Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Foglio di orientamento n° 1/1998

 

23 MARZO

LXXIX annuale dei Fasci di Combattimento

 

Oggi il nostro pensiero va innanzitutto ai caduti per la Causa. Essi ci esortano a severe riflessioni.

 

Iª riflessione - Per la prima volta nella nostra storia unitaria, i Fasci di Combattimento aprirono le porte dello Stato al popolo italiano, il quale fruì delle 40 ore settimanali di lavoro, e della previdenza sociale con oltre un decennio di anticipo rispetto al popolo degli USA, e vide sorgere città e benessere dove regnava la malaria e la miseria. Nessun partito o movimento politico italiano ha mai conseguito consensi qualitativamente e quantitativamente pari a quelli tributati al fascismo. Il sacrificio dei Caduti non è stato vano; la legislazione sociale fascista è ancora all'avanguardia nel mondo. È superfluo continuare.

Nel settembre 1943, quando tutto crollava, il fecondo reinnesto al 23 marzo produsse il «miracolo» della RSI. Anche coloro i quali, come noi, anelano ad «una più alta religiosità, senza preti», oggi si rivolgono reverenti a quel «Dio che accende ogni fiamma e spegne ogni cuore», il quale fu infinitamente benigno con l'Ultima Legione, donandole la forza di combattere sotto un cielo oscurato dalle fortezze volanti l'ultima battaglia europea contro la barbarie demo-bolscevica. Altre ne sono seguite e ne seguiranno in ogni parte del mondo. E di compiere un supremo atto d'amore per la Patria e per la civiltà dello spirito. In nome del signore delle vette e degli abissi, ben 46 cappellani, teologicamente consapevoli che l'odio per il nemico (personificazione del male), sia necessario dovere, caddero nel fervore e nella concitazione dell'ultima lotta.

Osservatori faziosi o superficiali ci attribuiscono di usare ancora un linguaggio da guerra civile. Ebbene, sono in errore. I Combattenti della RSI non vollero fare, ma furono costretti a subire una guerra civile tutta propiziata, sovvenzíonata e diretta dal nemico invasore. Non fummo noi a creare «il passato che non passa» e che non passerà fino a quando tutti non avranno compreso che «la misura suprema dell'azione umana è l'amore» (C. Torres), e che «l'odio corrode lentamente la anime» (B. Mussolini). È per amore della Patria e dell'umanità che cantammo e canteremo: «contro i ghetti profumano i giardini» e «contro Giuda e contro l'oro, sarà il sangue a far la storia».

 

IIª riflessione - Si vanno facendo inverecondo speculazioni politiche intorno ai «ragazzi della RSI». Ciò avvenne anche per i «ragazzi di Bir el Gobi». È troppo facile e troppo comodo, dopo 50 anni di ingiurie e di persecuzioni, far passare per ragazzate tanto sangue e tante mutilazioni. Da tempo però, come l'intelligente e sfortunato antifascista P. Gobetti noi abbiamo dato vita all'associazione degli «apoti», di quelli cioè che non la bevono. Di giovani simili a quelli della RSI il Poeta disse:

Parea che a danza e non a morte gisse
ciascun dei vostri a splendido convito.

 

IIIª riflessione - Orribile a dirsi, alcuni ex-camerati si sono dichiarati vinti e altri hanno persino plaudito ad una blasfema trasmissione dedicata appunto ai vinti. Per costoro non può esservi comprensione né giustificazione. Essi costituiscono il frutto di quel processo involutivo attuato dal MSI per conto dei «sistema», teso ad indurre comportamenti antifascisti nell'ambiente neofascista. L'insano protagonismo di pochi sprovveduti tuttavia non trascinerà nel ridicolo i più, né mortificherà il sacrificio dei Caduti ai quali prima di essere colpiti dal piombo nemico, nessuno vietava di arrendersi e darsi per vinti. Perché non lo fecero? La sindrome del vinto, come quella della resa, è la peggiore sciagura che possa colpire il soldato. Chi va consapevolmente al combattimento ha già messo in conto la morte anzi, l'ha già superata per qualcosa che è oltre e sopra la vita.

Trattandosi di Fasci di Combattimento, non possiamo disattendere che: «Bisogna adeguare in ogni momento i fatti alle parole e viceversa: questa è la norma della più elementare probità politica» (B. Mussolini). Sentirsi parte dei Fasci di Combattimento significa semplicemente impegnarsi a combattere il nemico fino al limite delle umane possibilità. La presenza di un nemico, quindi -salvo per quelli che combattono contro i mulini a vento- è essenziale in ogni forma di lotta.

Qual era il nemico di questi sciagurati? Non potendo essere i cosiddetti «alleati», che erano nemici dell'Italia e di ogni italiano, potrebbero essere soltanto i partigiani. In tal caso però si tratterebbe di un nemico inesistente sia perché autentici combattenti mai eleverebbero al rango di nemici coloro i quali spararono loro alle spalle, sia perché lo stesso Tribunale Supremo Militare (democratico) nega loro la qualifica di combattenti. In effetti, costoro si dichiarano vinti in quanto combattenti, ma non sono in grado di indicare a fronte di quale nemico, così da vivere una situazione senza via d'uscita in quanto fra le realtà che emergono: combattenti, vinti e nemico inesistente (o impossibile) non v'è coerenza logica. Infatti, per il principio di non contraddizione, è impossibile che la stessa cosa, nella stessa situazione e nello stesso tempo, sia e non sia. È chiaro dunque che questi soggetti sono ormai irrimediabilmente alieni dalle connotazioni proprie all'essere, in quanto voler essere (è l'essere che attualizza l'essenza), fascisti

Soprattutto non pensano, quindi non sono. Parafrasando Tommaso, di essi è lecito dire «melius non esse, quam sic esse».

 

IVª riflessione - Mentre le «forze sane della nazione», rotte nondimeno alla pratica del mercimonio e del servilismo, si adunavano a Verona e al Lirico di Milano (luoghi simbolo delle ultime espressioni di autonoma volontà italica e di effettiva resistenza allo straniero), per discutere sul come più vantaggiosamente collocarsi nello schieramento politico antifascista, alcune centinaia di persone di nazionalità italiana, al seguito delle bandiere rosse della rifondazione comunista -ad Aviano e a Sigonella- rivendicavano, nella indifferenza delle popolazioni locali, la sovranità italiana su quelle basi. Questo è un fatto uovo, demagogico e sospetto quanto ci vuole, ma che deve farci meditare non poco.

 

Proposta unitaria - Questa Federazione è del parere che, all'interno dell'arcipelago delle Organizzazioni direttamente derivanti dalla RSI e di quelle più recenti che ad essa si ispirano (anche in forma di centri culturali, fondazioni, ecc.), al fine di districare i nodi e dirimere i dubbi e le incertezze accumulatisi nel tempo, sia necessario e doveroso riattivare un colloquio sereno e cameratesco. Le ragioni delle divisioni e la loro genesi sono note. La pratica organizzativa degli ultimi 50 armi ha dimostrato che uomini con esperienze e con concezioni organizzative diverse possono tuttavia realizzare progetti comuni anche ambiziosi, a patto che s'instaurino fra loro rapporti di reciproca stima e fiducia nel perseguimento di comuni finalità.

In quanto associazione politica non partitica, la FNCRSI indica, qui di seguito, i punti essenziali sulla cui base ritiene possibile riavviare feconde cooperazioni tese ad affrontare le sfide del futuro:

1) denuncia del Concordato, sia per la ri-spiritualizzazione della fede che per la ri-normalizzazione dei poteri dello Stato rispetto alle arbitrarie intrusioni e allo strapotere del Vaticano:

2) socializzazione di ogni attività produttiva secondo i princìpi fondanti della RSI, con particolare riferimento all'ultima direttiva del PFR in data 5 aprile 1945.

3) scioglimento della NATO e, previa radicale revisione dei criteri di reclutamento e di addestramento, partecipazione alla costituzione dell'esercito integrato europeo;

4) cacciata delle basi americane dall'Italia e dal resto dell'Europa;

5) intensificazione dei rapporti con i popoli del cosiddetto Terzo Mondo, al fine di attuare più strette collaborazioni reciproche, intese anche ad arginare l'immigrazione e a realizzare in loco condizioni di sviluppo e benessere;

6) rifiuto della cosiddetta civiltà multietnica e multiculturale.

Come primo passo verso un comune convegno, questa Federazione invita le Organizzazioni interessate (ed anche le singole persone) a farle pervenire il proprio parere al riguardo. Essa confida che quanto di negativo è avvenuto in passato non divenga motivo di ulteriori divisioni e auspica che la saggezza dei migliori fra noi (per i quali non vale l'esistenza, ma le cause di essa e la fede che deve improntarla) sappiano trarne motivo di più saldo cameratismo. Per la Patria e per l'Idea, per la giustizia e per la libertà di tutti, e per ogni cosa che sia degnamente e nobilmente umana.

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Il Comitato Direttivo