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La nuova teologia

«Chi nega la Shoah rifiuta il mistero della Croce di Cristo»

 

Giorgio Vitali   

       

… Alice si mise a ridere. «È inutile provarci, disse, non puoi credere cose impossibili». «Direi che non hai fatto molta pratica», ribatté la Regina. «Quand'ero più giovane mi esercitavo mezz'ora al giorno. Beh! Qualche volta riuscivo a credere ben sei cose impossibili prima di colazione!» …
 Lewis Carroll, "Attraverso lo specchio"
 
 «Quest'indizio m'induce ad indugiare»
 Groucho Marx
 
 … «Se uno qualsiasi di loro è in grado di spiegarmelo, gli darò sei pence, dichiarò Alice. Credo che non abbia un briciolo di senso». «Se non ha senso, rispose il Re, ci risparmieremo un mucchio di problemi; così non saremo costretti a cercarne uno»...
 "Alice nel paese delle meraviglie"


La frase sopra citata, diffusa da emittenti vaticane, alla quale va aggiunta la più recente dichiarazione dell'attuale papa, secondo il quale, noto teologo, la Shoah è un «crimine contro dio», è sostanzialmente vera.
Se prendiamo i concetti espressi nella loro perfetta laconicità, esiste una sostanziale identità fra la croce e la shoah. Si tratta di due miti fondativi di religioni. E sia l'una che l'altra sono indubbiamente religioni imposte con la minaccia più o meno latente, più o meno percepita, e con la persecuzione contro chi osa ribellarsi.
Infatti, nel caso del cristianesimo ormai vincente la lunga battaglia di autocostruzione e di controllo della società, durata almeno per mezzo millennio, con un'impressionante somiglianza a quanto sta facendo la classe dirigente ebraico-sionista al giorno d'oggi, (ma si tratta, più o meno, della stessa gente), la casta sacerdotale ha dato via libera alle persecuzioni dei pagani, coprendole con l'invenzione delle persecuzioni, pressoché inventate, (vedi: "Quo Vadis") da loro stessi subite.
Nota bene: il messaggio, in codice, potrebbe voler dire: se crolla anche questo mito, e diventa chiaro anche alle Masse il meccanismo di instaurazione di miti devitalizzanti, va per aria anche il precedente.

LA CROCE
Per quanto riguarda la croce, la ricerca storica, che si basa anche sulla storiografia della Chiesa, dimostra con ampiezza di particolari essere un mito, sul quale è inutile entrare nel merito. C'è una vastità di scritti facilmente reperibili. Posto che il cristianesimo si è configurato, fin dalle origini, come grande movimento collettivo, è evidente trattarsi di un avvenimento sincretico, di derivazione platonica, tanto che la stessa figura del Redentore, nella sua perfezione umana-divina, (quindi necessariamente mitica) configura la proiezione della figura di Socrate penetrata nel mondo mediterraneo con la diffusione dell'ellenismo. [Sono molti gli autori che hanno notato la somiglianza dell'Ultima Cena con le cene di elaborazione platonica durante le quali Socrate impartiva ai discepoli i suoi insegnamenti morali. Elaborati da Platone stesso in 34 dialoghi. Inoltre, la stessa concezione platonica di amore, o dialettica dell'anima, per elevarsi dalla conoscenza sensibile all'intuito originario della suprema verità, che si compone di quattro gradi di ascesa: sensazione, percezione, ragione, intelletto, è quella che pervade il metodo di pensiero di coloro che si definiscono cristiani].
Ma potremmo aggiungere molto altro. Di recente è stata pubblicata, dopo un'assenza di ventitré secoli, l'opera di un allievo di Platone e di Aristotele, Teofrasto, dal titolo: "Della Pietà" (Isonomia Editrice), che tratta della pietà religiosa estesa a tutti i viventi del mondo. Scritta tre secoli prima di Plutarco e millecinquecento anni prima di san Francesco.
Citiamo anche questo caso per sottolineare quanto poco della dottrina cristiana sia messaggio originale. D'altronde l'acquisizione delle divinità classiche alle figure mitologiche di santi della cristianità sono ben note, compresa l'usurpazione delle date dei loro festeggiamenti.

DIGRESSIONE
In questo caso vale il principio della falsa deduzione. Poiché Gesù è un uomo perfetto ciò significa che è anche Dio. Similmente, poiché il popolo ebreo è stato sterminato ritualisticamente, (olocausto), significa che l'antica "alleanza" col Dio è ancora valida ed il popolo ebraico è l'agnello santificato. [Mito contro il quale si scaglia, inutilmente, Ariel Toaff nel suo importante libro: "Ebraismo virtuale", edito da Rizzoli.]
Su questo argomento il dibattito è ancora in corso ed è alla base del rifiuto del Vaticano II da parte dei lefebvriani. En passant, ricordiamo due interventi.
Quello del Card. Merry del Val, che Pio X considerava un santo vivente, secondo il quale «… gli "amici di Israele" non desideravano più la conversione dei giudei. In realtà essi ne volevano impedire il passaggio dal Regno del Padre al regno del Figlio».
In altre parole, dichiara Merry del Val, secondo questo progetto non sarebbe più stato necessario che i giudei ripudiassero il giudaismo per essere considerati cristiani. (Dai cristiani, ovviamente!)
Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, ha di recente scritto un libro nel quale propone il testo del rabbino Elia Benamozegh ("Israele e l'Umanità: studio sul problema della religione universale", 1914). Secondo questo rabbino, «La religione universale non consiste in una pura e semplice conversione dei Gentili al mosaismo, ma nel dovuto riconoscimento da parte dell'Umanità della "verità della dottrina di Israele"».
Et de hoc, satis!

NOTA sulla PAROLA OLOCAUSTO
Nell'ambito dell'elaborazione mitica finalizzata al condizionamento psichico, fu ideata da ambienti psico-hollywoodiani la parola «olocausto», da far ingoiare ai popoli della Terra (Europa, USA, anglofoni vari ed assortiti). L'incarico fu affidato ad un regista prestigioso, maestro nella costruzione di scenari immaginari, Spielberg ("Jurassic park", "Incontri ravvicinati", "ET l'extraterrestre"), il quale a sua volta convocò attori prestigiosi per una diffusione capillare attraverso le televisioni. Oggi questa parola è stata abilmente sostituita con quella di «Shoah», che è, notoriamente, una copiatura di quella arabo-palesitinese di NAKBA. A nostro avviso si tratta di un ulteriore processo di imposizione concettuale con l'imposizione di parola dai connotati "magici".
D'altronde, l'appropriazione di concetti altrui, e la storpiatura dei nomi, è un vecchio costume. (Noto il caso del Re Salomone autore di sentenze mirabili, nota trasposizione della figura greca di SOLONE, il legislatore mirabile).

RAREFAZIONE CONCETTUALE DELLE IMMAGINI
Premesso che fin dall'antichità classica si sapeva che la memoria umana è essenzialmente visiva, possiamo comprendere le ragioni che hanno indotto la Chiesa romana a finanziare la grande Arte rinascimentale. In concreto, quando viene vocalizzata la parola "Gesù" l'ascoltatore vede, cioè percepisce visivamente, un tale con la barba ed i capelli lunghi, effigiato nelle più disparate posizioni ed inserito nei più diversi paesaggi, nella miriade di quadri, affreschi, sculture e bassorilievi che adornano non solo le chiese cattoliche, ma anche abitazioni private, musei, chioschi, cimiteri, percorsi di Via Crucis, edicole nei crocevia e nei valichi di montagna.
Da notare, peraltro, che l'identificazione di Cristo con un personaggio giovane e barbuto, del tutto arbitraria, deve sicuramente corrispondere a specifici "canoni" estetici.
L'importanza dell'arte nella deformazione percettiva fu sottolineata negli anni cinquanta da un noto critico d'arte quando Pio XII dichiarò di aver avuto l'apparizione di Gesù. Lo studioso chiese di poter conoscere in quale stile artistico Gesù fosse apparso al papa.
Va qui sottolineata la sostanziale differenza fra il Cattolicismo e l'Islam (e l'ebraismo) che si percepisce anche nel culto delle immagini; talché il Cattolicesimo è tacciato di politeismo e di culto delle immagini (feticismo) da parte delle altre religioni, protestantica compresa.
Se dall'aspetto "estetico" (arte rinascimentale per la Chiesa, arte cinematografica-hollywoodiana per l'ebraismo-sionismo) risaliamo ai concetti che ne stanno alla base, possiamo capire immediatamente che l'aspetto mitico sovrasta la percezione della "realtà", mentre il dibattito sui due aspetti mitici in esame prescinde da qualsiasi considerazione concreta. [Credo quia absurdum].
È appunto su questi aspetti che si basa la nascita della Dottrina Cristiana, la quale trova uno dei suoi fondamenti nel "Commentario allegorico della Bibbia " di Filone Alessandrino.
L'interpretazione «allegorica» della Bibbia (testo preteso ebraico da parte degli intellettuali ellenisti di Alessandria) ci dice che tale Bibbia entra nei fondamenti del Cristianesimo solo a patto che la narrazione della "Vita di Cristo" venga garantita nei suoi aspetti messianico-profetici attraverso l'interpretazione del filtro logico greco-romano, dominante in quel tempo e la presenza di ben 300 "profezie" preannuncianti la venuta del "messia".
La successiva elaborazione dogmatica del Cristianesimo fatta esclusivamente da filosofi di cultura ellenistica (cioè grecoromana, vicino orientale, indiana, mesopotamica, egiziana) ha fatto il resto.
Ivi compresa l'utilizzazione della croce come simbolo sincretico imperiale e solare, in onore di Costantino. (Nicea, 325, concilio che coincide con l'assolutismo politico, seguito poco dopo da quello religioso, e precisamente nel 392, con Teodosio). Va sottolineato questo fatto essenziale: a circa quattro secoli dalla presunta nascita di Gesù, stabilita per la data del 753 dopo la fondazione di Roma, dal monaco Dionigi il piccolo vissuto nel sesto secolo, e precisamente nel 525, quando elaborò ed inaugurò la datazione cristiana.

LE IMMAGINI OLTRE LE PAROLE
(Le immagini creano le parole e queste creano le immagini. «Et verbum caro factum est»)
Il Dogma dell'Assunta in Cielo è stato proclamato, come assunzione corporea in cielo, da Pio XII il primo novembre 1950, come conferma di una festa decretata dalla chiesa fin dal sesto secolo, e celebrata il 15 agosto, data in precedenza utilizzata per festeggiare, alle Idi di Augustus, la festa di Giove, l'anniversario della dedica del Tempio di Diana nell'Aventino. Vi cadono anche gli anniversari dei templi di Ercole Vincitore, di Vortumno, di Castore e Polluce, delle Camene.
Il frasario utilizzato per la proclamazione del Dogma, ultimo fondamento scritturale, che dal mondo protestante fu accolto come ostacolo nella via dell'ecumenismo, fu questo: «Maria Madre di Dio, immacolata e sempre vergine,è stata assunta in corpo ed anima nella gloria celeste».
Ma questa dichiarazione "ufficiale" non sostituisce l'uso comune del concetto che è l'assunzione in "cielo".
D'altronde, l'iconografia cristiana è del tutto chiara. Si sono cimentati nell'impresa di descrivere questa "volata" i seguenti artisti: Andrea del Sarto (1530), Agostino Carracci (1592), Guido Reni, Murillo, Raffaello, Rubens, Tiziano (1518), El Greco (1577), Vincenzo Foppa, Giovanni Lanfranco (1627), Lorenzo Lotto, Ludovico Brea (1500), Correggio (1530), Andrea della Robbia (1479), Ludovico Carracci (1588), Carlo Cignani (1706), Andrea Solari (1524)… tanto per citarne alcuni.

CONCETTO DI CIELO
Di quale cielo si tratta? Quello fisico che noi vediamo alzando gli occhi? Quello di mezzodì o quello di mezzanotte? È vero che un'immagine della madonna ritrae costei mente pesta uno spicchio di Luna, ma anche in questo caso si tratta pur sempre di immagini relative a divinità pagane.
Mi si può rispondere trattarsi di un cielo mistico, immaginario. Alternativamente, mi si potrebbe rispondere che si tratta di metafora, oppure alla luce delle ultime acquisizioni dell'epistemologia, di uno spazio parallelo. Ecco! Risucchiati, tanto lei che il figlio, in uno spazio parallelo con un salto quantico. Pertanto, in questi casi ci troviamo alla presenza di una dimensione NON fisica, ma puramente ideale, concettuale, metafisica. Lo "spazio" ove agisce il Divino, la Divinità. Qui nulla è "concreto", come pretende la gerarchia cristiana, citando "testimoni" destituiti di qualsiasi credibilità. Qui siamo nel pieno di una concezione ed interpretazione ideale (cioè platonica) e mitica del racconto che è alla base della fede cristiana. A questo punto è logico chiedersi: cosa intendono per "reale" gli esegeti della resurrezione di Cristo (Krsna) e dell'assunzione della Madonna?
La testimonianza di Giuseppe di Arimatea (il becchino) e delle "pie donne", Maddalena in testa? Oppure la reliquia, conservata in una chiesa della Toscana, della cintura che la Madonna ha consegnato per ricordo a san Tommaso, mentre stava ascendendo?

LA FIGURA della MADONNA
«Il rabbino sorrise. Io non cerco una parabola che si sposi all'argomento. Mi limito ad introdurre argomenti per i quali ho parabole da raccontare». [da: "Penso dunque rido, l'altra faccia della filosofia", J. A. Paulos, Feltrinelli]
Gli esegeti cristiani si sforzano di dimostrare l'autenticità "storica" della vicenda umana di Maria. La storia delle religioni ci insegna il contrario.
La Dea Madre è stata probabilmente la prima divinità immaginata dallo spirito umano, ma anche se ciò non fosse, il suo simbolismo è tuttavia indubbiamente una caratteristica predominante nei reperti archeologici del Mondo antico, dalle Veneri gravettiane e dalle Immagini stilizzate delle decorazioni cavernicole del Paleolitico agli emblemi ed alle iscrizioni del Mediterraneo Orientale, dell'Asia occidentale, della valle dell'Indo e dell'Egeo. Il culto si concentrò dapprima sul mistero della Nascita, e perciò si mettevano in particolare risalto le funzioni materne della donna, come rivelano le figurine femminili in molte delle quali gli attributi sessuali erano esagerati e suggerivano l'idea della gravidanza e talvolta anche del parto. Il loro scopo era di stimolare la vita con un'abbondanza sempre maggiore, sia nel genere umano che negli animali e nella Natura, sicché la Nascita e la Generazione erano fuse in uno con la conservazione delle risorse alimentari da cui dipendeva l'esistenza… Prima che venisse stabilita una gerarchia degli Dei della Natura, prima che la complessa teologia delle emanazioni fornisse alla religione un vasto pantheon in cui predominava l'elemento maschile, le forze produttrici della Terra avevano fornito nei tempi preistorici una classe divina in cui predominava l'elemento femminile. Ma a Sumer la Dea Madre non era sola. Nei testi più antichi le veniva affiancato un "Figlio" che era anche il suo amante e che rappresentava la nascita e la morte della Natura. Sotto tale impostazione venivano celebrati il mito e la sua rappresentazione simbolica nella Festa Religiosa che si teneva ad Isin, nella Mesopotamia meridionale, nel III Millennio a.C. ed imperniata sul sacro connubio della Dea Inanna (la controparte sumera dell'accadica Ishtar), incarnazione della fertilità della Natura, col Dio pastore Dumuzi, o Tammuz, incarnazione delle forze creatrici della Primavera. Poiché il Dio era la personificazione della vegetazione, il cui sviluppo ed il cui declino si riflettevano nel Mito della sua morte e resurrezione, non bastava che egli fosse solamente il figlio dell'autrice e dispensatrice di tutta la vita (la dea). Nulla poteva essere più efficace per il mantenimento del Ciclo delle stagioni che il matrimonio delle due divinità, e questa unione doveva essere simbolicamente ripetuta, nel rito, dal Sovrano della Città-Stato e da una sacerdotessa, nelle parti rispettive di Dumuzi e Inanna o di Tammuz e Ishtar, a seconda della mitologia locale. Identificandosi coi loro divini archetipi, essi facevano sì che la loro unione avesse un reciproco effetto riproduttivo sui processi naturali in primavera, «accrescendo la fertilità della Terra» e colmandola d'abbondanza ("The Threshold of Religion", 1914).
Fin qui E. O. James, "Antichi Dei Mediterranei", Est, 1996.
Nel consigliare la lettura del libro, ci limitiamo ad una semplice considerazione, che riguarda la falsificazione e la truffa. Con l'avvento del cristianesimo, la sua classe sacerdotale ha imposto la credenza dell'assoluta verità ed originalità del suo messaggio, di contro a tutte le forme religiose precedenti, che accettavano le divinità venerate da altri popoli, NON perché fossero "liberali" ma perché riconoscevano nelle divinità di altri popoli la sostanziale somiglianza con quelle proprie. Cioè "sapevano" quello che gli studiosi moderni hanno appreso, con difficoltà, attraverso studi e ricerche molto faticosi. Questa è la ragione VERA dell'esistenza del Pantheon in Roma, essendo la civiltà romana, nell'elaborazione delle Leggi che hanno segnato la priorità del Diritto, superiore a qualsiasi manifestazione religiosa, considerata, giustamente, una fase non inferiore ma "precedente" alla formulazione delle LEGES.
Infatti, secondo Pomponio (I sec.) autore di storia giuridica romana, le prime elaborazioni giurisprudenziali attorno alla Legge delle XII Tavole (la interpretandi scientia) e la formulazione dei mezzi processuali (le actiones) restarono a lungo un monopolio pontificale: apud collegium pontificum erant. Ciò dimostra che anche dopo il concretarsi di una diretta produzione legislativa le Norme mantenevano, in piena epoca storica, un carattere "superiore" per le masse di uomini. Le forme del Diritto partecipavano ancora del meccanismo delle forme del culto, sicché ciò che continuava ad avere rilievo non era tanto l'esistenza della Norma, quanto il procedimento religioso (… solisque pontificibus notum) mediante il quale si riconosceva, ancora caso per caso, se il singolo atto da compiere fosse in concreto lecito oppure No. [Riccardo Orestano, "I fatti di Normazione nell'esperienza romana arcaica", Ciappichelli]
In sostanza, concludiamo Noi, la peculiarità della Romanità si dimostra proprio nel momento in cui un culto si traduce in Diritto. Essendo questa la forma nella quale si esprime concretamente la Civiltà. L'avvento del Cristianesimo, pur propiziato dalla commistione con l'Ellenismo, ha rappresentato un regresso perché ha portato nella società romanizzata culti, credenze, dottrine e dogmi, nonché riti di carattere magico-procedurale che prescinde dai concreti rapporti di civiltà, retti dal concetto di Giustizia. Come dimostrano le persecuzioni, i sant'uffizi, i roghi, le eresie stesse, e la confusione giuridica e sociale emersa con il Caso Eluana. Caso nel quale chiunque poteva urlare il punto di vista individuale, ma sempre nell'assoluto disprezzo dei principi fondativi della Giustizia.

CONCLUSIONE

 

«Nel relativo indebolimento delle ideologie, si vede che il seguace di ciascuna obbedisce a preferenze ed a tendenze vaghe, difficili da definirsi, in cui le abitudini politiche di ieri cedono il passo a poco a poco ad oscuri richiami volti verso il futuro»
Pierre Drieu La Rochelle (1942)


Il meccanismo che si sta instaurando nella società, apparentemente civile, attraverso l'imposizione violenta del "Mito Olocaustico", [vedi: "Holocaustica Religio", di Gianantonio Valli, Effepi ed.] ripete quello che è avvenuto con l'imposizione del Cristianesimo alla società greco-latina. Con la differenza che il processo attuale, iniziato solo un secolo fa, sta avendo un'accelerazione propiziata dall'uso massiccio dei mezzi di comunicazione di massa e delle conoscenze relative ai condizionamenti psicologici, alla base della comunicazione persuasiva. Data la sostanziale similitudine fra cristianesimo ed ebraismo, in quanto religioni onnivore che escludono a priori possibilità dialogiche con altre forme di pensiero e di convivenza (per l'ebraismo ci si salva soltanto aderendo a quella fede, facendosi ebrei e riconoscendo la priorità ebraica nell'alleanza col dio, per il cristianesimo la salvezza proviene dal carisma della "croce" e dalla sua accettazione come verità assoluta) è presumibile che l'ebraismo, grazie alla sua attuale virulenza, assorba tutto il sistema cristiano con il suo clero parassitario. I segni sono presenti in abbondanza. Il riconoscimento dell'autorità degli "antichi padri" è già avvenuto da tempo.
 

Giorgio Vitali