo umano, gentile, anche sofferente per la sua triste situazione familiare e questo va iscritto a suo merito, ma l'autore cede però dinnanzi alla vulgata tuttora in voga che vuole il "fascista" violento, ladro, approfittatore, come ha cercato di dipingere l'azione del Prefetto Armando Rocchi. Gurrieri ha vissuto l'epoca della scatenata caccia al fascista criminale, sadico, ladro, torturatore e quindi nessuna meraviglia la sua prosa antifascista; oggi accadrebbe il contrario poiché 65 anni da quegli eventi la verità si è fatta strada soprattutto grazie a un altro antifascista, di fede comunista: Giampaolo Pansa, giornalista, autore di libri dove viene documentata la crudeltà delle forze partigiane da inorridire.

 

Angelo Faccia - Ex Combattente della RSI 

 

ASSOCIAZIONE CULTURALE "Uno dicembre 1943"

Tratto dal libro "Una cometa su Perugia", la storia della ballerina ungherese Marion Keller condannata nel 1940 da una Corte marziale italiana a 25 anni di reclusione per spionaggio e successivamente, abbracciando la causa della RSI, catturata dai partigiani e condannata a morte:

La fossa era nascosta dalle piante della radura, ma quando furono vicino anche Marion la vide, e impallidì. Il sottotenente consegnò a Federman un foglio di carta. Era la sentenza con cui veniva condannata a morte per spionaggio contro le forze partigiane la nominata "Maria Keller ecc.".

Marion disse con un filo di voce: ma davvero volete fucilarmi? E che per scherzo? Fece il sottotenente, uno di Cantiano. Max la invitò ad avvicinarsi alla fossa . Marion mezza stordita, con voce piangente congiunse le mani e invocò la Madonna. Dio mio perdonami - In questa guisa e mentre pronunciava queste parole ad un segno del sottotenente i due mitra la spianarono al suolo.

Erano le ore 10,30. Marion rotolò nella fossa. Ma non era morta. Max con la rivoltella le scaricò nel capo tutte le cartucce. Essa era finalmente spenta, ma pareva guardare ancora con le sue ampie pupille celesti. Tornarono i due partigiani che si erano allontanati -uno di Cantiano e e uno di Pergola- e cominciarono con i badili a ricoprire il corpo inanimato di Marion.

 

Ottorino Gurrieri, "Una cometa su Perugia"

Pagine: 202  - Copertina plastificata lucida, cm 15x20
Associazione uno dicembre 1943

richiedere a

Angelo Faccia   cicerone1931@yahoo.com.ar

Condizioni: nella libreria virtuale www.laconoscenza.eu 

 

la NOTA di Giorgio Vitali:

 

Questa storia, peraltro non nuova nel mondo dello spionaggio, ci induce ad alcuni commenti necessari.
Il primo è che lo spionaggio è l'essenza dello scontro politico. Senza spionaggio si conclude sempre molto poco. Diciamo questo anche per fare presente che le vicende relative al Governo Berlusconi, l'attacco che lo stesso presidente del Consiglio subisce come un bombardamento a base di pacchi di merda, sarebbe del tutto impensabile senza l'azione dello spionaggio. Il BELLO della situazione attuale consiste nel fatto che a spiare si mescolano paparazzi, agenti segreti di potenze straniere interessate a destabilizzare l'Italia (vedi il libro: Fasanella-Priore, "Intrigo Internazionale", Chiarelettere), agenti di varie polizie più o meno private, Agenzie di investigazioni matrimoniali e finanziarie. Un via vai di spie che si spiano a vicenda e non si capisce più chi spia chi. L'Italia è il paese che ha inventato lo spionaggio politico e militare ed è sempre stata piena di spie, anche perchè ci si vive bene ed i contatti sono frequenti fra spie di diversi paesi, pronte a tradire il proprio o a fingere di tradirlo. Anzi: tutti gli storici sono concordi nel dire che durante la guerra 1943-45 la vera guerra sul suolo nazionale sia stata quella condotta da bande di spie di tutti i generi e di tutte le risme. Per cui aspettiamoci, prima o poi, che venga a galla la verità su tutto quanto è passato sotto il nome di resistenza popolare al "nazifascismo". (Leggere: David Alvarez: "I servizi segreti del Vaticano", Newton-Compton, 2003).
Che le ballerine siano da sempre delle spie ci pare scontato. A cominciare dalla bella Mata Hari che con la seduzione femminile riusciva a far spifferare a tronfi generaloni tutto quello che riteneva utile per i suoi traffici. Beccata con le mani nella ... marmellata, ha finito i suoi giorni di fronte ad un plotone di soldati fatti giungere appositamente dal fronte. (Una bella licenza!)
Che le ungheresi siano ballerine all'altezza della situazione lo si sa da molto tempo. Si sa anche che sono ragazze molto "spigliate". Quando Ettore Muti, fiducioso ed ingenuo, soggiornava inerme in quel di Fregene, era accompagnato da un'altra ballerina, tale Daha Harlova, cecoslovacca, nata Edith Ficherova (nomen omen!). Muti fu assassinato da killer di Carmine Senise per conto di Badoglio e della cricca dei generali felloni.
Si diceva che la bella Daha, fuggita rapidamente da una situazione per lei piuttosto rischiosa, fosse una spia tedesca o inglese, o tutt'e due assieme. Nulla da stupire se si pensa che nella "Roma Nazista" una nota spia americana, che ha scritto anche le sue memorie, aveva una "donna in comune" con un noto esponente della polizia nazista, come se a Roma non ne fossero disponibili altre...
E veniamo al nostro caso. Come si sa, ma si tace, la cosiddetta "resistenza" è stato un fenomeno molto marginale nella storia dell'Italia del 43-45. Questa si è mostrata più che altro sull'arco alpino, per una serie di fenomeni che si presentano sempre nella storia dei popoli. Per il resto d'Italia non se ne può parlare. Specie in Umbria. Sappiamo anche che, dopo l'8 settembre, con lo scompaginamento del nostro esercito, fuggirono dai campi di concentramento in Italia ben 80.000 prigionieri di guerra. Degli inglesi molti riuscirono a raggiungere fortunosamente le loro linee. (Noto il caso di un generale inglese che fu nascosto e aiutato da Torquato Nanni e Leandro Arpinati, assassinati subito dopo il passaggio del fronte, forse ad opera di comunisti).
NON fu così per gli slavi, i quali costituirono, assecondando anche la loro natura, il grosso delle bande di briganti che si nascondevano sugli Appennini, scendendo a valle per fare razzie e ricattare gli abitanti dell'arco umbro-laziale, specificatamente le province di Rieti e Perugia. Questi banditi si sono resi colpevoli di atroci misfatti (tipici della loro natura slava). Questi terribili misfatti perpetrati a danno della popolazione rurale e dei piccoli centri urbani, non furono puniti nel dopoguerra, per una serie di ragioni, fra le quali, quella più vile, era dovuta la fatto che si doveva dimostrare essere esistita una resistenza politica anche nell'Appennino centro-italiano. Per la stessa ragione era stato creato anche il mito, facilmente smontabile, delle 4 giornate 4 di Napoli.
Stando così le cose è comprensibile che,a fronte del gravissimo pericolo, (ricordiamo la strage di poliziotti portata termine da questi slavi, maestri di guerriglia, a Leonessa, nel reatino) chi di dovere abbia ingaggiato la bella ballerina, anche per la sua sicura conoscenza delle lingue parlate da quei disperati. La qualcosa conferma l'assunto: essere i "partigiani antifascisti" degli slavi fuggiti dai campi di concentramento (uno era situato ed è rimasto per molto tempo con altre funzioni sempre connesse tra loro, a Fara Sabina). Che il tentativo sia finito male non ci stupisce, dato il carattere sospettoso di quegli slavi ed il rischio connesso a quel tipo di impresa. Perchè un conto è andare a letto in un'alcova di città ed un conto è inoltrarsi, bella e disarmata, per i boschi dell'Appennino.
«Attenti al lupo!» griderebbe Lucio Dalla.
 

Giorgio Vitali