Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Roma, gennaio 1997

 

In ordine alla trasmissione radiofonica "Le voci dei vinti", il Comitato esecutivo di questa Federazione ha diramato il seguente

comunicato stampa:

 

Nel 1945, la coalizione anglo-americano-bolscevica vinse definitivamente gli eserciti d'Italia, della Germania e del Giappone.

Per l'eterogeneità intrinseca a tale coalizione e in forza del ricatto atomico, il mondo è stato tenuto per mezzo secolo nell'infausta condizione di «non pace - non guerra», che ha impedito il libero sviluppo dei popoli.

Caduta, per spontaneo sgretolamento la componente comunista di tale coalizione (che non si era rivelata nei fatti qualcosa di radicalmente diverso da quella borghese che gli altri paesi d'Europa avevano compiuto un secolo prima) resta ora in campo la componente anglo-americana, sola nella tracotante difesa di quei privilegi plutocratici che costituivano il fondamento della loro guerra, a fronte della nostra «guerra del sangue contro l'oro».

Orbene, in Italia chi vinse la guerra fu soltanto l'esercito anglo-americano. I partigiani, avendo concorso in misura militarmente irrilevante (Eisenhower) alla vittoria altrui, di fatto, non vinsero nulla e nessuno. Ciò è attestato da una imponente mole di fatti e di documenti inoppugnabili. Questa è la Storia. Punto e basta.

D'altronde, i princìpi etico-sociali per i quali combattemmo e combattiamo non sono stati né vinti né superati.

La sentenza n° 747 in data 26/4/1954 del Tribunale Supremo militare riconosce la qualifica di «belligeranti» ai Combattenti della R.S.I. e la nega ai partigiani; sancisce che al governo Badoglio era vietata «de jure» ogni indipendenza, in quanto il potere legale era esercitato dal governo militare alleato, mentre tale preclusione non sussisteva per la R.S.I. che, come recita la sentenza, «emanava le sue leggi e i suoi decreti senza l'autorizzazione dell'alleato tedesco».

Tuttavia, noi che avevamo combattuto per vincere la guerra, allorché sconfitti, sinceramente sperammo che i nostri avversari sapessero vincere la pace.

L'art. 16 del «Diktat», la XIIª norma transitoria della Costituzione e le leggi liberticide (Scelba, Reale, Cossiga, Mancino), tuttora in vigore, comprovano che la pace fra gli italiani è ancora lontana.

Chi, e per quali ragioni intende oggi creare ulteriori fratture nel popolo italiano, agitando sciaguratamente la mostruosità giuridico-morale che vorrebbe i belligeranti essere stati vinti dai non-belligeranti e persino dagli attendisti? A chi, se non all'intera Nazione, si vuole recar danno col precludere un sereno, obiettivo e paritetico colloquio ai suoi figli?

Eminenti storici e uomini di cultura, italiani e stranieri, sono concordi nell'attribuire alla R.S.I. tutte le peculiarità della necessità storica (si pensi agli oltre 600mila nostri soldati prigionieri in Germania a causa del tradimento della monarchia dell'8 settembre 1943 ed ai sette decimi d'Italia abbandonati al furore teutonico); necessità storica autentica, dunque, nel senso reale e logico di un ente statuale che non potrebbe non essere stato e che, non potrebbe non essere stato diverso da come è stato.

Ciò affermiamo, pronti a riconoscere che «l'indipendenza nazionale, da qualunque parte e sotto qualsiasi insegna difesa, è patrimonio di tutti gli Italiani» (P. Pisenti, Ministro Guardasigilli della RSI).

Posto che la guerra è la «continuazione della politica con altri mezzi», e, tenuto conto che le scelte del repubblicanesimo sociale furono e sono scelte politiche e non militari, in quanto continuatori del progetto politico della RSI, i Combattenti aderenti a questa Federazione rigettano la qualificazione di vinti, in quanto pretestuosa ed estranea alla stragrande maggioranza degli Italiani.

Consapevoli di essere portatori di una concezione religiosa della vita e della società, riaffermano la loro implacabile opposizione al materialismo plutocratico volto alla globalizzazione dei mercati e alla omologazione delle coscienze e ribadiscono il valore irrinunciabile della supremazia della politica sull'economia e l'istanza sociale insita in quella dell'uomo sul capitale.

 

Italia - Repubblica - Socializzazione   

p. Il Comitato Direttivo
F. G. Fantauzzi