La ricorrenza del tradimento tra
Mike (Bongiorno) e Michael (Jackson).
La retorica burlesque
schiacciata fra due miti autentici
Giorgio Vitali
Ho letto su "Rinascita" alcuni ottimi articoli
dedicati all'8 settembre ed alla morte di Mike Bongiorno, ai quali intendo
aggiungere alcune considerazioni.
In primo luogo occorre tenere presente che l'attuale classe politica ha
festeggiato la data di un tradimento accompagnato da resa a discrezione. Un tale
comportamento, a sessant'anni dalla fine del conflitto, non ha spiegazione. O
meglio non ne avrebbe se noi vivessimo in un'epoca "razionale" come vorrebbero
farci credere. Razionale in quanto democratica e democratica in quanto intrisa
di razionalismo. In realtà il sistema si regge quasi esclusivamente sulla
corruzione e sulla mistificazione mass-mediatica, mentre i personaggi che si
agitano ai vertici della politica che, come sappiamo, non rappresentano che in
minima parte i vertici del "potere", sono protesi soltanto verso i loro
particolari interessi di carriera e di guadagno.
Non si tratta di vecchie posizioni retoriche. La letteratura recente anche in
Italia ha inquadrato il fenomeno nelle sue reali proporzioni. [Vedasi. di Gomez,
Lillo, Travaglio: "Papi. Uno scandalo politico. Come si forma la nuova classe
politica italiana", Chiare Lettere ed.] Non è il solo libro che se la prende con
Berlusconi. Anzi! Ma è indicativo di una realtà, che non riguarda solo l'attuale
premier, ma l'intera classe politica nazionale. Volendo attaccare Berlusconi
perché in costui è identificato il fulcro, anche economico, della coalizione al
governo, questi giornalisti non si avvedono che in realtà mostrano uno spaccato
dell'intera classe politica italiana postbellica. Non è la prima volta che
accade. Per fare un esempio abbastanza banale, il Satyricon di Petronio, che
intendeva colpire alcuni personaggi a lui invisi, è diventato la descrizione
della dissoluzione romana; i film di Pasolini, che con loro intendeva colpire il
fascismo repubblicano, si dimostrano oggi espressione delle sue perversioni
vissute nevroticamente e del quadro morale che lo circondava in quei momenti.
Tant'è vero che, quando ci provò realmente a "parlare chiaro", si trovò in breve
tempo sotto le ruote della sua stessa automobile.
Sul ruolo reale giocato dai leader politici si è di recente espressa una
studiosa universitaria della comunicazione, docente alla Sapienza, che ha
esaminato gli interventi televisivi di questi personaggi durante la guerra del
Golfo. [Rossella Rega: "Guerra, Media e Politica", Bevivino ed.] Il giudizio è
impietoso. Nella prefazione il giornalista Stefano Malatesta scrive: «… In
questo gioco delle parti, in cui ognuno recita la propria senza rendersi conto
del ruolo degli altri, la partecipazione italiana in Iraq ha dato alla vicenda
una connotazione tutta particolare, all'italiana, e la ricerca di Rossella Rega
è di straordinario interesse per riuscire a comprendere come si cerca e come
funziona il consenso politico e la formazione dell'opinione pubblica nei
riguardi della politica estera italiana …» La conclusione del libro è abbastanza
indicativa e condivisibile. La cultura politica modella le parole, la loro
articolazione ed i loro significati in maniera sottile e ben calibrata.
In altre parole: il linguaggio utilizzato dai leader è sostanzialmente una
mistificazione, che crea di conseguenza tutt'altro che un dialogo, ma una cesura
fra le persone secondo le loro inclinazioni emotive, etiche e politiche. Ed i
leader, scelti proprio per queste loro qualità manipolatorie, si alternano ai
teleschermi per proiettare sul pubblico, ciascuno d'essi, la sua dose di
circonvoluzioni verbali ipnotizzanti. D'altronde, nella società della
comunicazione e degli studi approfonditi sulla manipolazione comunicazionale,
non potremmo attenderci nulla di diverso. Nei confronti di questo circo
mediatico il cittadino si trova esattamente nelle stesse condizioni del villico
medievale che ascoltava l'unica verità sul sagrato della chiesa dalla voce del
prete. Però non ci si venga a parlare, almeno a Noi, di democrazia e soprattutto
di democrazia d'esportazione ed i preti non pretendano ancora d'avere la stessa
credula e sottomessa attenzione che hanno imposto col terrorismo morale e fisico
durante lunghissimi secoli. Per quanto riguarda il concetto di democrazia, ed
indipendentemente da quanto finora pensato e scritto da tanti esponenti
dell'Accademia, è molto più significativa la lettura di un libro recente,
scritto da un fautore della "Democrazia Diretta". Il libro s'intitola:
"Democrazia dei cittadini. Gli esempi reali e di successo dove i cittadini
decidono", scritto da Paolo Michelotto ed edito da Troll Libri, Ottobre 2008.
Questo libro è quanto mai utile per chiunque s'interessi ad una soluzione
rappresentativa alternativa alla pseudo democrazia instaurata nel nostro paese
in conseguenza alla sconfitta militare. È evidente che qualsiasi forma di
democrazia diretta può essere applicata in ambienti piuttosto ristretti perché
una società di sessanta milioni di persone può essere coinvolta con molte
difficoltà, vista la tendenza naturale di tutti, ed in particolare dei nostri
concittadini, ad estraniarsi dal prendere specifiche responsabilità. E tuttavia,
se nel nostro paese ci fosse una disseminazione di queste forme rappresentative
realmente di base, ne conseguirebbe naturalmente un sistema politico
centralizzato più attento alle esigenze dei cittadini. E tutto ciò pur
persistendo, nel nostro paese, la condizione di colonia statunitense. Lo stesso
dicasi per un'eventuale proliferazione di monete complementari locali, già
presente negli USA ed in Germania.
Fossilizzazione mentale e cristallizzazione delle idee
Recenti ricerche sulla formazione delle parole ed il loro collegamento col
pensiero (Logos), oltre a confermare quanto nei millenni elaborato dal
Platonismo, ci danno un'indicazione precisa della funzione delle parole nel
processo di creazione di un Mito.
Pertanto, il mito resistenziale trae con molta evidenza origine dalla propaganda
bellica anglosassone, che è pura invenzione, data la ben conosciuta realtà
bellica italiana, ed è stato imposto con la violenza a copertura della classe
socio-politica emersa dopo la fine del conflitto.
Sulla nascita dei miti post-bellici d'impronta anglosassone si è espresso il
noto storico Hobsbawn, che ha trattato della tendenza inglese ad attaccare
vecchie etichette a bottiglie nuove.
Nel caso particolare della resistenza italiana, s'insiste ancora sulla sua
vitalità proprio a causa dell'incapacità dei cosiddetti "vincitori" a
svincolarsi dalle antiche tradizioni, anche a fronte di vistose trasformazioni
della società globalizzata, la quale, proprio in conseguenza di
quest'internazionalizzazione, va creando un melting-pot nel quale è difficile
discernere le linee di vetta culturali. L'attuale presidente di questa
repubblica, decrepito esponente di quel processo mitizzatorio proprio perché
sostanzialmente inerte durante i cruciali anni 1943-45, se si escludono
probabili corresponsabilità alla strage di Via Rasela, a causa della sua
conosciuta appartenenza al gruppo massonico-comunista guidato da Amendola, ha
rilasciato un'ennesima dichiarazione relativa ad un presunto nuovo risorgimento.
Abbiamo più volte smascherato la falsità intrinseca di questa asserzione e non
perderemo ulteriormente tempo, ma resta comunque l'esigenza di svelare come i
meccanismi mentali e psicologici portino inevitabilmente ad accentuare processi
culturali campati per aria. Secondo una logica comune, l'anniversario di una
resa ed una fuga comunque ignominiosa, all'origine della morte di moltissimi
soldati italiani, dei quali ancora non si è fatto il conto, del discredito
caduto sul nostro paese e vera causa della fine della dinastia sabauda
costretta, per rifarsi un'immagine, ad affidarsi ad un ballerino televisivo,
dovrebbe passare sotto silenzio, mentre logica vorrebbe che fosse dato il
massimo risalto ad imprese eroiche compiute dai nostri, anche sotto qualsiasi
espressione formale. (Ricordiamo la rivolta dei giovani israeliani, storici in
testa, contro il mito vittimistico dell'Olocausto).
Invece la logica dell'incancrimento ideologico porta a valorizzare tutti gli
aspetti, anche i più infami, che giustificano l'evento che s'intende continuare
ad imporre come positivo. Non diversamente si comportarono i "Padri della
Chiesa" quando costruirono "secondo logica" dottrina e mito speculari ed
interagenti ma irrealistici. Per chiarire questo concetto, si può portare
l'esempio della nascita del dogma della <risurrezione della carne>. Infatti,
poiché era già stato affermato il dogma delle due nature in Cristo, e non era
possibile giustificare la resurrezione della componente umana di Gesù, fu
giocoforza affermare che la resurrezione avrebbe coinvolto tutti gli uomini in
quanto tali, beninteso… «alla fine dei tempi!»
Pertanto, mentre una classe politica decrepita continua a crogiolarsi in miti
che non interessano soprattutto per la loro vacuità, a livello globale sta
avvenendo quello che Evola chiamava eterogenia dei fini. Un processo culturale
di grande violenza tendente ad unificare popoli e culture sotto la preminenza
dell'ideologia economicistica, mette in luce l'esistenza, presso tutti i popoli,
che proprio oggi, grazie alle tecniche di comunicazione, hanno la possibilità di
prenderne atto e di diffonderle, di singole tradizioni socio-culturali che
proprio perché sotto pressione tendono a difendersi ed a reagire. Pertanto, la
molteplicità di tante culture, peraltro insopprimibili, ha messo in crisi l'ipetrofia
di una qualsiasi tendenza, compresa l'ipetrofia della tecnologia scientifica,
vanto della cosiddetta "occidentalizzazione". Ne consegue, tanto per fare un
esempio, che a fronte dei tentativi americanocentrici di diffondere loro forme
di religiosità quali il fondamentalismo, il mormonismo, la New Age o Scientology,
nel nostro paese si vanno diffondendo religiosità autentiche come il buddismo,
l'induismo o l'islamismo. Questi sviluppi saranno all'origine della crisi
definitiva del cristianesimo, soprattutto se questo continuerà sulla direttiva
elaborata qualche decennio fa, di aggrapparsi alla scialuppa di salvataggio
costituita dalla "holocaustica religio".
A dimostrazione dell'incapacità della sua classe dirigente di uscire dalla
decrepitezza, la Chiesa Cattolica continua imperterrita a chiedere fedeltà ed
obbedienza incurante del fatto che già, a cavallo fra il XVI ed il XVII secolo,
sia avvenuta una sostanziale rivoluzione dalla teologia alla Metafisica, come
descritto da Carl Schmitt ("Le categorie del Politico").
Concretezza della guerra italiana e falsità del mito resistenziale
La guerra Italia-Gran Bretagna degli anni 1940-45 è un aspetto fondamentale
della concretezza dell'agire geopolitico. Le ragioni di questa guerra, che si è
svolta nello scenario mediterraneo, e della quale la nostra spedizione in Russia
costituisce solo un addentellato, sono esposte, fra gli altri, in due libri
d'epoca. Si tratta di un articolo pubblicato sul noto "Je suis partout" da parte
dello studioso Pierre Varillon e pubblicato dalle edizioni Ardita nel 1936 in un
opuscolo tirato in 20.000 copie. Titolo: "L'aspetto navale del conflitto
anglo-italiano nel Mediterraneo".
L'altro è un libro di Alberto Cappa, dal titolo: "La Guerra Totale", edito da
Bocca nel 1940 con prefazione del Maresciallo Caviglia.
Il libro di Cappa pone in risalto come la politica prebellica dell'Italia
d'inizio secolo non sia riuscita a negoziare il nostro ingresso in lizza dalla
parte degli anglo francesi in maniera da poter ottenere risultati concreti dalla
vittoria. A vittoria ottenuta, i nostri alleati, ai quali si aggiunse nella
funzione d'asso di briscola l'invitato di pietra statunitense, ebbero buon gioco
nel negarci quanto a noi sarebbe servito per pura sopravvivenza. La crisi
italiana quindi, non fu solo dovuta all'onore ferito ma alla mancanza di quegli
elementi di sussistenza per noi necessari che ci furono negati anche perché non
erano stati esplicitamente chiesti.
Il libro di Varillon, che dimostra con quanta attenzione si seguano in Francia
gli avvenimenti del Mediterraneo, ci dice che lo scontro tra noi e l'Inghilterra
era inevitabile, in quanto l'Italia degli anni trenta, per ovvie ragioni di
sopravvivenza, era costretta ad interferire nelle faccende degli inglesi i quali
consideravano il Mediterraneo un loro lago e l'Italia una loro creatura, e
trovavano impossibile che in Italia qualcuno dicesse signornò!!! ad una
qualsiasi loro richiesta. Churchill l'aveva espressamente dichiarato: «Noi
abbiamo la supremazia nel Mediterraneo fin dalla guerra di Successione di
Spagna, cioè da 230 anni, e non abbiamo mai permesso che si discutesse il
diritto che hanno le nostre navi da guerra di circolare liberamente in questo
grande mare interno. In alcuni paesi del continente si crede che tutti gli
sforzi che noi compiamo affinché i diritti della Società delle Nazioni siano
rispettati, siano dovuti al timore egoistico che l'Egitto, il Sudan e la
Palestina possano correre il pericolo d'un'occupazione italiana in Etiopia.
Chiunque conosce le più elementari regole della strategia, comprende facilmente
che la sicurezza e la prosperità di queste colonie dipendono interamente dalla
potenza della nostra flotta nel Mediterraneo. Noi abbiamo dunque la ferma
intenzione di conservare questa supremazia».
Come sia andata a finire è risaputo. La Gran Bretagna ha perso tutta la
supremazia a favore degli USA che la stavano aspettando da tempo, mentre la
storia della guerra nel Mediterraneo e di conseguenza in Italia sta acquistando,
grazie ai documenti che man mano vengono desecretati, una ben altra fisionomia,
configurandosi in maniera sempre più precisa una guerra interna al mondo
atlantico.
Verità e significatività dei Miti
I Miti non possono essere criticati, ignorati o inventati. I Miti sono verità,
come le Religioni, che infatti si basano sui Miti. Nessuna Religione destinata a
durare nel tempo può nascere da un'invenzione estemporanea, come insegna il
Cristianesimo che consiste in una rielaborazione culturale e verbale dei Miti
della Classicità, mediata dall'ecumene ellenistico-romano, o l'Islam, prodotto
da residui del Monofisismo, o le varie religioni d'America, filiazione diretta
dei Padri Pellegrini. I Miti devono poter essere interpretati. Le possibili
interpretazioni possono avere molte chiavi di lettura. Da quella letterale, a
quella strettamente storica, culturale, sociologica o psicologica Compresa
quella junghiana. Tutte queste chiavi di lettura sono plausibili a patto che lo
strumento interpretativo sia onestamente utilizzato.
Ecco perché il mito resistenzialista non regge di fronte ai miti dei "due
Michele". Il Mito resistenzialista infatti non possiede alcun aggancio alla
realtà storica né tantomeno alla società nazionale italiana. Di fronte al Mito
della Romanità, nato nell'ottocento con Mazzini, che in ogni caso, anche se
forzato, possiede contenuti ricchi di significato, (ci bastano l'arco di Tito,
quello di Costantino ed il Colosseo, nelle vicinanze degli scavi del Foro, del
Palatino e della Domus Aurea), la storia del "partigiano" che affronta
temerariamente il nemico, sparando da dietro le siepi quando è certo di non
essere individuato, mostra i suoi aspetti di artificiosa creazione negli uffici
della guerra psicologica anglosassoni, che hanno assemblato le storie di Robin
Hood con quelle di Lawrence d'Arabia, dandone l'incarico di stesura a letterati
autoctoni stipendiati lautamente. Il Mito resistenzialista, tra l'altro, non
possiede la capacità di favorire la "percezione" dell'evento In Italia il
richiamo alla resistenza ha sempre generato una reazione di noia per lo
sfruttamento politico di cui è stato oggetto, mancandone anche il contenuto
"umano". Si pensi che l'ultima manifestazione per il 25 aprile a Milano è andata
pressoché deserta. Fino a poco tempo fa le manifestazioni per la ricorrenza dei
Mille erano seguite con interesse dalla popolazione. È vero che i Mille furono
molto aiutati, soprattutto dagli inglesi; ma almeno a Calatafimi e poi lungo
tutto il percorso siciliano e poi fino al Volturno si è trattato solo di
italiani. (Che combattevano altri italiani. Comunque… Cosa Nostra!) Mentre nella
cosiddetta resistenza la componente italica è stata molto scarsa. Fuori
d'Italia, poi, la percezione dell'avvenimento è stata pressoché nulla. Anche
perché agli occhi estranei la RSI, con Mussolini a capo, ha rappresentato la
diretta continuità dello Stato precedente. E se qualcuno viene casualmente a
conoscere la fuga del Re con codazzo di generali felloni, questa è presa in
considerazione alla stregua della fuga di un demente. Immaginiamoci cosa
potrebbe pensare un giapponese qualora l'idea della fuga del Savoia gli facesse
venire in mente la possibile fuga verso il nemico del "suo Imperatore"!!!
L'artificiosità del Mito è pertanto percepita a pelle dagli italiani i quali
prendono qualsiasi esternazione della classe politica attuale per quello che
merita: tacciando da cretino anche colui che recita la parte che gli è stata
scritta per l'occasione.
Al contrario, potrà piacere o meno, ma i miti dei due Michele costituiscono un
preciso riferimento culturale della società contemporanea. Globalizzata e
nazionale. Mike ha rappresentato e continua a rappresentare uno specchio di
italianità. È fuor di dubbio, anche se il commento di Ualter Veltroni, figlio
del funzionario RAI che l'aveva assunto, non lesina nei suoi confronti un
servile americanismo. Ha dichiarato infatti il fallimentare leader del PD (Democratic
Party) che Mike svolgeva perfino una funzione pedagogica. (presumibilmente la
funzione che il Sistema culturale americanocentrico gli aveva affidato, anche a
sua insaputa, ritenendolo idoneo al compito).
Per quanto riguarda Michael dobbiamo registrare un moto d'isterismo collettivo a
livello globalizzato di proporzioni finora impensabili. La globalizzazione,
fenomeno che deve essere ancora studiato, ha portato alla ribalta
dell'attenzione pubblica un cantante sicuramente nevropatico all'ennesima
potenza. Questa è la contemporaneità, di cui i ritenuti responsabili della "Cosa
pubblica" non si avvedono né possono avvedersi, avviluppati come sono nel
continuo ed inutile confronto verbale fra di loro.
Giorgio Vitali
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