da
Cosa c'era dietro la
"strategia della tensione"
Maurizio Barozzi
La
menzogna della teoria dello "Stato parallelo" e quella dei "corpi
separati o deviati". Una pianificazione della strategia stragista
avvenuta in ambiti stranieri e una esecuzione in casa nostra,
attuata anche grazie alla collaborazione di "apparati dello Stato" i
quali ovviamente non sono stati gli esecutori materiali. |
Ricorre in questi giorni il quarantennale della strage di Piazza Fontana, un
orribile massacro di italiani che per quanto riguarda i suoi esecutori e
mandanti è rimasto sostanzialmente impunito e soprattutto non è rimasto il solo.
Dopo così tanto tempo trascorso tra processi contraddittori, assoluzioni e
condanne minori, o assoluzioni per insufficienza di prove, a meno che in futuro
non escano fuori documenti gelosamente custoditi in archivi riservati, è
praticamente impossibile dare un giudizio preciso e definitivo su fatti e
personaggi legati a quegli avvenimenti, dovendoci basare per lo più sulle tante
ricostruzioni giornalistiche o sui risultati scaturiti dai vari e insufficienti
procedimenti giudiziari.
E questo sia nel caso di assoluzioni, come in quello delle scarse condanne.
Questo non toglie che in base alle proprie esperienze e intuizioni personali,
agli atti processuali e alle tante inchieste e ricerche che un ampia letteratura
ci mette a disposizione, si possa dare una valutazione politica complessiva su
quanto accaduto e pertanto ipotizzare uno scenario abbastanza plausibile del
perché è accaduto
Il fatto è che la giustizia, cosiddetta "borghese", non poteva, volente o
nolente, arrivare all'accertamento della verità, perché in questo caso si
sarebbe dovuto porre sul banco degli accusati, ai più alti livelli di
imputazione, proprio lo Stato oltre a strutture di intelligence di paesi alleati
al nostro per i quali, data la loro posizione di privilegio che detengono, anche
in virtù di accordi internazionali (noti e segreti) con l'Italia, non avrebbero
consentito di andare oltre un certo punto (ecco il vero significato del segreto
di Stato e dei tanti depistaggi).
Per salvare capra e cavoli ci si è così rifugiati nella teoria dello "Stato
parallelo", oppure in quella dei "corpi separati o deviati", della "massoneria
deviata" e così via, tutte sciocchezze, tutti ripieghi, che però stavano bene
anche alla apparente controparte di "sinistra", quella che ha giocato il ruolo
di "denunciante", perché consentivano di salvaguardare una certa "continuità del
sistema di potere" e ci si poteva così esimere dall'ammettere una ben più grave
realtà, quella di una ispirazione della strategia stragista avvenuta in ambiti
stranieri ed una esecuzione in casa nostra grazie anche alla collaborazione di
"apparati dello Stato" i quali non possono sempre aver agito di propria
iniziativa.
Ma ad ingarbugliare ancor di più le acque, nella ricerca della verità, vi è la
constatazione che il periodo complessivo, quello che sommariamente individuiamo
come "stragista", ha riguardato un lungo arco di tempo che possiamo
arbitrariamente semplificare dal 1965 (convegno Pollio) al 1980 (strage di
Bologna), durante il quale la strategia di fondo che ha provocato o comunque
sfruttato atti terroristici e fatto esplodere bombe assassine, non è stata la
stessa, perché le direttive, le ispirazioni e soprattutto le finalità per le
quali dovevano verificarsi certi episodi criminali sono state di diverso e
opposto tipo.
La nostra analisi complessiva del periodo stragista, si può riassumere in poche
righe anche se, in questa sede, non possiamo addurre ampie spiegazioni su gli
episodi, i fatti e le considerazioni che ci hanno portato ad elaborare queste
considerazioni (due testi riteniamo importanti, ma non esaustivi, né del tutto
esatti, per comprendere soprattutto la strage di Piazza Fontana: "Piazza
Fontana. La verità su una strage", di Fabrizio Calvi e Frederic Laurent,
Mondadori 1997, stranamente, ma sospettosamente scomparso dalla circolazione, e
"Il segreto di Piazza Fontana", di Paolo Cucchiarelli, Ed. Ponte delle Grazie
2009).
Cominciamo con il dire che un ricercatore storico impegnato a decifrare il
periodo stragista non può che osservare alcune evidenze alquanto inquietanti.
Tra le tante ne citiamo due: chi progettò di far esplodere le bombe del 12
dicembre 1969 a Roma e Milano, precedute da tutto un gran daffare di
infiltrazioni, provocazioni e criminalizzazioni degli ambenti anarchici e dal
forte stato di tensione di un precedente autunno caldo nei rinnovi contrattuali,
sapeva benissimo che i morti e i feriti che ne scaturivano sarebbero stati
addebitati ai "rossi", agli anarchici appunto. E questo diciamo che è oramai
dato per scontato un po' da tutti.
Ma analogamente chi ideò di porre una bomba a Brescia il 24 maggio 1974 ad un
comizio sindacale antifascista, era ben conscio che morti e feriti sarebbero
stati addebitati alla destra neofascista, visto che oramai da tempo erano in
corso tutta una serie di inchieste, procedimenti giudiziari, arresti e così via
nell'ambito dell'estremismo di destra da più parti ritenuto responsabile per
Piazza Fontana, e soprattutto dopo che pochi giorni prima un ragazzo della
destra neofascista Silvio Ferrari era saltato per aria a causa dell'esplosivo
che trasportava.
È quindi evidente, al di là dei singoli episodi criminali, delle situazioni di
violenza più o meno spontanee o provocate, delle bombe che esplodevano in
continuazione a cominciare da quelle del 1967 a Roma che per fortuna non fecero
morti, a seguire con quelle della primavera estate del 1969, dette "sui treni",
per arrivare a Piazza Fontana, Brescia, l'Italicus, ecc., che dietro tutto
questo c'era una strategia sottile, una "mano" che tirava certi fili, che
cercava di conseguire determinati risultati o nel migliore dei casi, di
sfruttare e incanalare per i suoi scopi certi avvenimenti.
E che questa "mano" fosse straniera non ci sono dubbi, vista la collocazione
coloniale del nostro paese che a seguito del diktat impostoci con la fine della
guerra e per tutta una serie di accordi, protocolli e intese successive, vede i
suoi più alti vertici militari e quelli delle strutture di intelligence, di
fatto subordinati nel sistema NATO.
Se un alto esponente del SID, quale il generale Gianadelio Maletti, che durante
il suo operato nei Servizi era ritenuto tra l'altro "amico" del Mossad
israeliano, nel corso di una intervista rilasciata il 4 agosto del 2000 da
Johannesburg, affermò esplicitamente che la CIA, attraverso la
strumentalizzazione di ambienti di destra, aveva giocato un certo ruolo nello
stragismo, tanto che il giornale "la Repubblica", sottotitolò quell'intervista
"La CIA dietro quelle bombe", e se questo viene messo in relazione a tanti altri
elementi emersi nel corso delle inchieste giudiziarie, tra cui soprattutto
quelli del giudice Guido Salvini, nelle quali emersero certi collegamenti e
certi traffici che risalivano alle basi americane in Veneto, il mosaico della
strategia della tensione comincia a ricomporsi.
A nostro avviso tutto è scaturito in conseguenza degli accordi di Jalta, dove il
nostro paese, colonizzato dagli USA, è stato inserito nel sistema di difesa
occidentale, in un area geografica particolarmente delicata: quella del
Mediterraneo, decisiva anche per il teatro medio orientale.
La collocazione dell'Italia nella NATO, infatti, a differenza di altri paesi del
sud Europa, presentava l'anomalia di avere, potenzialmente, una certa
insicurezza politica a causa della presenza del più forte partito comunista
d'Europa (fino ai primi anni '70 legato a Mosca), di una sensibile
partecipazione, nel tessuto sociale, di forti realtà sindacali ed un quadro
politico governativo (dopo il passaggio dai governi di centro a quelli di centro
sinistra) alquanto instabile e quindi foriero di possibili spiacevoli novità
rispetto ad una ferma collocazione dell'Italia nell'organismo atlantico.
Non a caso gli americani alla fine della guerra, per gestire l'amministrazione
ed il controllo del nostro paese, una volta che avessero ritirato le loro truppe
d'occupazione, avevano spinto per un recupero dei quadri direttivi, in
particolare nei settori amministrativi, militari e di polizia, di uomini del
passato regime monarchico - fascista, tutti elementi permeati da una mentalità
autoritaria e conservatrice, ed avevano anche utilizzato uomini e gruppi
neofascisti che vennero recuperati, finanziati e all'occorrenza inseriti nei
sistemi para militari segreti (Gladio, servizi segreti, super servizi come
"l'Anello", ecc.) e quindi strumentalizzati per supportare con ogni mezzo tutte
le forze anticomuniste del paese, mentre la Democrazia Cristiana (e il Vaticano)
doveva garantire la stabilità di tutto il sistema politico italiano nel quadro
occidentale (si leggano, a questo proposito, testi fondamentali, quali:
"Fascisti senza Mussolini" di Giuseppe Parlato, Ed. Il Mulino 1996, "Made in
USA. Le origini americane della Repubblica Italiana" di Ennio Caretto e Bruno
Marolo, Rizzoli, 1996; "Lupara Nera" di Giuseppe Casarrubea e Mario J.
Cereghino, Ed. Bombiani 2009; "L'Anello della Repubblica" di Stefania Limiti,
Ed. Chiarelettere 2009).
Ma nonostante questo, le peculiarità politiche del nostro paese mostravano, sia
pure a sprazzi, di avere quelle caratteristiche di imprevedibilità che potevano
farlo divergere da una subordinazione assoluta agli Stati Uniti e soprattutto
alla NATO, tanto che, nei primi anni '60, era stato necessario assassinare
Enrico Mattei perché questi, con le sue iniziative economiche in campo
energetico, non solo aveva leso gli interessi del cartello petrolifero delle "7
sorelle", ma minacciava di creare anche sviluppi politici sgradevoli per
l'Occidente.
Anni dopo, questa stessa necessità delittuosa, si replicò con Aldo Moro a
conferma di un ferreo controllo imposto al nostro paese dove si dovevano
assolutamente rispettare alcune imposizioni d'oltreoceano: la negazione di una
patria al popolo palestinese, l'esclusione del vecchio PCI dal governo e la
ferma subordinazione e accettazione dell'Alleanza Atlantica senza alcun
desiderio di equidistanza nei confronti dei contenziosi internazionali tra
l'occidente e il mondo arabo o l'URSS.
Certamente il partito comunista italiano ed i sindacati di sinistra, fin dalla
svolta di Salerno del '44, imposta da Stalin e gradevolmente accettata dai
quadri dirigenti di questo partito, che oltretutto con gli anni avevano dato
chiari segni di inevitabile imborghesimento e occidentalizzazione, non avevano
alcuna intenzione di sovvertire l'ordine democratico, nè di sottrarre l'Italia
allo schieramento occidentale. Non era quindi il "pericolo comunista" che
preoccupava gli USA.
La costituzione politica ed ideologica del PCI e i suoi legami che
intercorrevano con l'URSS, erano di per sé garanzia della stabilità sancita a
Jalta.
In vece erano gli eventuali "uomini politici nuovi", quelli più intraprendenti e
spregiudicati, che tenevano gli americani sulla corda e non gli consentivano di
lasciar allargare le intese governative.
In poche parole si era ben consci che dietro un cambiamento dei governi
centristi o timidamente spostati sul centro sinistra, si potevano innestare,
passo dopo passo, spinte ed innovazioni incontrollabili anche di carattere
economico e sociale che, come la dinamica degli eventi storici insegna,
avrebbero potuto portare l'Italia a sottrarsi gradualmente dalla sua stretta
subordinazione militare nell'atlantismo.
Una eventualità questa che sarebbe stata tanto più grave dopo il disimpegno
francese di De Gaulle dagli organismi militari della NATO (1966) e la delicata
situazione di crisi che già si prevedeva sarebbe incorsa nel medio oriente e nel
mediterraneo in conseguenza della abnorme e cruenta espansione di Israele
(giugno 1967).
Tutto questo clima di tensione e di incertezze, in ogni caso, rientrava in un
quadro geograficamente localizzato e di ordine tattico perché, in definitiva,
gli accordi di Jalta erano di portata strategica e si basavano su la
cooperazione USA-URSS nella spartizione dell'Europa (coesistenza pacifica) ed i
sovietici non avevano alcun interesse a strappare l'Italia dalla sudditanza
occidentale.
Le divergenze, anche gravi (guerra fredda) erano solo dei risvolti di ordine
tattico o transitorio, inerenti la necessità occidentale di non consentire ai
sovietici di straripare dalle aree geografiche che gli erano state assegnate e
comunque di non approfittare di determinate contingenze (instabilità nel medio
oriente) per cercare di allargare la loro influenza infilandosi nel
mediterraneo.
Anzi, questa esigenza "atlantica" di contrastare il comunismo ed i sovietici,
paradossalmente, contraddiceva una tendenza opposta, che possiamo definire di
carattere "mondialista" e di portata planetaria, la quale già al tempo mirava
molto più in là di Jalta.
Non a caso, infatti, circoli intellettuali, culturali, del cosiddetto
"capitalismo illuminato", iniziative di vario tipo, anche in ambito
cinematografico e lo stesso nascosto supporto dato ai venti contestativi che,
nati negli States, spiravano con violenza in Europa (specialmente in Francia e
poi in Italia), in qualche modo veicolavano ideologie neoradicali, oltre quella
new left che col tempo finì per stravolgere tutte le impalcature marxiste, e
tutti operavano in modo tale da spostare, lentamente, ma significativamente,
l'Italia e la sua cultura di base borghese e cattolica su posizioni moderniste e
progressiste.
Comunque sia, in questa situazione internazionale, ad un certo momento, venne a
determinarsi un prolungato stato di crisi in conseguenza della prospettiva di
una guerra arabo israeliana, che avrebbe messo sotto pressione tutto il
mediterraneo.
L'Italia (come la Grecia) non doveva assolutamente mostrare alcun cedimento
rispetto agli impegni atlantici, mentre il Portogallo di Salazar, la Spagna di
Franco, la Turchia ed altre aree minori, non costituivano preoccupazione alcuna
per gli occidentali.
Si rendeva quindi necessario, in ambito atlantico, fare in modo che la
situazione politica del nostro paese restasse, sia pure in via transitoria,
durante tutto il periodo di crisi, fossilizzata, senza alcuna possibilità che si
determinassero cambiamenti, iniziative o innovazioni politiche divergenti.
Non a caso in Grecia, un paese altrettanto instabile, ma socialmente più
arretrato dell'Italia, gli occidentali conseguirono lo stesso risultato, quello
di non rischiare alterazioni delle alleanze in atto, grazie ad un classico colpo
di stato ispirato dalla CIA (aprile 1967).
Fu evidentemente dietro queste necessità strategiche, sia pure transitorie, che
si mise in moto il vero e proprio meccanismo stragista che indirizzò e amplificò
i contrasti, le tensioni e gli atti violenti da sempre presenti nel nostro
paese, in una crescente "strategia della tensione" ben precisa.
Altre motivazioni importanti non crediamo ci possano essere.
La versione delle sinistre che individua nella "strategia della tensione" un
mezzo per fermare la ventata contestativa e le lotte dei lavoratori (autunno
caldo) è inconsistente, se non risibile.
Venute meno queste necessità internazionali (all'incirca tra il 1973 e il 1974),
anche in considerazione dei grandi cambiamenti epocali determinati dal Watergate
in America, certe strategie hanno assunto una diversa prospettiva e una diversa
finalità, che ha prodotto effetti e conseguenze del tutto opposte alle
precedenti.
Nella disamina del periodo stragista, infatti, nelle sue cause e conseguenze,
troveremo la sorpresa, che per noi non è affatto tale, che nel suo complesso
tutto questo infame e criminale periodo, eccezion fatta per episodi
imprevedibili, ha avuto almeno due eterogenee necessità strategiche,
attraversato come è stato da sottili e divergenti interessi. Due opposte
finalità, che hanno prodotto, nel nostro paese, conseguenze storiche e politiche
di diversa natura:
- un periodo stragista di montante violenza (1967-1973) finalizzato a
"destabilizzare per stabilizzare", cioè per mantenere immobili e inoperosi di
iniziative imprevedibili i governi, per altro in crisi, di centro sinistra e
fedele l'Italia nell'Alleanza Atlantica in quel momento delicato di crisi
militare nel mediterraneo. In quest'ottica vennero sostenute, da Istituzioni
alle dirette dipendenze del governo (es. Ufficio Affari Riservati del Ministero
dell'Interno, o Ufficio D del SID) finanziate e strumentalizzate le componenti
della destra reazionaria del paese, esasperati i contrasti sociali e
generazionali in atto, mimate organizzazioni di colpi di Stato o proclamazioni
di uno "stato di emergenza" e quant'altro.
È questa la cosiddetta "fase autoritaria" che ispiratasi alle strategie
atlantiche della "guerra non ortodossa", come certe risultanze processuali hanno
mostrato, ha trovato nel nostro paese disponibili a coprirla, se non a
collaborarvi anche semplicemente depistando le indagini, strutture di
intelligence (che nonostante ogni possibile divergenza tra di loro erano
gerarchicamente subordinate agli alti vertici di comando della NATO: non può
quindi parlarsi di "servizi deviati"!), consorterie massoniche (ed anche qui,
nonostante divergenze e rivalità che queste consorterie hanno sempre
manifestato, è ben noto che, nei momenti essenziali e decisivi, esse sono
rispettose delle direttive dell'Alta Massoneria: quindi non può parlarsi di
"massoneria deviata"!), nonché ambienti del neofascismo, che meglio sarebbe
definire del "destrismo", da sempre attestati su posizioni visceralmente
anticomuniste e ultra atlantiche e spesso risultati collusi con i "servizi", sia
interni, che internazionali.
- Un secondo periodo stragista (1974-1980), che è seguito poi al primo,
scaturito anche dal venir meno di precedenti strategie e quindi coperture, con
il conseguente determinarsi di "variabili impazzite" rimaste allo sbando (non si
cambiano repentinamente strategie, coperture e protezioni, senza conseguenze),
ma sostanzialmente utilizzato per spostare su sponde progressiste e neoradicali
tutta la cultura e la composizione sociale del paese in vista di una
omologazione modernista e mondialista dell'Italia.
La semplice osservazione su "a chi ha effettivamente giovato", questo secondo
periodo stragista, è di per sé stesso una risposta eloquente ed evidente.
Insomma, due periodi che, nelle loro date, da noi così semplificate, presentano
anche periodi transitori (1971-1974) che si sovrappongono, pregni di strategie,
indirizzi inquisitori di segno opposto ed eventi imprevedibili di dubbia natura.
Ma nonostante questo, le date importanti della strategia delle tensione, sono
sostanzialmente due:
- i periodi precedenti e susseguenti al giugno del 1967 quando si attuò
l'aggressione bellica di Israele agli arabi (guerra dei sei giorni), ponendo
sotto pressione ed in stato di crisi il sud Europa ed il Mediterraneo. Periodo
nel quale, ad ogni costo, bisognava evitare qualsiasi iniziativa divergente
dallo stretto atlantismo dei governi dell'epoca (Golpe dei Colonnelli in Grecia
e destabilizzazione violenta del nostro paese).
- Il periodo che inizia a ridosso degli accordi di Camp David, autunno 1974,
quando dopo la "strana" guerra del Kippur, Israele si poté considerare oramai
militarmente e strategicamente sicuro nell'area mediorientale e quindi, pur
perdurando in Italia la necessità di uno stretto atlantismo, veniva però meno la
necessità di utilizzare lo stragismo ai fini di una "imbalsamazione" del sistema
politico. Questo periodo, dopo che nel novembre del 1970 era morte De Gaulle, è
segnato anche dalla data post estate 1974, quando con il Watergate in USA,
determinate Lobby e consorterie scalzarono definitivamente tutti i vecchi
assetti dell'amministrazione americana e ristrutturarono le intelligence
statunitensi, ed i cui contraccolpi sul piano internazionale consentirono di
dare definitivamente via libera a strategie di stampo progressista con la
liquidazione, sia pure in tempi diversi, degli Stati apparentemente più
reazionari e conservatori, oramai non più necessari (novembre 1973: caduta del
regime dei Colonnelli in Grecia; aprile 1975: rivoluzione dei Garofani Rossi in
Portogallo; novembre 1975: morte di Franco e inizio della liquidazione del
franchismo in Spagna, ecc.).
In tal modo, in Italia, si determinava la riscossa delle forze progressiste, il
ribaltamento delle responsabilità dello stragismo (oramai non serviva più
addebitarlo ai "rossi" e agli anarchici), il tutto dietro una sottile regia tesa
al "rinnovamento" graduale in senso progressista dell'Italia (pur perdurando, a
causa di Jalta, il divieto americano per il PCI di entrare nell'area
governativa).
Ora le bombe potevano e dovevano scoppiare, e scoppiarono infatti, ma per
conseguire altre finalità.
Nonostante che, non a caso, spesso mandanti ed esecutori delle stragi, non sono
stati individuati, è indubbio che le bombe sono comunque esplose ferendo,
mutilando o assassinando degli italiani, gente innocente, ed è altrettanto
indubbio che, volenti o nolenti, in qualche modo si è creato nell'immaginario
collettivo il luogo comune che fascista vuol dire reazionario, filo americano,
che fascista vuol dire bombarolo.
Le collusioni con gli americani, da parte del neofascismo destrista, che a
nostro avviso nulla centra con il fascismo, retrodatano a molti anni addietro
quando, a ridosso del 25 aprile 1945, certi esponenti e reduci della RSI
intesero collaborare con l'OSS americano, magari per riciclarsi nel dopoguerra
come anticomunisti ed antisovietici.
Quel che ne seguì è noto: l'impiego di questi neofascisti per operazioni sporche
in Sicilia (un area geografica al tempo determinante per gli americani nello
scacchiere mediterraneo); l'utilizzo di ex ufficiali della Decima Mas per
aiutare i sionisti nella nascita del loro Stato; la partecipazione a servizi e
strutture coperte che gli americani predisposero in Italia; la nascita del
partito più reazionario, conservatore e ultra atlantico del panorama politico
italiano (il MSI) con le sue appendici, cosiddette extra, che in definitiva non
erano altro che il MSI fuori dal MSI.
Questo ambiente, se non se ne è reso conto, non solo ha tradito gli ideali del
fascismo repubblicano, ma sopratutto ha tradito gli interessi del paese, perché
sarebbe stato dovere di ogni fascista impegnarsi e lottare contro qualunque
restaurazione liberista e reazionaria richiesta dai vincitori e soprattutto
contro gli occupanti anglo americani che ci avevano colonizzato e imposto
pesanti clausole di subalternità, anche militare, mai revocate.
Tempo addietro i veri fascisti repubblicani, quelli della Federazione Nazionale
Combattenti della RSI affermavano giustamente che se il MSI era il fascismo
allora, paradossalmente, non si poteva che essere antifascisti!
Rispetto alla strategia della tensione proprio gli ex combattenti della FNCRSI
affermarono anche:
«Comunque sia, coloro i quali, a qualsiasi titolo e con qualsiasi ruolo,
aderendo alle tesi della c.d. "guerra non ortodossa", di chiara matrice
statunitense e assumendo la strage come strumento di lotta politica, si sono
posti al servizio di una potenza straniera e hanno partecipato o invitato altri
a partecipare alla strategia della tensione, tesa ad una maggiore soggezione del
popolo italiano ad interessi stranieri, sono condannabili ai sensi del codice
militare di pace. Privi di ogni qualsivoglia idealità politica e di dignità
morale, essi si sono rivelati affatto alieni da quelle leggi, che, come notò
Pericle, "Senza essere scritte, recano come sanzione universale il disonore"».
(Marzo 2000 - Il Comitato Direttivo della Federazione Nazionale Combattenti
Repubblica Sociale Italiana).
.
Maurizio Barozzi
Nota a margine da
parte di "Rinascita"
La visione è
completa… ma parziale. Riguarda soltanto le destre reazionarie. Con
un ingiusta complessiva condanna: è anche vero cioè, che nell'ambito
di quell'area politica restavano e si muovevano forze comunque non
assoggettate alle strategie atlantiche. Manca poi del tutto una
disamina sia sul parallelo "stragismo" della cosiddetta "sinistra"
(reazionaria anch'essa, perché inserita a tutto tondo nella
spartizione di Jalta; il gappismo feltrinelliano e/o coltivato a
Praga non è stata una semplice "parentesi") e sulle sue azioni
armate. Come pure è carente l'analisi sulle destabilizzazioni
israeliane sul territorio nazionale, sicuramente matrici di più di
un massacro.
Certo un giornale
non è un saggio storico. Ma una accettazione di massima dei teoremi
dei vari Imposimato, Salvini e così via, conduce su strade cieche.
R. |
Precisazione dell'autore
Caro Direttore,
mi consenta una precisazione sulla sua "Nota a margine" al mio articolo di ieri
"Cosa c'era dietro la strategia della tensione".
La sua nota è opportuna e la condivido in pieno ritenendola integrativa
all'articolo.
Il fatto che il mio articolo sia carente, come lei dice, su una disamina del
ruolo terrorista e reazionario delle sinistre, ruolo nel quale ci sono state
evidenti ed abbondanti collusioni della CIA e del Mossad, è solo perché con lo
spazio che avevo a disposizione non potevo inoltrarmi in quest'altra disamina
che abbonda di avvenimenti e particolari. Lo stesso dicasi per un mio mancato
riscontro di un distinguo nell'ambiente di destra, che pur aveva realtà non
inquadrabili in una subordinazione alle strategie atlantiche. In definitiva, io
ho voluto più che altro far risaltare il fatto che chi ha "lavorato", in buona
fede o meno, per assecondare i presunti disegni autoritari, destabilizzanti e
reazionari, nella illusoria speranza di un "colpo di stato" o di uno "stato di
emergenza" in realtà ha finito per agevolare uno spostamento della cultura e
degli assetti politici e sociali del nostro paese su posizioni moderniste e
progressiste, in una parola "mondialiste". La strategia di lunga portata, che
stava dietro allo stragismo, passati i momenti transitori delle necessità
contingenti che utilizzavano le forze reazionarie, proprio a questo spostamento
progressista mirava. La cinematografia, legata alle grandi Case di produzione,
che sempre accompagna e qualche volta precede i cambiamenti epocali, ne è un
sintomo evidente. Questi films, ne cito solo alcuni, non uscirono per caso, ma
già preparavano il previsto cambiamento progressista e non solo nel nostro
paese: "Z L'orgia del potere" di C. Gravas del 1969, "Sbatti il mostro in prima
pagina" di M. Bellocchio del 1972, "L'Amerikano" dello stesso regista del 1972,
"Vogliamo i colonnelli" di M. Monicelli, del 1973, "Faccia di spia" di G.
Ferrara del 1975, "I tre giorni del condor" di S. Pollack del 1975, ecc. ecc.
Solo un ingenuo può ritenere che libri come "La strage di Stato", o certe
campagne di stampa e inchieste da "magistratura d'assalto", siano avvenuti
"spontaneamente".
Maurizio Barozzi |