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The gonzo story
Una storia per i gonzi
 

 

Per vecchia esperienza, non crediamo ad una parola di quanto finora è stato blaterato sul caso Mussolini-Storace. Ed in primis non possiamo credere alla storia delle firme false. Per meglio dire: le firme false sono abitudinarie per quella pletora di partitini che non hanno i mezzi e le persone sufficienti per la raccolta. Si tratta infatti di una raccolta non facile. Che viene fatta in un ambiente, gli abitanti di Roma e del Lazio del tutto indifferenti a qualsiasi proposta politica alternativa ai grandi partiti di massa. Salvo poi votare queste liste, spesso per distrazione ancor più spesso per un istintivo residuale rifiuto della massificazione proposta dai grandi partiti. Chi ne ha esperienza lo può confermare.
Ma questo non è il caso di Alternativa Sociale, che ha da vecchia data ben consolidate basi popolari a Roma. Non possiamo credere a questa tenzone molto poco cavalleresca, anche se dietro alla faccenda si muovono interessi concreti e condivisibili, sia da una parte che dall’ altra.
Qualche posticino nel Consiglio regionale oggi è molto appetibile. Ci sono clientele fameliche in attesa di una conferma o di una delusione. Ci sono anche legittime aspirazioni di tante persone che attendono dal potere regionale una sistemazione del tutto legittima, ma che viene fatta ritardare per accentuare anche contro persone già inquadrate per aver vinto concorsi pubblici, il potere discrezionale di questo o quel piccolo politicante di provincia. Il controllo delle Regioni, e la Regione Lazio in particolare, (anche per lo scontro in atto fra forze politiche del tutto trasversali che hanno stilato accordi anni addietro dei quali la prima conseguenza è stata la nuova gestione della Provincia di Roma), è quanto mai importante per i nuovi assetti politici del paese. Il gioco è abbastanza sottile anche perché la causa di tutto questo malessere è una dialettica interna ad uno schieramento che parte dal vecchio attivismo missista, da cui nasce anche la cosiddetta “Destra sociale” degli Storace e degli Alemanno. Un fenomeno del tutto romano.
Ma la crisi non è di stampo politico. Non ci sono sostanziali differenze diciamo così ideologiche fra i due schieramenti. Ci sono soltanto alcune interpretazioni di come realizzare progetti del tutto convergenti.
Da anni ho sostenuto che con l’avvicinarsi di una più stretta integrazione europea, le Regioni acquisteranno maggiore potere fino a disintegrare i vecchi stati nazionali, causa a loro volta della disintegrazione d’Europa. Concetto che i Leghisti hanno capito da tempo.
Ed allora l’aspetto più interessante di tutta la faccenda, sulla quale per ovvie ragioni la tempesta non si placa visto che i Media vi intingono abbondantemente il pane anche in questi giorni ed i quotidiani vi dedicano intere pagine, è la previsione di quanto potrà avvenire in un futuro più o meno vicino. Previsione che non riteniamo utile fare per ragioni di decenza.
L’argomento è così squallido che non dovrebbe farci perdere del tempo, mentre è più logico sottolineare il contorno nel quale si svolge questa "gonzo-story”. Va aggiunta una nota: spesso, nei fatti di cronaca spicciola ma anche di rilievo storico basta l’impuntatura di una femmina per far precipitare qualcosa che se ne stava tranquillamente in bilico da decenni, e questo potrebbe essere il caso. Un rapido cambio di gestione alla regione Lazio comporterebbe cambiamenti sostanziali della linea politica di alcuni partiti della sinistra, e forse anche di politica estera.
Forse anche l’accelerazione di un processo di sfaldamento dell’attuale sistema politico che non ha assecondato i disegni dei “poteri forti” nazionali. Forse siamo alle soglie di una nuova Tangentopoli di un nuovo «si salvi chi può», come ha ipotizzato Claudio Lanti su "Rinascita" di domenica 20 marzo.
La polemica in questione avviene in un ambiente umano fatto da una maggioranza che ignora financo gli elementi del contendere. C’è chi non sa a quali elezioni siamo chiamati, chi ignora il nome e la collocazione politica dei due candidati alla carica di Governatore. La maggioranza della popolazione attiva che transita per le nostre città recandosi al posto di lavoro, non getta che uno sguardo sfuggente sulla esibizione di facce da idiota che inonda i muri delle strade e delle piazze in manifesti sempre più giganteschi, alla ricerca di una notorietà sempre più problematica. Lo scollamento fra una classe politica vecchia, capace solo di parole in un gergo (il politichese) sempre più lontano dall’uso concreto della vita civile, è una constatazione comune. Di fronte all’incapacità di affrontare i problemi reali della competizione internazionale, il Sistema mostra tutta la sua decrepitezza.
Da questo quadro non si discosta neppure l’area rappresentata dalla Mussolini, che ripete sempre più stancamente vecchi slogans, meno superati di quelli del vecchio Notabilato borghese, ma pur sempre inadeguati alla realtà in continuo cambiamento che dobbiamo affrontare se non vogliamo annegare in una crisi che avrebbe degli sbocchi se esistesse una classe politica rivoluzionaria, cioè capace di vedere fino in fondo le conseguenze delle trasformazioni internazionali.
Basterebbe tenere conto di un solo fattore: l’India sforna ogni anno 260 mila ingegneri. La Cina prepara ogni anno 3 milioni di laureati. In Italia le università sono in totale declino. In alcune regioni non esistono più. Si tratta di carrozzoni che vanno avanti senza stimoli, che preparano un sottoproletariato intellettuale, perché sono privi di insegnanti. Non è insegnante universitario chi ha carpito la cattedra perché figlio, fratello, sorella, moglie, amante.
A fronte di questa realtà, la classe politica elabora riforme scolastiche da terzo mondo, su modelli ideologico-culturali stile soap-opera delle tivu berlusconiane. (La cultura egemone nel nostro paese).
Ma questi problemi esulano dalle considerazioni di una classe dirigente politico imprenditoriale che finora ha basato le sue previsioni di sviluppo sulla moda (made in Italy), appaltata proprio a quella Cina che oggi (troppo tardi!) ci fa paura, per essere rivenduta in Italia a prezzi centuplicati.

 

Giorgio Vitali