da Campo antimperialista
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Primo Fronte - Terra di Palestina
Il nuovo crimine di Israele indigna ma non stupisce
Domenico Losurdo
(5 giugno 2010)
la nota di Giorgio Vitali
Molto interessante è l'intervento del prof.
Losurdo in relazione al boicottaggio messo in moto a livello
mondiale contro l'Entità sionista. L'intervento è, a nostro avviso,
particolarmente importante, perchè spiega, cerca di far capire, come
il boicottaggio sia una forma di lotta più che legittima. Losurdo
elenca alcune forme di boicottaggio economico che hanno avuto
successo nel XX secolo. A noi sembrano del tutto legittime. Anzi! ci
sembrano una forma di lotta MINIMALE rispetto alle pressioni
esercitate contro popolazioni che non sanno o non sono in condizione
di difendersi in maniare adeguata. OVVIAMENTE, l'apparato sionistico
italiano è sceso in campo, pare avendo come capintesta un noto
sionista come Furio Colombo, cercando di dimostrare la illegittimità
di tale boicottaggio. A noi preme in questo momento dimostrare come
il sionismo in Italia abbia forti strumenti di pressione (Il "Corsera"
di Mieli, alias Merril, già di Ugo Stille [1987-1992], alias Michail
Kamenecki, "La Stampa", la presidenza di questa repubblica, "la
Repubblica", quotidiano di De Benedetti, oggi e ieri in mano
sionistiche).
Questa pressione è esercitata impunemente con l'uso della menzogna e
del ricatto. Inoltre, a fronte del fatto che si sta estendendo nel
mondo il boicottaggio di merci sioniste, il governo dell'Entità
sionista cerca di imporre una MULTA economicamente rilevante alla
comunità palestinese presente nei suoi (presunti) territori,
accusandola di avere provocato tale boicottaggio. Il pressing
sionista non recede di fronte ad alcuna forma di mistificazione,
attaccandosi a qualsiasi appiglio pur di non mollare la presa. SE
PARAGONIAMO QUESTA PRESUNZIONE alla protervia con la quale, qualche
millennio addietro, alcuni esponenti di questa "associazione" di
"buontemponi" pretendevano di insegnare ai cittadini romani,
detentori di una civiltà millenaria, che la loro cultura, nata,
qualora fosse mai esistita, nei deserti abitati da beduini, era
"superiore" in quanto elargita nientemeno che da una divinità loro
socio in affari, possiamo comprendere la TIGNA che questi personaggi
stanno mettendo nel cercare di esercitare una fortissima COERCIZIONE
sulle coscienze dei loro lettori, per lo più ingenui ed anziani
conformisti. E tuttavia, poichè i popoli emergenti, costituiti per
lo più da popolazioni con grande capacità riproduttive, non possono
più subire ulteriori forme di oppressione, nessuno può più precisare
fino a che punto la tolleranza nei confronti di questi strozzini
potrà non esplodere. Goethe, pensatore al quale non potremmo mai
rinunciare, scriveva che il progresso dell'Umanità si deve a chi si
"oppone", mentre Mussolini scriveva: «Chi fa la storia non sente
affatto il bisogno di scriverla. tutt'al più può darne una
spiegazione». (Discorso ai federali del P.N.F. 27 ottobre 1930).
Lo ricordino gli scribacchini dei Media italyani.
Giorgio Vitali |
Un articolo di Domenico Losurdo sull'attacco alla Freedom Flotilla e sui
crimini israeliani, ai quali si è aggiunto oggi l'ennesimo atto di pirateria con
il sequestro della Rachel Corrie, l'ultima nave del convoglio di aiuti diretto a
Gaza.
Il crimine consumato da Israele in acque internazionali a danno dei pacifisti
impegnati a portare soccorso ai prigionieri rinchiusi in quell’immenso campo di
concentramento che ormai è Gaza può e deve indignare, ma non può stupire: da un
pezzo il governo di Tel Aviv si mostra deciso a colpire col terrore non solo le
vittime dirette del suo espansionismo coloniale, ma anche coloro che osano
esprimere solidarietà con le vittime e in un modo o nell’altro intralciano la
terribile macchina da guerra e di oppressione cui i carnefici fanno ricorso.
La tesi secondo cui i pacifisti erano armati e quindi meritevoli di morire fa il
paio con la tesi in base alla quale era un obbligo morale scatenare l’operazione
Shock and awe (Colpisci e terrorizza!) contro l’Irak di Saddam Hussein,
colpevole di detenere armi di distruzioni di massa! Anche nell’arte della
manipolazione si rivelano la solidarietà e la complicità di fondo che legano
Israele e gli USA e che non sono sostanzialmente intaccate dall’avvicendarsi dei
vari inquilini della Casa Bianca.
È una manipolazione che, se non apertamente incoraggiata, non è certo ostacolata
dalla grande stampa di «informazione». Negli ultimi tempi, in Palestina così
come in certi settori dell’Occidente, si sta sviluppando una forma nuova di
lotta, consistente nel boicottaggio delle merci prodotte da coloni che, in
flagrante violazione del diritto internazionale e dei diritti dell’uomo,
continuano ad espandersi nei territori occupati. Era l’occasione, per coloro che
non si stancano di condannare la «violenza» della resistenza, di salutare questa
forma di lotta tipicamente non-violenta che è il boicottaggio. È invece avvenuto
il contrario. Sul "Corriere della Sera" Furio Colombo e diversi altri si sono
affrettati nei giorni scorsi a sentenziare che il boicottaggio delle
esportazioni israeliane provenienti dai territori illegalmente occupati fa
pensare alle misure a suo tempo messe in atto dalla Germania nazista contro i
negozi di proprietà ebraica.
Come stanno in realtà le cose? Come ho ricordato nel mio ultimo libro ("La
non-violenza. Una storia fuori dal mito", Laterza), al boicottaggio hanno fatto
costantemente ricorso i popoli oppressi, in primo luogo i popoli coloniali. È
uno strumento di lotta che, per limitarci al Novecento, vediamo all’opera in
Cina nel corso della protesta organizzata dal movimento del 4 maggio (1919)
contro la pretesa del Giappone, incoraggiato o tollerato dalle altre potenze
imperialistiche, di imporre il suo protettorato sul grande paese asiatico. Un
decennio dopo, al boicottaggio dei tessuti giapponesi fa seguito in India il
boicottaggio dei prodotti dell’industria tessile inglese. In questo caso, a
promuovere l’agitazione è il movimento ispirato e diretto da Gandhi: «Donne
picchettavano regolarmente i negozi dove erano venduti vestiti prodotti in Gran
Bretagna. Esse seguivano le altre donne che uscivano dai negozi e cercavano di
persuaderle a restituire i loro acquisti». Alcuni anni dopo, è la comunità
ebraica internazionale a suggerire il boicottaggio delle merci tedesche come
risposta al furore antisemita di Hitler. È questa la tradizione alle spalle del
movimento che oggi cerca di colpire le merci prodotte solo grazie a un disumano
espansionismo coloniale nei territori palestinesi occupati.
Certo, sin dagli inizi il regime nazista si è impegnato a strangolare l’attività
commerciale e industriale degli ebrei tedeschi e a privarli delle loro legittime
proprietà. Ma tutto ciò ha a che fare non col boicottaggio (tradizionale
strumento di lotta dei popoli oppressi), bensì con l’uso terroristico del potere
politico. Semmai una analogia si vuole cercare, occorre allora fare riferimento
alle misure che oggi colpiscono i palestinesi, espropriati delle loro case,
delle loro terre, dei loro uliveti, e messi sempre più nell’impossibilità di
condurre una vita umana degna di questo nome.
La condanna, anzi la criminalizzazione, che il potere e l’ideologia dominanti
fanno anche della lotta non-violenta contro il colonialismo sionista, è la
conferma della volontà di Washington e di Bruxelles, nonostante alcuni momenti
di imbarazzo e di apparente presa di distanza, di lasciare impuniti i crimini di
Israele, anche quelli commessi in acque internazionali, e di condannare invece
in un modo o nell’altro qualunque forma di resistenza del popolo palestinese.
Sul versante opposto, è obbligo morale di ogni democratico, anticolonialista e
antifascista solidarizzare con la resistenza palestinese (e araba e islamica)
contro l’imperialismo e il colonialismo. Spetta a essa decidere e scegliere le
forme di lotta. È con questo spirito che sabato 29 maggio ho partecipato a
Firenze all’affollata e combattiva manifestazione che si è stretta attorno a Ali
Fayyad, membro del Parlamento libanese e autorevole esponente di quel grande
movimento di liberazione nazionale che sono gli Hezbollah
Domenico Losurdo
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