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La violenza sottintesa: il mercato della salute

Giorgio Vitali
 

«La medicina scientifica tratta i suoi pazienti non come esseri umani ma come sistemi materiali complessi ed il suo scopo non è quello del miglioramento della qualità della vita, come lo concepiscono i pazienti, bensì quello del miglioramento materiale dei sistemi. Ma l'immagine dell'uomo… che fa dell'uomo soprattutto una creatura appartenente al regno materiale, non fu mai esaminato per valutarne la correttezza… E si pone allora la domanda se questa moda non mutili l'uomo… e se questa sconsiderata uccisione dell'anima non sia molto più brutale ed abietta dell'infliggere sofferenze fisiche e del limitare la libertà fisica (…) È ipotesi di lavoro di questa collana che la medicina -come la scienza- sia un modo di potere; che, anzi, nella conversione e gestione scientifica di dottrine e pratiche, contenuti e messaggi, enti e funzioni, ruoli ed istituti, divenga propriamente potere, sostanza e forma del suo esercizio. Come tale, pur nel comando cui obbedisce, è abilitata a dettare statuti, tracciare limiti, codificare eventi, attribuire significati: è cioè capace, ad un tempo, di legge e di giudizio, in altre parole d'assolutezza»
Giulio A. Maccacaro, Op. Cit.

«La scienza non è sacrosanta ed il fatto che ha ottenuto risultati non basta ancora a trasformarla in un criterio per la nostra vita»
P. K. Feyerabend, "La scienza in una società libera", Feltrinelli, 1981

«Alcuni settori della società contemporanea, schiavi del potere politico ed economico, opprimono poi in continuazione gli operatori sanitari privandoli di quella libertà che è madre di scelte sincere e della volontà necessaria a realizzarle»
dr. Vittoria Spagnolo Capitani, "Umanizzazione della Medicina", Acta Stenoniana.


Quando il cittadino medio si accosta ad una terapia, l'ultima cosa che gli viene in mente è che questa terapia potrebbe essere ben più pericolosa della malattia da cui dovrebbe essere liberato. Il principio mistificatorio del mercato (di qualsiasi mercato) è la possibilità d'INGANNARE soprattutto gli ingenui. Nel particolare, il mercato della salute si avvale di un intermediario, una persona alla quale ci si affida con fiducia, per operare al coperto. Basta manovrare quest'intermediario. E si comincia dalle Università, ovviamente, con il compiaciuto consenso delle Baronie, già in precedenza «colonizzate».
Ma su tutte queste vicende c'è, fortunatamente, una letteratura abbastanza documentata che però NON cambia l'andazzo perché le autorità che dovrebbero prendere le decisioni sono a loro volta «colonizzate».
Ricaviamo da un articolo del noto giornalista Maurizio Blondet, pubblicato su "Il Monitore del Regno della Giustizia", alcune informazioni risapute, ma che vale la pena di tenere a memoria per sempre.
Un serio Rapporto sulle Malattie Iatrogene ("Death by Medicine", des Drs Gary Null, Carolyn Dean, Martin Feldman, Deborah Rasio e Dorothy Smith, 2003) ha rivelato che le società farmaceutiche spendono annualmente 2 miliardi di dollari nei soli USA, per offrire ai medici 314.000 «avvenimenti» in località famose. Questi medici ascoltano informazioni scientifiche che in realtà sono pure promozioni.
Di rincalzo sulla rivista "Nexus", edizione italiana, aprile-maggio 2007, è stato pubblicato un dato riportato da "Morbidity and Mortality Weekly Report" (9 febbraio 2007) ed elaborato dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC). I ricercatori hanno rilevato che i decessi da farmaci su ricetta sono saliti dai 4,4 per 100.000 persone nel 1999, ai 7,1 per 100.000 nel 2004. Tale incremento rappresenta un'escalation da 11.000 a quasi 21.000 individui nell'arco di un quinquennio. Questo dato non comprende i farmaci psicoterapici, quali antidepressivi e sedativi, per i quali il numero dei decessi è quasi raddoppiato. Da 671 a 1300. Mike Adams, difensore del diritto alla salute del consumatore ha di recente dichiarato che l'industria farmaceutica sta impunemente uccidendo cittadini statunitensi con la stretta collaborazione della FDA, ente molto noto nel mondo per la sua presunta serietà. [Fonte: www.newstarget.com/z021635.html del 22 febbraio 2007]
È facile dedurre quest'aumento ingiustificato dal «permesso» concesso di recente alle imprese del farmaco dagli Enti sanitari statunitensi di reclamizzare nei Media direttamente al pubblico anche quelle medicine la cui scelta spetterebbe al solo medico sulla base della propria competenza e deontologia. Va fatto notare che questa novità ha rappresentato una moltiplicazione delle ricette perché anche i medici statunitensi, una volta presi come riferimento, non hanno saputo resistere alla pressione dei loro pazienti convinti dalla televisione. Forti di queste conquiste, le multinazionali hanno cominciato a fare pressioni anche sulla CE e sul Parlamento Europeo, che ha resistito fino a pochi mesi fa, ma che ora sta cedendo lentamente. Sono state autorizzate, infatti, sia pure tra molti contrasti nel parlamento dell'Unione, le pubblicità per alcuni prodotti, che le industrie insistono per definire «informazione» al cittadino, così come hanno fino ad oggi usufruito dei vantaggi loro elargiti dal SSN per fare informazione ai medici tramite gli informatori scientifici propri dipendenti, trattandosi di un vero e proprio «appalto», giacché è appositamente retribuito, ma da loro sempre utilizzati come mezzi di promozione.
Per comprendere come s'innesta il Mercato della Salute, occorre tenere presente che il fenomeno sopra descritto coinvolge una grande fetta del marketing turistico, con tutti i suoi ingredienti, che vanno, appunto, dalle Agenzie turistiche e di viaggio, alberghi, ristoranti, caffè, esercizi balneari, hostess, «accompagnatrici» ed «accompagnatori» in parte occasionali. Tant'è vero che, quando di recente fu proposta dal governo italiano l'abolizione di queste «scampagnate» fu proprio la lobby turistica, fortissima nel nostro paese, che insorse. E poiché per il principio di conservazione dell'energia, nulla si crea e nulla si distrugge, è evidente che questo spreco è pagato, e con una moneta sola: la salute dei cittadini. Non c'è scampo. O meglio, ci sarebbe. Dato che, non potendo agire sul sistema, si può agire sulle scelte finali, boicottando qualsiasi prescrizione che non convinca.
 


Evoluzione del mercato della salute
In principio, come si può immaginare, le cose non andavano in questo modo. E la nascita delle Multinazionali destinate ad operare spietatamente nel mercato globalizzato, avviene proprio con l'affidamento della produzione (e della ricerca) al Marketing ed alle sue «strategie». Prima della metà degli anni settanta, infatti, la ricerca era finanziata per la produzione di medicinali utili, funzionanti per la salute delle persone. Il criterio era semplice: solo un prodotto effettivamente utile e con pochi effetti collaterali avrebbe tenuto il mercato. Le cose sono andate proprio così, ed ancora oggi un alto numero di prodotti, dal prezzo effettivamente basso a causa della data d'introduzione nel mercato, è ancora usato con notevoli risultati in terapie fondamentali. Ad esempio, i diuretici. Ad esempio, molti antidolorifici. Ad esempio, molti antibiotici di vecchia generazione non ancora smantellati con la scusa che creano «resistenze batteriche». Ed è proprio l'esigenza di sostituire i farmaci a bassa redditività che spinge le industrie alla creazione di «nuovi prodotti», costituiti in realtà da sostanze chimiche dalla formula molto poco differente da quell'iniziale ma presentate con dovizia di (inutili e spesso falsi) particolari.
Verso la fine degli anni settanta possiamo assistere da una parte all'aumento del prezzo dei medicinali, allo sviluppo delle linee di propaganda-pressione sui medici con l'aumento vertiginoso del numero degli Informatori Scientifici, all'aumento di quello dei medici operanti sul territorio in conseguenza della sanitarizzazione della vita civile, all'esplosione delle tecniche di comunicazione di massa e di manipolazione dell'opinione, all'introduzione massiccia della corruzione (comparaggio) sui medici, a base di regali, viaggi, cene, ed anche assegni elargiti con la massima liberalità. Copie di questi assegni saranno esibite durante molti processi intentati da Informatori Scientifici alle aziende dopo un irregolare licenziamento; tuttavia non produrranno gli effetti sperati perché sarà comunemente insabbiato questo sistema di pagamento indiretto dei medici che supplisce in parte (con la stessa funzione di risparmio costituita dalla lungaggine delle "liste d'attesa") alle retribuzioni statali. Va detto anche in questo caso che il risparmio ottenuto dal sistema politico è alla fine pagato con la salute e spesso con la vita dei concittadini. La conseguenza prima è la moltiplicazione delle ricette, che in questo caso, come per miracolo, sostituiscono i pani ed i pesci. Ma con effetti peggiori. E dobbiamo ringraziare la forza di Madre Natura se gli effetti indesiderati, almeno quelli più facilmente evidenziabili, non sono stati devastanti. Occorre aggiungere che il "comparaggio" è un reato ascritto da tempo immemorabile alle normative italiane (C.P.) e la pena non è nemmeno leggera, data la sua intrinseca gravità, prevedendo il carcere. [Articoli 170, 171, 172, 173 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie - R.D. 27 luglio, 1934, n. 1265].
La ricerca non è più finalizzata all'ottenimento di farmaci utili, ma di prodotti che abbiano un mercato. E per conquistare questo mercato si creano anche medicinali falsi, oppure si falsificano le indicazioni di un medicinale nato o scoperto casualmente per indicazioni terapeutiche che promettono poche vendite. [È proprio a causa di quest'incredibile e ricattatoria situazione che gli ambienti ministeriali e regolatori degli Stati interessati, hanno dovuto giungere ad un accordo con le Multinazionali del farmaco al fine di garantire la nascita e lo sviluppo di medicinali utili a pochi. Questi medicinali sono stati chiamati farmaci orfani; quelle malattie, malattie rare e gli Stati ne hanno riconosciuto un prezzo notevolmente maggiorato].
Gli anni ottanta sono stati di fuoco, specie in Italia, per lo smercio ossessivo di medicinali falsi e ad alto prezzo. Ne ha pagato la salute di tanti concittadini. L'andazzo è finito con il famoso scandalo detto "Farmacopoli" che ha coinvolto esponenti ministeriali, il ministro De Lorenzo, il direttore generale Poggiolini ed altri, un numero imprecisato ma altissimo di baroni, enti, aziende farmaceutiche, non riuscendo a lambire che da lontano la nota Levi Montalcini. Ma rispetto al polverone suscitato, nulla è rimasto di quella stagione, bella e triste allo stesso tempo. Il fatto più importante, in ogni caso, a dimostrazione di una diffusa malafede, è costituito dalle testimonianze incrociate di corrotti e corruttori, secondo i quali erano sempre gli «altri» a ricattare e minacciare; sta di fatto che baroni della peggiore estrazione dopo un tempo di «oscuramento» passato anche in galera, e dopo patteggiamenti vari (che però non includevano il risarcimento per il danno arrecato ad altri), hanno riconquistato lo status baronale con un prolungamento della permanenza in cattedra a causa del tempo perso… in galera!
Ma la corsa non è finita. Tramontato il sistema "marketing oriented" ne è nato un altro più pernicioso. Oggi le Multinazionali del farmaco non perseguono più la conquista del mercato del prodotto farmaceutico, troppo complicato e dispendioso per gli strumenti da mettere in gioco e per i costi della ricerca che sono moltiplicati. Oggi basta espugnare il mercato delle Borse. Infatti, una volta messo a punto un nuovo farmaco proponibile per un mercato in espansione (come quello, ad esempio, delle malattie reumatiche o del rischio cardiocircolatorio), è sufficiente mettere in moto il sistema informativo borsistico che fa lievitare in pochi giorni il valore delle azioni di un'azienda, credibile non sulla base della serietà dei suoi centri di ricerca, quanto sulla sua capacità di «convincere» in breve tempo i medici a farne una prescrizione massiccia. Si vendono in breve tempo le azioni ad un prezzo maggiorato, e poi si attendono con impazienza i tempi cupi, quando cominceranno ad apparire gli effetti secondari, se gravi è meglio, con il conseguente crollo del prezzo delle azioni che è possibile ricomprare per un nuovo giro di giostra.

 

 

I costi di produzione giustificherebbero i comportamenti illeciti…

 

«Sono certo, in particolare, che le guarigioni dovute alle terapie sono abbastanza rare»
A. Cochrane, Op. Cit.


«Si stima, infatti, che solo un farmaco su 5.000 arrivi sul mercato, uno su ventunomila avrà un successo economico contenuto, e solamente uno ogni sessantamila sarà un vero successo per il produttore». [L. Frezza, "Alla ricerca del farmaco", Ed "Il Sole - 24 ore", 1997] E questo successo è capace di garantire la prosperità per il produttore lungo un arco di molti decenni. Ma la massa di nuove sostanze chimiche immesse in circolazione, con la scusa di guarire qualche malattia, non è giustificata per alcuna ragione, se si pensa che negli anni 30 il numero dei farmaci sul mercato era di circa 200 contro i 200.000 d'oggi. Il fatto che in quest'arco di tempo siano stai immessi sul mercato alcuni medicinali realmente innovativi, se non risolutivi, come il cortisone, gli antibiotici, i fans, gli antiulcera, gli anestetici, gli analgesici, alcuni tranquillanti, non giustifica in alcun modo la realtà contemporanea, anche se è difficile poter organizzare un sistema di controllo efficace perché le misure che ogni governo cerca di prendere contro questa valanga sono per lo più di carattere economico il che non incide minimamente sulla sostanza; infatti, la vera soluzione del problema è la garanzia d'efficacia dimostrata, che sia almeno superiore dei prodotti in precedenza utilizzati per ogni patologia, e ciò si otterrebbe con la ricerca, se anche questa non fosse inquinata. L'accavallamento di differenti e contrastanti linee di marketing che fanno perno su "scuole" differenti (ma sono solo centri di smistamento ricette), aggrava la situazione esistenziale dei tanti bisognosi che, alla ricerca di una cura realmente efficace, si spostano da un medico all'altro il quale risponde alla sollecitazione del paziente prescrivendo un prodotto necessariamente diverso da quello che in precedenza non aveva soddisfatto le aspettative.
Al livello nel quale siamo giunti, l'unica soluzione sarebbe un netto voltafaccia nei confronti della politica globalista basata sulle privatizzazioni e sulla briglia sciolta lasciata alle Multinazionali. Né vale l'obiezione che, trattandosi di prodotti industriali, i farmaci dovrebbero usufruire delle potenzialità di tutti gli altri, perché il mercato farmaceutico si avvale di un vantaggio enorme che nessun'altra produzione può vantare: che il prodotto è pagato dal Sistema Sanitario Nazionale con abbuoni, peraltro irregolari, che riguardano la pubblicità diretta ed indiretta.



Storie d'ordinaria corruzione

 

«Nel corso degli ultimi cinque anni oltre la metà delle Compagnie farmaceutiche ha pagato, in sede civile o penale, sanzioni per diversi miliardi di dollari»
P. Rost, Op. Cit.


Nota: La situazione descritta in questa frase non lascia adito a speranze. Significa che nessuna sanzione ha la possibilità di bloccare comportamenti illeciti. L'industria, infatti, forte della possibilità di conseguire guadagni superiori a qualsiasi ragionevole previsione, ha scelto di considerare la sanzione come un aspetto contingente delle spese di registrazione e di promozione.
 


La pressione non si arresta
La rivista "Nexus" ed. italiana (dic. 2006 - gen. 2007) riporta la dichiarazione tratta dalla conclusione di un intervento di Peter Gotzsche del team Nordic Cochrane Centre di Copenhagen, il quale ha messo a confronto revisioni di studi farmacologici finanziate da aziende farmaceutiche con revisioni analoghe prive del sostegno finanziario dell'industria del settore. Gli studi appoggiati dalle industrie raccomandavano senza riserve i farmaci sperimentati, anche l'effetto stimato dei farmaci sperimentati non era brillante. Il prof. Gotzsche che alcune delle revisioni finanziate dalle aziende erano anche falsate nel metodo, perché prendevano in considerazione unicamente studi contenuti nel data base dell'azienda stessa.
Invece da "Nexus" (feb. - mar. 2007) apprendiamo che un eminente epidemiologo inglese, Sir Richard Doll, quello che ha stabilito che fumare provoca il cancro, a metà degli anni '80 riceveva 1.500 dollari al giorno come consulente di Monsanto. In quel periodo egli scrisse ad una commissione ufficiale australiana che stava indagando sulle potenziali proprietà cancerogene dell'Agente Arancio, prodotto da Monsanto ed utilizzato dagli USA in Viet-Nam; sir Richard affermò che non vi era alcun riscontro che la suddetta sostanza provocasse il cancro. Inoltre, i documenti esaminati da "The Guardian" rilevano che lo scienziato in questione aveva ricevuto 15.000 sterline da alcune industrie per una valutazione che svincolava il cloruro di vinile, utilizzato per le plastiche, da ogni legame con qualsiasi tipo di cancro. Una conclusione contestata subito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. A tal proposito è facile notare che qualsiasi opinione è rispettabile, se espressa da uno scienziato in condizione di dimostrare quanto dichiarato. Ma occorre aggiungere che dovrebbe essere immediatamente esclusa da ogni valutazione l'opinione, anche ragionevole, che provenga da apposito finanziamento.
 


Il mercato degli "Ormoni di sostituzione"
Un laboratorio indipendente -"Women's Health Iniziative" (WHI)- ha di recente dichiarato che le donne che fanno uso d'estrogeni per varie indicazioni corrono un alto rischio di cancro, embolia polmonare, infarto e demenza. Dopo il 2003, con discrezione, un prodotto a base d'estrogeni è stato rimesso in vendita ad un dosaggio minore, ma nonostante questi appelli all'attenzione, solo nel 2001 i medici americani hanno 70 milioni di prescrizioni di questi rimedi.
Un ricercatore americano, Jay Cohen, ha fatto alcune domande, cadute nel vuoto, ma che vale la pena ripetere: «A cosa servono gli esperimenti clinici condotti dal produttore per ottenere dalla FDA l'autorizzazione alla registrazione? Ed in quale misura i medici sono al corrente degli effetti collaterali dei medicinali, nonostante siano informati esclusivamente dalla Case produttrici?».
A questi quesiti è facile rispondere: il 51% dei farmaci approvati dalla FDA manifesta effetti nocivi solo dopo che sono stati immessi sul mercato. Gli affetti collaterali dei farmaci sono la quarta causa di morte negli USA, pari alla caduta di Boeing al giorno.
Potremmo continuare a lungo ma, a questo breve capitolo dedicato alla femminilità, occorre aggiungerne un altro, apertosi di recente. Un articolo su "Panorama" (24/05/2007) ci mette al corrente che un'altra azienda, la "Whyeth", sta lanciando una pillola contraccettiva che azzera del tutto la mestruazione. La direzione dell'azienda, con grande «ingenuità» spera che il suo prodotto trovi un'entusiastica accoglienza da quella parte dell'universo femminile che vive la mestruazione come un fastidio ed una limitazione di libertà: sportive, modelle, manager, soldatesse impegnate sui fronti di guerra (per queste diverrà obbligatoria?). Poi ci sono i contraccolpi economici dei disturbi collegati alle mestruazioni: cefalee, dolori pelvici, sbalzi d'umore, etc… Infatti, un recente studio condotto da ricercatori canadesi ne ha quantificato i costi: l'assenza dal lavoro per questa causa provocherebbe una perdita di 1.692 milioni di dollari all'anno.
È facile capire dove si vuole andare a parare, perché le sessualità in movimento sono davvero molte e molte donne hanno un desiderio occulto di mascolinizzazione. In ogni caso si tratta sempre di un espediente economico col quale si pensa di incassare fior di miliardi, la pillola va presa, infatti, ogni giorno, alle spalle della salute di tutti i cittadini perché la massa d'estrogeno che si riversa negli scarichi con le urine, assieme a quella delle urine delle vacche allevate ad ormoni sta inquinando lentamente ma inesorabilmente le falde acquifere d'America e d'Europa.
Anche in questo caso, purtroppo, stiamo assistendo all'invenzione della malattia dopo la messa a punto della medicina.

Il sottile confine tra informazione e pubblicità
Sul n. 68 del supplemento "Salutest" di "Altroconsumo", tre articoli denunciano le disfunzioni del sistema farmaceutico.
In uno si denuncia l'azione di un'European High Level Pharmaceuticals Forum, creato dalla Commissione Europea con l'obiettivo dichiarato di trattare prezzo dei farmaci, loro efficacia ed informazione ai pazienti. In realtà l'azione di questa commissione creata contro la diffidenza del parlamento europeo con la scusante di ridare competitività all'industria europea, cela uno scopo solo: allentare il controllo dell'UE sulla pubblicità diretta ai consumatori. Le conseguenze si vedono subito. Intanto, su pressione dell'EMEA, l'Agenzia Europea dei Medicinali, anche l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha deciso di autorizzare nel nostro paese l'utilizzo di antidepressivi ai bambini dagli otto anni in su. E ciò nonostante la disastrosa esperienza statunitense, paese nel quale ben 11 milioni di bambini sono tranquillamente drogati. Il meccanismo è il più perverso. Perché per questi bambini, affetti da una malattia inventata, sono possibili anche le cure psicologiche. Tuttavia le sedute di psicoterapia sono solitamente a carico dei cittadini mentre i prodotti farmaceutici sono solitamente rimborsati dal Servizio Sanitario. Ci pensa poi la propaganda delle aziende a forzare la mano di medici e genitori per ottenere una diffusione di droghe che sono propedeutiche al bombardamento a base di sostanze sempre più dopanti.
Eppure, la situazione potrebbe essere sotto gli occhi di tutti, e soprattutto dei responsabili della sanità pubblica e basterebbe fare una statistica del destino degli sportivi di prima fila, quelli imbottiti di bombe, che abbiamo «ammirato» in esibizioni calcistiche, olimpiache, sportivi di vario genere, i quali negli anni settanta furono gonfiati per ragioni anche politiche. Un vero cimitero. Morti giovanissimi. Ed anche le ricorrenti stragi nelle scuole americane sono attribuite all'uso sconsiderato degli psicofarmaci fin dall'età puerile. Si è appurato, infatti, che queste droghe suscitano pulsioni omicide e suicidarie.
 


Pazienti male informati

 

«Si deve riconoscere, a questo proposito, che nessun'altra professione più di quella medica ha elaborato un codice etico tanto presto nella storia e continua ad elaborarlo ancora oggi in modo da renderlo sempre più aggiornato, sempre più universale, e sempre più inserito nel complesso delle Norme che regolano la stessa convivenza civile»
dr Gianfranco Tonnarini, "Medico-Malato, un incontro umano, Umanizzazione della Medicina", Op. Cit.

«Malgrado l'enorme sviluppo tecnologico, siamo ancora alla legge del più forte. Secondo molti, sono i pilastri su cui i valori si fondavano che sono venuti a mancare, dimostrando le difficoltà concrete di una morale autonoma»
dr Roberto Lucchini, "Il malato come fine. Umanizzazione della Medicina".


Un recente questionario proposto a 10.100 cittadini europei, di cui 2.565 italiani, ha confermato le supposizioni. Nel complesso l'indagine dimostra che l'informazione fornita al paziente da parte di chi la dovrebbe fornire, medici compresi, è inadeguata. E non potrebbe essere diversamente, dato il gap esistente fra la realtà comprovata e studiata, efficacia compresa, d'ogni singola medicina, e la capacità di comprensione che può avere una persona del tutto ignara delle moltissime componenti del processo decisionale che ha portato all'immissione in commercio del farmaco.
Un altro aspetto importante, ma del tutto prevedibile, è costituito dall'assenza d'informazioni al paziente sul costo della cura. In questo caso le giustificazioni da parte dei prescrittori, in generale di carattere ipocritamente deontologico, non incantano più di tanto. Pur alla presenza di tanti farmaci equivalenti (generici) e quindi a minor prezzo, il 90% delle prescrizioni è di «marca». E va detto che, a norma di legge, il farmacista è tenuto a comunicare al cliente che si presenta con una ricetta col nome del prodotto di marca, l'esistenza della sostanza a minor prezzo. E proprio di recente l'Antitrust ha proposto di obbligare i medici ad indicare nella ricetta il principio attivo e non il nome commerciale del farmaco. Fatto più che normale in buona parte dei paesi dei cinque continenti. Il 22% dei pazienti dichiara inoltre di prendere liberamente medicinali per i quali esiste l'obbligo di ricetta. Si tratta di un comportamento quanto mai illogico e pericoloso, giustificato soltanto dal sostanziale disinteresse con cui sono trattate le patologie che richiedono un minimo d'attenzione. Solo in questo caso il paziente potrebbe percepire il rischio che si corre quando si fa uso irrazionale dei medicinali.

 


Ma la carenza informativa fa parte del sistema stesso
In un articolo dal titolo "L'informazione e la malascienza" nel mensile "Il Farmacista", del 15 settembre 2006, la giornalista Rossella Castelnuovo così scrive: «Scienziati che ritoccano i dati, riviste che pubblicano lavori non controllati, ambiguità degli uni e degli altri nella comunicazione pubblica, altalena dei titoli biotech in Borsa, giornalisti di tutto il mondo che cadono nella trappola… Le questioni etiche appaiono le meno urgenti in questo mondo dell'alta velocità. I tempi dell'informazione riportano in primo piano l'intricato nodo della "falsa notizia". Più che scienziati che hanno manipolato dati è il comunicato stampa ad aver manipolato i suoi lettori: giornalisti d'ogni ordine e grado… Eppure erano le grandi riviste scientifiche le prime a garantire della validità dei lavori scientifici. Le prime ad essere corteggiate dall'intera comunità scientifica e ad imporre, per questo, salati conti d'abbonamento quasi obbligatori per le biblioteche di qualsiasi istituto di ricerca».
Cosa aggiungere? Assolutamente nulla. Nessuna tappa del sistema della ricerca si salva. Non il progetto di cui non si sa se per fini di salute o per fini di lucro, non l'informazione al ricercatore ed alle «cavie umane» di cui tratteremo in seguito, non i risultati, che vengono manipolati, non la pubblicazione sulla rivista scientifica di prestigio internazionale che, poiché molto costosa, costringe l'industria sponsorizzatrice a far pubblicare soltanto i lavori con esito positivo, non i comunicati stampa sui risultati della ricerca stessa, non i giornalisti destinati agli articoli sulla stampa comune, i quali sono ampiamente gratificati in ambienti di tutto rilievo, ricevendo lo stesso trattamento dei medici nelle famose «conventions» di aggiornamento.
Un grande sociologo del passato ha lasciato scritto: «Una volta che una società è organizzata in modo tale che la medicina può trasformare gli individui in pazienti perché sono ancora in pancia o neonati o in menopausa o in qualche altra età di rischio, inevitabilmente la popolazione cede una parte della sua autonomia ai propri terapeuti… La supervisione medica permanente fa di tutta la vita, una serie di periodi di rischio, ciascuno dei quali richiede una tutela speciale …».
Non si tratta di uno scherzo, perché… Nel 1975 il cancerologo americano dr. Hardin Jones in occasione del Congresso di Cancerologia che si teneva all'Università di Berkeley, California, esibì una documentazione, frutto di una ricerca statistica durata 23 anni. Questa ricerca aveva senza ombra di dubbio che gli ammalati di cancro che avevano rifiutato di sottoporsi alle terapie ufficiali (chemio e radiazioni) erano sopravvissuti in media per dodici anni e mezzo, mentre quelli curati con i farmaci messi a disposizione della «scienza medica» erano morti mediamente in soli tre anni.
«Questi dati, assolutamente attendibili ed ancor più accettabili dall'opinione pubblica contemporanea che è divenuta sicuramente più matura, non hanno cambiato finora, anzi hanno peggiorato la situazione, tale è il potere essenzialmente politico (di politica culturale) che sostiene questo Sistema tentacolare. D'altronde, come potrebbe l'opinione pubblica, già troppo disorientata, pretendere l'applicazione almeno delle "Norme sulla Farmacovigilanza", obbligatoria per legge, se gli effetti secondari dei farmaci molto spesso… non vengono denunziati perché i medici hanno scarsi incentivi a farlo. I medici non denunciano gli effetti collaterali per una serie di ragioni, tra cui la compiacenza, ignoranza e forse il senso di colpa poiché la cura da loro prescritta ha provocato danni …» [R. Sharpe, "L'Inganno crudele", Borla,1992]
E se vogliamo entrare nel dettaglio, ecco l'elenco delle principali fonti di provenienza delle denuncie di effetti negativi provocati dai farmaci: rivista mediche (0,5%), certificati di morte (2,50°%), lettere inviate (7,5%), case farmaceutiche (13,5%) e soprattutto le schede che i medici dovrebbero obbligatoriamente compilare. In tutto però, comporta la conoscenza di un misero 1-10% della totalità dei prevedibili effetti collaterali.
Un esempio per tutti: l'isoprenalina. Farmaco per l'asma. «… Dei 3.500 decessi dovuti a tale sostanza, i medici ne denunciarono all'epoca appena una dozzina». ["New Scientist", 218, 17 luglio 1980]
 


Equivoci della "Ricerca" e "Trasloco in India"
 

«La medicina non è una scienza, è solo una cognizione: sarebbe desiderabile che divenisse capace d'essere dimostrativa, ma non sembra fatta per arrivarci. Essa è nata di fatti, né è arte d'umana invenzione: l'ha prodotta e formata la sola natura… L'azzardo, l'errore, l'entusiasmo, molte conoscenze somministrarono all'uomo sull'affare del governo della sua salute. Del qual capitale trovandosi in possesso cominciò egli ad usarne con certa libertà massime in que' casi, che non parean tutti nuovi; ed a soccorrere a su' bisogni argomentando per analogia»
Domenico Cotugno, "De lo spirito della Medicina", 5 marzo 1772

«La tensione tra ricerca e problema etico è forse meglio illustrata da dati che dimostrano che la lotta per la priorità scientifica e per il riconoscimento da parte della Comunità Scientifica, esercita una pressione sulle considerazioni di natura etica. I nostri dati dimostrano che la strutturazione sociologica della competizione e della ricompensa è una delle fonti del comportamento permissivo nella sperimentazione su esseri umani»
B. Barber, "L'etica della ricerca sperimentale su esseri umani: le Scienze", XVI (1976) 9-17

«La cultura è quell'insieme complesso che comprende conoscenza, convinzione, arte, morale, usanze ed ogni altra capacità e consuetudine acquisita dall'uomo in quanto membro della società»
Edward. B. Taylor


Da queste considerazioni in premessa, giunge piuttosto allarmante la constatazione che è assai difficile provocare cambiamenti d'atteggiamento in questioni di salute anche sulla base di dati considerati inoppugnabili. E questa è la ragione prima del perché sia lasciata la massima libertà di scelta ai terapeuti, anche alla presenza di linee guida terapeutiche stilate sulla base di prove di efficacia, che dovrebbero escludere tassativamente altre terapie, almeno nell'ambito della medicina convenzionale. La ragione, nemmeno troppo recondita, è che su questa ipotetica «libertà di cura» (che poi riguarda solamente l'ambito della produzione industriale perché le altre forme di terapia, quella cosiddetta non convenzionale, sono condannate a priori) sia possibile intavolare tavoli di contrattazione con i produttori.
La storia della medicina dimostra quanto sia stato arduo rielaborare mentalmente alcuni concetti stratificati dal tempo.
Fu Sir James Lancaster che all'inizio del seicento introdusse l'uso degli agrumi nella dieta dei marinai; egli aveva notato che sulla sua nave nessuno aveva sofferto di scorbuto se si nutriva di frutta, mentre nello stesso viaggio, su altri tre vascelli dell'East India Company avevano perso la vita quasi la metà degli uomini imbarcati. Ma fu solo nel 1795 che la Reale Marina Britannica codificò l'uso della frutta. In quella mercantile il provvedimento ritardò di altri sessant'anni. In Giappone fu peggio: solo nel 1880 l'ammiraglio Takaki riuscì a debellare fra i suoi equipaggi il beri beri, aggiungendo verdure crude, pesce e carne al riso, base dell'alimentazione dei suoi uomini. Solo che ritenne il risultato ottenuto a causa dell'incremento proteico della dieta e non sospettò affatto l'esistenza di complessi vitaminici. Fino alla fine del XIX secolo, comunque, nessuno vi pensò; ma purtroppo a quell'epoca il mondo scientifico era sotto l'influsso delle scoperte di Pasteur, di Koch e degli altri insigni microbiologi, dominatori indiscussi del campo della ricerca, ed il non attribuire ad un batterio la causa di una malattia era considerata un'eresia.
Questi fatti, nella loro estrema gravità, perché il non riuscire a risolvere il problema di sopravvivenza dei marinai per flotte strategicamente così importanti come quella del Giappone e del Regno Unito stanno a dimostrare, in assenza d'altre considerazioni, che la medicina non può essere una scienza. Il presupposto della scienza essendo la predittività basata su una precedente rigorosa sperimentazione.
L'altro aspetto è legato all'esplosione dei consumi quando improvvisamente l'umanità intera prende atto con meraviglia di un'incredibile scoperta. Oggi l'abuso di vitamine è all'ordine del giorno grazie all'aumento dell'alimentazione a base di vegetali e buona parte dei cosiddetti integratori è costituita da vitamine. Da quanto soprascritto, dovrebbe apparire logico, nell'interesse della intera popolazione terrestre (uomini ed animali) l'accesso libero agli articoli scientifici, che dovrebbero essere disponibili in rete. Invece la situazione odierna, mostro che si nutre dell'interazione tra forze di mercato interne ed esterne alla scienza, come dichiara Alma Swan, su "American Scientist", non può soddisfare le esigenze di una comunità scientifica moderna.
Il problema non è certamente semplice da risolvere, tuttavia oggi ci troviamo nella situazione che un ricercatore, se possiede un'idea originale, debba partire da Zero se non fa parte di una certa équipe che ha sviluppato percorsi in quel settore. Si tratta di uno spreco enorme di energie, messo in atto dal Mercato della Salute che vede i produttori in concorrenza anche per cause militari. È poi evidente, dalla storia del progresso umano, che solo lasciando libero accesso alle informazioni è possibile scovare il classico "genio" capace di risolvere qualsiasi emergenza. Oggi la ricerca è tropo costosa perché il mondo possa permettersi un sistema di diffusione delle informazioni antiquato ed inefficiente.
 


Aperture utili negate ed aperture dannose promosse
Mentre la comunicazione fra scienziati è in ogni modo contrastata, assistiamo ad operazioni che, sotto forma d'iniziative politiche, hanno lo scopo di sradicare dal Mercato della Salute tutti gli impedimenti al comportamento disonesto che l'umanità nella sua lunga storia ha tentato di mettere fra l'uomo in condizione di debolezza ed il detentore di una conoscenza cui è affidato il compito di aiutarlo. Si tratta di una serie d'iniziative che non possono non esser state programmate da qualche tempo.
Portiamo alcuni casi: con la presentazione dell'ultima Finanziaria, negli articoli 42 e 47 era stata disposta la soppressione della presidenza e del consiglio d'amministrazione degli Enti pubblici non economici nazionali, tra i quali rientrano come noto gli Ordini ed i Collegi Professionali. Invece di cercare di garantire, attraverso la collaborazione obbligatoria di Ordini e Collegi, la professionalità degli iscritti tramite corsi d'aggiornamento, qualificazione, specializzazione, per affrontare con cognizione di causa i problemi di salute che ingigantiscono con l'aumentare della complessità sociale, oggi si vogliono eliminare gli Organismi autonomi di controllo preesistenti, e contemporaneamente si negano forme di autogoverno per la tante professioni emergenti esposte sempre di più al rischio dell'abusivismo. È chiaro che ad avvantaggiarsene sono quei soggetti che vogliono operare in un mercato senza vincoli e senza regole. Lo steso vale anche per le iniziative, mascherate da vantaggi per i consumatori, tendenti ad aumentare i punti vendita dei medicinali. Di recente, a fronte del fallimento economico dell'introduzione di punti farmaco nei supermercati, che non hanno incrementato le vendite di prodotti senza ricetta, è stata richiesta anche la libertà di vendita di farmaci di fascia C, non ammessi al rimborso ma concedibili solo su prescrizione medica. Quest'ulteriore tentativo di liberalizzazione ha però sollevato molte perplessità perché farebbe acquisire ai supermercati lo status di farmacia.
Di pari passo, il 25 aprile scorso è stata approvata in prima lettura dal Parlamento Europeo la proposta di direttiva sulle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, contro, si dice la «pirateria». Ma la pirateria spicciola, come quella di coloro che scaricano da Internet qualche pezzo musicale, c'entra ben poco. Ciò significa una cosa sola: brevetto. Brevetto su tutto quanto con una scusa o l'altra si può mettere mano.
 


Di latte si muore

 

«Dati statunitensi che sono ormai da aggiornare, adeguandoli ad un contesto ancor più competitivo, indicano in oltre 13 miliardi di dollari l'entità dell'investimento promozionale delle industrie in azioni direttamente rivolte al medico»
"Bollettino d'informazione sui farmaci", AIFA, n. 2,2007


C'è un caso impressionante di colonizzazione farmaceutica. Si tratta delle Filippine, ove solo il 16% dei neonati tra i quattro e cinque mesi è allattato al seno. Poiché il 70% dei filippini ha accesso limitato all'acqua potabile, il risultato è un disastro sanitario pubblico. Secondo l'OMS ogni anno, per questa ragione muoiono nelle Filippine 16.000 bambini. Il passaggio all'alimento al seno potrebbe ridurre drasticamente il numero delle malattie che dall'infanzia si sviluppano anche in altre età. Oggi il latte in polvere è il genere di consumo più venduto nelle Filippine, e da tempo il governo di Manila cerca di interporsi tra le multinazionali e le famiglie. A febbraio l'Associazione farmaceutica e sanitaria delle Filippine (PHAP) che rappresenta le multinazionali del settore, ha lanciato una campagna rivolta alle donne che per l'inviato speciale dell'ONU, Jean Ziegler è stata fuorviante ed ingannevole. Il ministero della Sanità filippino ha preso alcune iniziative, tra cui la proibizione della pubblicità al latte per i bambini al di sotto dei due anni d'età. A questo punto sono iniziate le pressioni dell'ambasciata e del rappresentante regionale per il commercio statunitensi ed il governo filippino ha dovuto cedere. Il ministro della sanità si è allora rivolto ad un avvocato Nestor Ballocillo, per contestare le decisioni governative, ma a dicembre Ballocillo ed il figlio sono stati uccisi mentre uscivano da casa. E questo è uno degli infiniti aspetti del problema.
 


Cavie indiane

 

«Prima di decidere se e in che misura tutelare le invenzioni farmaceutiche occorre dare una responsabile risposta al quesito: quale industria e per quali fini proteggere con il brevetto»
«Il sen. Gayelord Nelson già nel 19678 denunciò al Senato americano la pratica d'alcune case farmaceutiche di presentare, per i preparati destinati all'esportazione, indicazioni terapeutiche inesistenti»
Dal Favero, Op. cit.


La ricerca farmaceutica sull'uomo si è già spostata. Dall'occidente all'India. Perché in occidente le persone non credono più alle fandonie raccontate dalle multinazionali del settore. Basti pensare che negli USA solo il 3% dei malati di cancro decide di sottoporsi a test clinici e, sempre negli States il numero di persone che accettano di partecipare a studi sulle malattie cardiache si è dimezzato negli ultimi cinque anni. Ecco allora che si presenta il classico caso di gradiente culturale. L'India è un immenso serbatoio di povertà dove però una lenta penetrazione culturale di stampo anglosassone ha provocato vastissime quanto infantili attese. I medici indiani sono molti, ben preparati, di cultura anglosassone, e sono disposti a sperimentare sulla popolazione in cambio di finanziamenti appropriati, che si calcola raggiungeranno la cifra di 1.500 miliardi di dollari entro il 2010. Il governo di New Delhi, pertanto, è impegnato a pubblicizzare il paese come sede ideale per la ricerca farmacologica: solo i diabetici sono 32 milioni. Una bella forma di neocolonialismo, perché si basa sulla credulità di una popolazione disposta ad affidarsi ciecamente nelle mani di «ricercatori» pronti a tutto.
Quali garanzie, infatti, potremo avere da sperimentazioni sviluppate in un simile contesto? Anche perché, proprio uno studio recente pubblicato da "Nature Genetics" ha analizzato ventinove farmaci la cui efficacia ed i cui effetti collaterali variavano secondo le caratteristiche etniche e razziali delle popolazioni. La qualcosa c'è sempre apparsa ovvia e risaputa, anche senza la conferma di questi studi del tutto pleonastici. Come affermare che le Multinazionali, con un accordo fra i governi ma sulla pelle dei popoli, hanno raggiunto il fine ultimo: l'omologazione genetica, non nei fatti, ché non potrebbe mai verificarsi, ma nei DOCUMENTI. Quelli che per i vertici delle multinazionali contano. Come i documenti attestanti un brevetto su prodotti di natura imbrevettabili. Prima si brevettano contro la flebile ribellione dei popoli direttamente interessati, poi si difendono con l'uso delle armi di distruzione di massa. A vedere chi vince.
 


Conclusioni
La strada del cosiddetto progresso medico è piena di decisioni discutibili e d'esperimenti azzardati. Tanto pagano sempre gli altri.
E ciò vale anche per gli screening di massa.
In Germania, infatti, quello del cancro al seno è stato introdotto negli anni trenta. In quell'epoca il regime nazista, in collaborazione con il sindacalismo nazionale, era riuscito a rendersi conto che le sigarette, l'amianto, il catrame ed il radio implicavano il rischio di cancro. Poi ci fu la seconda guerra mondiale e le iniziative furono abbandonate. Dopo il conflitto, invece, le iniziative furono riprese in moti paesi ed alla fine si passò allo studio statistico per valutari i risultati di questi screening. I dati emersi sono contraddittori e riguardano le tre forme di controllo: mammografia, esame clinico del seno ed autoesame. Il buonsenso fa supporre che usare tutti e tre i metodi di screening del cancro al seno sia meglio che usarne uno solo, ma le cose non stanno così. Dalle statistiche sempre più ampie di questi ultimi anni risulta che nelle donne fra i 35 ed i 65 anni l'abitudine degli esami non ha alcun effetto sulla mortalità generale, anche se aumenta il numero dei tumori scoperti. Tutto ciò è indicativo di quanto sia difficile operare nel settore della reale prevenzione, e quanto sia ormai superficiale e falso qualsiasi tentativo in tal senso. Si tratta per lo più di fumo negli occhi all'opinione pubblica a copertura d'altre deficienze più gravi.



Coinvolte anche le associazioni dei pazienti
Il "British Medical Journal", autorevole rivista scientifica, ha inviato di recente un avviso alle associazioni dei pazienti affinché non cadano nel rischio di essere denunciate per conflitto d'interesse con le industrie del farmaco, le quali mandano avanti dette associazioni per acquisire vantaggio di vario genere dal potere politico-istituzionale. Non a caso, conclude l'editoriale della rivista, i gruppi di «malati rari» sono spesso abbandonati perché poco appetibili per l'industria. Il rischio che corrono le associazioni dei malati è di essere usate per orientare la ricerca verso direzioni lontane dai veri bisogni dei malati stessi. In conseguenza di quest'articolo-allarme, alcune associazioni hanno reso pubblici i rapporti con gli sponsor. Ma sono troppo poche.
 


Un libro-denuncia drammatico

 

«Un paese che non investe sulla ricerca e sui giovani è un paese che svende il suo futuro. Nel mondo globalizzato, la capacità di produrre innovazione, sviluppo tecnologico, brevetti e cultura, dipende dalla sua capacità di investire nell'istruzione, nell'università, nella ricerca. Su questo versante, in tutte le graduatorie internazionali, l'Italia arranca in fondo al gruppo per gli investimenti in ricerca e per la percentuale dei laureati tra i 25 ed i 29 anni»
"La Ricerca tradita", Tommaso Maccacaro, Garzanti


Questi i punti essenziali per un giudizio complessivo sull'Italia postbellica. È evidente che si tratta di un gap intenzionale, programmato. E non valgono considerazioni apparentemente ecologiste contro il «progresso tecnologico e la ricerca»; i problemi posti dall'evoluzione dei sistemi si possono fondare solo sulla ricerca per un avanzamento ulteriore, che porti al superamento dello stadio raggiunto dalla tecnologia detenuta dalle Multinazionali La diffusione della cultura medico-scientifica deve servire per facilitare la comprensione dei problemi all'accettazione delle soluzioni innovativa.
 


Come si scoprono le «nuove sindromi»

 

«Durante gli ultimi quaranta anni la mortalità standardizzata totale per tumori non è cambiata in modo favorevole, anzi è leggermente aumentata, nonostante gli enormi investimenti per le cure non palliative ai malati di cancro. Ciò dimostra l'inefficacia terapeutica delle cure risolutive per la guarigione dei tumori più comuni, per quanto sovente si parli di un significativo aumento della speranza di vita per i malati di questi tumori. Questo presunto aumento è sovente la conseguenza di un «artificio» statistico, dovuto in particolare alla «diagnosi precoce» conseguente alla diffusione generalizzata delle indagini di screening»
G. Domenighetti, Op. Cit.


Di recente, è stata diramata ai Media una nuova "direttiva" che illustra la nascita di una nuova sindrome. Questa sindrome è quanto di più interessante sia stato escogitato in questi ultimi tempi dalla creatività delle malattie. La sindrome si chiama nientemeno che "anosognosia" e si riferisce a persone che mancano della «consapevolezza della propria malattia». Come dire, se rifiuti di considerare malattia quello che tu hai e che NOI affermiamo che è una malattia, sei inevitabilmente malato ed anzi, inventiamo una nuova malattia proprio per te. I ricercatori che hanno scoperto la nuova malattia vanno anche oltre: in un lavoro scientifico che sarà pubblicato fra poco, si troverà scritto che la difficoltà di studiare la nuova malattia sia dipesa soprattutto dalla gran varietà di criteri finora utilizzati per diagnosticarla. Impossibile soprattutto, contare sulla collaborazione di chi ne soffre il quale, «per definizione», nega d'avere alcun disturbo.
Questa faccenda ci ricorda la vecchia barzelletta dello scout che, per compiere la buona azione quotidiana, pretende di aiutare la vecchietta ad attraversare la strada, non tenendo in alcun conto il fatto che la vecchietta NON deve attraversare la strada. Ma se quest'ultima è una barzelletta, non lo è la nuova sindrome che invece si presenta come frutto maturo di una mentalità essenzialmente inquisitoria.
 


Tra etica e storia dell'«arte sanitaria»

 

«I cittadini devono poter conoscere in maniera onesta il problema dell'aumento esponenziale dei costi dell'assistenza sanitaria, il ruolo del progredire delle tecnologie mediche nella crescita della spesa ed i benefici, spesso molto marginali che tutti noi collettivamente ci troviamo a finanziare; d'altra parte è bene si consideri l'opportunità di pensare ad operare delle scelte ed alla definizione di priorità nell'ambito di un vasto arco di bisogni di assistenza sanitaria in una cornice di risorse economiche definite»
Intervista a L. M. Fleck, Prof. hil. and Medical Ethics, "Center for Ethics and Humanities in the Life Sciences Michigan State University"; AIFA, BIF n. 2. 2007

«Studiare la storia serve a ricordarci che la medicina non ha mai posseduto verità scientifiche ma solo certezze e che le certezze sono sempre state provvisorie e mutevoli, ieri come oggi. Il vero valore della professione (sanitaria) risiede quindi sempre nella qualità umana di chi sa rispettare i cardini morali nell'esercizio della medicina come nella farmacia»
Giuseppe Armocida (Pres. Soc. Ital. Storia della Medicina) "Rivista di Storia della farmacia", aprile 2007



Bibliografia:
AIFA: "Clinical evidence", n. 4, anno 2006. Zadig ed.
G. Arnao, "Rapporto sulle droghe", Feltrinelli, 1976.
M. Angell, "Farma & Co", Il Saggiatore, 2006.
J. Blech, "Gli inventori delle malattie", Lindau, 2006.
J. Blech, "La medicina che non guarisce", Lindau, 2007.
A. Cochrane, "L'inflazione medica", Feltrinelli, [Efficacia ed efficienza nella medicina] 1978.
V. Coleman, "Come impedire al vostro medico di nuocervi", Macro Edizioni, 2006.
A. Dal Favero, G. Loiacono "Farmaci salute e profitti in Italia", Feltrinelli, 1976.
G. Domenighetti, "Il mercato della salute", CIC, 1994.
G. Gigerenzer, "Quando i numeri ingannano", Raffaello Cortina, 2003.
T. Jefferson, «Attenti alle bufale», "Il Pensiero Scientifico", 2005.
O. Li Rosi, M. Montemagno "Mondo Farmaco", FCE, 1998.
J. Law, "Big Pharma", Einaudi, 2006.
M. Lazeta Acharan "La medicina naturale alla portata di tutti", Ed. di Medicina Naturale
R. Moynihan, A. Cassels, "Farmaci che ammalano", Nuovi Mondi Media, 2005.
Carmelo Palmisano, "Fondamenti di etica medica", Università di Bari.
P. Rost, "Global Pharma", Rizzoli, 2007.
Th. Szasz, "Farmacrazia", Spirali ed. 2005. (L'autore con questo testo propone lo studio dell'evoluzione delle classi dirigenti a livello complessivo in questo senso: Teocrazia, Democrazia, Farmacrazia)
F. Toffoli, Romano Zito, "Farmaci genotossici", La Sapienza ed.,1990

Nota:

Si consiglia la lettura del catalogo on line MACROLIBRARSI per accedere ad altri titoli di denuncia del corrente sistema d'elargizione d'interventi per la salute.

Giorgio Vitali