Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Foglio di orientamento n° 1/1996

 

I liberatori e dintorni

A 50 anni dalla vittoria dell’antifascismo, la situazione economico-sociale internazionale è la seguente:

* circa il 50% della popolazione mondiale soffre per sottrazione o lesione dei diritti fondamentali della persona; nei primi 5 mesi del 1993, sono stati denunciati 125 mila casi fra esecuzioni, torture, sparizioni di persone, stupri, arresti arbitrari; nello stesso anno i profughi sono stati 42 milioni; in 150-200 Stati, circa 200 milioni di bambini sono costretti a lavori debilitanti e in luoghi malsani, mentre nel Mondo vi sono 700 milioni di disoccupati e/o sottoccupati; un miliardo e mezzo di esseri umani vive in povertà assoluta e un miliardo è al limite della povertà.

A questi dati (verificabili presso il "Centro Informazioni delle N.U.", p.za S. Marco 50-51, Roma) vanno aggiunti i numerosi casi non denunciati e quelli più recentemente verificatisi nell’ex-Jugoslavia, nell’ex-URSS, in Africa, in America Latina, ecc.

Lasciato a sé stesso, alla miseria, e agli odi tribali, il Continente nero (escluso il Sud Africa) non conta nulla sul piano economico, commerciale e culturale; se lo inghiottissero gli oceani, nessuno se ne accorgerebbe.

Z. Brezinski ("Il mondo fuori controllo", Longanesi, Milano, 1993), ex-consigliere per la sicurezza del Presidente Carter, afferma che Stalin e Mao Tse Tung hanno rispettivamente procurato la morte di 25 e 30 milioni di loro oppositori. Se a queste si aggiungono le cifre dei massacri in Corea, Vietnam e Cambogia, il prezzo in vite umane del vano tentativo di instaurare il comunismo supera i 60 milioni. Non se parla, ma tutti sanno che i due suddetti gentiluomini erano alleati degli USA, della massoneria ebraico-massonica e di S. Romana Chiesa, in forza della cui vittoria in Italia è possibile essere e dimostrare di essere tutto ed il contrario di tutto, fuorché essere fascisti e dimostrare di essere tali.

Nessun commento. Una sola domanda: «Perché i fascisti dovrebbero collaborare con una classe politica (da tutte le destre a tutte le sinistre) che ha tradito gli interessi del popolo italiano in guerra e in pace.

 

Il bene comune

La nozione di «bene comune» può essere desunta da quel che Tommaso d’Aquino intende per «tiranno», cioè l’uomo di governo che fa il proprio interesse in danno dell’interesse generale. È come dire che l’Italia ha subito per mezzo secolo la peggiore delle tirannie, poiché è nella politica che si attua il bene comune. Il fatto che nei dibattiti attuali non v’è alcun cenno alla politica estera, dimostra la totale insensibilità da parte della classe politica antifascista per il destino storico della Nazione e mal cela la circospezione del furfante che tenta di sfuggire alla giustizia. Priva (o quasi) di FF.AA., scossa da varie spinte scissionistiche, corrosa dal cancro della mafia e dalla leucemia del debito pubblico, non sostenuta dal consenso popolare, la «repubblica nata dalla resistenza», avendo portato lo Stato all’impotenza, sa bene di non poter gestire nessuna politica.

Alle accuse di incompetenza, Benedetto Cairoli, capo di uno dei primi governi di sinistra, rispose che preferiva «la qualifica di onesto a quella di abile» e tutti furono concordi nel ritenere che, dietro quella ingenuità, oltre all’immenso patrimonio di onestà e di eroismo, v’era un istintivo e genuino rifiuto delle doppiezze dei maneggi diplomatici. Il suo governo, infatti, era ispirato ai grandi ideali di concordia nazionale e di giustizia sociale e a non più colpire «il proletariato nel meschino e sudato frutto del suo lavoro». Quella di Cairoli, Crispi, Mancini, Nicotera ecc., andrebbe meglio indagata, poiché rappresenta un serio tentativo di sinistra nazionale. Di Nazionale, oggi in Italia non c’è più nulla: tutto è nelle mani dei vecchi partigiani della Nato, del Patto di Varsavia e della mafia. La quale, come è noto, fu reimportata dagli USA in Italia perché svolgesse un preciso ruolo geopolitico. Consapevole della sua efficienza, il Pentagono se ne avvalse prima nel facilitare lo sbarco in Sicilia, ne agevolò poi l’inserimento nei gangli vitali dell’apparato economico-finanziario italiano con il duplice compito di contenimento del più grande partito comunista dell’Occidente e di produrre quel congruo tasso di instabilità in Italia, onde questa contasse il meno possibile nel Mediterraneo, cioè in casa propria.

L’antifascismo e la mafia sono pertanto i primi nemici del bene comune del popolo Italiano; subito dopo vengono la politica multietnica, la droga, la pornografia ecc. Il vero bene comune -principio e fine di ogni società autentica- in quanto libero superamento del bene particolare, costituisce il banco di prova in cui si esprime il livello di eticità, di coesione, e di civiltà di una vera struttura statuale. Ma quando cominciarono i guai per l’Italia? Quando, fatte le bonifiche e la conciliazione, forte del vasto consenso interno, essa cominciò a far sentire la propria voce nel Mediterraneo e nel consesso internazionale; quando cioè, con la conquista dell’Impero e con la guerra di Spagna, l’Italia dimostrò di fare sul serio anche nel progettare un futuro migliore per la sua Gente. Il «presente», diceva Agostino, «è il passato del futuro», pertanto chi non pensa all’avvenire dei figli e dei nipoti non fa politica, ma non fa nemmeno buona amministrazione. Infatti, ogni nuovo nato in Italia si accolla ben 35 milioni di debito.

Questa è l’Italia. Una nazione in cui la neo-presidente della Camera dei Deputati, all’atto di assumere l’incarico potè impunemente dichiarare di essere «prima cattolica, poi italiana e poi una donna antifascista» e dove, il «gran sacrestano» può recarsi in Bosnia a raccomandare ai Bersaglieri di essere prudenti e, tornato in Italia, di invitare i suoi concittadini a pregare per le sventure di Israele. Bisognerebbe fare il «tanto peggio, tanto meglio» degli antifascisti? Sarebbe come rinunciare alla nostra ragion d’essere, al patrimonio di sangue dei nostri caduti (il bene più prezioso d’ogni uomo dal retto sentire) e a sperare in una Patria libera, per uomini liberi e concordi: un grande e gioioso cantiere dove ciascuno porti la sua pietra con la religiosità di chi sa di vivere non per sé, ma per gli altri, presenti e futuri.Le elezioni

Da tempo si sentiva odore di elezioni. Ma chi pensasse che cambierà qualcosa, sarebbe veramente un illuso. Per la verità, è sembrato profilarsi dei cambiamenti, ma se la FIAT e AN propongono l’inganno della cogestione (che qualcuno in malafede confonde con la socializzazione), vuol dire che, volendo soltanto assicurare alla grande industria un «buon clima di fabbrica» che produce lucrosi utili, non s’intende cambiare un bel niente.

Un sistema politico ottocentesco, tenuto in piedi artificialmente dai vincitori della IIª guerra mondiale, che affida ai Carabinieri l’ordine negli ospedali, che fa dell’usura una manifestazione ferroviaria, che discetta sulla liberalizzazione della droga, ecc., non sarà mai una cosa seria. Eppure c’è qualcuno che -con nostro stupore- forieri delle aquile che si approssimerebbero, intravede bizzarri voli di falchi nei cieli d’Italia. Noi, e non da oggi, vediamo stentatamente librarsi soltanto qualche vecchia cornacchia. Nel 1956, la FNCRSI, preso atto che nessun partito o movimento politico rappresentava le esigenze politiche e sociali della RSI, si riappropriò della propria autonomia di giudizio ed indipendenza di comportamento; nel 1958 fu concorde nel doversi astenere dal voto o votare scheda bianca, opportunamente precisando non essere tale condotta propriamente conforme all’educazione e al temperamento fascista.

Da allora, nulla è cambiato nell’orientamento antifascista nei nostri confronti: le leggi liberticide sono in pieno vigore. Non si vede, quindi, per quale assurda ragione dovremmo sentirci amici dei nostri nemici. La FNCRSI, ancorchè abbia assicurato alla storia che non tutti i fascisti hanno colluso con la «repubblica nata dalla resistenza», anche per l’ostilità degli ex-camerati, è consapevole di non aver saputo e/o potuto fare di più. Ma quali grandi cose hanno compiuto i collaborazionisti del sistema? Si fecero sorprendere sotto la pioggia dal contrordine del «comandante» perché il «golpe» era rinviato a causa del maltempo e più recentemente, dopo aver tenuto strane riunioni, consulte, ecc., si sono ritrovati (erano presenti gli esponenti di tutte le forze politiche) nella sinagoga a pregare un Dio che non sarà mai il nostro.

A questi quattro cialtroni va sempre -rinnovata e poderosa- una bordata di pernacchie.

Ancora una volta, pertanto, facendo violenza alla nostra attiva concezione della vita e alla stessa nostra struttura caratteriale di Combattenti, ci asterremo dal voto o voteremo scheda bianca.La coscienza politica dei combattenti della RSI

La coscienza morale permette all’uomo di essere consapevole della bontà o iniquità delle proprie azioni. Non interessano in questa sede la morale e l’etica in quanto sistemi organici di pensiero; ci interessa, invece, la moralità, che è norma dell’agire umano concreto in ordine ai princìpi universali del bene e del male. La moralità, dunque -e la coscienza che ne è la fonte- non è qualcosa di relativo, di parziale, di soggettivistico, bensì qualcosa di assoluto e inopinabile. Perciò non è dato disconoscere l’identità tra persona e coscienza e tra contenuto della coscienza e la coscienza stessa, in quanto sono ambedue momenti della medesima personalità umana, vista nel concreto storico delle sue relazioni.

Ciò posto, è d’obbligo domandarsi chi è l’uomo che agisce e, se questi è un fascista, dobbiamo vagliare la sua specifica personalità fascista la quale, avendo il proprio centro nella struttura etico-politica insita nel fascismo, da essa attinge vitalità e forza propulsiva. La condotta etica del fascista quindi non può che essere diretta al bene che, nella fattispecie, è primariamente il fascismo medesimo, in quanto assertore di una nuova civiltà spirituale a fronte del materialismo dilagante. Stabilito che la moralità è attuazione concreta della persona, come può un fascista, se non mediante il previo rinnegamento della sua coscienza, dare luogo a comportamenti che fascisti non sono?

Chi, oggi, è combattente della RSI: chi doverosamente si oppose in armi al nemico invasore e ai suoi partigiani e poi si è stemperato in comportamenti propri della collusione missistica, oppure il giovane che, oggi, responsabilmente compie radicali azioni antagoniste al sistema antifascista così ponendosi come autentico continuatore dello spirito sociale e legionario della RSI? Se è vero che (come da statuto del 5-9-1947) il compito della FNCRSI è quello di tutelare, vivificare e concorrere ad attuare le concezioni politiche e sociali della RSI, a quale dei due la Federazione -legionariamente fregandosene di ogni acefalo reducismo- deve la propria cameratesca, attenzione e, se possibile, il proprio concreto appoggio? Anni addietro, la FNCRSI diede luogo ad un ampio e proficuo dibattito al riguardo; dibattito che vuole oggi riaprire nella speranza che, possa recare feconde chiarificazioni. Ad una condizione però: che attraverso una chiara intelligenza dei fini che il movimento fascista può e deve, oggi, perseguire, si evitino disquisizioni sull’età delle persone e sull’opportunità di fare «il male minore». Com’è noto, la nostra antropologia concepisce gli uomini in «nati prima» e «nati dopo»: i primi sono anziani, i secondi giovani; i vecchi non ci riguardano. Il male minore è comunque un male che, inevitabilmente, devia il pensiero e l’azione verso un agire eteronomo e alibistico, in antitesi con l’etica fascista. È bene perciò che le argomentazioni siano orientate al come e con quali mezzi si possono diffondere ed affermare nella società di oggi le idealità della RSI.

Poiché l’impianto dottrinale del fascismo -al di là delle farneticazioni di certo tradizionalismo negatore della Tradizione- si pone come vetrina e certezza universale, saranno bene accetti gli interventi diretti a far luce sulle vere radici del fascismo nei pensatori del migliore Risorgimento e nel successivo sindacalismo rivoluzionario, tenendo conto altresì che tale pensiero, permeato da profonda religiosità laica, agì sempre in funzione antimassonica, anticlericale e antiborghese.

La FNCRSI ringrazia quanti hanno dimostrato concretamente l’apprezzamento della sua opera.

 

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